sabato 30 maggio 2015

LISTOFANTI

Secondo quelli del PD, il problema non sono gli impresentabili (cioè indecenti, improponibili) del partito o delle varie liste che lo appoggiano, ma è Rosi Bindi - presidente dell’Antimafia che ha stilato quella lista dei sedici di varia estrazione - che avrebbe trovato il modo di consumare la sua vendetta personale contro Renzi.
Ma l'aspetto buffo e paradossale di questa vicenda all'italiana è che, nel Paese più corrotto d’Europa, si candida un personaggio come De Luca – molto amato nella sua Salerno – che, secondo la legge Severino, se eletto dovrebbe subito decadere.
Però è eleggibile... ma la logica di tutto questo dove sta?
Sembra un passaggio comico di Totò alle elezioni.
Secondo l'Antimafia, il sindaco sarebbe incandidabile non per la condanna in primo grado per abuso d'ufficio, su cui interverrà la Severino, salvo sorprese, ma perché "pende un giudizio a suo carico per il reato di concussione continuata”.
Risultato? Nel Pd si reagisce secondo il puro stile berlusconiano.
Si parla di “barbarie politica” (Zanda), di “processi di piazza” (Orfini), di “attentato alla Costituzione” (Carbone). Molti silenzi imbarazzati e sospensioni di giudizio.
Ma per fortuna c’è ancora qualche politico serio e onesto, come la Bindi - ritenuta dal rottamatore folle un pezzo di archeologia politica - sotto attacco e invisa per non essersi schierata col ducetto fiorentino. Per il quale “usa la Commissione per regolare i conti.”
Ma non bastava semplicemente non candidare De Luca? Troppo poco logico e ingannevole.
Impresentabili, improponibili, incandidabili?   Basta che portino voti.
E li portano, forse, proprio perché sono impresentabili.
30 maggio 2015    (Alfredo Laurano)

                                                   

giovedì 28 maggio 2015

LE STRADE DI ROM

Rom e migranti sono i temi da tempo alla ribalta dell’attualità. Gli argomenti di cui più si parla e si discute in ogni situazione e che riguardano, trasversalmente, tutti: cittadini, istituzioni, società civile. Soprattutto in tempi di elezioni.
Al di là delle strumentalizzazioni, dello sciacallaggio e dell’odio razziale, sparso a larghe mani e a vario titolo in ogni spazio di comunicazione, certe gesta dei Rom sono ormai un problema costante e quotidiano, anche perché troppo spesso rimangono impunite. E la rabbia, giustamente, sale.
E’ vero, ma non è questa la centralità della questione. 

Qualcuno - e non è certo la prima volta che succede - non si è fermato all’alt della polizia e, guidando in modo criminale ha ucciso una persona e ferito altre otto, seminando il panico in un quartiere romano, senza preoccuparsi delle persone, degli altri, del diritto alla vita di ciascuno.
Un delinquente, un farabutto, un assassino, quindi, che di qualsiasi colore, pensiero o religione sia deve essere punito severamente. Che sia rom o camorrista, napoletano o bergamasco, rumeno o africano, cattolico o musulmano.  
Questo è ciò che veramente conta.
Poi, su tutto il resto e per contorno, si consuma l'aspetto razzista e xenofobo della vicenda di reato, sul quale speculano, a mani basse, politici con la felpa o senza, media servili, sciacalli e fomentatori di piazze telematiche.

Ma chi si fa garante della giustizia? Chi vigila sulla sicurezza? Chi assicura protezione ai cittadini?
Meglio distrarre e indirizzare la pubblica opinione sulle finte e inconcludenti dispute a base di buonismo e tolleranza. Di litanie retoriche e rosari demagogici su accoglimento e respingimenti. Sugli sbarchi e i campi abusivi, sulle ruspe e sui barconi da affondare.
Meglio favorire e scatenare insulti, minacce e risse ideologiche e nazional-popolari sui social, sui giornali, sulle TV e sulla Rete.
Meglio aprire le valvole sociali del moderno sfogatoio da tastiera, che trattiene la rabbia collettiva e la incanala in obiettivi che possono ridurre il rischio fisico e limitare i danni. Anche perché l’esempio dei maggiori abusi, furti e vessazioni viene dall’alto, dalla classe dirigente, da chi esercita e gestisce varie forme di prepotenza e privilegio.
E’ la solita storia di ordinaria violenza quotidiana che noi tutti subiamo con la complicità dei rappresentanti del potere giudiziario, legislativo ed esecutivo, troppo spesso inefficaci, insufficienti, colpevoli ed incapaci.

