lunedì 27 aprile 2020

UN PRESIDENTE SOLO /2028


Nonostante la pandemia e l’emergenza sanitaria in corso, sono ancora una volta usciti dalle fogne.
Anche questo 25 aprile è stato oltraggiato da gruppi neofascisti: svastiche, croci celtiche e simboli fascisti su lapidi della Resistenza in diverse zone d’Italia.
Tanti i casi di atti vandalici ai danni di monumenti e musei dedicati alla memoria di partigiani e alle vittime della Resistenza, imbrattati con vernice rossa, scritte ignobili o dati alle fiamme, proprio mentre il Paese celebrava i 75 anni dalla Liberazione dal nazi-fascismo.
Hanno deturpato e sfregiato la memoria di un popolo e di un territorio marchiandolo con i segni del fanatismo ideologico più ottuso. Perfino una bandiera della Rsi, issata nello stadio di Verona.

Significativo il gesto del presidente Mattarella, che ha celebrato, in forma quasi privata, i caduti e il 25 aprile.
Nella città deserta nessuno se n’è accorto: solo nello spazio vuoto, senza ministri e politici intorno o comuni cittadini. Lontani anche la scorta e i corazzieri.
Come era stata anche la via crucis solitaria del papa, dal forte valore simbolico, in piena quarantena.
A sorpresa, il presidente, con la mascherina sul viso ha visitato l'Altare della Patria, ha salito la scalinata ed ha reso onore al milite ignoto.
In cima, ha trovato due corazzieri, anch'essi con la mascherina, che hanno portato una corona al sacello dell'ignoto. Un trombettiere dei carabinieri ha suonato il silenzio.
Il suo messaggio: «Il 25 aprile ci ripropone l’esperienza di un popolo capace di riscattarsi lasciando alle spalle le macerie morali e materiali del regime fascista».
Anche questa è cronaca, ma soprattutto Storia.
26 aprile 2020 (Alfredo Laurano)

LIBERIAMOCI /2027


Lapidi sfregiate e imbrattate, corone incendiate, memorie offese e vilipese, cortei marziali e disgustosi teatrini di insana nostalgia: una vile escalation di atti vandalici che si ripetono ogni 25 aprile, anniversario della Liberazione.
Oggi, per pandemiche ragioni, non sarà forse così. Ma restano le parole, le dichiarazioni ipocrite, le condanne sotto traccia e la voglia di cancellare questa data.
E meno male che, secondo molti, il fascismo non c’è più, è solo pregiudizio, è solo fantasia, folklore, un fenomeno archiviato dalla Storia.
A molti giovani non interessa nulla: “è una cosa troppo politicizzata che non mi appartiene”, dicono molti qualunquisti. E’ assolutamente grave e triste: non sanno nemmeno che cos’è e cosa si festeggia in questa data. Basta ascoltare qualche incredibile risposta che fa accapponar la pelle.

Il 25 aprile, tuttavia e comunque la si pensi, vive e sopravvive, come giorno della memoria: per non dimenticare, per celebrare la fine dell’occupazione tedesca in Italia, del regime fascista, della seconda guerra mondiale e la vittoria delle forze che hanno partecipato alla Resistenza. Anche in assenza dei partiti che quella lotta animarono, e che oggi non ci sono più, e in presenza dei pochissimi partigiani ancora in vita. Anche se la Sinistra è in profonda crisi, anche se il ruolo della Resistenza nella vita pubblica italiana è sempre più marginale, desueto o superato.
Il 25 Aprile aiuta a non sottovalutare mai questo pericolo sempre possibile e incombente: un fenomeno nazionalista, antiliberale e antimarxista, imperialista e razzista che si chiama fascismo, nei suoi rinnovati abiti, nei suoi diversi travestimenti, nelle sue diverse proposizioni storiche e temporali.
“Ogni tempo ha il suo fascismo”, scriveva Primo Levi, uno che se ne intendeva, suo malgrado e per costrizione e necessità.

Mentre i tedeschi devono ancora metabolizzare la grande, infinita vergogna che si portano dentro e non hanno di che commemorare, se non la nascita e la morte di Hitler e l’orrore dei campi di sterminio, non basta a nessuno voltare tantissime pagine di sangue e atrocità per guardare candidamente al futuro. Il passato, l’infamia, l’obbrobrio e la Storia non si cancellano. Non si cancella la memoria.
A settantacinque anni dalla Liberazione, la Resistenza non è ancora diventata patrimonio comune, una data storica di tutti gli italiani da celebrare, con spirito di pace e gratitudine, per ricordare chi seppe combattere e resistere, sacrificare la propria vita e versare il proprio sangue.
Resta un tema fortemente strumentalizzato e capace ancora di dividere.
Forse perché siamo abituati all’iconografia di una lotta armata e ideologicamente strutturata. All’ immagine, mitica e romantica, dei ribelli, con i mitra in pugno, un nome di battaglia, i fazzoletti al collo e Bella Ciao.
Ma la Resistenza non è stato solo questo.

