sabato 28 febbraio 2015

L’ITALIA DA BURLETTA NELL’ERA DEI MATTEI

Qualche giorno fa, gli olandesi, oggi, a Roma, calano altri barbari: i Padani, quelli della Lega di Salvini, che si uniranno a Casa Pound, a Fratelli d’Italia e ad altri gruppi neo-fascisti esteri.
L’altro Matteo, l’uomo che sussurrava alle felpe, abbandona per qualche ora le luci e gli schermi televisivi - che condivide ormai da tempo con l’abusivo Matteo istituzionale, e dove convive, da separati in casa, 24 ore al giorno - cerca la consacrazione ufficiale a leader della Destra italiana, dopo il tramonto di Berlusconi. Prepariamo fiori, tappeti, banda e ragazze Pon Pon.
Con quali nobili parole e pensieri illuminerà i romani? Quali straordinarie pagine di democrazia, di tolleranza e di solidarietà ci regalerà dal palco di Piazza del Popolo?
Chissà che, tra non molto, non arrivi pure il Matteo3, quello in bicicletta e con l’abito talare ed il baschetto. Che si intende di giustizia e di miracoli.

Intanto, il ridicolo nano Brunettolo, pur di farsi notare e di guadagnarsi un trafiletto sulla stampa, attacca la Boldrini che, per errore tecnico, ha ridotto il tempo di intervento a uno del suo gruppo. Isterico, e ossessionato come sempre, non si accontenta del “mi dispiace per l’accaduto”, ma pretende delle scuse ufficiali per un fatto banale e del tutto involontario.
Se non spruzzasse, ripetutamente, bile, la sua indisponente faccia da “piccoli economisti crescono” non sarebbe visibile. Ormai, il suo giochetto è diventato stucchevole.
Presuntuoso e supponente, pretende rispetto quando lui è il primo a non darne a nessuno e a qualsiasi interlocutore. 
Quando, ad esempio, non lascia il tempo di rispondere in alcun modo, squittisce sopra all’altro, ripetendo compulsivamente le sue provocazioni e le sue domande retoriche. Proprio come fa Crozza, che lo disegna con maestria.

Ieri, poi, alla Camera, per non scontentare nessuno, la maggioranza ha approvato due diverse mozioni sul riconoscimento dello Stato Palestinese. Riconoscimento sì, ma anche no. 
Non sarà mica tornato il buon Veltroni, l'uomo del "ma anche"?
Comunque, il segno l’ha lasciato.
Un doppio voto che, oltre a scontentare i grillini e la minoranza PD -"E’ ridicolo. Se il governo è favorevole alla mozione di Ncd sulla Palestina, il cui testo è il contrario della nostra mozione, io non la voto”, afferma Fassina – crea non poca confusione.
Il primo testo, quello del Pd, impegna il governo a "promuovere" il riconoscimento della Palestina. L’altro, quello dei centristi (Ncd, SC e AP) subordina il riconoscimento al raggiungimento di un'intesa politica tra i palestinesi e alla ripartenza del processo di pace.

In sostanza, il Parlamento ha sostenuto il riconoscimento della Palestina, per poi approvare, subito dopo, una mozione che dice, se non il contrario, qualcosa di molto diverso.
La doppia approvazione, infatti, si presta a duplici letture contrapposte.
Esultano, contemporaneamente, l'ambasciata israeliana e quella palestinese ed entrambe ringraziamo, con comunicati ufficiali, il governo italiano.
“C'è da vergognarsi – tuona il drammaturgo ebreo Moni Ovadia, da sempre attento alle istanze del popolo palestinese - l'Italia ha fatto la solita figuraccia da Paese da burletta che non sa prendere posizione"
“Al governo o sono dei dissociati o sono in malafede", dicono, a ragione i Cinque Stelle.
O sono paraculi, mi permetto di aggiungere!
28 febbraio 2015                      (Alfredo Laurano)

IL SUO NOME È BOND, JAMES BOND



Inseguimenti “da paura” per le vie del centro storico, sulla banchina del Tevere e in verticale sui muraglioni lungo l'argine del fiume, gimcane, scontri, auto che volano nel Tevere. E il mitico Bond che si lancia da un elicottero su Ponte Sisto, nel cuore della città eterna.
Sono in corso le riprese di Spectre, il nuovo film di 007, il ventiquattresimo, una super mega produzione della Metro Goldwyn Mayer, con la regia di Sam Mendes e Daniel Craig ancora una volta nei panni dell'agente segreto e Monica Bellucci.
Sequenze spettacolari tra palazzi d’epoca, sampietrini e monumenti millenari: a Borgo Vittorio, accanto al Vaticano, un’auto in folle corsa si scontra nella notte con una 500.