Ogni giorno, per esempio, qualcuno - rom o qualsiasi altro comune delinquente - entra nelle nostre case, come e quando vuole: di giorno o di notte, con o senza persone dentro, incurante di allarmi, di grate, porte blindate e di chiamate alla polizia o ai carabinieri.
Predano, razziano, portano via le nostre cose personali e i nostri ricordi più cari, frugano con le mani sporche nella nostra biancheria, rovistano e mettono a soqquadro cassetti, mobili e cucine, lasciando le loro tracce disgustose (ricordini organici) nei nostri spazi, violando la nostra intimità.
Sono certi dell'impunità e terrorizzano anziani e bambini.
In troppi casi si è costretti a chiudersi dietro le sbarre e a vivere da prigionieri nella paura. Le forze dell'ordine arrivano sempre dopo o troppo tardi, non fanno indagini e si limitano a ricevere l’ennesima denuncia, consigliando di non nutrire speranze di recupero o di giustizia.

E’ giunta l’ora di reclamare il diritto alla libertà di esistere, di muoversi, di poter stare tranquilli per le strade e a casa propria. Prima che la rabbia, la voglia di vendetta e la situazione ci scappi di mano e si trasformi in una spietata caccia al ladro, al rom, all’immigrato, al diverso, a rischio stragi da Far West.
Prima che il Salvini di turno imbracci il fucile o incoraggi la legge del taglione.
Prima che qualcuno si travesta da giustiziere della notte.
28 maggio 2015    (Alfredo Laurano)

GIOCHI BRUTALI

Anche se omicidi, violenze, stupri e aggressioni sono ormai all’ordine del giorno e si ripetono con la frequenza del respiro, non si può non restare coinvolti da certi fatti di cronaca che, più di altri, colpiscono per la loro assurdità e per la loro incongruenza. Diventano di cronaca, si, perché di pubblica discussione - ognuno giudica, condanna e afferma la propria verità - ma sono in realtà tragiche vicende umane che chiamano in causa sentimenti, dolore, disperazione, responsabilità.
La rete informativa, la comunicazione globale non stop ce li sbatte pesantemente sotto gli occhi, in continuazione e non possiamo, pertanto, restarne emotivamente immuni, né come persone, né come cittadini, né, soprattutto, come genitori.

Alla base, oltre al bombardamento mediatico, c’è sempre, forse, la voglia di sapere, di capire, di spiegare, di soddisfare quella innata curiosità umana che legittima e giustifica la funzione intellettuale e che costituisce la premessa di ogni conoscenza e, quindi, della scienza.
Per queste ragioni non possiamo sopportare l’omertà, i silenzi, le verità nascoste, né le forme di volgarissimo bullismo, ben lontane da quella che una volta era sana goliardia.

L’assurda morte del diciannovenne padovano, precipitato dal quinto piano di un grande hotel di Milano, dopo aver visitato l’Expo, è qualcosa di insensato e di incredibile.
Lo è per chiunque sia dotato di un minimo di sensibilità, di buon senso e di razionalità, ma lo è in particolare per quei poveri dignitosissimi genitori che, pur nella stoica accettazione dell’accaduto, non possono darsi pace, non possono chiarire cause e circostanze o trovare uno straccio di ragione. Hanno il sacrosanto diritto di sapere.
Nascondere la verità è tra le peggiori vergogne che un essere umano possa praticare, soprattutto quando non ci sono appigli o motivazioni che possano alterarla, condizionarla o mistificarla.

“Domenico - dice la madre e chi lo conosceva bene - era un ragazzo accorto, maturo, e responsabile. Non era il tipo che si faceva coinvolgere in bravate, con equilibrismi su cornicioni o davanzali, men che meno al quinto piano. Sarebbe un comportamento anomalo, non è assolutamente in linea con il suo modo di essere. Se è stato uno scherzo, è crudele e disumano. L'unica ipotesi è che sia stato spinto giù.”

Uno scherzo idiota finito in tragedia, quindi, come molti pensano e forse anche gli inquirenti: gli hanno dato qualcosa per farlo sentire male, poi, in preda agli spasmi, lo hanno preso per le braccia e per le gambe e trascinato, senza slip, a quella finestra per farlo defecare nel vuoto, fuori dal davanzale. Ma non hanno saputo sorreggerlo e il ragazzo, nell’agitazione e nella vergogna, è caduto giù, nel vuoto per l’ultimo suo viaggio.

