lunedì 19 dicembre 2022

DIAMOCI UNA MOSSA /2298


E c’è qualcuno che ancora parla di terrorismo ecologico, di scientismo, di gretismo, come fosse una malattia contagiosa, una sindrome di grave patologia collettiva.

Come scrive il geologo Mario Tozzi, nell’introduzione al suo ultimo libro “Un’ora e mezza per salvare il mondo”, è ora di darsi una mossa.

Perché, per quel che riguarda il clima, non c’è più tempo da perdere: “Anche se il genere umano fermasse oggi stesso tutte le sue attività, comprese le fabbriche, gli allevamenti intensivi e il traffico che producono gas clima-alteranti, prima di vedere la temperatura scendere – e non continuare a vederla salire come sta avvenendo ora – ci vorrebbe mezzo secolo. Quindi, il tempo è poco. Anzi, siamo già in ritardo!”.

Dietro al caldo record del Canada, allo scioglimento dei ghiacciai e da ultimo le alluvioni della Germania, c'è il cambiamento climatico: alluvioni istantanee come mai viste da secoli, decine di vittime, case e infrastrutture distrutte, ponti crollati e villaggi sommersi. Tutto questo, che è anomalo e accelerato rispetto al passato, dipende esclusivamente dalle attività produttive dei sapiens che vomitano in atmosfera milioni di tonnellate di gas derivati dalla combustione e dall'uso improprio del territorio.

È quello che predica da tempo il movimento Fridays for Future, che non nasce dalle istituzioni, ma da una studentessa 16enne, Greta Thunberg e da tutti i ragazzi che si mobilitano per un loro diritto: avere un futuro.

Sono proprio loro che hanno capito il problema, ma nessuno li ascolta perché viene detto loro che sono troppo giovani o che sono manipolati. Qualcuno è arrivato a ipotizzare dei ‘poteri forti’ dietro a Greta, come se fosse un burattino nelle mani di chissà chi. Invece, gli unici poteri forti sono quelli del petrolio e del carbone che continuano a speculare sul futuro di tutti. Queste multinazionali sono i veri poteri forti, non certo Greta.

Eppure ci sono persone che continuano a negare la teoria dello scioglimento dei ghiacci, così come del surriscaldamento globale.

Chi nega questa evidenza o non è uno scienziato, o è in malafede, o è manovrato da quei poteri forti di cui sopra.

Sono un'altra razza di negazionisti, assai di moda in questi tristi tempi, pagati dalle aziende, dalle multinazionali petrol-carbonifere che spendono ogni anno decine di milioni di dollari per fare disinformazione sul clima. Lo fanno apposta, per confondere le persone, come fecero a suo tempo le grandi industrie produttrici di tabacco, quando uscirono i primi dati sulle sigarette che sono cancerogene.

Perfino papa Francesco nell’enciclica “Laudato si” ha incentrato il suo messaggio sulla protezione del creato, dimostrando di avere una spiccata sensibilità ecologica. Finalmente un Papa green che, senza mezzi termini, dice che, sul clima, bisogna ascoltare gli scienziati.

Intanto, dopo questi ultimi avvisi di disastro, se non azzeriamo le emissioni che alterano il clima, prepariamoci alle invasioni di meduse nelle acque troppo calde e delle cavallette nelle terre devastate dagli incendi: i segnali dell'Apocalisse.

21 luglio 2021 (Alfredo Laurano)

 

GENOVA PER NOI, O PER LORO /2297


Vent’anni fa, a Genova, andò in scena mondiale una gravissima violazione dei diritti umani.

In quei caldi giorni del G8, regnanti Berlusconi e Scajola (ministro agli Interni), la polizia pestò indiscriminatamente i manifestanti che sfilavano pacificamente nelle strade.

La città era blindata, la zona rossa invalicabile a protezione dei potenti, cariche e lacrimogeni in ogni dove, i black block infiltrati nei cortei, lasciati liberi di agire e di spaccare tutto. Ci furono migliaia di filmati che documentarono botte anche a ragazzine e ad anziani inermi e persino a bagnanti in costume sulla spiaggia e a un infermiere in servizio, randellato per errore, mentre i black block agivano indisturbati, a pochi metri di distanza. Anche il compianto Don Gallo, alla testa del corteo con la mitica Franca Rame, rischiò qualche carezza da manganello.

Poi, di notte, ci fu la spietata irruzione alla scuola Diaz, con atti di brutale violenza contro persone inermi. Tutta la stampa e le TV internazionali ne documentarono la barbarie, la crudeltà e la ferocia

Nella palestra dove dormivano un centinaio di giovani, ci fu un’aggressione inspiegabile e spietata, un caos indescrivibile, teste, braccia, gambe e costole spaccate, centinaia di zaini svuotati alla rinfusa, indumenti e libri tra pozze di sangue, dappertutto. Una vera mattanza in stile Pinochet, che qualcuno definì macelleria messicana o cilena.

Come se ciò non bastasse, seguirono i pestaggi, le torture e le umiliazioni a cui molti giovani, certamente non black bloc, furono sottoposti anche nella caserma di Bolzaneto, dove, tra l’altro, le donne venivano fatte spogliare, stuzzicate al gioco dei manganelli, tra le risa ed i commenti dei tutori della legalità.

Una pagina, o più pagine vergognose e tristi per questo Paese e per la democrazia, che decretano, inequivocabilmente, una verità: l'attacco delle forze dell'ordine fu illecito, illegale, anticostituzionale, immorale, privo di alcuna giustificazione e contrario ai principi della Convenzione dei diritti umani.

 19 luglio 2021 (Alfredo Laurano)

EMERGENZA CAZZARI /2293

A fine mese scade lo stato di emergenza che il santo Draghi, sicuramente, confermerà.

Esattamente un anno fa, il pastore di capre più disturbato d'Italia si scagliava, con la consueta veemenza, contro il premier Conte e il suo governo, che aveva adottato la stessa naturale decisione:

 "La sola emergenza è quella antidemocratica. La sola risposta dovrà essere un'insurrezione popolare". Così parlava il pazzo Vittorio Sgarbi.  "L'esecutivo con a capo un signore che non ha votato nessuno (ma davvero? Non sa nemmeno che non è previsto da nessuna norma), ha prorogato lo 'stato di emergenza', pensando così di continuare a governare il paese diffondendo terrore.