Sono capitato, ieri sera, proprio nell’infinito set, in zona Borgo–Vaticano.
Le vie a ridosso di San Pietro trasformate in una vera e propria pista dove Aston Martin e la spaziale Jaguar Concept, guidate da stuntman, sono impegnate in derapate, sgommate, frenate e acrobazie di ogni tipo. Pubblico tanto e tenuto a debita distanza, come in Formula Uno.
Si girano lì, in due “esterni notte”, altre scene di inseguimenti che già hanno toccato il Lungotevere, Corso Vittorio e costeggiato il Colosseo. Poi la grande troupe si sposterà a Porta Pia, su via Nomentana, a Ponte Milvio, Piazza Navona - praticamente tutta Roma - e in Campania, alla Reggia di Caserta. 

Sono rimasto stupito dalle enormi dimensioni di quell’area, scelta come location naturale: praticamente tutte le vie del quartiere, fin oltre Porta S. Angelo, e i vari e stretti vicoli intorno a S. Pietro.
Con un amico che abita proprio lì, “sopra le macchine da presa”, abbiamo commentato le curiosità, le inevitabili polemiche e i disagi alla città.
Set blindatissimo e imponenti le misure di sicurezza: ogni spazio transennato e vigilato da un migliaio di addetti alla security, tutti in comunicazione via radio. 

Un esercito di operatori, macchinisti, elettricisti, attrezzisti, proiettori e fari ad altissimo voltaggio, montati su gru e puntati sulle facciate dei palazzi novecento e un parco auto ricchissimo di altre Jaguar, Aston Martin e centinaia di vetture varie e attrezzate, camion, furgoni appoggio, auto con torrette per cineprese e steadycam, tutte allineate lungo le antiche mura del Rione.

Una organizzazione capillare, impressionante, una produzione milionaria che non bada a spese. Si parla di un indotto pari a sedici milioni di euro, riferito alle persone assunte, alle diarie, ai ristoranti, alberghi, noleggi, costumi, trasporti, comparse e tutte le altre spese sul territorio.

A ogni condominio di quell’area - e sono tanti - è stato riconosciuto un contributo di mille euro per il disturbo.

Anche se molti hanno ironizzato sulla cosiddetta Hollywood dei cassonetti: strade linde, ordinate e riassettate, ma solo grazie a James Bond, Poi, tornerà la mondezza quotidiana.

26 febbraio 2015   (Alfredo Laurano)


giovedì 26 febbraio 2015

CON­TRO IL RAZ­ZI­SMO DEL TERZO MIL­LEN­NIO

La marcetta su Roma 
Sabato 28 febbraio, insieme a Sal­vini saranno pre­senti a Piazza del Popolo non solo i neo­fa­sci­sti di Casa­ Pound, nelle cro­na­che in que­sti giorni per il tentato omi­ci­dio a Cre­mona di un mili­tante del cen­tro sociale Dor­doni, quanto soprat­tutto le orga­niz­za­zioni xeno­fobe di mezza Europa, dando al ritrovo leghi­sta la par­venza di una rin­no­vata inter­na­zio­nale nera.
Ad affian­care Sal­vini saranno anche l’organizzazione raz­zi­sta tede­sca Pegida, nota in que­sti mesi per le con­ti­nue marce anti-islamiche pro­mosse a Dre­sda, non­ché il Bloc Identi­taire, par­tito dell’estrema destra fran­cese anti-immigrazione.
Ad aprile, Sal­vini pro­verà a por­tare a Roma Marine Le Pen dando vita ad un vero e pro­prio coor­di­na­mento poli­tico delle destre europee.
SABATO NON MANCATE….....
                          DI PRENDERLI A PERNACCHIE!  