Soldati, studenti, preti, suore, operai, intellettuali, ragazzi, anziani, casalinghe, contadini: sono tanti e diversi i protagonisti e le storie: la Resistenza è il drammatico racconto della vita di una comunità intera, non l’epopea di un’esigua minoranza o dei soli partigiani.
Di migliaia di italiani che, anche se non sono saliti in montagna, anche se non hanno sparato al nemico nazista o fascista, hanno compiuto atti di valore, di sacrificio, hanno contribuito con la loro azione umile, ma decisiva, al riscatto di un’intera comunità nazionale.
È la ribellione di uomini e donne comuni, di classe sociale, idee politiche e religiose diverse, uniti dalla comune volontà di lottare per la libertà. Non un’antologia di eroi, ma di tante storie di piccoli e grandi atti di eroismo, che hanno costituito la tragedia di una nazione chiamata a reagire, spontaneamente, nel momento più difficile della sua storia.

Per cogliere lo spirito autentico della Resistenza, bisogna uscire dallo schema rigido di quell’immaginario retorico, di parte e di tradizione, che ha accreditato l’idea di un movimento partigiano totalmente egemonizzato dai comunisti e dalla guerriglia, per ascoltare voci diverse, quelle più acute e quelle più sommesse, che alla fine compongono un unico canto corale da tutti intonato.
Senza santificarla e senza reticenze sulle pagine oscure che pure l’hanno macchiata, la Resistenza è stato il grande romanzo dell’esistenza precaria, della solidarietà, del coraggio, della speranza sulla disperazione.
Dai fratelli Cervi, alle strage di S. Anna di Stazzema, dall’orrore di Marzabotto, ai trucidati alle Fosse Ardeatine, fino a Salvo D’Acquisto, alle tante donne torturate e violentate e alle infinite vittime civili, catturate in rastrellamenti o rappresaglie, ed eliminate in una spietata politica del terrore.

Tutto ciò, se osservato con onestà e schiettezza, rende più vivido e realistico il concetto di lotta di liberazione: la sfida dell’altr’Italia unita.
La possibilità di riconoscersi in una storia comune non dovrebbe, in teoria, essere difficile. Se non altro per rispetto e gratitudine verso i tanti piccoli e umili eroi che si sono sacrificati per noi e per la libertà.
La Resistenza non è il retaggio di una fazione, è un patrimonio sacro di un popolo e della nazione. Anche di coloro che non lo sanno o non l’hanno ancora capito.
25 aprile 2020 (Alfredo Laurano)

25 Aprile, RICORDANDO I CRIMINI DI MARZABOTTO /2026

Uno dei tanti orrori.
Dopo il massacro di civili compiuto un mese prima a Sant'Anna di Stazzema, la mattina del 29 settembre 1944 ebbe inizio quella che verrà ricordata come la "strage di Marzabotto", anche se in realtà i comuni interessati furono molti.
Le SS accerchiano numerosi paesi e in località Caviglia, irrompono in una chiesa durante la recita del rosario e sterminano tutti i presenti (195 persone, tra cui 50 bambini) a colpi di mitraglia e bombe a mano.
A Castellano uccidono una donna e i suoi sette figli, a Tagliadazza vengono fucilati undici donne e otto bambini, a Caprara le persone uccise sono 108.
Le truppe naziste si avvicinano ai centri abitati più grandi, Marzabotto, Grizzano e Vado di Monzuno e sulla strada ogni casolare, ogni frazione, ogni località vengono rastrellate, nessuno viene risparmiato.
Lo sterminio continua senza sosta: sono distrutte ottocento abitazioni, una cartiera, un risificio, strade, ponti, scuole, cimiteri, chiese, oratori, e tutti coloro che sono sequestrati vengono messi in gruppo, spesso legati, e bersagliati da raffiche di mitra, che vengono sparate in basso per avere la certezza di colpire anche i bambini.
L'azione procede per sei giorni, fino al 5 ottobre.
I partigiani della Stella Rossa tentano invano di contrastare la ferocia nazista, ma perdono il proprio comandante durante uno dei primi combattimenti, e comunque non dispongono delle armi e dei mezzi necessari per far fronte alle attrezzatissime truppe dei nazisti.
Al termine dell’eccidio si contano, in tutta la zona del Monte Sole, circa 1830 morti, mentre pochissimi sono i sopravvissuti, che sono riusciti a nascondersi, o che sono rimasti per giorni sepolti sotto i corpi dei propri vicini, dei propri familiari.

Oggi, settantacinque anni dopo, non possiamo che inginocchiarci davanti alla Storia e davanti a quei morti.
Su quei monti e in quel sacrario, ci sono stato anch’io, qualche anno fa, con una mia cara amica prof, con i suoi studenti e altri docenti, in una significativa gita scolastica di liceo, che fa pensare, capire e riflettere più di mille parole.
Dovrebbero farlo tutte le scuole e tutti gli insegnanti.
25 Aprile: una giornata della memoria, emozionante e preziosa, nel ricordo commosso dei valori, che quei luoghi ancora custodiscono e trasmettono, e delle tante vittime dell’orrore, morte perché noi fossimo liberi.
Per tenerla viva quella memoria, per tramandarla ai giovani, per non dimenticare. Ascoltiamoli in questo struggente coro di Bella Ciao.
25 aprile 2020 (Alfredo Laurano)

https://video.repubblica.it/dossier/25-aprile-2020/25aprile2020-nella-bella-ciao-dei-ragazzi-il-sorriso-della liberazione/358883/359438?fbclid=IwAR03QZZd6JF9phjTpaQIvqQSekJLCVVkm2ejHe8cgQpDTApWnDm6hMl0SXU