Presenterò un esposto alla magistratura perché non vi sono i presupposti di fatto per una decisione così drastica. Le sole ragioni sono, di tornaconto politico: controllare (e manipolare) attraverso la paura e la restrizione delle libertà personali la popolazione, e gestire, in deroga a ogni regola di trasparenza, appalti milionari per una epidemia che non esiste più".

La follia di questo disgustoso essere non ha limiti e non finisce mai. Le sue litanie quotidiane continuano da anni e anni e si ripetono ad oltranza, a prescindere dall'argomento, dal caso e dal tempo. Ogni occasione è buona per esibirsi e fare spettacolo, sull'uso della mascherina, la negazione del virus, la pandemia estinta o il bagnetto a mare con finto affogo, per ricordare solo qualche esempio di megalomania mediatica.

Ora, a differenza di alcuni suoi compari (sorelle cazzare e cazzari verdi che parlano di abuso e di farsa, tace e non invoca più l'insurrezione popolare, magari insieme alle mandrie arancioni di Pappalardo, alle bande padane del cazzaro leghista e ad altri pagliacci come lui.

Un altro miserabile venduto alla santità di Draghi.

14 luglio 2021 (Alfredo Laurano)

CURATELI /2287

Un medico che non crede nei vaccini è  come un ingegnere che non crede nella matematica o uno scrittore che non crede nella lingua e nella grammatica.

Comunque, non volete vaccinarvi?

Liberi di farlo, ma, come dice Crisanti, in caso di malattia da covid, di cure mediche e di ricovero ospedaliero e terapie intensive, devono essere sospese tutte le spese della Sanità  pubblica, che saranno  a totale carico dei no vax, contagiati.

Mediamente, si stima un impegno economico di 20-30.000 euro.

Quanti paladini negazionisti e complottisti lo accetteranno?

Ditelo a quel cazzaro di pseudo filosofetto, da salotto o da giardino (Fusaro), che si parla addosso e spara turbo cazzate in pubblico delirio, ogni quarto d'ora e "non s'arresta mai".

9 luglio 2021 (Alfredo Laurano) 

CARRAMBA CHE BRUTTA SORPRESA! /2284

Era una donna unica, una persona per bene, un'artista poliedrica, un pezzo monumentale della TV, della storia e del costume di questo Paese. Una figura mitica, senza età e senza tempo, gentile, garbata, genuina, attenta e sempre profondamente umana.

A 78 anni, è morta Raffaella Carrà, tanto amata da Trieste in giù. Ma non solo.

Se n’è andata la regina del varietà, del Tuca tuca, della musica, della cultura nazional popolare, esaltata dal suo stile unico e inconfondibile. Niente a che vedere con le galline ipocrite che infestano oggi certa televisione di infimo livello.

Talento e simpatia, capacità e serietà, Raffa aveva il dono e il privilegio di entrare educatamente nelle case degli italiani, anche per contare una banale fiasco di fagioli.

Ora giocherà danzando con le stelle.

5 luglio 2021 (Alfredo Laurano)


L’ULTIMA PASSEGGIATA /2285

Un lungo, continuo, sincero ed incessante applauso ha accompagnato Raffa nella sua ultima passeggiata in questo mondo.

Dalla sua casa, dal suo quartiere, tanta commozione e tanto affetto autentico e sincero, attraverso il passaggio all’Auditorim del Foro Italico, al Centro di Produzione RAI di via Teulada, allo storico Teatro delle Vittorie, alla sede RAI di viale Mazzini, fino al Campidoglio, accolta dalla sindaca Raggi. Ovunque, in queste sedi toccate dal corteo, tante sue gigantografie e tante sue canzoni.

Piaceva a tutti Raffa perché, come diceva Almodovar, non era una donna ma uno stile di vita.

Tutto questo provato dalla tantissima gente che poco fa, sfidando il caldo torrido, ha voluto tributarle l’ultimo omaggio in queste varie tappe nelle strade di Roma, con gli occhi bagnati di pianto, fra fiori, lacrime veraci e un tripudio di baci.

In tanti hanno toccato quella macchina funebre per l’ultimo Tuca Tuca, improvvisato e spontaneo, auto su cui viaggiava e l’accompagnava anche Sergio Japino, il suo compagno di una vita e di lavoro.

Sono certo che Raffa, ormai icona nazionale e mito suo malgrado, di fronte a tutto questo “rumore”, a questo infinito affetto - se avesse potuto farlo - avrebbe detto con la sua tipica, contagiosissima risata: “ma che siete matti, tutto questo per me, tutto questo amore, ma che ho fatto per meritarlo?

Ma il popolo non è mai ipocrita e banale: quando ama, ama, quando riconosce capacità, talento, genuinità e autenticità, esprime affetto, commozione e riconoscimento. E crea il mito collettivo.

E Raffa, pezzo di storia e di vita, non solo di televisione e spettacolo, tutto ciò l’ha più che meritato.

7 luglio 2021 (Alfredo Laurano)

 

 


SI FA PRESTO A DIRE AGLIONE, MA QUALCUNO NON LO SA /2271


L’aglione è una varietà di aglio tipica della Val di Chiana, territorio al sud della Toscana.
Si differenzia dall’aglio comune per le sue grandi dimensioni, per cui può arrivare a pesare anche 800 grammi, per il suo profumo tenue e il sapore molto più delicato, che lo ha fatto definire persino “aglio a prova di bacio”.
Non è facilmente reperibile in commercio perché nel corso degli anni ne è stata quasi abbandonata la produzione. Ultimamente però, grazie alla nuova tendenza volta al recupero delle antiche tradizioni, la coltivazione dell’aglione è stata ripresa con successo.

Perché è così famoso e importante in questo territorio?
Perché è il protagonista di un piatto povero tipico di questa parte della Toscana, divenuto famosissimo per la sua bontà: i pici all’aglione.
La ricetta dei pici (spaghettoni acqua e farina) all’aglione è semplicissima all’apparenza: bisogna saper ben utilizzare i pochissimi ingredienti necessari (spicchi d’aglione, pomodoro fresco o pelati, olio, sale e peperoncino) che devono essere assolutamente di altissima qualità.

