venerdì 28 febbraio 2020

I NUOVI UNTORI /1971


E’ scandaloso il comportamento di certi soggetti - non hanno il diritto di definirsi persone - che, per puro esibizionismo, malvagità e idiozia congenita, amano diffondere notizie false e bufale varie, per creare panico e allarmismo in momenti difficili e d’emergenza, come quelli che siamo vivendo, molto intensamente, da una settimana.
Sul perché lo facciano, dovremmo scavare a lungo nelle loro singole storie e biografie, nelle loro patologie e percorsi esistenziali, nelle loro nevrosi e perversioni inconfessate, ricorrendo alle risposte di scienza e psicologia. E’ una forma di follia secolare e primitiva di sciacallaggio mentale, che si diffonde inevitabilmente in tutti i casi di crisi collettive, di difficoltà, di allarme, di pericolo sociale, di calamità.
Dopo aver seguito le sconvolgenti vicende della Cina e di Wuhan, in particolare, ora anche noi dobbiamo fare i conti col Coronavirus.
Ennesima situazione “ideale” per far nascere e crescere le odiosissime fake news.

In un illuminante servizio video, messo in onda e ben commentato dalla Sciarelli di “Chi l'ha Visto”, vengono riassunte tutte le bufale propagate prima e dopo la diffusione dell'epidemia in Lombardia.
Ci sono i tanti messaggi su WhatsApp e sui Social che diventano subito virali; audio e video di presunti o veri infermieri del Policlinico di Roma, di Bari e di Messina, che raccontano di contagi inesistenti, di quarantene e casi volutamente taciuti e nascosti al pubblico, come quelli presunti di Cologno Monzese, prontamente smentiti dal sindaco. C’è chi si spaccia per esperto o luminare, indossando i panni e le funzioni del prof. Bassetti di Genova (che ha subito negato di essere lui nel video), per dare suggerimenti. C’è una inviperita madre che urla istericamente alla polizia sul molo di Ischia, per sapere da dove vengono certi pullman. Poi, ci sono le immancabili truffe di chi, fingendo di essere del 118 o della Croce Rossa, vuole fare tamponi a domicilio, a pagamento.

C’è una delle fake news che ha particolarmente colpito l'opinione pubblica: in un messaggio circolato in rete, si segnala che il pericolo viene dagli animali domestici, non dai pipistrelli. «Attenzione sono portatori sani, liberatevi di loro, avete una vita sola», si legge nel testo. Parole che ricordano quello che sarebbe successo in Cina poche settimane fa. Un villaggio nell'Hebei, a nove ore di auto da Wuhan, aveva esortato le famiglie a sopprimere gli animali domestici, entro cinque giorni. Stesso avvertimento nello Shaanxi, dove si è parlato di "smaltirli immediatamente". In caso contrario sarebbero stati i funzionari locali a catturarli e a ucciderli.

Tutto questo, come se non bastasse la complessa situazione locale e internazionale, creata dalla diffusione del Coronavirus.
Qualche maledetto bufalaro, che sceglie di giocare e di scherzare con la vita e la salute delle persone, e da ebete non se ne rende conto, è stato anche denunciato per procurato allarme. Ma le pene e le condanne previste dovrebbero essere ben più severe.
Magari svergognato e messo alla gogna sulla pubblica piazza, esposto allo scherno e al disprezzo altrui.
28 febbraio 2020 (Alfredo Laurano)

giovedì 27 febbraio 2020

AMUCHINA


PER GRAZIA RICEVUTA


Una specie di reliquia, come il sangue di S. Gennaro a Napoli, che storicamente preserva la città da pestilenze ed eruzioni del Vesuvio.
Per contrastare il Coronavirus, San Miniato mette in campo tutte le forze che ha, anche quelle ultraterrene.
Monsignor Migliavacca, vescovo della cittadina nel Pisano, ha deciso l'esposizione straordinaria del Crocifisso "prodigioso" fino a domenica prossima, 1 marzo, nella chiesa di San Domenico a San Miniato, affinché i fedeli possano invocare la sua intercessione in questo periodo di preoccupazione per l'emergenza sanitaria in atto. Magari, in attesa o con la speranza di un miracolo.