In certe occasioni di spregiudicatezza giovanile - come può essere una gita scolastica - si liberano facilmente sfrenate fantasie ludiche, a danno della ragionevolezza e della lucidità. In assenza di regole e controlli, si afferma spesso un capo branco, il più spavaldo e paraculo, che si erige a leader e che guida allo scherzo, alla sfida e alla burla un nugolo di altri bulletti, pronti a infierire con ferocia e disinvoltura, il cui trastullo confina col sadismo.
Se è andata così, i responsabili devono essere individuati e adeguatamente puniti.
Solo così questa folle, paradossale morte può avere un significato: quello del coraggio della verità.
Per rispetto, almeno, di due genitori che non sono più tali.

28 maggio 2015   (Alfredo Laurano)

C'E' PASTA PER TE

Un tempo erano scarpe, prima la destra, poi la sinistra (dopo l’apertura delle urne), ma anche banconote tagliate a metà, pacchi di pasta, scatolame e sacchi di patate.
Oggi il voto di scambio su realizza su basi ben più consistenti: appalti, promesse di finanziamenti pubblici, di poltrone, permessi edilizi.
A pagare il singolo elettore, poi, ci pensano mafia e camorra a 50 euro a voto, ma solo dopo averne portato la prova inconfutabile: la fotografia scattata con il telefonino, per dimostrare di aver barrato la casella giusta.

Anche l’assessora veneta di Forza Italia, Elena Donazzan, distribuisce in questi giorni pacchi di pasta con la sua bella immagine, per fare campagna elettorale.
La signora evidentemente non sa, o non le hanno detto, che questa pratica era già in vigore negli anni ’50 e il suo inventore fu Achille Lauro, armatore napoletano di successo, prima monarchico, poi democristiano. “O comandante”, come era chiamato da tutti, era solito mandare i suoi galoppini a consegnare pacchi di spaghetti e maccheroni - quelli avvolti nella carta azzurra - a potenziali elettori. Gli italiani amano la pasta, allora, come oggi e come sempre.
Il neo-Laurismo è quindi tornato con il suo mondo, popolare e demodé, legato alla compravendita delle coscienze dei pezzenti, che, in cambio di denaro, buoni benzina, favori, piaceri e bucatini, sono pronti a votare un politico o un partito, come normale prassi sociale ed elettorale.
Ma Lauro aveva almeno il consenso popolare dettato dalla fame e dalla miseria!
Oggi, in tempi di altre crisi economiche, ma, soprattutto di idee e di valori, qualcuno tenta in vari modi di emulare quelle gesta, senza pudore e senza decenza, umiliando la dignità dei cittadini più esposti e bisognosi che, prima di essere elettori, sono persone.
Cara assessora, la politica è altra cosa.
Mezzo chilo di penne o rigatoni riempie la pancia, ma svuota la coscienza.
 27 maggio 2015    (Alfredo Laurano)

martedì 26 maggio 2015

FABBRICHE ANIMALI

Il servizio mandato in onda giovedì a Anno Uno è a dir poco sconvolgente, anche se non è il primo che vediamo. In rete ci sono tantissimi filmati sul medesimo argomento che suscitano lo stesso sdegno, la stessa repulsione.
L’inchiesta giornalistica condotta, furtivamente, ma con coraggio da Giulia Innocenzi, svela l’orrore e le torture di molti allevamenti intensivi in tutta Italia, dove migliaia di maiali sono costretti in veri lager, in condizioni tremende e assurde, a mangiare nei propri escrementi, mutilati alla nascita. 
Non hanno spazio, non si possono mai girare, né sdraiare, né muoversi. Si accavallano e sopravvivono a stento tra altri animali, già morti o malati.
Alcune bestie, distinte con un semplice segno in questa ignobile stalla dello schifo e dell’obbrobrio, diventeranno il pregiato prosciutto di Parma.
Scandalose anche le strutture dei capannoni fatiscenti, orribilmente sporche, piene di topi e scarafaggi che passeggiano a vista, con impianti elettrici improvvisati, pericolosi e mai revisionati. In terra, dappertutto, fiumi di liquami e odori nauseabondi. Non c’è aria, non c’è luce naturale.
Pare che oltre il 40% degli allevamenti di suini nel nostro Paese sia irregolare. 

