lunedì 2 gennaio 2023

CATTIVA MAESTRA TELEVISIONE /2474


Mi comunicano che, ahimè, è appena finito “Il grande fratello”, ma, non disperate, comincia subito “La pupa e il secchione”. Per fortuna, nessun vuoto culturale nella nobile TV del guardonismo, che potrebbe generare ansia e frustrazione da astinenza nel fragile popolo dei teledipendenti più morbosi e compulsivi.

Prima dell’era Internet, che tutto propone, produce e racconta in uno spazio infinito e solo apparentemente virtuale, è stato l'avvento della televisione a determinare il passaggio da Homo Sapiens a Homo Videns, nuova categoria introdotta da Giovanni Sartori per sottolineare il mutamento antropologico avvenuto nell'uomo, che non segna un'evoluzione ma, piuttosto, un'involuzione.
Per la prima volta nella Storia, l’immagine prevale sulla parola, andando a trasformare completamente la comunicazione e i meccanismi di comprensione tra gli esseri umani, minandone il cosiddetto pensiero astratto e l'attività. 
L'Homo Videns è regressione, atrofizzazione intellettuale e incapacità di distinguere virtuale da reale e vero da falso. Come accadrà, ancor di più e a maggior ragione (inizio anni’90), proprio con il world wide web, la ragnatela mondiale che ha giocato il ruolo più importante nel diffondere internet e ha definitivamente cambiato il mondo. Conseguenza di questa involuzione è la sempre più crescente incapacità dell'uomo di pensare con la propria testa, di crearsi un'opinione propria, cosa che, per traslato, significa perdere libertà e libero arbitrio.

Va premesso che, in un Paese normale, non ci sarebbero l'Isola dei famosi, il Grande fratello, gli Uomini e donne delle Marie De Filippi, i pollai delle Barbare D’Urso, il loro gossip quotidiano e le montagne di spazzatura annessa e connessa, di una TV ignorante e becera, che scende sempre più in basso, con trasmissioni demenziali, tutte eguali, tutte volte a diffondere cretinismo a oltranza. Dalle aggressioni verbali agli insulti gratuiti, dalle prepotenze dialettiche alle risse da salotto, dove ognuno si sente in diritto di imporre un’opinione come parabola evangelica, impedisce agli altri di parlare, interrompe, sorride e scuote il capo appena scopre di essere inquadrato, come piano d’ascolto.

Questa TV del nulla, imbecille e deleteria, capace di condizionare, nel bene e nel male, i comportamenti di massa, ha anestetizzato un bel pezzo d’Italia che non legge, non studia, che subisce e non reagisce, che non sa cosa sia un libro o un giornale, dopo aver sfogliato solo il sussidiario e il libretto d’istruzione del telefonino: una gigantesca rete a strascico, ha detto qualcuno, che porta i cervelli all'ammasso.
E’ lo specchio del lato peggiore e più squallido della nostra società, che impone modelli sempre più sguaiati, ignoranti, violenti, mostruosamente gretti, per aumentare la morbosità del pubblico e sdoganare reazioni sempre più passive e compiacenti.
E’ sempre in onda lo spettacolo della banalità, che distrae l’opinione pubblica dai problemi che assillano il Paese o dagli eventi drammatici che lo avvolgono, come guerre e pandemie, per imporre nuove forme estetiche di identificazione, attraverso il voyerismo di spettatori, costretti a cibarsi costantemente delle storie di ordinaria follia di certi ambigui figuranti, nello splendore del loro speculare esibizionismo.

Nel nostro quotidiano, dominano ormai la scopofilia e la sete di dettagli morbosi ed eccitanti, anche se niente è come sembra, nulla è come appare: in un evento o in una notizia, la verità viene considerata una questione di secondaria importanza e percepita come tale dal pubblico, sulla base di emozioni e sensazioni, senza alcuna analisi concreta della effettiva veridicità dei fatti. Tutto si riplasma in gossip, pur di acchiappare “clic” e ottenere consenso.
Li chiamano Reality, ma in effetti sono false messinscene e mistificazioni che mirano a fare ascolti e tanti soldi.
L'apoteosi della Tv spazzatura.

E non basta spegnere il televisore o cambiare canale perché ci saranno sempre tantissimi - giovani disoccupati, anziani soli, casalinghe che stirano o cucinano, famiglie e single - che la guardano per vincere noia e insicurezza, per distrarsi ed evadere dal quotidiano, finendo per subire un processo diseducativo, persuasivo e assai condizionante.
Il problema è culturale: la televisione commerciale, e di puro stampo berlusconiano, ha spazzato via, almeno da trent’anni, valori e modelli fondanti e formativi di una comunità sana, di un Paese normale che lavora e rispetta l’altro.
Ha imposto ed esaltato l’individualismo, l’egoismo e la conflittualità. Ha creato nuovi interessi e inventato nuovi ruoli quali veline, tronisti, ciarlatani, opinionisti e tuttologi fai da te.
Ha raccontato che studiare non serve e non serve il sudore: basta un discreto fisico e un po’ di faccia tosta, non avere scrupoli, non conoscere vergogna e sapersi vendere alle persone giuste.
Perché una società guasta non ha bisogno di principi e di morale.
16 marzo 2022 (Alfredo Laurano)


Commento al mio post, in risposta a Massimo Teti.

Colpevole e responsabile di questo degrado progressivo della televisione italiana - fino agli anni ottanta, di indubbia qualità e di buon gusto - è stato proprio Berlusconi con le sue reti e programmi demenziali, che hanno addomesticato e inebetito gli italiani, creando falsi miti e offrendo loro miseri modelli culturali.
Inizialmente, oltre all’intrattenimento intelligente e all’informazione, la televisione pubblica aveva svolto un ruolo anche pedagogico e didattico, in un Paese che, a pochi anni dalla guerra e dalla ricostruzione, aveva un tasso di analfabetismo molto alto.
Era fatta con toni pacati, con idee innovative, originalità e clima anche goliardico e festaiolo, rimescolando quegli stessi ingredienti per ridere anche di se stessi.
Era la televisione che entrava con rispetto nelle case degli italiani, con Lascia e Raddoppia, con Campanile Sera, con Telemacht, col teatro di Eduardo De Filippo, col Musichiere di Mario Riva.
E poi con gli avvincenti sceneggiati, lo sport e Carosello. Con Rin Tin Tin e Penna di Falco, con i quali siamo cresciuti. Con Canzonissima e i Festival di Sanremo di Nilla Pizzi e Domenico Modugno. E ancora, con Mina, Corrado, la Carrà, Baudo, Nanni Loi, e le prime irresistibili candid camera, e le gemelle Kessler, che accendevano sogni e fantasie di adolescenti.
Era una TV che istruiva, rilassava e commuoveva. Che raccontava l’Italia a tutti gli italiani, con garbo e discrezione. Con vizi e virtù, difetti e qualità che lasciavano la sfera del privato ed entravano di diritto nella coscienza pubblica, nell’immaginario collettivo.
Che aiutavano a crescere, a discutere, a ridere, a socializzare.
Poi, venne il Bunga Bunga e il povero Pasolini, pur profeta e visionario, non poteva certo immaginarlo. 16.3.22





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