TOGHE TACITE E SILENTI


Per vent’anni e più, Berlusconi ha insultato la magistratura. L’ha denigrata, offesa, attaccata e vilipesa. Come faceva, spudoratamente, anche Sgarbi nella sua indecorosa e rozza trasmissione televisiva “Sgarbi Quotidiani”.
Ma, quelle “toghe rosse” che lo avrebbero perseguitato e processato non per giustizia, ma per premeditata lotta politica, non è riuscito mai a batterle, a sconfiggerle.
C’è riuscito, invece, il suo degno erede e compare fiorentino e il democratico partito.
E sì, perché, se ancora non lo sapete, uno dei primi e più gravi problemi della giustizia italiana sono i magistrati che indagano, che intercettano, che condannano. Non la criminalità, la lentezza dei processi e quelli che non si fanno.
Quelli della banda Renzi, il giustiziere senza macchia, non sono ancora riusciti ad approvare nuove norme sulla dilagante corruzione, sul falso in bilancio, sull’evasione fiscale, sul pericolo terrorista che si preoccupano di votare ed approvare, velocemente, una legge contro chi combatte quella corruzione e quell’illegalità.
Come sostiene il sindacato delle toghe, "si intacca il profilo dell'indipendenza dei magistrati. Vi è un rischio che la parte processuale più forte economicamente possa liberarsi con azioni strumentali di un giudice scomodo. E' una strada pericolosa verso una giustizia di classe".

Si configura, quindi, un nuovo scenario: ogni cittadino che ha o ha avuto guai con la giustizia si sentirà legittimato a denunciare i giudici e a fare ricorso contro di loro.
Le cause contro lo Stato potrebbero diventare migliaia: cioè, si realizzerebbe l’effetto contrario alla necessità, da tutti condivisa, di voler ridurre e tagliare i tempi dei processi.
E’ sicuramente un bel regalo avvelenato alla magistratura, al concetto e all’iter di giustizia e, anche, alla vittima designata Berlusconi, finalmente soddisfatta e risarcita, dopo tante vessazioni.
Anche se, sulla carta, il nazareno Patto non c’è più.

La nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati è una specie di pendente minaccia di punizione, una spada di Damocle che oscilla pericolosamente sulle loro teste, e che li pone in una condizione di sana prudenza, di “astinenza” e di scarso impegno nelle indagini e nel perseguire certi reati: rischiano di pestare i piedi o dar fastidio a qualcuno, ricco e importante, e di essere incriminati.
Quindi, è facile presumere, che finirà per limitare e condizionare la loro libertà d’azione e la loro autonomia.

Mose, Expo, Roma Capitale, Mondo di mezzo e vergogne varie non hanno di che preoccuparsi: difficilmente, qualche pazzo assetato di giustizia si impegnerà, in futuro, a scoprire altri crimini e misfatti. Anche i magistrati “tengono famiglia!”
Berlusconi sbraitava e ululava la vento. Ora siamo all’intimidazione.
 25 febbraio 2015     (Alfredo Laurano)



martedì 24 febbraio 2015

IL GUASCONE E IL SALDATORE

E’ evidente che al ducetto solo al comando, sia pure assistito dalla corte di “capate” ancelle e ministrelle dall’aria liceale - non molto diverse, nel ruolo, dalle precedenti geishe berlusconiane e sempre pronte a replicare le sue parole e i suoi respiri strafottenti - il focoso ex saldatore emiliano fa paura.
E, quindi, gioca d’anticipo per sputtanarlo e rottamarlo - è la sua specialità - agli occhi della pubblica opinione. 

Lasciando per “mezz’ora” di eseguire puntualmente gli ordini e i programmi di Troika e Confindustria, Mr. Arrogance - che di recente, per emulazione del greco Varoufakis, ha scoperto lo zainetto sulla spalla (fa chic, fa fico, fa disinvolto…) - avverte odore di pericolo e, con la consueta spavalderia e con la solita espressione da guascone paraculo dei boy scout, attacca il leader della Fiom, Maurizio Landini: 
"Un sindacalista che si butta in politica? Non è il primo, ma se lo fa è difficile pensare che tutte le manifestazioni non fossero propedeutiche a tale entrata. Non credo che abbandoni il sindacato, è il sindacato che ha abbandonato Landini. Il progetto Marchionne sta partendo, la Fiat sta tornando a fare le macchine. La sconfitta sindacale pone Landini nel bisogno di cambiare pagina.”