La semina inizia a ottobre su terreni in leggera pendenza per evitare i ristagni d’acqua, mentre a primavera i fiori vengono recisi, uno a uno manualmente, in modo che la pianta cresca sana e forte.
Gli scapi floreali non sono però degli scarti: vengono usati ottimi per sughi, composte, fritti e frittate. La raccolta vera e propria si svolge a giugno, la metà dei bulbi è conservata per la semina, l’altra parte viene essiccata, sfogliata della parte esterna ed è pronta per la cucina o per la tipica ricetta dei Pici con l’aglione. Un piatto che piace molto anche fuori dalla Toscana.

Nella foto, i pici all’aglione preparati da Tiziana, che ha avuto l’audacia di piantare i bulbi nella sua straordinaria campagna di sapori antichi e naturali.
Oggi li abbiamo testati, cioè degustati con furore. Eccellente il risultato.

29 maggio 2021 (Alfredo Laurano)

È LA VACCINAZIONE DI MASSA CHE CAUSA VARIANTI /2270

“Tutte le persone vaccinate moriranno entro due anni, non ci sono possibilità di sopravvivenza per chi ha ricevuto qualsiasi forma di il vaccino. Non ci sono speranze e cure possibili per coloro che sono già stati vaccinati. Dobbiamo essere pronti a cremare i corpi”.

Queste catastrofiche dichiarazioni sarebbero state rilasciate in un’intervista pubblicata negli Stati Uniti la scorsa settimana dal virologo francese Luc Montagnier.

Mentre il mondo continua a subire l’urto della pandemia di coronavirus, persiste un tam tam di notizie false, soprattutto sulle piattaforme dei social media, che forniscono ingannevoli informazioni sulla malattia virale, sull’ origine, i sintomi, i trattamenti, le misure di prevenzione e i comportamenti più appropriati ed efficaci.

Secondo Montagnier, vincitore del Premio Nobel per la Medicina - noto per essere riuscito negli anni ’80 a isolare l’HIV (scoperta che poi ha dato indirettamente sostegno alle bufale sull’origine dell’AIDS e sul negazionismo dell’HIV) - la vaccinazione di massa contro il virus Covid-19 nel contesto di una pandemia è un errore inaccettabile, un errore storico, scientifico, fatale che porta all’emergere di varie forme del virus Corona che causa la morte di innumerevoli persone. Gli epidemiologi sono consapevoli di questo enorme problema, ma tacciono.

Sebbene sia noto che i virus subiscono mutazioni spontanee che causano varianti, Montagnier afferma che è proprio la vaccinazione a creare queste nuove varianti a causa del fenomeno di Booster a base di anticorpi.

il fenomeno si verifica in ogni Paese in cui si effettua la vaccinazione universale: “la curva di vaccinazione è seguita dalla curva di mortalità”. In altre parole, c’è stato un aumento del numero di decessi dovuti al Covid-19 poco dopo l’inizio delle campagne di immunizzazione. Anche se i vaccini comportano rischi a lungo termine che non si possono oggi verificare, così come qualsiasi farmaco, tutto ciò sta ispirando il riciclaggio compulsivo di diverse vecchie bufale sul nuovo Coronavirus.

Alcune affermazioni controverse del virologo francese in favore dell’omeopatia e della capacità dell’acqua di avere memoria, ne avevano già compromesso sensibilmente l’autorevolezza. Del resto, Montagnier, ormai eletto a ideologo dei No Vax e padre di tutti i complottisti, non è l’unico premio Nobel a essere uscito dal seminato, con affermazioni forti e pseudoscientifiche, diffuse prevalentemente per mezzo di interviste e articoli di dubbia qualità.

Non ci resta che attendere, piangere e sperare, in attesa che venga istituito il Nobel per le migliori bufale e la disinformazione militante.

29 maggio 2021 (Alfredo Laurano)

VACCINO AL SEGUITO /2269

 E no, amici cari e concittadini tutti, le vere tragedie collettive non sono quelle del Mottarone dove, per negligenza umana, 14 persone e intere famiglie sono precipitate dentro una cabina e sono morte schiacciate e dilaniate.

Dopo quasi un anno e mezzo di pane e pandemia, di dolore e di contagi, di privazioni, sacrifici e lockdown - che, quasi per incanto, sembrano già dimenticati - è scoppiata l’ennesima farsa all’italiana dei vaccini che pregiudicano le agognatissime vacanze: lo scrive e ci percula pure il ‘New York Times’ che ironizza su ‘Le sacre ferie degli italiani’.

Questa è la vera tragicommedia del momento, una specie di ridicolo teatrino che scade nel grottesco.

Da giorni si discute molto di come si potrebbe riorganizzare il piano anti-Covid nei prossimi mesi, ossia la possibilità di vaccinare nei luoghi di villeggiatura coloro che quest’estate viaggeranno per turismo da una regione all’altra. Il problema riguarda soprattutto chi ha già ricevuto la prima dose ed è in attesa della seconda e deve quindi rispettare l’intervallo massimo di tempo tra le due, per essere sicuro di completare il ciclo.

Ma il vaccino in vacanza fuori regione, per il commissario straordinario non si può fare. Secondo il generale Figliuolo troppi sarebbero i problemi logistici e organizzativi per una simile impresa, ma molte regioni non la pensano così e premono su Governo e struttura commissariale covid per arrivare a una soluzione, anche spingendosi in avanti e scavalcando lo stesso Generale con accordi bilaterali.

"Non sono contrario a vaccinarsi in vacanza, la priorità dell'Italia è vaccinarsi, dice Figliuolo, Volevo evitare transumanze di vaccini e vaccinatori in posti dove ci sono presidi piccoli che già hanno difficoltà per se stessi, pensiamo se arrivassero 50 mila persone da vaccinare a ferragosto..."

Sembra scontato che una buona e ordinata organizzazione della campagna d’immunizzazione debba prevalere rispetto alle esigenze personali di ciascuno, ma non sempre e non per tutti sembra essere così.

Il sillogismo è piuttosto elementare: non è il vaccino che deve adeguarsi alla vacanza, ma la vacanza che deve adeguarsi al vaccino.

Dobbiamo ancora imparare ad essere seri.

 26 maggio 2021 (Alfredo Laurano)

ZITTI E BUONI /2267


Dai vicoli di Roma, al palco di Sanremo e, da ieri, a quello d'Europa.
Dopo 31 anni, dopo Gigliola Cinquetti (1964), dopo Toto Cotugno (1990), l’Italia vince l’Eurovision con I Maneskin, band rock dal nome straniero (che in lingua danese d'origine della bassista Victoria significa 'chiaro di luna'), ma di formazione romana.