Un po’come accadde durante i difficili anni dal 1628 al 1631, segnati dal flagello della peste, quando la popolazione si era rivolta con speranza al Crocifisso.
Alla fine, la città mantenne il voto di costruire un santuario per custodire, onorare e venerare l'immagine del miracoloso Crocifisso ligneo di Castelvecchio, risalente al secolo XI - abbandonato in San Miniato, secondo la leggenda, da due viandanti e portato dai sanminiatesi nelle città della Toscana in guerra come segno di pace - proprio per essere stata risparmiata dall'ennesima epidemia.
“Considerata la delicata situazione che stiamo vivendo, a causa della diffusione della sindrome influenzale da coronavirus, mi preme invitare tutti alla preghiera - ha detto il vescovo - valorizzando uno dei segni della nostra tradizione religiosa. Si raccomanda l'opportunità di una visita e si invitano i fedeli, in ogni caso, alla preghiera personale".

La straordinarietà della decisione è evidente, scrive «La Nazione», dando la notizia.
Negli ultimi quarant'anni ci sono state due aperture eccezionali (ovvero fuori dalle tradizionali celebrazioni di ottobre), di cui una fu un momento di preghiera per la grave siccità del 2003.
Ma mai prima d'ora c'erano stati cinque giorni di esposizione continua.
27 febbraio 2020 (Alfredo Laurano)


mercoledì 26 febbraio 2020

SALUTI E BACI


Un medico rianimatore del San Raffaele di Milano spiega perché non dobbiamo avere paura, ma dobbiamo restare a casa.
La grande differenza con la comune influenza è che il Coronavirus è estremamente più infettivo, cioè si trasmette con enorme facilità. La letalità resta comunque bassa.
Se state a casa, la gente si infetta poco alla volta. Molti non se ne accorgono.
Gli altri, specialmente gli anziani, noi medici e infermieri li prendiamo, li mettiamo in terapia intensiva, li curiamo e ve li restituiamo. Un poco alla volta.
Se invece tutti escono di casa il rischio è che si infettino tutti insieme e che quindi non riusciamo a gestirli, con un aumento importante della mortalità.
Il problema del Coronavirus non è tanto la sua gravità, ma quello degli spazi e delle possibilità di cura.
Come possiamo mettere 300.000 persone in terapia intensiva, quando abbiamo solo 4000 letti?
Adesso lo avete capito come mai dovete stare a casa?

Ricapitolando, infettività alta, da persona a persona, ma poco dall’ambiente. Molti contagiati sono asintomatici e ignari di essere malati.
Sono molti i comportamenti giusti o inutili che in questi giorni si adottano nelle regioni italiane non considerate a rischio.
Dall'uso delle mascherine (sistema di blocco delle goccioline, utili dove il virus è presente, inutili dove non c’è) alla paura di luoghi e mezzi pubblici (viaggi, treni, autobus e metro: dipende sempre dalle aree dove sta circolando il virus); dai farmaci fai da te agli esami del sangue privati.
Non esistono medicine preventive, antibiotici e vitamine: fuori dalle zone rosse, quali precauzioni o scelte hanno senso oggi in Italia?
Allora, musei, cinema e teatri chiusi, mentre ristoranti, bar e centri commerciali aperti. Anche il Duomo di Milano e alcune chiese sono chiuse. In quelle aperte, ostie solo in mano, niente scambio di segni di pace, acquasantiere asciutte.
Il blocco delle attività sociali, sportive, ludiche è utile nelle zone dove circola l’infezione.
Il virus, quindi, e le sue complicanze sono perfettamente trattabili dal nostro sistema sanitario che è tra i migliori al mondo. Ma si deve evitare che troppe persone vengano contagiate nello stesso momento, per non stressare il sistema ospedaliero. Non a caso si stanno allestendo numerose tende organizzate all’esterno degli ospedali stessi.