ARRIVA L’APP /2025


Oltre ai complottisti e catastrofisti di mestiere, che in ogni tipo di emergenza grave sguazzano alla grande, (facendo girare video che inculcano paure e paranoie, terrorizzando l'opinione pubblica con il vaccino che ci trasformerà in zombie, evocando la dittatura del pensiero unico e dell'informazione, dove tutti sarebbero silenziati, sottomessi e schiavizzati con le catene nel cervello, fino all'introduzione forzata nelle case per portar via fratelli, genitori e parenti vari infetti), c’è chi sostiene che, in nome della sicurezza sanitaria nazionale, si limitano volutamente le libertà, contravvenendo così agli articoli della Costituzione, ai principi democratici, ai diritti fondamentali dell’uomo: controllo delle masse, controllo dell’informazione, controllo socio-economico della popolazione.
Tutto, attraverso l’uso di una App - già adottata in Cina, in Corea Sud e in altri Paesi - che permettendo il tracciamento degli spostamenti di una persona, senza essere obbligatoria per tutti, sembrerebbe tanto simile al braccialetto elettronico, usato per i detenuti agli arresti domiciliari, e proposto per gli anziani che non possiedono smartphone.
Per costoro, anche il controllo delle Fake news sarebbe una limitazione alle libertà di espressione, un richiamo, in chiave moderna, del famigerato MinCulPop, organo della propaganda fascista. Tutto in nome della salute pubblica.

E si, ora il problema della App, che dovrebbe, in qualche modo, proteggerci e tutelarci, è la Privacy, la rinuncia alla libertà, la precaria sicurezza dei nostri dati, che possono essere spiati, trattati, controllati, monitorati, analizzati e archiviati nell’infinito cervello del Grande Fratello.
A che scopo? A quale fine?
Per la nostra schedatura. Per usare quei nostri dati, alla bisogna, per condizionarci, ricattarci e per obbligarci ad obbedire al sovrano di turno.
Ma quella App, che si chiamerà “Immuni”, non doveva servire per uscire di casa e ricominciare a lavorare, con cautela, in attesa del vaccino?
Non dovrebbe tracciare i nostri contatti quando saremo in giro, avvisandoci se siamo stati vicini a qualcuno che poi si è rivelato positivo?

Intanto, sarà utile ricordare ai tanti paladini della Privacy, alle sentinelle armate della riservatezza, che si aggrappano alla simbolica foglia di fico che custodisce i reconditi segreti di ciascuno, che siamo già abbondantemente spiati. Soprattutto da quando esiste Internet e la Rete e le nuove tecnologie.
I nostri telefonini e i nostri computer sanno tutto di noi, dei nostri gusti letterari, sessuali e musicali, delle nostre preferenze in ogni campo, cosa ci piace mangiare o bere. Ci indicano i luoghi dove andiamo in vacanza, prenotando su Booking, e dove e come siamo stati: anzi ce li fotografa e li memorizza.
Siamo costantemente tracciati.
Il sistema ci controlla con il telepass, con le videocamere di sorveglianza dappertutto, con il bancomat, le carte di credito e con tutte le altre scie elettroniche che lasciamo. Con Google maps, sanno se andiamo a piedi o se usiamo l’auto, il bus, il treno, la nave o l’aereo. Se andiamo al supermercato, se ci facciamo consegnare la spesa a casa, se ci piacciono le osterie o se frequentiamo centri commerciali o ristoranti, con Trip Advisor. Se chattiamo su Whatsapp e Messenger, scambiandoci milioni di messaggi.
Se andiamo in chiesa, in palestra o in tribunale. Sanno cosa e dove acquistiamo on line (Amazon in primis), ci consigliano e ci propongono prodotti. Ci richiamano al dovere e anche al piacere dell’effimero.
Sanno cosa pensiamo, cosa scriviamo, con chi parliamo e come siamo schierati politicamente.

Abbiamo rinunciato definitivamente alla nostra privacy da quando abbiamo acquistato e connesso il PC e il nostro smartphone alla Rete. Ogni secondo che passa, Google, Amazon, Facebook, Twitter, Instagram conoscono tutto di noi, più di noi. Ci giudicano, ci sorveglino, ci bloccano se sgarriamo, se postiamo cose immorali o inopportune. Ci sommergono di pubblicità.
Abbiamo rinunciato alla privacy ogni volta che abbiamo accettato i cookies dei siti internet visitati. Ogni volta che abbiamo firmato contratti telefonici, finanziamenti, assicurazioni, prenotazioni, senza controllare la postilla sul trasferimento dati a terzi.
Abbiamo ceduto i nostri dati a chiunque e ora, per assoluta necessità sanitaria, non dovremmo scaricare una Applicazione che, in piena pandemia, ci geolocalizza per un fine utile a tutti e che potrebbe salvarci la vita.
Solo per fare un dispetto al misterioso Grande Fratello che nessuno ha mai incontrato di persona e che, dal 1984 (scritto nel 1948) tiene costantemente sotto scacco la vita dei cittadini.
24 aprile 2020 (Alfredo Laurano)