Un vero trionfo della musica italiana contemporanea, anche se un po’ lontana da quella della nostra grande tradizione, sia classica che leggera.
Non pensate a Verdi e Puccini, o a De Andrè, Dalla, Battisti, Guccini o Battiato e tanti altri inutili e noiosi strimpellatori dell'antichità: altre storie, altri tempi, altri testi, altre melodie.
Oggi corna, tatuaggi, travestimenti e turpiloquio sono i nuovi strumenti che veicolano la musica o ciò che vagamente le assomiglia.
Per regolamento, i nostri i nuovi re dell’heavy metal erano stati costretti non a caso a ripulire il loro brano dalle parolacce. Una censura che il gruppo aveva accettato, ma non condiviso. “Noi suoniamo musica che amiamo e questo non ha prezzo. L'importante è essere coerenti con chi si è”.
Urla e lingua fuori, infatti, il primo post Instagram dei Maneskink dopo il trionfo arrivato in piena notte: “Il rock’n roll non morirà mai. Stanotte abbiamo fatto la storia. Vi amiamo tutti!”.
Siamo tutti fieri di voi e orgogliosi di essere italiani.
Anche se la musica è tutt’altra cosa.
23 maggio 2021 (Alfredo Laurano)

UN ESSERE SPECIALE /2265

"Non voglio sentirmi intelligente guardando dei cretini, voglio sentirmi cretino guardando persone intelligenti."
"Quante squallide figure che attraversano il Paese, come è misera la vita negli abusi di potere".
Sono solo alcuni dei versi di Franco Battiato, che oggi ha lasciato questa terra, questa sua, nostra povera patria.
Difficile incasellarlo, impossibile metterlo all'interno di un genere, dargli una pur semplice etichetta, e quindi se c'è un modo semplice per spiegare il suo lavoro è quello di chiamarlo "artista" e godere della sua musica senza tempo, ma anche del suo cinema, della sua pittura. Nella sua lunghissima carriera ha consegnato brani indimenticabili come La cura, Centro di gravità permanente, Voglio vederti danzare.

E' stato soprattutto un accanito ricercatore di arte e spiritualità, non disposto a compromessi, rigoroso, coerente.
A volte sembrava spigoloso, quasi burbero, ma in genere capitava quando si trovava di fronte all’imbecillità o all’ignoranza, quelle davvero non le sopportava, altrimenti era gentile, protettivo, un uomo che aveva scelto la musica per raggiungere un obiettivo che andava molto al di là della musica stessa.
Per questo il suono gli era sacro, per questo l’atto della composizione era per lui il più sublime e insostituibile dei gesti umani, l’unico in grado di elevarci, di portarci in prossimità di quella verità che ha inseguito per tutta la vita, fino all’ultimo dei suoi giorni terreni.

Capace di spaziare tra generi diversissimi dalla musica pop a quella colta, toccando momenti di avanguardia e raggiungendo una grande popolarità, ha sperimentato l'elettronica, si è misurato con la musica etnica e con l'opera lirica. Ha diretto anche diversi film tra cui Perduto amor e Musikante su Ludwig van Beethoven presentato alla Mostra del cinema di Venezia.
Battiato era un artista completo, non solo un raffinato poeta.
Era l'artista, ma anche un uomo vero, intelligente, sensibile, passionale e visionario.
Un essere speciale. (18 maggio 2021)

MA I BABBI SONO SPIE? /2264


Ma allora, che ci faceva “demolition men” - quello che, con un titolo squisitamente cinematografico, è stato definito da Scanzi simbolo della tragedia politica italiana - in un incontro, riservato, in un'area pubblica ma appartata, di un autogrill di Fiano Romano, sull’autostrada, con un agente segreto come Marco Mancini?

Era il 23 dicembre dell’anno scorso, nel pieno della pazza crisi del governo Conte, quando il tema della delega ai servizi segreti è una delle questioni di attrito principali, all'interno della maggioranza. E’ un momento particolarmente delicato della vita politica italiana, in cui cominciano le trame e le manovre del paraculissimo Renzi di Rignano, per far cadere, “serenamente” il presidente Giuseppe 
Secondo il servizio messo in onda da Report su Raitre, il contatto dura una quarantina di minuti ed è filmato con un telefonino da un’insegnante che, casualmente, si era fermata nello stesso parcheggio all’autogrill.

Ma perché si sono incontrati proprio là? Di cosa hanno parlato? Che si son detti i due?
Ancora non lo sappiamo, né forse lo sapremo mai, ma chiederlo è legittimo, visto che anche il Copasir sollecita al presidente del Consiglio Draghi l'attivazione di un'inchiesta interna sul caso dello strano incontro
Lo 007 non ha risposto a Report.
Renzi farfuglia di improbabili Babbi di cioccolato, specialità romagnole, che Mancini gli avrebbe regalato per Natale.
Poi, dopo aver adombrato versamenti segreti di Report in Lussemburgo, racconta che è stato l’agente del Dis (che pare incontri regolarmente dal 2016) a raggiungerlo - anche se la testimone oculare, sostiene invece che sia arrivato prima di lui - perché quel giorno i due avevano un appuntamento già fissato e saltato perché Renzi se ne era dimenticato. Partito per Firenze, avrebbe recuperato all’ultimo momento, pregando l’agente segreto di raggiungerlo all’autogrill sull’autostrada.

Dopo aver depositato, per via telematica, una denuncia alla Procura, Demolition Men ha consegnato analogo esposto alla Digos di Firenze sul filmato diffuso da Report, presentando anche istanza di perquisizione alla sua redazione.
Di più, secondo lo stesso Renzi, che attacca per difesa e per non essere accusato, quel filmato non è dovuto al caso: qualcuno può averlo seguito e intercettato, “violando addirittura la Costituzione”.

In un paese normale, dopo tanto sputtanemento, questo ridicolo buffone non avrebbe più nemmeno quei quattro voti che oggi ha sulla carta, non sarebbe neppure senatore e si dimetterebbe all’istante.
Significative e ironiche le parole dell’ex presidente Conte: “Renzi fa gli incontri che ritiene, ma deve spiegare perchè si trovava in un area di sosta con un uomo dei servizi con il quale non aveva motivi istituzionali per incontrarsi.
Vedo che il senatore Renzi è molto più versatile di me: la mattina è in Arabia a decantare il neo-Rinascimento, spazzando via con un sol colpo tutta la tradizione rinascimentale italiana, peraltro fiorentina; il pomeriggio si ferma in autogrill, la sera è in Tv
Se ho più sentito Renzi dopo la crisi? No, ma non escludo in futuro di incrociarlo in qualche autogrill”.