Il sovraffollamento è una caratteristica comune di tutti gli allevamenti: conigli, polli, tacchini e galline, ad esempio, vengono ristretti in piccolissime gabbie, imbottiti di integratori chimici. Anche mucche e vitelli ingrassano nell’immobilità.
Una detenzione del genere reca sofferenze agli animali e dà luogo a continue patologie fisiche, contrastate con un massiccio uso di farmaci, che ha come effetto collaterale lo sviluppo di microrganismi resistenti e il conseguente, intenso ricorso ai trattamenti antibiotici. Che poi finiscono sulle nostre tavole, insieme agli ormoni somministrati.
I controlli sono troppo pochi o inesistenti e quasi sempre gli allevatori ricevono solo dei richiami e non vere e proprie sanzioni.
Secondo gli esperti, l’unica vera soluzione potrebbe venire da una task force del ministero della Salute che, potenziata e sostenuta, potrebbe essere lo strumento necessario per avere più ispezioni, denunce e sanzioni più efficaci e dare supporto ai veterinari. 

Alla luce di questo scandaloso trattamento degli animali-cibo, dobbiamo pretendere un minimo di dignità per le bestie e di rispetto per la salute umana.
E’ un problema di civiltà, di alimentazione e di sanità pubblica che non si può più ignorare.
Un efficace segnale da parte della popolazione sarebbe quello di ridurre drasticamente o abolire il consumo di carne, prima che diventi ulteriormente nocivo, anche dal punto di vista ambientale (consumo di acqua ed energia, desertificazione, smaltimento delle deiezioni animali e dello scarto, emissioni di gas e ripercussioni sul clima).
Gli animali sono esseri senzienti, capaci di provare sensazioni, emozioni, sentimenti, come ben sappiamo di un cane o di un gatto. Ma una mucca non è molto diversa, da questo punto di vista. Né un maiale: sono esseri intelligenti, affettuosi e curiosi.
Invece, vengono trattati come cose, come macchine da soldi, affinché il loro allevamento, la macellazione e la distribuzione risultino economicamente compatibili con i livelli richiesti dal mercato: i prezzi di carne, latte e uova devono essere accessibili per il maggior numero possibile di consumatori. Quindi zootecnia chimica e intensiva e basse spese per massimizzare i profitti.

Per chiudere, una riflessione psicologica.
I macelli sono sempre nascosti alla vista del pubblico: per potersi nutrire di animali, le persone devono allontanare il pensiero della loro uccisione, oltre che della loro “manutenzione”. Bisogna poter separare l'immagine dell'animale vivo, nei prati e nella fattoria - che oggi ormai non esiste quasi più (forse, l’uno per cento) -  e la sua carne da tagliare a bocconcini e infilzare con la forchetta.
Se ciascuno dovesse ammazzare da sé gli animali che mangia, sicuramente molti di loro non finirebbero nel piatto.

Tra vent’anni, ci saranno 11 miliardi di persone e quattro di animali da alimentare.
Questi temi, comunque la pensiamo, dovrebbero far prepotentemente parte di ogni progetto di educazione alimentare e della discussione centrale e prioritaria sulla produzione di carne e di allevamenti di Expo 2015 che si propone di nutrire il pianeta.
Ma come, a che prezzo e con quali conseguenze? Violentando o rispettando la natura?


25 maggio 2015    (Alfredo Laurano)

domenica 24 maggio 2015

ARRIVA L'ISPETTORE

Ha quasi duecento anni, ma non ha tempo, non ha età e non ha confini. È la antica e ricorrente commedia degli equivoci che accompagna da sempre la vicenda umana e, di conseguenza, anche quella del teatro.
I temi trattati nell’Ispettore Generale di Gogol sono ancora oggi di estrema attualità e sembrano estratti dalle pagine dei nostri giornali e dalle TV: politici corrotti, mafie locali, denaro pubblico speso impunemente, tangenti, privilegi, favori.
Storie di normali abusi quotidiani che, grazie alle volgari peripezie di mezze squallide figure, si consumano e si trasformano, con qualche rara smorfia di paura, all’interno di situazioni tragi-comiche e incredibili, non lontane dalla realtà.