mercoledì 22 aprile 2020

NOI E GLI ALTRI, PERSONE FORZATAMENTE MODIFICATE /2024


Eravamo per natura animali politici, legati ad una vita comunitaria con gli altri e organizzati nella tipica forma sociale che è la Polis, ultimo gradino dei processi aggregativi: prima c’è il villaggio e prima ancora la famiglia, nucleo naturale di socialità, il cui culmine è appunto nella Polis, quel particolare tipo di città-stato, abitato da una comunità di individui uniti da legami etnici, religiosi, economici, che fu proprio dell’organizzazione greca in età classica.
L’uomo tende quindi ad aggregarsi in modo spontaneo. E non solo per interesse, per esigenze materiali o perché stare insieme è vantaggioso, ma perché è un’attitudine più genetica che ambientale, perché nessuno può fare tutto bene e da solo: è meglio che ciascuno si specializzi in un’attività, in un ruolo.
Lo sosteneva, a ragione, Aristotele: anche se l’uomo avesse tutto ciò di cui ha bisogno e fosse autonomo, tenderebbe lo stesso a vivere insieme ad altri. Vi è una spontanea voglia di stare insieme, di socializzare, di interagire. 
Almeno, così era fino a pochi mesi fa.
Ora, uno stramaledetto Virus ha demolito anche questa predisposizione, questa tendenza, questo modo di vivere e di essere.
Ci ha modificato dentro e nel pensiero. Ci ha riportato ad una sorta di riedizione dello stato selvaggio di “Homo homini lupus”, di hobbesiana e già plautina memoria. Anche se, in verità, nello stato di natura, non regolato da alcuna legge, tale condizione istintuale di egoismo, sopraffazione e sopravvivenza non è mai sparita dal contesto umano, ma solo sopita, rimossa o sublimata in altre forme.

Comunque, filosofia e antropologia a parte, sono già due mesi che non lo facciamo.
Abbiamo dovuto dimenticare, o, meglio, siamo stati costretti a farlo, com’era bello incontrarsi, stringersi la mano, abbracciarci, baciarci, salutarci con affetto. Stare vicini, stare insieme al bar, a pranzo, a cena o in trattoria. Scambiarsi un bocconcino, un pezzo di pizza, di focaccia o di crostata, fra le dita (come faranno in India dove mangiano solo con le mani?). O giocare a carte, far chiacchiere e salotto, uscire per lo shopping, andare al cinema, a teatro, ai concerti e nei musei.
E’ necessario e obbligatorio mantenere le distanze e coprirsi con le mascherine, anche quando in qualche modo si ripartirà, magari fra pannelli in plexiglas, percorsi e numeri chiusi.
Ormai vediamo gli altri come nuovi possibili nemici, come portatori asintomatici di virus, come potenziali untori o killer inconsapevoli, che possono infettarci quando andiamo a far la spesa o in farmacia, o quando ci fanno le consegne a casa. In strada ci spostiamo, ci allontaniamo, cambiamo marciapiede. Reciprocamente, istintivamente.
Sono poche settimane che è così, ma sembrano anni. La normalità, come era intesa nella più recente quotidianità, sembra così lontana e perduta nel tempo.
Il Covid-19 ha stravolto le nostre abitudini, ha drasticamente modificato le nostre priorità e anche la nostra percezione della realtà.
Il mondo, visto dalla finestra di casa, dal monitor del PC o raccontato da stampa e TV ha un aspetto diverso, inquietante, fittizio e anomalo. A volte, tutto sembra finto perché paradossale, come in un reality, una specie di Truman Show al contrario, un incubo perverso, dove appare difficile distinguere la sottile linea tra realtà e finzione,
Questa tragica vicenda segnerà una generazione in modo irreversibile, come è accaduto per i nostri nonni o genitori con la guerra.
Nulla sarà come prima, anche per noi diversamente giovani, se non incontriamo il mostro.
21 aprile 2020 (Alfredo Laurano)

COMMENTA UN’AMICA /2023


“Chi è sano desidera vivere, rinchiuso in casa la salute serve a poco e, se per la paura di ammalarsi uno non vive più, mi spieghi che si campa a fare? La soluzione non è stare chiusi a casa e basta, mentre la gente ha sacrificato la propria libertà, e continua a farlo qui in Italia. Allora ha un senso ritornare a vivere e godere come hanno scelto gli americani che vanno al mare in Florida.”

Premesso che non solo chi è sano desidera vivere, perché anche chi è malato vorrebbe farlo, hai forse una soluzione miracolosa o una pozione magica, capace di donare immunità o immortalità, per combattere il Virus, che non sia il lockdown, adottato, prima o poi e più o meno colpevolmente, da tutti i Paesi del mondo, colpiti dalla Pandemia? Perché non la suggerisci?
Senza quelle misure di contenimento, in mancanza di cure certe e di vaccini, i contagi e le morti sarebbero stati ben più alti e numerosi. Una catastrofe planetaria. "La gente ha sacrificato la propria libertà" non per gioco o costrizione, non perché “la salute serve a poco se, per la paura di ammalarsi, uno non vive più.”
E allora, dici, “Che si campa a fare?”
Si campa per difesa a riccio o a catenaccio.
Si campa per sopravvivere, per non essere infettati, per salvaguardare la salute personale, familiare e collettiva; per cercare di non finire intubati nelle terapie intensive; per non morire soffocati, soli, senza un estremo saluto e senza affetti; per non abbandonare questo mondo in migliaia di bare sui camion militari, che vanno ai crematori.
Altro che andare al mare in Florida o a Fregene! Altro che far baldoria a Rimini o la movida sui Navigli o a Ponte Milvio, per insopprimibile, indilazionabile voglia di socialità suicida!