Ma per quali vie si trasmette davvero il Coronavirus? Possono essere pericolosi baci, abbracci e incontri sessuali?
Per prudenza, intanto, dovremmo modificare consolidate abitudini: evitare qualunque forma di contatto fisico, niente saluti calorosi, strette di mani, baci e abbracci all’italiana, quando ci si incontra. Si dice un ciao, si parla a distanza di almeno due o tre metri o si torna al saluto romano, come dice La Russa.
O si fa come nel filmato.
26 febbraio 2020 (Alfredo Laurano)


I CINESI SIAMO NOI… /1968


Molti Paesi sconsigliano i viaggi in Italia.
La Francia isola chi torna da Lombardia e Veneto.
Grecia, Croazia e Serbia vietano le gite scolastiche in Italia e consigliano ai cittadini di evitare viaggi soprattutto in Veneto e in Lombardia, regioni che sono state dichiarate "a rischio di contagio da coronavirus".
Il governo irlandese, in una mappa indica come zone a rischio, cinque regioni italiane: Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Lazio.
Anche Israele ha consigliato di "non recarsi in Italia".
Giordania e Iraq hanno deciso il divieto di ingresso nel Paese ai viaggiatori provenienti dall'Italia.
Il governo britannico chiede a chi fa ritorno dal Nord Italia di rimanere in autoisolamento a casa per 14 giorni.
Praga ha riservato uno screening mirato e aumentato le misure igieniche per gli arrivi dall' Italia.
Perfino le Seychelles, paradiso delle vacanze, chiudono le spiagge agli italiani.
Francia e Austria non ci vogliono e non ci amano, quasi, da sempre.
Non è escluso che, a breve, qualche stato confinante decida di chiudere le frontiere con l'Italia.
Il governo italiano ha proposto una riunione con i ministri della Salute dei Paesi confinanti per arrivare a condividere linee d'azione comuni, per fare fronte all'allarme. Forse, andava fatto prima, almeno un mese fa.

Gli italiani sono diventati come gli appestati di Manzoni.
Come i Monatti, che trasportano nei lazzaretti i malati o i cadaveri.
Come gli Apparitori, incaricati di preannunziare l'arrivo dei carri dei monatti, con il suono di un campanello che tenevano ai piedi o alla cintola, magari con l’accusa di lasciar cadere apposta dai carri cose infette, per propagare e mantenere la pestilenza.
O come gli Untori, accusati di voler diffondere volontariamente il morbo, spalmando in luoghi pubblici appositi unguenti venefici.
Fino a qualche giorno fa, tutti ci amavano, tutti ci visitavano (turisticamente parlando), tutti ci invidiavano bellezza, sole, storia e cultura.
Con le mascherine, giravamo solo a Carnevale, non assaltavamo i forni e i supermercati, non compravamo l’Amuchina a cento euro.
Eravamo ancora un popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti e di navigatori.
 25 febbraio 2020 (Alfredo Laurano)





AMUCHINA INTROVABILE E PREZZI ALLE STELLE /1967


Sciacalli in azione. 
Come sempre in questi casi, qualcuno specula sulla paura e la psicosi: su Amazon Amuchina e mascherine a prezzi vergognosi.
Schizza alle stelle il prezzo dell’Amuchina, gel disinfettante per le mani, che va a ruba come le stesse mascherine, non solo negli scaffali e nelle farmacie, ma anche online.
Oggi, per acquistare 320ml di prodotto su Amazon, il costo è arrivato a 84,70 euro. Di listino, sta a tre o quattro euro.
La confezione da 5 pezzi di alcune mascherine con presunte speciali valvole “ideali per Coronavirus” sono vendute a 189 euro.

Scaffali vuoti e scorte in esaurimento praticamente dovunque. Supermercati reali presi d’assalto in piena emergenza Coronavirus, con scorte di cibo che finiscono in poco tempo.
Il Codacons presenta una denuncia alla Procura della Repubblica di Roma.
Ora si aspetta che il governo intervenga e blocchi i prezzi.
24 febbraio 2020 (Alfredo Laurano)




domenica 23 febbraio 2020

LAZZARETTO ITALIA /1966


La situazione è precipitata in sole ventiquattro ore. All’improvviso. Incredibilmente.
Fino all’altro giorno il Paese Italia sembrava una penisola felice e immune dal contagio che si diffondeva nel mondo.
Questo era il senso di ciò che ci veniva comunicato: tranquilli, tutto sotto controllo, due cinesi allo Spallanzani, la quarantena alla Cecchignola per pochi rientrati, niente mascherine, voli bloccati con la Cina (come se non si potesse arrivare con altri mezzi o da altri scali (Russia, Germania, Paesi Arabi).
La parole d’ordine, giustamente, erano “evitare il panico”, non allarmare la popolazione, ma in verità si è evitato di far conoscere obiettivamente le fasi dell’epidemia, i possibili rischi, le precauzioni da adottare. Si è sottovalutato il problema. Non c’è stata prevenzione o non è bastata.