L’opera russa del 1836, messa in scena ieri sera al Teatro di Porta Portese dalla Compagnia “I Con-Fusi”, rappresenta tutto questo: bacchetta e denuncia, ricorrendo all’ironia, all’iperbole e agli sfumati contorni della farsa, una classe dominante, avida e ignorante, che già allora si sperava di contrastare. 
In una cittadina di provincia della Russia zarista, dove il podestà e tutti i notabili non sono proprio irreprensibili, si sparge la voce di una visita in incognito di un ispettore generale. Tutti entrano nel panico.
Nel timore di perdere i propri privilegi, vengono coinvolti in una sorta di gioco della paranoia collettiva, in cui cercano di essere galanti, remissivi ed ossequiosi per entrare nelle grazie di colui che credono eserciti un livello di potere centrale e superiore. Scambiano per il temuto funzionario, arrivato per giudicare e controllare, un giovane di passaggio, squattrinato e affamato, e iniziano a blandirlo.
L’ospite – che è peraltro in chiare difficoltà economiche, tanto da non poter pagare il vitto e la locanda – è invitato a soggiornare in casa del podestà e subissato da attenzioni, riguardi e offerte, anche d’amore e di denaro, dai vari maggiorenti del paese. “Sa, di cosa in cosa, durante il viaggio, ho speso tutto il mio denaro…se potesse prestarmi 300 rubli…! E tutti aprono la borsa.
Compreso l’equivoco, lo scaltro avventuriero ne approfitta al massimo, corteggia la moglie e la figlia del generoso podestà e fugge prima che la sua vera identità venga svelata...

E’ il racconto dell’eterna incapacità dell’uomo di vivere secondo regole giuste e di rispettare principi morali, legali e di coerenza, senza cadere nella generale ipocrisia. E’ la metafora universale dell’egoismo umano, dove ciascuno percorre la sua strada, ignora e accusa gli altri e li disprezza, se non quando si affaccia un pericolo comune che richiede un’alleanza utile e strategica.
Ben resa, sul piccolo e affollato palco del teatro, la caratterizzazione di tutti i personaggi che nascondono vizi, peccati, manie e vanità, nonché la superficialità di certi rapporti familiari e la guardinga complicità di tutta la comunità. Dall’arguto ispettore, alla sua spigliatissima scudiera, dal dissennato giudice, al saggio podestà, dalla sua caustica e spumeggiante moglie, all’ espressiva figlia, dalla prudente ufficiale postale, alla scaltra addetta alle Opere Pie e a tutti gli altri, mogli varie e locandiera, nei giusti abiti e nel ruolo. Ciascuno si cala in quei panni con misura e convinzione per rappresentare le varie classi sociali dell’epoca, dal più titolato al più umile, come, del resto, accade nella magia teatrale.
Gli attori si muovono con un ritmo vivace e pacato nello stesso tempo, in una collettiva interpretazione esilarante, equilibrata e quasi senza sbavature, dove il grottesco si fonde con l’umorismo, la satira si stempera nella farsa e la dimensione dell’assurdo si confonde con quella del paradosso e del patetico. E la vodka che scorre a fiumi.

In questo intreccio di false verità, di furberie e di astute strategie, non c’è posto per il bene e l’onestà: tutto è mosso dalla sete di denaro, di potere e di ricchezza materiale. 
Cambiano i tempi, le mode, i luoghi ed i colori, ma la sostanza umana non cambia, è sempre la stessa, anche se usa maschere, costumi e toni diversi.
I potenti se la spassano con i soldi e le tangenti, mentre gli altri vivono di stenti.
 24 maggio 2015                     (Alfredo Laurano)



martedì 19 maggio 2015

IL TAPPABUCHE

Si dice sempre che le sentenze non si giudicano, si applicano e non si disattendono.
A meno che non riguardino le mosse del governo del puffo superbone.
L’hanno chiamato “Bonus”, per confondere il misfatto, come se fosse un premio, una regalia, un buono per gli acquisti e non la restituzione del maltolto, di una quota di pensione non corrisposta o già sottratta illegittimamente agli aventi diritto.
E, peraltro, riconosciuta solo in piccola parte e solo ad alcuni.
Ma si può fare? E’ normale?
E’ come se, dovendo pagare tutti a Equitalia una tassa o una multa di mille euro, noi ne pagassimo arbitrariamente solo 200 e decidessimo di farlo, per esempio, solo se avessimo un reddito superiore al minimo. 
Ci sequestrerebbero anche le scarpe ed i calzini.