15 maggio 2021 (Alfredo Laurano)





UN MITO DELLA NOSTRA INFANZIA /2263

Il caporale Rusty e il suo fedelissimo Rin Tin Tin.
Quelli della mia generazione non li hanno mai dimenticati, anzi li portano nel cuore e nel lontanissimo cassetto dei ricordi e delle storie di una bella infanzia, dove i buoni vincono sempre sui cattivi, il bene prevale sempre sul male e la giustizia trionfa su ogni sopruso o prepotenza. Tutto a prescindere dai miti, dalle leggende, dalle verità più o meno romanzate, dalle vicende umane e dai fatti che la storia in realtà ci racconta e ci segnala. Lealtà, rispetto, fedeltà, sacrificio e sani sentimenti: valori semplici, ma essenziali, necessari e irrinunciabili, al di là di ogni possibile, realistica illusione.

Rusty era l’orfano in divisa, salvato e cresciuto dai militari di Forte Apache, nella popolare serie TV “Le avventure di Rin Tin Tin”, con protagonista il pastore tedesco, trasmessa dal 1954 al 1959, per ben 164 puntate.
L’attore Lee Aaker, che da bambino lo interpretava, è morto pochi giorni fa a 77 anni, a causa di un fatale ictus, in Arizona, dopo aver combattuto per anni contro un male insidioso: l’abuso di alcool e di droghe. In vita gli era rimasto solamente un parente, che, sfortunatamente, al contrario del favoloso Rin Tin Tin, non poteva aiutarlo.
Il piccolo caporale Rusty, il tenente Rip Masters (morto nel 1992) e quel cane troppo intelligente - cui mancava solo la parola (ma neanche tanto) - hanno riempito di emozioni i nostri pomeriggi da bambini, hanno esaltato i nostri più puri sentimenti e la passione.

Quanta trepidazione ogni giorno alle 17,30 quanta febbrile attesa, prima che sul piccolo schermo in bianco e nero di un vecchio, ingombrante, ma magico cassettone, arrivassero quei nostri leggendari beniamini.
A farci sognare, a farci gioire.
8 maggio 2021 (Alfredo Laurano)







sabato 17 dicembre 2022

ULTIMO ATTO: PENA CONFERMATA /2260


Si è finalmente chiusa la storia giudiziaria di Marco Vannini e si sono aperte le porte del carcere per Antonio Ciontoli e la sua famiglia.

La Cassazione ha rigettato i ricorsi e confermato le condanne dell’ultimo Appello bis: per Ciontoli, 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale. Per i suoi figli Federico e Martina, l’ex fidanzata di Marco, e la moglie Maria Pezzillo, 9 anni e 4 mesi, per concorso anomalo in omicidio volontario.

Sei anni fa si era conclusa la vita e la vicenda umana del giovane figlio di Marina e Valerio. Sei anni di dolore e di tormenti, di lacrime e speranze. Si era inspiegabilmente consumata una tragedia familiare, che aveva visto uccidere il giovane nella casa della sua fidanzata a Ladispoli, forse per caso, forse per gioco o per errore, forse nella vasca da bagno: certamente per incapacità, incoscienza e colpa grave.

Nessuno quella notte lo ha aiutato, nessuno ha chiamato i soccorsi tempestivamente, nessuno lo ha voluto salvare. Lo dicono i processi, le carte, i documenti e, soprattutto, le sentenze.

Ma non si può e non si deve parlare di vittoria, se non di quella della Giustizia che, dopo tanti dubbi, rinvii, falsità, omissioni, verità omesse, taciute o ancora nascoste, in qualche modo, alla fine, è stata fatta e ha prevalso su ogni tentativo di abuso, violazione o ambiguità.

Di certo, in questa crudelissima storia non ci sono vincitori e vinti, c’è solo la disperazione e la rovina di due famiglie devastate che - pur da opposte e antitetiche posizioni - hanno condiviso un dramma unico e tragico che ha sconvolto tutt’Italia, determinando un altissimo clamore mediatico, senza il quale, forse, Marco quella giustizia non l’avrebbe avuta.

4 maggio 2021 (Alfredo Laurano)

SFIDUCIAMOLO E PARTITE /2259

Come tutti sanno, il Senato ha respinto una delle più vergognose e propagandistiche mozioni di sfiducia, proposta dagli sciacalli Fratelli d’Italia, per una forma di indegno calcolo politico, nei confronti di Roberto Speranza, che da oltre un anno si è ritrovato a gestire una pandemia senza precedenti. 

Nell’occasione, il socio-compare di merende e di bagordi Salvini - che contende alla Meloni la supremazia nella Destra - dopo aver passato gli ultimi mesi a sparare a zero sul ministro “del rigore e delle chiusure”, sui social, in piazza, in TV e in ogni luogo, al momento del reale pronunciamento si è rimangiato tutto e ha votato contro, pur di salvare le sue poltrone e i suoi ministri. Anche perché un eventuale “sì” alla sfiducia, avrebbe portato automaticamente la Lega fuori dalla maggioranza di governo.

Allora la butta in calcio d’angolo: meglio una commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia da parte del ministero della Salute, visto che le mozioni di sfiducia individuali sono improduttive e non hanno alcuna possibilità di successo (come quelle del rinnegato Paragone e di un altro senatore di “Alternativa c’è”).

Alla fine, tra l’immorale opportunismo della donna, madre, italiana Giorgia Meloni e l’imbarazzante ipocrisia del cazzaro verde, che raccoglie anche le firme contro il coprifuoco, quello che vince e resta in piedi, più forte di ieri, è uno dei migliori ministri della Salute degli ultimi anni.

È vergognoso utilizzare la lotta alla pandemia per ragioni strumentali: in un Paese civile non si fa politica su una grande tragedia, non si specula sulla gente che soffre, sulle tante vite spezzate.

Ma gli sciacalli e gli avvoltoi questo non lo sanno.

 30 aprile 2021 (Alfredo Laurano)

LA TORTARA DI CHIVASSO /2258

 

Calici alzati, risate, balletti e sberleffi alla faccia delle tante vittime che ogni giorno il Covid si porta via.