Basti vedere come è cambiata la stampa in queste poche ore, cosa si scrive sul Web e sui Social, cosa si trasmette in TV negli speciali di ogni rete (dirette, collegamenti, inviati, aggiornamenti), cosa dicono esperti, virologi, politici e politicanti. Tutto si è moltiplicato e accelerato in un baleno. Si comunica e si percepisce allarme, criticità, pericolo, urgenza. A parte tale Shi Yang Shi, un semi-cazzaro attore cinese che, invitato in trasmissioni varie, ride e prega per sconfiggere la paura di chi lo ascolta.
Ansia e preoccupazione hanno preso il posto della quasi indifferenza, anche perché tutti ora sanno o ipotizzano ciò che inevitabilmente succederà: isolamento sociale, quarantene auto o obbligatorie, blocco delle attività lavorative, delle manifestazioni, dei luoghi affollati (cinema, teatri, concerti, stadi, palestre), disagio collettivo in ogni settore, economia in discesa, scorte alimentari nei supermercati. Per non parlare di possibili scenari ben più drammatici, se si pensa alle grandi città, alle comunità, ad aree attrezzate di contenimento, alle reazioni incontrollate della folla impaurita.
Una cosa adesso è certa: questa pandemia di Coronavirus è ben più grande di quello che fino a ieri ci hanno raccontano i media e non è razzismo pretendere misure efficaci ed eccezionali per debellarla. Non ci sono più certezze scientifiche, neanche sul periodo di incubazione, che potrebbe essere di oltre 24 giorni, né sulla permanenza del virus sulle superfici: oltre 9 ore. Non possono bastare mascherine, amuchina, lavarsi le mani ogni mezzora o starnutire nella piega del braccio.

La Lombardia (e non solo) ora si sta trasformando in Wuhan.
Mentre il numero dei contagiati da Coronavirus sale continuamente, è stato disposto il contenimento attivo (militare) degli abitanti delle zone dove esiste almeno un paziente contagiato senza che l'origine sia chiara. Condizione questa che potenzialmente da domani potrebbe essere applicata ovunque.
Il Decreto del Governo parla chiaro: quarantena, isolamento, impossibilità di riunirsi, di andare a lavorare, chiusura degli uffici e degli esercizi commerciali non strettamente essenziali, chiusura delle scuole e impossibilità di spostarsi.
In altre parole: emergenza.
23 febbraio 2020 (Alfredo Laurano)

sabato 22 febbraio 2020

LILA, LENU’ E GLI ANNI SESSANTA /1965


Affetto, complicità, amicizia, ma anche naturale gelosia, un pizzico di reciproca invidia e qualche momento di rivalità, presunta o confessata.
Lila e Lenù, nella seconda parte de L’amica Geniale – Storia del nuovo cognome, vivono un rapporto senza filtri, sempre più intenso e progressivamente conflittuale, che va ben oltre quello semplice e spontaneo della prima infanzia.
Tuttavia, sono due facce di una stessa realtà, accomunate dalla stessa origine sociale e ambientale, cui, per indole, carattere e formazione, reagiscono diversamente. Una realtà dove regna la miseria, le difficoltà, le violenze, le privazioni, le sofferenze, le restrizioni, le prepotenze. Dove tutti sono signori ricchi o poveri cafoni.

Quando si cresce in un contesto così, o si subisce cercando un’evasione alternativa come lo studio e la cultura (avendone le capacità), o si combatte per liberarsi, anche in modo sanguigno, impulsivo e passionale, da quei vincoli di inciviltà e rozzezza. E lo si fa imparando a sfruttare al meglio l'intelligenza, l’intuito e l’intraprendenza. In altre parole, la propria “genialità”.
Per vincere disperazione ed emarginazione, una vorrebbe essere, almeno in parte, al posto dell'altra (da qui la punta di legittima invidia), o avere un po’ delle stesse doti e qualità. Ma, pur nella diversità, le due amiche sono speculari, reciprocamente indispensabili. Nel bene e nel male si integrano, si completano, sono il rovescio della stessa medaglia.