La quarantena e il distanziamento sociale hanno di fatto un po' rallentato la moltiplicazione dei contagi e contribuito ad evitare il collasso degli ospedali.
E proprio lì bisogna guardare per capire come sta andando l'epidemia a due mesi dal paziente uno di Codogno.
E da quegli ospedali, giunti al limite e sovraccaricati, adesso arriva qualche buona notizia. Le rianimazioni liberano letti e addirittura chiudono reparti, come al Niguarda, e anche alcune aree Covid, per malati meno gravi, sono meno impegnate.

Ma prima di alimentare false e premature illusioni di normalità e riaperture, sarebbe necessario il controllo territoriale dei casi accertati, la mappatura dei pazienti asintomatici o paucisintomatici e di tutti i familiari dei casi conclamati, prevenire il contagio nelle famiglie, individuare i positivi con l'isolamento nelle case o in strutture adeguate, dopo la strage intollerabile nelle Rsa lombarde e di tutt'Italia.
Con la curva dei nuovi casi che scende ancora così lentamente, in alcune zone del Paese ci vorranno settimane o mesi per dire che è finita e che si può passare alla fase 2 sanitaria, in sicurezza.
Basta un’altra sola mossa sbagliata, come le tante, con colpevole leggerezza, già operate, per vanificare tutti i sacrifici fatti finora, soprattutto da chi ha rischiato o duramente pagato, continuando a lavorare per la comunità.
Basta un niente per pagare a caro prezzo una riapertura prematura, un via libera, male interpretato, che potrebbe scatenare la voglia repressa e incontrollata di “normalità”: c’è troppa gente, incosciente e irresponsabile, che se ne fotte delle regole, anche di buon senso. Lo abbiamo ampiamente visto e verificato in questi giorni.
Il pericolo di ricominciare tutto daccapo è reale ed evidente, anche per cercare di prevenire un eventuale, anzi probabile fase di ritorno del Virus.
E’ il momento della massima cautela, delle decisioni uniformi e nazionali, perché la guerra non è affatto vinta, ma appena cominciata.
20 aprile 2020 (Alfredo Laurano)

TUTTI AL MARE /2022


Tutti al marea mostra’ le chiappe chiare, co’ il Virus in mezzo all’onne, noi s’annamo a diverti’.”
Gli americani, in parte, sono più stupidi del presidente che li governa e che hanno liberamente scelto.
Sono almeno 160mila i morti nel mondo, a fronte di un totale di 2.330.000 casi confermati. Negli Usa, si contano 733.000 contagi - il numero di casi più alto tra i Paesi del mondo – e 39.000 morti, di cui quasi duemila nelle ultime ore, ma IN FLORIDA TUTTI IN SPIAGGIA.
Nonostante il Coronavirus, una folla di amanti del mare si è riversata nei lidi della Florida settentrionale, che hanno riaperto in un weekend con temperature estive sino ai 30 gradi.
Quella di Jacksonville è stata letteralmente sommersa da persone, surfisti e proprietari di cani, pronti a godersi una bella giornata di sole e aria fresca.
Un’altra spiaggia che ha deciso di abbassare la guardia è stata quella di Santa Cruz, California. Lì era possibile fare surf per la prima volta, dopo l’imposizione del lockdown.
Quando la polizia ha rimosso le barriere da una delle spiagge la gente ha esultato.
Ma la raccomandazione di mantenere le distanze sociali, guardando le immagini sui social, non sembra affatto sia stata rispettata. Nessuno sembra abbia fatto molta attenzione. Quasi nessuno indossava la mascherina.
E lunedì riaprono le attività in Texas e Vermont.
Buona fortuna.
19 aprile 2020 (Alfredo Laurano)

QUA NON SI PASSA /2021


Il mitico Vincenzo De Luca: "Se parte la corsa al “riaprite tutto”, sono pronto a chiudere i confini della Campania. C'è chi preme per affrettare la ripresa. Se necessario, faremo un'ordinanza per vietare l'ingresso a chi proviene da regioni dove ancora il contagio è alto".
Il governatore campano ha spiegato che non si può rischiare di vanificare tutti i sacrifici fin qui fatti e di riaccendere nuovi focolai d’infezione. E’ necessario agire con grande senso di responsabilità. 
“Saremmo anche noi felici di avere qualche apertura in più delle attività commerciali, ma lo faremo da persone responsabili, per ragioni di tutela delle nostre famiglie e delle nostre comunità, non per ragioni di opportunismo. Il piano di ripresa in Campania, ha continuato, “dovrà essere accompagnato da un piano di sicurezza sanitaria”.
Dopo aver allestito, in tempi rapidissimi, la struttura modulare di potenziamento delle terapie intensive all’Ospedale del Mare - già criticata perché ritenuta da molti inutile, visti i numeri contenuti del contagio - la Regione Campania, in queste ore, sta iniziando il confronto con le categorie produttive ed economiche, per dare “un protocollo di sicurezza per non dover poi richiudere”.
 18 aprile 2020 (Alfredo Laurano)