Solo in Italia possono accadere fatti e situazioni assurde e inconcepibili come quelli di Chivasso.

Solo in questo bel Paese delle farse o delle macchiette, più grottesche che esilaranti o drammatiche, una esaltata barista può vantarsi di non chiudere il suo esercizio-teatrino da ottobre 2020, dove i suoi clienti - invasati come lei, ammucchiati e senza mascherine - possono continuare in centinaia, a l’ora fatidica e ormai obbligatoria e dilagante dello Spritz, a bere l’aperitivo negazionista alla Torteria ribelle, che sfida e contesta i provvedimenti imposti dal governo.

Dall'inizio della seconda ondata, questo ritrovo di fanatici negazionisti, più volte visitato dalle forze dell’ordine e ripetutamente multato per aver violato le norme anticovid, non ha mai chiuso, continuando a servire colazioni, caffè e aperitivi.

Oggi è diventato un simbolo di chi si oppone a norme e decreti, un riferimento da prendere ad esempio per complottari eversivi, folli e criminali. Basti vedere i vari filmati che girano sul Web e ascoltare i loro deliri negazionisti della malattia. Questo locale rimane aperto e continua a essere frequentato perché, per titolare e clienti, il covid non c'è, non esiste, è un’invenzione, secondo affermazioni e teorie fasulle e strampalate.

Lo hanno ormai soprannominato il bar dell’aperitivo disobbediente.

Nonostante le pressioni di molti cittadini, che l’hanno tacciata di essere un’untrice, la tortara Silvana Spatari ha collezionato decine di verbali che non pagherà mai, così come i suoi clienti identificati dai vari controlli.

Dopo la raffica di sanzioni, gli stessi militari hanno chiesto alla prefettura di sospendere la licenza alla titolare del locale e la stessa richiesta è stata rivolta dal sindaco di Chivasso per chiedere che vengano presi provvedimenti.

L'unico provvedimento è infatti mettere i sigilli al locale, sperando che ciò avvenga prima che si sviluppi un focolaio locale, anche se, per altri versi, il rimanere contagiati è l'unico cosa che farebbe cambiare idea agli irriducibili complottari.Ma non si capisce perché non l’abbiano ancora fatto. Quanto ci vuole o che altro deve succedere per chiudere un locale e revocare una licenza per procurata epidemia dolosa o colposa?

Sperando anche che nessuno di questi decerebrati dal cervello avariato e dal comportamento irresponsabile, oltre alla legge, attenti alla salute pubblica, rubando un posto in rianimazione a qualcuno che ha sempre rispettato le regole, ma ha avuto la disgrazia di ammalarsi, magari lavorando in un supermercato!

 27 aprile 2021 (Alfredo Laurano)

 LA PIPI’ DISOBBEDIENTE /2262

 Alla fine, dopo mesi di proteste, sfide, multe e menefreghismo, è stata chiusa la Torteria “ribelle” di Chivasso. Da ieri mattina stop a colazioni e agli aperitivi disobbedienti, su disposizione del tribunale di Ivrea.

E mentre i carabinieri eseguivano l’ordinanza, l’invasata titolare Rosanna Spatari dava inizio al suo solito show plateale contro lo Stato e le forze dell’ordine: «Siete il braccio armato dello Stato. Non ho paura di morire» ripeteva.

Secondo la Prefettura, le azioni della titolare e l’organizzazione dell’aperitivo disobbediente hanno comportato potenziali situazioni di rischio per la salute pubblica. Gli interventi sanzionatori di tali condotte, ora sottoposte al vaglio anche in sede penale, oltre ad assicurare il rispetto della legalità costituiscono un atto doveroso anche nei confronti dell’atteggiamento in grandissima parte responsabile e rispettoso delle disposizioni tenuto dagli operatori del settore nel territorio di Torino a fronte dei disagi sopportati in conseguenza delle restrizioni adottate per il contenimento del contagio.

Il tribunale ha disposto anche il sequestro dell’auto e lei, per protesta, è salita sul carro attrezzi. Poi, davanti ai poliziotti in assetto da ordine pubblico, accanto a una pianta, si è calata i pantaloni e ha fatto la sua santa pipì disobbediente: una vera provocazione, un chiaro segno di oltraggio e derisione.

7 maggio 2021 (Alfredo Laurano)

 https://youtu.be/5j8fa5ZhL3E

 

O PARTIGIANO, PORTALO VIA /2257

Eccola, fresca di giornata, l'ultima solenne stronzata scritta da quel coglione di Diego Fusaro, il filosofo, mancato, del banale.

È un'offesa alla Resistenza, a Bella ciao, ai partigiani, alla festa della libertà, che proprio oggi celebriamo.

"Una mattina mi sono svegliato e ho trovato il coprifuoco. Una mattina mi sono svegliato e ho trovato il divieto di assembramento. Una mattina mi sono svegliato e ho trovato migliaia di persone che celebravano il 25 aprile accettando in silenzio il nuovo regime".

Al tuo risveglio, ridicolo pagliaccio, dovresti trovare un drappello di partigiani che ti porti via o un plotone di ferocissimi nazisti che ti spedisca ad Auschwitz.

Quanto sei squallido, ma non ti vergogni?

 25 aprile 2021 (Alfredo Laurano)

 

IL CANTO DELLA LIBERTA' /2256


Oggi è il 76° della Liberazione. La festa della libertà di tutti gli italiani. 

Quella vera, quella autentica, quella della Storia, non quella trasformata in una parola vuota, banale e senza senso, urlata abusivamente nelle piazze di questi ultimi giorni di protesta contro le norme anticovid. Come uno slogan propagandistico, come una battuta fissa da raffazzonato copione, come un’etichetta obbligatoria per darsi un tono e una improbabile credibilità, come un mantra lamentoso e misero di categoria.

Una parola umiliata nel suo significato profondo e vero, priva di rispetto, degradata e usata per puri scopi commerciali, che offende chi per essa ha sofferto e combattuto, chi per essa è morto.

Quella battaglia per la vera libertà è la memoria viva e nobile di quei lontani giorni. È anche la vera ripartenza, nel secondo anno di lotta alla crisi e alla pandemia. Le cento piazze dell’Anpi e un fiore per ogni partigiano ucciso lo testimoniano.

Venti mesi di vita dura, di guerra, di speranza e di disperazione, di illusione e delusione.