Per alcuni, Landini è un sindacalista vintage, vecchio stampo, che sogna di rinverdire i fasti del sindacato anni settanta e di difendere ancora, ingenuamente, i diritti e l’articolo 18; che guarda indietro, mentre il mondo va avanti.

Ma, se il nuovo che avanza è rappresentato dagli annunci, dalle bugie, dal ridicolo uso politico di nauseabondi tweet e selfie quotidiani e dalle finte riforme del puffo fiorentino, ammiratore di Marchionne, allora, meglio il vintage, meglio la tradizione, l’usato sicuro in piazza e in fabbrica.

Meglio la contrapposizione dura che, se non altro, contiene la riaffermazione di principi e di valori come l'onestà, il rispetto, la dignità delle persone, un equa distribuzione delle risorse e dei redditi e prevede la galera per chi ruba, per chi evade le tasse, sperpera e sottrae denaro pubblico.

In un Paese dove le entrate fiscali sono garantite dal lavoro dipendente e dalle pensioni; 
dove, oltre alla dilagante corruzione e alla fortissima evasione, si scopre che migliaia di insospettabili (imprenditori, affaristi, faccendieri, stilisti e cuoche di Briatore) hanno portato i soldi in Svizzera; 
dove nella busta paga finisce meno della metà del costo reale del lavoro; 
in un Paese così degradato, si avverte da tempo la mancanza di un’etica della nazione, di un sussulto di coscienza collettiva, di voglia di onestà e pulizia e, soprattutto, di una formazione di sinistra antagonista, che tutto ciò persegua. 
Non basta urlare nelle piazze e nei comizi.

Quando Landini dice che "è ora di sfidare democraticamente Renzi”, si riferisce a chi lavora senza un contratto, a chi non ha futuro e non ha lavoro, a chi non crede alle garanzie delle tutele crescenti del Jobs Act, che si traduce in libertà di licenziamento individuale e anche collettivo. Nessuno si azzarderà più a scioperare.

C'è tutto questo complesso e variegato mondo, dietro le parole del segretario Fiom, che intravede la necessità di una coalizione sociale che superi i confini della sola unione sindacale, capace di unificare e rappresentare, anche politicamente, tutte le persone che per vivere hanno bisogno di lavorare.

Non c'è, al momento, all'orizzonte, una lista elettorale o l’ipotesi di un partito già pronto. C'è un un'idea che nasce dalla considerazione che i tempi sono cambiati e che il sindacato, così com'è, non basta più.

Naturalmente, c'è anche un po' di effetto Tsipras e di un partito come Syriza che contesta l’Europa dell'austerity e c'è l'esempio di Podemos, il movimento spagnolo, candidato a vincere le elezioni del prossimo autunno a Madrid, almeno stando ai sondaggi. 
Per ora, le parole di Landini sono caute, vaghe e nebulose. 
In molti, speriamo che possano tradursi in azioni concrete - alleanze, progetti e condivisioni -  nell'immobilismo paludoso di una Sinistra inerte e democristianizzata.    
Intanto, ha lanciato un sasso senza nascondere la mano.

23 febbraio 2015    (Alfredo Laurano)


lunedì 23 febbraio 2015

IL VICOLO FATATO


Se capitate nel paese del Piglio, patria del Cesanese - ma consiglio di andarci di proposito -  c’è un vicoletto nascosto dove, quasi per magia, si apre un luogo “antico” e di sapori e profumi, quasi dimenticati. 
Un luogo veramente fatato e suggestivo che riesce a raccontare con i suoi piatti la storia di una cucina semplice e genuina. Il nome del locale è già evocativo dell’atmosfera che lì si respira.

L'Osteria del Vicolo Fatato è un piccolo ma accogliente spazio, dove il tempo sembra essersi fermato. 
Sulle pareti, immagini, locandine, giornali e oggetti d’epoca in puro stile vintage e retrò, come la stessa piacevolissima musica di sottofondo, che spazia dagli anni trenta ai sessanta. 