venerdì 17 aprile 2020

L’ARDITA LOMBARDIA /2020


Interpretando e sfruttando il naturale sentimento di frustrazione dei cittadini, provati da oltre quaranta giorni di segregazione senza risultati decisivi, il governatore Attilio Fontana ha annunciato in video la “Via lombarda alla libertà”, per il 4 maggio prossimo. Una presunta riconquista della libertà, un piano di ripresa industriale che sembra essere un salto verso l’ignoto.
Uno slogan che suona audace e grottesco e che mi fa venire in mente quelli ottimistici e di incoraggiamento di fine febbraio scorso, diffusi in video e in spot, anche sui Social, prima che si prendesse adeguatamente atto e contezza dell’epidemia, come “Milano non si ferma e Bergamo neppure”, “Vivete, visitate la vostra città, fate shopping”.
Erano i giorni degli aperitivi e degli inviti a non bloccare il commercio, quelli in cui Confindustria premeva per non fermare le fabbriche e le produzioni, nonostante fosse già chiaro che in quelle aree il contagio si stesse allargando senza un freno.
Ci abbiamo messo qualche giorno di troppo a capire all'inizio dell'emergenza, abbiamo sbagliato anche noi, anche io", ha detto poi Gori, sindaco di Bergamo, sostenendo, come il suo omologo Sala a Milano, quella linea che si è poi rivelata rovinosa ed esiziale: "Abbiamo pensato che si potesse tenere insieme la prudenza, il rispetto delle regole, le distanze di sicurezza, e la vita normale – è il mea culpa di Gori -

Ma la presunta ripartenza del 4 maggio in Lombardia l’ha decisa la Regione o Salvini, in perpetuo equivoco con le sue contraddizioni?  E il governo è stato avvertito, il Comitato scientifico lo sa, è d’accordo?
E’ possibile passare, con tanta inaudita leggerezza, dal terrore del numero dei contagi e dei decessi, ancora altissimo di questi giorni (con tasso di mortalità più alto in tutto il mondo), al “riapriamo tutto” per rimettere in moto l’economia?
Sono garantite le misure adeguate per chi andrà a lavorare, visto che ancora mancano milioni di mascherine, di tamponi e introvabili reagenti; che le cure domiciliari sul territorio sono praticamente inesistenti e che molti malati vengono lasciati morire in solitudine o dimenticati in promiscuità nelle RSA, senza cibo, lavaggi e assistenza, fino alla dipartita (sconvolgente il reportage di Piazza Pulita ieri sera)?

Le 4 D proposte dalla Regione - distanza tra le persone, dispositivi di protezione (mascherine), digitalizzazione (obbligo di smart working per le attività che lo possono prevedere) e diagnosi (test sierologici) - dovrebbero portare la Lombardia a una “nuova normalità”, che si prevede piuttosto triste, in cui l’unica “libertà” sarà quella di andare al lavoro, con la paura del contagio per sé e, al rientro, per la propria famiglia.
Ma, “La Lombardia parla con i fatti”, ha concluso Fontana, con un altro slogan a effetto.
E si, l’abbiamo visto tutti, soprattutto un mese e mezzo fa.
17 aprile 2020 (Alfredo Laurano)

ADIOS LUIS /2019


Né lui, né la gabbianella e il gatto che le insegnò a volare, né il cane, il topo, la lumaca e la balena potranno più volare nel mondo della fantasia.
Si è spento questa mattina Luis Sepulveda, aveva contratto il Covid-19 a inizio marzo.
Nella sua ultima intervista rilasciata al Manifesto, lo scorso ottobre, Sepulveda parlava della rivolta cilena. Oggi quelle parole suonano come un testamento. «La sola vera speranza è la gente giovane, quella che ha manifestato più duramente e da più tempo contro il governo, ma manca un’articolazione politica intelligente, la costruzione di un progetto politico alternativo, le risorse intellettuali per proporre qualcosa di diverso, e questo è un lavoro di anni. Spero verrà fatto»

Membro del partito socialista nella guardia personale di Salvador Allende, ribelle e anticonformista, studia i maggiori pensatori di sinistra, finché nel 1973, con il colpo di stato di Augusto Pinochet, viene arrestato e torturato.
Per 7 mesi è prigioniero in uno stanzino che non gli consente neppure di alzarsi in piedi.
Amnesty International interviene più volte con appelli in suo aiuto e infine ne ottiene la liberazione a prezzo dell'esilio per otto anni. Scappa in Brasile e poi in Paraguay, quindi è nella capitale dell'Equador dove riprende la sua attività di drammaturgo.
Collabora con l'Unesco per cui studia l'impatto dell'occidente sulla popolazione di indios Shuar; vive in Amazzonia e da qui trarrà spunto per “Il vecchio che leggeva Romanzi d'amore”. Ottiene la cittadinanza del Nicaragua, si sposta quindi ad Amburgo e lavora assiduamente per Greenpeace fino al 1986.
Adios Luis, resteranno per sempre i tuoi romanzi “che parlavano d’amore con parole così belle da far dimenticare la barbarie umana”.
16 aprile 2020 (Alfredo Laurano)