Venti mesi di Resistenza che fondarono la democrazia in cui oggi viviamo, con quelle libertà che nel 1943 erano solo una speranza, se non un sogno, pressoché impossibile.

Un sogno diventato poi realtà, grazie al sacrificio di migliaia di connazionali che hanno lottato nelle fila della Resistenza, di quanti furono deportati, internati, sterminati nei campi di concentramento e delle donne e degli uomini di ogni ceto ed estrazione che non hanno fatto mancare il loro sostegno, pagando spesso duramente e con la vita la loro scelta coraggiosa. 

Tutto questo per riaffermare i valori e gli ideali che sono alla base del nostro vivere civile, quel filo conduttore che, dal Risorgimento alla Resistenza, ha portato alla rinascita dell'Italia.

Per onorare il ricordo di quei partigiani e di quanti sono stati protagonisti della conquista della nostra libertà e della democrazia, quale miglior brano come la versione originale di Bella Ciao, nata come canto delle mondine, interpretata con commozione della grande “Rossa”, scomparsa ieri, proprio alla vigilia di questo 25 Aprile.

25 aprile 2021 (Alfredo Laurano)


LA ROSSA, LA MILVA /2255


Era Maria Ilva Biolcati: elegante, raffinata, tormentata e popolare. 
Era la "pantera di Goro" che, già giovanissima, spopolava nelle balere della bassa ferrarese. 
Era la ragazza di campagna, piena di talento, che aveva una voce dal timbro inconfondibile: secondo Turrini, una sorta di miscela tra antico e moderno, tra una Nilla Pizzi e una Mina, una gamma di tonalità che prevedono, o almeno è quello che ci vedeva un pigmalione di qualità come Giorgio Strehler, anche passaggi di parlato, recitati di raro e incantevole magnetismo.

Dall’attrice più intensa, politica e brechtiana dell’Opera da tre soldi a quella che canta Lili Marlen, con una grinta da incrinare i cristalli, a quella che afferra Milord della Piaf e la trasforma in una performance teatrale palpitante. Da quella di Alexanderplatz a quella di Milord e Bella ciao.

Addio Rossa, addio grande artista che faceva andare il tango e la filanda. Rossa come la tua lunga, sfavillante chioma, come la passione che ti ha sempre guidato, come la tua vibrante espressione nel mondo dell'arte, della musica, del cinema, del teatro, della cultura. Hai rappresentato nel mondo la bellezza, la capacità, la qualità di donna italiana eccezionale, eclettica e versatile, dotata di incredibile estro e genialità.

Ti ho molto amato per il tuo impegno, anche politico, per la tua suadente voce, ma anche per la tua non comune, sensuale femminilità.

Un altro mito che si spegne, che ci lascia, che ci fa tristi e ci addolora, ma che non tramonta e lascia forte il segno di una vita d'arte e complessa umanità, intensamente vissuta.

24 aprile 2021 (Alfredo Laurano)

 

“COMME FANNO A SANTAFÉ. COMME FANNO AD HOLLIVUD” /2242

Carosello Carosone, per la regia di Lucio Pellegrini, in onda giovedì scorso su Raiuno, è un racconto vivace e coinvolgente che ripercorre la vita del grande cantautore, pianista, direttore d'orchestra e compositore italiano: geniale ma umile, rigoroso ma divertente e divertito, vitalissimo, generoso e sempre sorridente.

Un’occasione per riscoprire la sua personalità e le sue capacità e competenze musicali di concertista eclettico, in un perfetto mix di emozione, comicità, intrattenimento e riflessione, che si avvale della straordinaria interpretazione di Eduardo Scarpetta.

Pianista classico e jazzista, Renato Carosone è stato uno dei maggiori autori e interpreti della canzone napoletana e della musica leggera italiana, anche per aver saputo fondere i ritmi della tarantella e della musica popolare partenopea, con melodie africane e americane e per aver creato una forma di macchietta, ballabile e spiritosa, adeguata ai tempi.

La sua vita, pur se molto movimentata e avventurosa, colpisce e lascia quasi esterrefatti per la sua normalità. Ed è proprio questo raro sapore di regolare quotidianità che rende questo biopic, convincente e appassionante, equilibrato, sincero ma soprattutto universale, più che mai vicino a chi lo guarda, anche grazie alla raffinata fotografia che si diverte a giocare con luci e colori vivaci, sognanti e richiami all’antico.

Finalmente la biografia di un genio della musica è una parabola serena, lieve e scanzonata. Per niente maledetta, per niente accecante e dissoluta o, magari, sempre in bilico tra il bene e il male: riesce ad essere naturale e credibile, pur senza eccessi o banalità. E tutto questo, il film lo racconta fedelmente, con un forte impatto emotivo e coinvolgente,

Un vero mito della musica, da Napoli all'America, passando per l'Africa, Carosello Carosone racconta i trionfi dell’ancora l'unico italiano, tre volte in testa alla classifica dei dischi più venduti in USA.

La musica alta e quella popolare, il primo amore, una formazione rigorosa che lo porta a diploma del Conservatorio (a diciassette anni) e a vivere di note e pentagramma.

Una passione pura che lascia poi spazio all’estro, all’arte e alla creatività, in esperienze di vita, in giro per il mondo, a partire dal suo viaggio, appena diplomato, nell’Africa italiana, fra Eritrea ed Etiopia, dove rimase per nove anni, dal 1937 al 1946. Un’avventura rocambolesca e colorata, piena di ritmo, sorprese ed imprevisti.

Dagli insuccessi inattesi nel locale in cui si esibiva la sera a Massaua, città portuale dell’Africa orientale italiana, dovuti a un pubblico di connazionali bergamaschi ben poco inclini alle melodie napoletane, alle serate migliori, capaci di regalargli influenze e sonorità africane, poi incrociate e mescolate, una volta tornato in Italia, con quelle americane, dal jazz al twist, al rock.

E proprio in Africa conosce la ballerina veneziana Lita, di cui si innamora a prima vista e che sposerà presto, riconoscendo come suo il figlio di lei, Pietro. Un amore assoluto per il quale abbandonerà troppo preste le scene del successo. Dopo la guerra Renato torna in Italia e viene contattato per formare un trio - che poi diventerà un sestetto - per un nuovo locale a Napoli, lo Shaker Club. Insieme al chitarrista olandese Peter Van Wood e al batterista-fantasista Gegè di Giacomo -  compagno inseparabile di siparietti comici durante le loro esibizioni musicali, vero maestro della performance cabarettistica, oltre che delle percussioni - conquistano il pubblico tra rivisitazioni sonore ed esibizioni goliardiche della canzone umoristica napoletana. Perfetto Vincenzo Nemolato, anche nella singolare somiglianza fisica, nei panni dell'inventore del grido “cantanapoli”.