Non è certo quello che ha previsto la sentenza della Corte Costituzionale.
Per decisione e magnanima concessione del Consiglio dei Ministri, il bonus sarà elargito il 1° agosto, come mancia o strenna post-elettorale, una tantum, solo a una parte di pensionati (fino al lordo di 3200, corrispondenti a un netto di 1700 € circa) e solo al 20/30 per cento di quanto effettivamente spetterebbe a ciascuno (una media di 500 euro, contro i 2-3000) per la mancata indicizzazione delle pensioni, dal 2012. 
La cospicua differenza sarà una sorta di beneficenza forzosa dei pensionati a favore dello Stato e di chi, nel bene e, soprattutto, nel male, lo amministra con equità e forte senso del dovere e del sacrificio: finanziamenti, sconti fiscali, salvataggi di banche e grandi imprese, spese militari, enti inutili e via dicendo.

Prendere o lasciare. O così, o pomì.
O fare ricorso e, penso, ce ne saranno tanti. Già si parla di class-action.
La norma, bocciata dalla Corte, era stata votata da tutti i partiti - compreso il PD -  che avevano prodotto e appoggiato il governo Monti, scelto per svolgere il lavoro sporco che i partiti stessi non volevano e non potevano fare, senza perdere la faccia, voti e consensi. E per questo che chiamarono il killer-tecnico che, con la sua ministra Fornero, ci mise la sua di bocconiana faccia da loden e partorì quella magnifica riforma e i tantissimi, poveri esodati.
Comunque, tranquilli cari pensionati, dal prossimo anno è prevista una rivalutazione rispetto all’inflazione, con un adeguamento delle pensioni di ben 5 o 10 euro! Pensate, fin d’ora, come investirli
“Quando questa norma è stata votata io tappavo le buche della città di Firenze”, ci ha ricordato candidamente il ducetto fiorentino, fingendo di dimenticare che il suo partito era in prima fila.
Qualcuno potrebbe fargli osservare: ma perché non ci sei rimasto a tappar quelle buche col catrame, invece di mettere una toppa - e non è certo una metafora – alla fossa dei rimborsi aperta da quella inutile sentenza?
19 maggio 2015  (Alfredo Laurano)


venerdì 15 maggio 2015

NON E’ MAI TROPPO TARDI

Etornato il maestro Manzi che insegna a leggere, scrivere e, soprattutto, a capire agli italiani. Anche a quelli che, nel frattempo, non sono più analfabeti e hanno in mano un pezzo di carta pergamena.
Dopo le tante manifestazioni di protesta in tutta Italia, la riforma della scuola (l’ennesima) è in discussione alla Camera, con i sindacati sul piede di guerra.
Il maestro Renzi - in maniche di camicia e con gessetti e cancellino - sale in cattedra e segna alla lavagna i buoni, i cattivi e anche i gufi.
In un video di 16 minuti, spiega la sua “buona scuola” agli italiani, illustrando punto per punto gli articoli del disegno di legge.
Un grande spot, in stile berlusconiano, che Renzi-Manzi lancia a pochi giorni dalle regionali. Twitter, in questo caso, non basta per persuadere studenti e docenti. E nemmeno le abusate slide e le chiacchiere in TV.
Più cultura, più risorse, più soldi agli insegnanti, autonomia con l'obiettivo di ridare alla scuola il ruolo che merita. Ma, attenzione, non ci sono presidi Rambo, che “esistono solo al cinema, e se ci sono, non è vero che assumono l’amico dell’amico e non è vero che ci sono i licenziamenti dopo 36 mesi. Sono assolute falsità”.
Le colpe del malfunzionamento della scuola sarebbero dei sindacati e non del fatto che le aule pubbliche non sono in sicurezza e non hanno soldi perché lui preferisce darli alle private.
Gli insegnanti, comunque, dovranno obbedire al dirigente, altrimenti sarà facile esonerarli. 
Quale autorità potranno avere davanti ai loro studenti e alle loro famiglie?  
14.5.15   (Alfredo Laurano)




mercoledì 13 maggio 2015

TRA INCROCI, SEMAFORI E TRAVAGLI

Questa divertente commedia, scritta e diretta da Leonardo Madier, racconta una giornata di ordinaria nevrosi quotidiana che, per effetto di una serie di incontri, imprevisti e casualità, trasforma e demolisce certezze affettive, antiche abitudini, convinzioni e solidi riferimenti di alcuni personaggi della contemporaneità.