Ad accogliervi ogni volta, con la massima gentilezza e cortesia, è Pompeo, preparato titolare del locale, con Nadia, l’eccellente cuoca-moglie in cucina.
Attento, professionale e riservato illustra i piatti e i vini, sottovoce. Li “narra” con maestria e con amore e ne descrive, senza fretta, ingredienti e tipo di cottura.
Il menu cambia praticamente tutti giorni e rispetta le stagionalità e la filiera corta.

Lo schema delle portate comprende, di solito, otto antipasti sfiziosi e particolari (da non perdere), tre primi, tre secondi, tre dolci. Si può optare per qualunque scelta: assaggi, tris, una minestra, una pasta, un piatto al forno o fermarsi quando, dopo aver saziato gli occhi, anche lo stomaco si arrende. 


Qualche esempio per stuzzicare un po’ la fantasia: spiedino di frittata ai fiori di zucca e provola affumicata, con pesto di valeriana e mandorle, melanzana farcita con cacio di bufala e basilico, tortino con purea di patate e mortadella al tartufo, con crema pasticcera alla cipolla rossa, peperone farcito con trito di pollo e olive, pomodori ripieni di sardine, pecorino e finocchietto selvatico, bignè col pecorino e i broccoletti, i cannoli di formaggio con semi di papavero e funghi pioppini e porcini.
Fra i primi, strepitosa la zuppa di fagioli, lenticchie, orzo, farro e porro, le fettuccine fatte in casa con petto d'anatra affumicato, pioppini, galletti e pomodoro. Poi, maialino farcito, con brandy, zafferano e coriandolo e servito su letto di finocchi e un tenerissimo fianchetto di manzo al vino rosso e tartufo, con cicoria selvatica.
Sono sapori antichi, tradizionali, semplici, ma la creatività del simpatico Pompeo, personaggio perfettamente integrato e proiettato nello stile e nell’epoca, anche nei modi, è sorprendente negli abbinamenti e non ha limiti, anche quando presenta e spiega le portate soddisfacendo ogni curiosità.

Ci sono stato molte volte, con amici, familiari e compagni di lavoro - tutti entusiasti e più che soddisfatti - e non mi è mai capitato di assaggiare qualcosa che avevo già provato in precedenza. Ogni visita è una piacevole sorpresa.

Al Vicolo Fatato non si mangia in maniera sbrigativa, ma si assaporano cibi prelibati a cui va dedicata tutta l’attenzione che meritano, respirando, peraltro, un'aria d’amicizia e da pranzo di famiglia. 
Il caffè è servito con la moka e il prezzo è assolutamente commovente, rispetto alla qualità e alla quantità delle proposte. 
L'Osteria del Vicolo Fatato è un posto quasi unico e coinvolgente, da salvaguardare. Un’oasi di poesia e tranquillità, perfetta per evadere dalla frenesia dei fast food e dalla superficialità di ristoranti senz'anima.

Ogni pasto è un’esperienza culturale che esalta i sensi, la mente e le papille, un viaggio riflessivo nella terra del gusto e del piacere, dove non si divora, ma si degusta lentamente.
Dove tutto è veramente slow, rilassante e di eccellente qualità.

Dove il tempo si è fermato per farci pensare anche a ciò che mangiamo e, quindi, a ciò che magicamente siamo.
19 febbraio 2015   (Alfredo Laurano)
                                 

ARIECCO LE ORGE-TTINE

Dopo il Jobs Act, Alfano esulta e giura fedeltà a Renzi, almeno fino al 2018. La minoranza PD è in rivolta. La Boldrini si sveglia e censura l’uomo solo al comando. Vendola e CGIL parlano di controriforma. Salvini sceglie la felpa quotidiana. E Silvio?
Silvio cogita, si astiene dal giudizio e comincia percepire gli effetti della sua colpevole leggerezza e fatuità.
E’ quasi libero dai servizi sociali, pronto a tornare in campo, ma non aveva stilato un contratto a “tutele crescenti” con le sue poco fedeli dame di conforto e compagnia. Non serviva: le pagava bene e pagava lautamente il loro silenzio, la loro dedizione.