La svolta sarà l’incontro con Nisa, un paroliere, con cui Renato Carosone creerà alcune tra le sue canzoni più famose come Tu Vuò fa l’americano, Torero, O’sarracino, Caravan petrol, Maruzzella e Pigliate 'na pastiglia. Poi arriverà la trionfale serata del 1946 al Carnegie Hall, una delle sale da concerto di musica classica e leggera più importanti a livello mondiale, dove si sono esibiti i più grandi artisti internazionali: il segnale del successo.

In conclusione, una storia elegante, appassionata e divertente, ricca di valori e sentimenti, che narra non soltanto la carriera dell’artista Carosone, ma fotografa un’epoca di transizione, caratterizzata da numerosi sconvolgimenti, tra cui la fine della Seconda Guerra, il boom economico e la nascita della Televisione. Non a caso Carosone e i suoi compagni sono i primi musicisti ad apparire nell’Orchestra delle Quindici, uno dei programmi di debutto della neonata TV.

Un’opera decisamente riuscita che insegue la qualità e non certamente l’approssimazione, al cui interno si intravedono in parte le speranze e le occasioni del sogno americano, come quello di farcela da soli, con le proprie forze, con la propria volontà.

Renato Carosone: un viso eternamente giovanile per un gigante della canzone italiana e mondiale, ritiratosi molto presto e mai omaggiato per quanto meritasse, capace con coraggio di dire basta al momento giusto, prima di tornare dopo molti anni, per dedicarsi alla famiglia e alla composizione, senza però calcare più le scene.

Carosello Carosone riesce a catturare l’indelebile lascito, anche poetico, di questo artista capace di arrivare al cuore della gente, sorretto dal talento di un napoletano verace, pieno di garbo e altruismo, in un film sospeso fra la fiaba e il musical, che si gusta con gioia e commozione.

“Maruzzella, Maruzzè', T'hê miso dint'a ll'uocchie 'o mare”.

20 marzo 2021 (Alfredo Laurano)

 

 

LA MEMORIA DEL DOLORE MAI FINITO /2240


E’ il momento del ricordo, del dolore collettivo di un popolo falcidiato dal Coronavirus.
Un popolo che ad oggi conta oltre centotremila vittime in Italia, duemilionisettecentomila nel mondo, a fronte di ducentoventunomilioni di casi confermati, dall'inizio della pandemia.

Oggi, 18 marzo, è la Giornata nazionale in memoria delle tante, troppe vittime dell’epidemia di coronavirus, dei tanti che se ne sono andati, soprattutto un anno fa, in perfetta solitudine, nelle residenze sanitarie, negli ospedali, nelle terapie intensive di un sistema sanitario in tilt e collassato, nonostante lo straordinario impegno di medici e infermieri e personale vario, provato e resistente a oltranza. 

Uomini e donne, padri, madri, nonni, anziani e anche giovani, caduti senza un saluto, senza un funerale, senza il conforto di un familiare o di un amico, fra carenze di cure idonee e adeguate, di bombole di ossigeno, di caschi, di ventilatori, di valvole e respiratori e, perfino di disinfettanti e mascherine: il segnale inequivocabile della nostra evidente e totale impreparazione ad affrontare un nemico sconosciuto, ma spietato.

Come dimenticare le bare allineate nelle chiese e in ogni dove, perché non c’era spazio nelle camere mortuarie e nei crematori. O le lunghe sfilate di camion dell’esercito che le trasportavano di notte.

Quanti lutti, quanti pianti, quante testimonianze strazianti, quanti racconti toccanti e coinvolgenti. Un anno fa, eravamo chiusi in casa, in preda al panico e all’angoscia.

C’era chi pregava, chi faceva scongiuri o riti e gesti propiziatori, chi si affidava a santi e madonne famose, chi toccava amuleti e talismani o chi esponeva crocefissi, come a Brescello di Peppone e don Camillo. Il Papa, bontà sua, diceva la messa ogni mattina da Santa Marta, in diretta dalla sua TV.

Ognuno cercava di esorcizzare la paura, per sentirsi meno solo. Per farsi coraggio. Per combattere il maligno virus, come credeva o come poteva, a seconda della propria formazione culturale o della propria fede.

E allora, città deserte e senza vita, scuole, fabbriche e negozi chiusi, balconi e finestre pieni di bandiere, dove tutti insieme cantavano canzoni, più per disperazione che per latente passione, E si applaudiva da un palazzo all’altro e in ogni paese, su appuntamento collettivo. Flash mob in tutta Italia con l'Inno di Mameli ed altri brani intrisi di speranza, per distrarsi un attimo e condividere l’inquietudine e la pena.

Dappertutto, tra milioni di arcobaleni colorati, si scriveva: ce la faremo, tutto andrà bene. L’invito alla resilienza, rilanciato sui social, aveva il suo effetto in una nazione sconvolta. Il senso della comunità, del destino comune e la voglia di vivere o sopravvivere prevaleva in un Paese bloccato e spaventato, che cantava per non piangere: quelle note scioglievano o coprivano le lacrime che ci portavamo dentro, in una sorta di funzione apotropaica, largamente condivisa.

Qualcuno parlava di popolo da operetta, “sembriamo l'orchestra del Titanic, che continua a suonare mentre la nave affonda”.

Oggi, non è cambiato molto e l’incubo persiste in quella che chiamiamo terza ondata: non cantiamo più Azzurro, ma quasi tutta Italia è in zona rossa, gli ospedali scoppiano, i medici e gli infermieri crollano dalla stanchezza e moltissimi continuano a contagiarsi con le tante varianti del maledetto virus. E i morti sono sempre tanti.

Ma abbiamo un’arma in più: il vaccino, costruito in fretta, e la speranza di vincere la guerra alla pandemia. Anche l’AstraZeneca, appena riammesso dall’EMA alla somministrazione, pur fra mille dubbi e titubanze.

18 marzo 2021 (Alfredo Laurano)