giovedì 16 aprile 2020

LA COLLERA DI DIO /2018


“La pandemia in atto è la punizione divina causata dal tradimento di Bergoglio nei confronti della Chiesa”.
Lo sostengono apertamente i fanatici integralisti, i media ultracattolici e tradizionalisti della destra religiosa americana che, da settimane, con i loro video virali, affermano che il Papa è la causa del coronavirus. 
L'idea del castigo divino è partita da esponenti della gerarchia vaticana ed è stata rilanciate persino da rappresentanti della Casa Bianca.
Fanno molto discutere le parole pronunciate dall'arcivescovo Carlo Maria Viganò - ex nunzio apostolico negli Stati Uniti e fiero oppositore di Bergoglio - il quale in una intervista rilasciata al quotidiano conservatore The Remnant, ha dichiarato che l'attuale pandemia sarebbe il castigo di Dio, inflitto all'umanità a causa dei peccati commessi. Un flagello divino per punire “l’orrore del cosiddetto matrimonio omosessuale, la celebrazione della sodomia e delle peggiori perversioni, la pornografia, l’aborto e l’eutanasia, tutte scelte contrarie alla morale naturale e alla fede cattolica. Peccati molto gravi che, "come tutte le malattie e la stessa morte, non sono che una conseguenza del Peccato Originale".

In merito all'invito a pregare avanzato venerdì scorso da Papa Francesco per chiedere a Dio la fine della pandemia, lasciando intendere che anche chi professa altre religioni poteva unirsi alla sua preghiera, Viganò ha commentato che: "Il relativismo religioso insinuato cancella la persuasione che la Fede Cattolica sia l’unica via di salvezza e che il Dio che adoriamo sia l’unico vero Dio. Quella di Papa Bergoglio è non solo un’eresia, ma una forma di gravissima apostasia ed una bestemmia."
Tenendo conto che il coronavirus è scoppiato in Cina non molto tempo dopo il Sinodo dell’Amazzonia, altri prelati credono fortemente che questa sia una punizione divina anche per gli eventi “sacrileghi” della presunta adorazione idolatrica della Pachamama in Vaticano.
Come il cardinale tradizionalista antibergogliano Raymond Leo Burke e il salesiano polacco Leonard Wilczyński che hanno parlato di intervento divino per castigare e purificare il mondo peccaminoso e anche la Chiesa. “Peccati attuali che, con quello originale, sono causa di grandi mali come la pestilenza. Non dobbiamo dimenticare che Nostro Signore considerava le catastrofi fisiche come castighi divini”.

Ma la colpa e la pena del peccato originale (male fisico, dolore, malattia, morte) non era stato pagato e cancellato dal sacrificio di Cristo e mediante il Battesimo, con cui ci siamo liberati e rigenerati come figli di Dio, nel momento in cui viene infusa la grazia?
Il peccato originale, che non è un peccato personale e tanto meno mortale, ma una “macchia dell’anima”, che impedisce di partecipare della vita divina, non viene rimesso anche attraverso le vie straordinarie che solo Dio conosce?
Perché Dio, che si è incarnato per morire come redentore, dovrebbe punire tutta l’umanità e questo papa, che insegue il dialogo e predica misericordia, integrazione e un’adesione più radicale al Vangelo?
15 aprile 2020 (Alfredo Laurano)

martedì 14 aprile 2020

PROVE DI NORMALITÀ /2017


Oggi riaprono librerie, cartolerie e abbigliamento per bambini. Non nelle regioni che non l’hanno autonomamente consentito (Lombardia, Piemonte, Emilia, Campania eTrentino) con ordinanze proprie.
Ma, visto l’ancora alto numero dei contagi quotidiani, soprattutto nel Nord, è prudente farlo, a cosa serve?
A dare l'illusione che siamo usciti dalla fase dell'emergenza, quando non è assolutamente vero, quando è il momento di fare invece molta attenzione?

Bar, ristoranti, cinema e teatri sono tutte attività impossibilitate a ripartire in questo momento e non possono certo vendere on line i propri articoli, mentre quelli delle nuove riaperture autorizzate si possono avere, comodamente, con spedizione a domicilio, pur permanendo seri dubbi sulla sicurezza di chi deve effettuare le consegne e di chi lavora nei magazzini di smistamento.
Girare tra angoli e scaffali, toccare e sfogliare libri e poi riporli, leggere pagine e copertine, indugiando, come da sempre si fa in libreria, può essere un comportamento sano, giusto e sicuro?
E lo stesso vale per vestitini, scarpe e tute da bambino che bisogna scegliere, provare, intrattenendosi con commesse e negozianti. Anche se, per gli esercizi commerciali che riaprono, sono previste misure rigorose, ma piuttosto vaghe: guanti, mascherine, distanziamento interpersonale, sanificazione dei locali, ingressi controllati, gel igienizzanti vicino ai Pos.