Tutto si affolla nel trafficato crocevia di una multisala, senza semaforo, dove persone deluse, annoiate e un po’ arrabbiate, rinunciano alla propria riservatezza, perché hanno l’irrefrenabile bisogno di sfogare le proprie frustrazioni e di confidare i propri desideri, per cercare una nuova forma di edonismo e di felicità.
Una serie di sorprese e di scoperte sconvolgono tutti i protagonisti, fino a portarli, tra spunti di amara riflessione e momenti di pentimento, a una diversa presa di coscienza, a fronte di una sconosciuta realtà.
Ammissione di debolezza, riconoscimento di limiti e contraddizioni, confessione di manie e tradimenti: è il ritratto efficace dell’uomo d’oggi, occidentale, borghese e tecnologico.

Nell’ufficio di quella caotica struttura, un uomo e una donna (Andrea Villanetti e Barbara Patarini) vogliono affittare una sala-prove per uno spettacolino dei figli e per una festa privata.
Si “incrociano” lì, casualmente, per definire il proprio contratto, ma una serie di banali contrattempi impedisce, di volta in volta, il proseguimento della trattativa con il titolare del locale (Leonardo Madier). Quasi una metafora dei mille piccoli impedimenti che caratterizzano la diffusa macchina burocratica.

Sempre casualmente, compare in scena anche la moglie del direttore (Anna Carmen Puglisi) e un’altra giovane cliente (Giulia Ivana Clemente), anche essa occasionale. 
Completano il brillante cast gli aitanti giovani Antonio Colagrande e Giuseppe Panebianco.

Tutti si parlano, si descrivono, si propongono, ognuno con la propria storia personale, con le proprie idee, con i lati chiaroscuri della propria personalità.

Questi incontri (incroci) fortuiti, però, mettono a nudo la vita intima di ciascuno - dove si nascondono indifferenza, distrazione e stanchezza - e ne modificano il quadro psicologico. Fino alla crisi delle reciproche convinzioni. 
Fino allo psicodramma, un po’ comico, un po’ surreale, un po’ grottesco, ma non molto lontano da tante malcelate realtà.
Incroci di persone, travagli dell’anima.  

E’ una favola moderna, ben recitata e ben costruita - scandita da qualche passaggio di musica assordante e da qualche battuta un po’ artificiale - che fotografa i contorni psicologici e sociali di certe situazioni di forte attualità, dove la beffa, la caricatura e il paradosso disvelano inganni, gelosie e segreti inconfessati.
E’ l’antico gioco delle parti, dal vago sapore pirandelliano e, nel contempo, un po’ commedia dell’assurdo e degli equivoci plautini, che da sempre si rinnova nella vicenda umana. 
Che coglie i controsensi, la follia e le contraddizioni della nostra effimera esistenza.
13 maggio 2015    (Alfredo Laurano)
(INCROCI E TRAVAGLI Teatro Le Salette -Vicolo del Campanile, 14 Roma)

martedì 12 maggio 2015

BELLE VISIONI

Da Darwin a Freud, da Leonardo a Marx, da Santa Chiara a Beethoven, da Martin Luther King a Italo Calvino, Corrado Augias ripercorre le biografie e le visioni di alcuni dei più grandi fondatori del pensiero, della scienza e dellarte moderna.
E’ tornata in TV, su Raitre, la seconda stagione di “Visionari”, titolo forse un po’ ambiguo, che si propone di scoprire, raccontare, conoscere a fondo, anche nel privato, quegli uomini - scienziati, filosofi, intellettuali, artisti - che in qualche modo hanno cambiato il mondo, rivoluzionandolo.
Visionario è colui che intuisce e fa vedere quelle cose che prima nessuno aveva mai visto, che in qualche modo anticipa il futuro. Ma non da veggente, indovino o chiromante.
Con l’aiuto di ospiti ed esperti, di servizi giornalistici, di ricostruzioni e reperti inediti, Augias indaga sulle ricadute del pensiero dei Visionari nell’attualità di tutti i giorni.
Che ne è oggi dell’evoluzionismo? E cosa c’è dietro al creazionismo? Nella precarietà globalizzata, quali sono le nuove classi in lotta fra di loro? Si può sacrificare la propria vita in nome di un ideale? La musica può ancora migliorare il mondo?

E, a proposito di musica, ieri sera – sempre in seconda serata, dove da sempre è relegata la cultura – è andata in onda la magnifica puntata su Mozart.
Il divino fanciullo, coccolato da tutte le corti d’Europa, è stato osservato tra realtà, miti e leggende che ne hanno accompagnato l’opera e la breve vita, anche sotto il profilo umano e caratteriale.