Il silenzio è d’oro, lo sanno tutti. Col denaro tutto si compra: case, cose, deputati, zoccole, ruffiani, mediatori, giudici e lenoni.
Ma le mignotte di livello, che sono tante, furbe e pronte a tutto, vanno tutte compensate allo stesso modo, altrimenti nascono gelosie, invidie e risentimenti che potrebbero provocare improvvisi ritorni di memoria e un bisogno impellente di confidarsi, di confessare per amor di giustizia e verità, per tardivo pentimento o per carità cristiana.

Basta che parli la prima, indignata, offesa e discriminata sul piano del valore commerciale, le altre seguono a ruota.
E allora, com’è noto anche in letteratura e cinema a tinte gialle, si diventa inerme ostaggio di chiunque, facile vittima di possibili ricatti.

Ma il grande statista crapulone, questo non l’ha mai capito, forse ottenebrato dal profumo di giovane patonza: vizi privati, pubbliche virtù e ricatti a gogò.
E’ utile ricordare che questa patetica caricatura d'uomo e di politico è stato votato da una massa di italiani per 20 anni e conta ancora, stando ai sondaggi, su un 13%.
Sono tanti quei connazionali che non hanno mai considerato importanti i suoi comportamenti, le sue campagne acquisti, i suoi spargimenti di bugie e di denaro e i suoi proverbiali bunga-bunga. 
Anzi, ne hanno fatto spesso oggetto di ammiccante ammirazione, suscitando invidia in compari ed avversari. Come se si trattasse di un comune cittadino puttaniere e non di un presidente del Consiglio.
Questi cittadini fanno paura e, anche, un po’ senso: quelli che lo hanno votato e quelli che sono ancora pronti a farlo.

La generosità di Silvio Berlusconi, va detto, non ha confini.
L’inchiesta Ruby ter, giorno dopo giorno, rivela quanti soldi abbia versato, quante case abbia dispensato, quanti regali abbia fatto, in cambio di silenzio, alle sue Olgettine, alla giovane marocchina spacciata per nipote di Mubarak e a Nicole Minetti, igienista dentale ed ex consigliera regionale. 
Solo lei avrebbe ricevuto mezzo milione di euro e regalie di 15000 euro mensili.
Un po’ caruccia la pulizia della dentiera!
La domenicana Marysthell Polanco, un’altra delle tante ragazze della compagnia di Arcore, a libro paga, ha chiesto nei giorni scorsi alla Boccassini - titolare della pubblica accusa nei processi Ruby - di essere sentita sul caso. Si sta parlando addosso!
A meno che, forse, non le arrivi qualche altro bonifico dal cielo azzurro di Villa S. Martino.

22 febbraio 2015        (Alfredo Laurano)             
                                             

sabato 21 febbraio 2015

POVERO CRISTO GRECO

Dal 25 gennaio scorso, mentre si realizzava il trionfo elettorale di Alexis Tsipras, un crocifisso del primo '900 nel santuario di San Nicola ad Asprokambos, nel Peloponneso, ha iniziato misteriosamente a piangere.
All'inizio si pensava a un fenomeno passeggero, legato alle condizioni climatiche, invece da allora - come ha raccontato il metropolita Dionisio della Chiesa di Corinto - dagli occhi della statua esce senza interruzione un liquido trasparente, vagamente oleoso, incolore e inodore che poi cola lungo tutto il corpo del Cristo.
Non è dato sapere se sono lacrime di gioia per la vittoria o di dolore e delusione.
Intanto, tutti gridano al miracolo.
Ma, oggi, dopo l'accordo raggiunto tra la Grecia e l'Eurozona che prolunga di altri quattro mesi i finanziamenti al paese, per predisporre le riforme del governo di Syriza, che farà il crocifisso? Continuerà a piangere copiose lacrime o comincerà a sorridere?"
“Abbiamo vinto una battaglia, non la guerra. Le vere difficoltà sono ancora di fronte a noi.” ha detto Tsipras.”
Chissà se quel Cristo gli darà una mano!
21 febbraio 2015  (Alfredo Laurano)