Ma chi controllerà? E quanti coglieranno il pretesto solo per uscire di casa, per farsi una passeggiata, sbirciando tra vetrine ed espositori, senza alcuna intenzione di comprare?
Non sarebbe stato meglio ricominciare da alcune attività di fabbrica, ovviamente rispettando i protocolli di sicurezza e organizzate sotto il controllo sindacale, che prevedono un solo percorso casa-lavoro-casa, senza deviazioni o incontri di alcun tipo?                                  
14 aprile 2020 (Alfredo Laurano)

domenica 12 aprile 2020

LA SPADA SULLA TESTA /2016

In Italia, a ieri, 153mila contagiati, ventimila morti. Nel mondo, unmilioneottocentomila contagiati, 109mila morti. Ma tutti sappiamo che questi numeri ufficiali non sono reali e veritieri: vanno moltiplicati almeno per dieci, dicono gli esperti.
Però, continuiamo a dire e a dirci: “Tutto Andrà Bene, Ce la faremo, Vinceremo”: come ai tempi del duce si scriveva sulle case o come si canta nella celebre romanza “Nessun dorma” della Turandot di Puccini.
E lo diciamo senza crederci, perché abbiamo bisogno di speranza, di fiducia e di miracoli, di slogan motivazionali, di incoraggiamento reciproco, di voglia matta di tornare a una quasi impossibile “normalità”.
E questa speranza l’abbiamo disegnata su lenzuola, bandiere e cartoni. L’abbiamo appesa a finestre e balconi, fra pianti, musica e canzoni. L’abbiamo propagata in messaggi della disperazione, da Nord a Sud, su porte e muri delle città.

Sappiamo tutti che nulla sarà più come prima, né, tanto meno, meglio di prima, come, retoricamente, qualcuno vuol farci ritenere o pretende di convincerci, trascinandoci nella pia illusione.
Da un giorno all’altro le nostre vite sono cambiate: la quotidianità, gli spazi, le abitudini, i rapporti, gli orari, le scelte, le priorità. La situazione è degenerata sotto i nostri occhi, ora dopo ora, e già ci ha trasformato.
Ci sentiamo in pericolo e minacciati, quando usciamo, lavoriamo o andiamo a comprare il cibo o in farmacia. Viviamo tutti una specie di vita sospesa, con una spada di Damocle sulla testa, legata solo ad un esile crine di cavallo. Su quale testa si romperà quel filo, a chi toccherà oggi?
Abbiamo capito che le cose non si risolveranno presto, che c’è bisogno di compattarsi, di essere solidali, di affrontare il presente, minuto per minuto, con serietà e responsabilità.

Ma, accanto al pessimismo della ragione, c’è bisogno anche di un po’ di ottimismo della volontà, di tirar fuori la forza residua e l’orgoglio di combattere questo mostro invisibile e spietato. E allora, come nelle favole, ripetiamo ancora: “Tutto andrà bene”, perché è l’unico conforto che possiamo dare, perché abbiamo un cuore grande e ferito, da cui sanguina la paura e l’incertezza.                                                                E perché, a Pasqua, è l’unico augurio che possiamo fare. Almeno fino a quando qualcuno o qualcosa staccherà la spada dal soffitto. 
12 aprile 2020 (Alfredo Laurano)


A CONTE FATTO /2015


Umiliati, svergognati e fatti a pezzi. Ma con stile, eleganza e semplicità. 
Chiamando per nome e per cognome, come fa solo chi ha il coraggio delle proprie azioni e non ha nulla da nascondere. Nell’armadio e fuori. 
Come sa e può fare solo chi si è affacciato alla scena politica sommessamente, in punta di piedi, con umiltà, discrezione, riservatezza e con profondo rispetto dei ruoli. Senza urlare, senza sbraitare, senza smanie di protagonismo e non da mestierante abituale, da parvenu del privilegio pubblico o da guascone prepotente. 
Come fa chi ha assunto, via via e con lealtà, un ruolo di estrema responsabilità e difficoltà, soprattutto oggi, in un incredibile momento di emergenza planetaria.

Direttamente, senza rimandi, allusioni o ambigui riferimenti di facciata, anche stavolta Il premier Giuseppe Conte ha inchiodato la strana coppia di bulli parolai Salvini & Meloni - in perenne e squallida campagna elettorale, anche ai tempi del devastante virus - alle loro colpe, alle falsità, ai sofismi inconcludenti che da sempre coltivano e diffondono e che, senza alcun pudore, hanno fatto circolare, anche in queste ultime ore, dopo aver fatto finta di voler collaborare all’emergenza. E li ha sputtanati davanti a un popolo sempre più disorientato e spaventato: “l'Eurogruppo non ha firmato nulla, non ha istituito nessun obbligo. E il MES, quel MES su cui abbaiate da ieri, l'avete introdotto e firmato voi, quando ancora esisteva il governo Berlusconi”.
Ma più che un attacco alla folkloristica coppia di bufalari - che, per piccata reazione, comicamente parla di tradimento, di comizi e roba da Unione Sovietica, evocando regimi totalitari - è stato un forte richiamo all’uso improprio e velenoso della battaglia politica, al mancato senso del dovere, alla coscienza dimenticata, alla necessaria onestà intellettuale, alla imprescindibile serietà di chi incide sull’opinione pubblica.
Alla faccia del logorroico Mentana, nell’inusitata veste di censore, e del falso, ipocrita, immarcescibile Capezzone, che, in buona compagnia, ridicola e circense, continua a ragliare spropositi dalle reti Mediaset. 
Una vetrina ripugnante e disgustosa, tra le quinte di un informe e scalcagnato teatrino, ispirato da quei due, dove un nugolo di disfattisti prezzolati, per pagnotta e per mestiere, cerca di svergognare le istituzioni, di ribaltare la realtà, di avvelenare il clima e indebolire un Paese già sfinito. 
Senza dignità, senza morale, senza giustificazione alcuna.
Fate infinitamente pena.
11 aprile 2020 (Alfredo Laurano)