La sua stravagante personalità, le sue manie, le sue passioni, i capricci, gli amori, le sue ossessioni erotiche, la sua incredibile memoria musicale (riusciva a trascrivere sul pentagramma un qualsiasi, complesso brano, dopo averlo appena sentito una sola volta).

Un ritratto psicologico, in parte inedito, che ne ha disegnato anche gli aspetti letterari, le lettere, i conflittuali rapporti con il padre e la di lui dipendenza, l’attrazione per il gioco e per il biliardo, dove perse molto denaro. Fino alla miseria.
Morì, com’è noto, a soli trentacinque anni, povero e indigente. Al suo funerale non c’era nessuno: fu sepolto in una fossa comune.

La sua prodigiosa musica, massima espressione dell'armonia e dell'eleganza, è stata scomposta, analizzata e approfondita, anche sotto l’aspetto didattico-creativo. Si è rivisitato il suo stile unico e inconfondibile, secondo la scelta e l’uso di certi strumenti, di certe tonalità: dalle sonate, alle sinfonie, dai quartetti ai melodrammi, dai concerti magistrali, fino al prodigioso, incompiuto Requiem.
Un genio della musica, il compositore forse più universale, un grande creativo, ma uomo fragile e tormentato, in balia degli eventi e della Storia.
12 maggio 2015    (Alfredo Laurano)


Probabilmente quando gli angeli nel loro consesso glorificano Dio suonano Bach.

Ma sono certo che nella loro intimità suonano Mozart.   (Karl Barth)

SCALZI PER ALLAH

Alla Biennale di Venezia 2015, una chiesa in disuso, Santa Maria della Misericordia, si trasforma in moschea: sono ricostruiti tutti i dettagli per trasformare la chiesa in una “perfetta” moschea. 
Ci sono i lampadari appesi, il tappeto per terra orientato verso la Mecca, lo spazio per la preghiera, le entrate diverse per donne e uomini, i muri barocchi adornati con scritte in arabo. Quando si entra si devono lasciare le scarpe negli armadietti, indossare il velo. L’ex contenitore dell’acqua santa all’ingresso giace, dimenticato, accanto al distributore di foulard per i turisti.
Al suo interno si prega Allah, ma è pur sempre una installazione artistica - così è stata autorizzata – un padiglione espositivo, un’opera d’arte, non un luogo di culto.

Ma un docente di Scienze religiose e storia dell’arte antica e medievale sabato è stato al centro di una vivace polemica: si è rifiutato di togliersi le scarpe per visitare questo padiglione islandese “The Mosque", allestito dall'artista Buchel.
E, visto che per questo motivo non lo facevano entrare nello stand-moschea, ha chiamato la polizia, sostenendo, a ragione, che le modalità di ingresso, compreso l’abbigliamento, non possono essere difformi da quelle previste per qualsiasi altro luogo espositivo della Biennale.
Insomma, non si può utilizzare un padiglione espositivo quale luogo di culto: mancano le autorizzazioni, sia religiose che amministrative.
“Mi veniva impedito di entrare, senza togliere le scarpe, imponendo il rispetto, ma rispetto per cosa: per il tappeto? O per il luogo islamico? All’interno infatti vi erano persone musulmane che pregavano.
Togliere le scarpe è un atto di culto: gravissimo imporlo a chi religioso non è. Se uno visita un padiglione d’arte intende conoscere le forme artistiche e non subire una regola religiosa, volutamente provocatoria.”

In effetti quella chiesa è stata trasformata a tutti gli effetti in moschea senza alcuna autorizzazione e sembra che la comunità islamica vi abbia già programmato il ramadan.
Né si conosce quale autorità abbiano gli islandesi per vietare l’ingresso a cittadini italiani e stranieri in uno spazio pubblico che di fatto è una moschea. Ma il luogo di culto è autorizzato dalla prefettura? Il Questore ne è al corrente?

È molto difficile promuovere un dialogo interreligioso su queste basi. Ma un certo Islam, è noto, non chiede, impone. Gli pseudo artisti islandesi, in questo caso, anche.
Cosa direbbe l'opinione pubblica se un gruppo di cattolici organizzasse una mostra di dipinti, croci, immagini di Cristi, santi e madonne ed imponesse ai visitatori di farsi il segno della croce e genuflettersi? 
11 maggio 2015   (Alfredo Laurano)