giovedì 19 febbraio 2015

VANDALI TULIPANI



Non bastano le guerre vere, i tanti conflitti locali, la Grecia in grave crisi, le minacce dell'Isis.
Ci mancavano pure 'sti quattro cialtroni olandesi, che vivono con le birre in mano, a deturpare la già sofferta città di Roma. 
Vengono per una partita di pallone e fanno a mazzate, spaccano bottiglie, distruggono automobili e autobus, spaventano cittadini e turisti, urinano per strada e giocano alla guerriglia del bullo più ubriaco.
Esportano teppismo e mascalzonate, non la civiltà che spesso invidiamo ai loro paesi.
Quattro-cinquecento barbari, pseudo tifosi del Feyenoord, hanno invaso il centro storico, hanno devastato Campo de Fiori e danneggiato la Barcaccia di Piazza di Spagna, ridotta poi a discarica di bottiglie, bicchieri, plastica, bandiere e palloncini.
Ne hanno arrestati una trentina ma, invece di tenerli in cella a poltrire, li manderei a raccogliere con le mani la mondezza e a pulire cocci, detriti, piazze e monumenti che hanno sporcato e offeso con il loro luridume.
19 febbraio 2015 (Alfredo Laurano)

mercoledì 18 febbraio 2015

EURORICATTI: O COSI'...

E' in corso un braccio di ferro durissimo all'Eurogruppo.
L'Europa, e non solo la Grecia, è attraversata da una crisi economica e sociale pesantissima. Alle sue porte, dall'Ucraina alla Libia, sono aperti conflitti che possono avere esiti catastrofici e c'è chi vorrebbe proseguire nelle politiche sciagurate che hanno creato le attuali crisi. 

La Ue - e la Germania in particolare - si è presentata al tavolo con assurda ostilità e con l’intransigenza di chi non considera il significato del voto greco e definisce il nuovo governo greco “irresponsabile” perché non accetta il diktat della Troika. Un disprezzo totale per la democrazia, per le sorti della Europa e della sua economia.
“Non siamo una colonia e non accetteremo le ricette della troika nemmeno con una pistola alla tempia”. E’ la risposta di Tsipras all'ultimatum alla Grecia dell’UE.
In altre parole: meglio fallire cercando di ripristinare il primato della politica sulla finanza, che farlo in nome degli interessi di speculatori e squali. Banche tedesche in primis.

Qualche anno fa scrivevo: non possono concepire che qualcuno voglia combattere l'egemonia culturale del neo-liberismo, che identifica e individua, nel nuovo idolo del libero mercato, l'unico fattore di crescita e di sviluppo.
Questo nuovo vangelo, dal crollo dei regimi comunisti e del muro di Berlino, ha creato un moderno dogmatismo ideologico: l'economia che guida la politica. La supremazia del capitale su tutto, in nome del pragmatismo e a scapito del lavoro, della salute, dei bisogni, dello stato sociale. Nessuno può metterlo in discussione.

Come se la politica non dovesse mai occuparsi di leggi e diritti, di regole e convivenza civile, dei fenomeni migratori, dell'integrazione razziale, dei conflitti nord-sud del mondo, della miseria e delle malattie endemiche, delle rivolte per il pane e per la democrazia, dei fondamentalismi religiosi, delle mafie, del traffico di droga, delle devastazioni ambientali.
Basterebbe allora un sofisticato sistema super computerizzato - ovviamente in mano alla classe dirigente (Banca Mondiale, FMI, Multinazionali) - per dirigere, indirizzare, regolare i flussi finanziari e gestire scelte e dinamiche economiche.

Come, duemila anni fa, la sconfinata espansione dell'impero romano contribuì non poco a diffondere le idee del cristianesimo, così oggi l'impero mondiale dei media concorre, colpevolmente, a divulgare questo nuovo catechismo, soffocando e deridendo ogni tentativo di pensare diversamente e liberamente.
E fa sempre più proseliti fra i tanti che, per essere al passo con i tempi, non vogliono apparire emarginati, “antichi" o "veteroqualcosa". 

Si convertono alla nuova religione, rinunciando alla propria identità, alla propria autonomia intellettuale, all'indipendenza del giudizio, alle legittime contraddizioni di un mondo imperfetto.
Non dell'eccezione, quindi, nasce la crisi, ma dalla forte diseguaglianza determinata dal Mercato, lasciato libero da scelte e indirizzi politici, socialmente orientati.
Quindi è crisi di civiltà, di incompatibilità tra capitalismo finanziario e democrazia.
I diritti sociali non possono e non devono dipendere dall'andamento economico.
18 febbraio 2015    (Alfredo Laurano)