Elena è buona, dolce, intelligente, timida, accondiscendente, insicura e riflessiva. E’ la componente saggia della coppia, che procede in modo ordinato e metodico.
Lila è la parte ribelle e creativa di ogni ragazza, non solo di quell’epoca, spesso sacrificata alla famiglia, al fidanzato o marito, che non può e non deve deludere le aspettative degli altri. Vuole comunque molto bene a Lenù e, con il suo carattere duro, forte, determinato e autoritario e la sua intelligenza geniale, arriva a capire le situazioni e gli eventi prima della sua amica e la mette in guardia.
Nessuna delle due è cattiva. Lila soffre nel vedere in Lenù la studentessa modello, che lei non ha potuto essere, gli effetti degli studi che non ha potuto realizzare, come sognava. A lei è stata negata tale aspirazione e questo l’ha resa più chiusa e apparentemente dura. Però, la sprona e la incoraggia con sincerità. Lenù, invece, esitante e riservata, vede brillare in Lila la parte che a lei manca: la sensualità, il carisma e la sua sicurezza.

Ma il bene c'è ed è reciproco: il regalo dei libri di scuola a Lenù, l’offerta della vacanza al mare, l’accettare il caratteraccio di Lila, la vicinanza nel momento del bisogno, specialmente quando un marito ti picchia, l'invito alla festa a casa della professoressa, dove Lila riesce ad andare perché “a fatt nu poco a zoccola col marito. E l’hai pur sapè fa'... Se no, che zoccola sei!”
Dove Lila, frustrata e lontana da quel mondo "colto", al quale non può appartenere, in quanto moglie di un bottegaio ignorante, critica e ridicolizza quei quattro intellettuali pre-sessantottini e sognatori da salotto, o da terrazzo, che, "in mezzo a vecchi mobili e vecchi libri", parlano di filosofia, rivoluzione, politica e diritti. E prende atto della propria inadeguatezza: quel mondo può affascinare Lenù, ma a lei è precluso.
Perciò la punisce, prendendola in giro, rinfacciandole la sua solitudine, rivendicando il proprio "successo" per essersi sposata, anche se sa che quel matrimonio è la sua gabbia dorata.
Monta la rabbia e la delusione, scoppia la lite. Lila: "Come sei brava! Quanto sei intelligente! Cocoricò!" Lenù: "Le brutte intenzioni, la maleducazione. La tua brutta figura di ieri sera. La tua ingratitudine, la tua arroganza. Ringrazia il cielo sei su questo palco, rispetta chi ti ci ha portato dentro."
Il legame fra le due ragazze va comunque oltre l'amicizia e il diverso stile di vita: l'una è l’amica geniale dell'altra, perché ognuna stimola il talento, l’estro e i capricci dell'altra. Sono entrambe l'amica geniale. Ognuna considera così l'altra.

Al di là della storia delle geniali amiche, il film, tecnicamente ineccepibile nelle scelte tecniche e stilistiche, molto ragionate, rivela anche una profonda attenzione storico-filologica. Straordinaria ed efficace la regia, come le scenografie, la fotografia, le luci, i dettagli e, soprattutto, le due protagoniste e tutti gli attori, superbamente caratterizzati e capaci di rendere al meglio anche le più piccole sfumature emotive.

Vanno sottolineate due affascinanti ricostruzioni ambientali della puntata, oltre ai luoghi, ai negozi, alle librerie, al traffico di Napoli. 
Le classiche feste in casa che, chi ha vissuto quegli anni, ha ritrovato in perfette scene e quadri incorniciati, come il primo twist, le movenze, gli abiti eleganti e le cravatte per i ragazzi e nelle acconciature e nei vestiti della domenica, raffinati ed impeccabili - come quello in raso nero di Lila alla festa dalla prof - indossati dalle ragazze nelle occasioni importanti. 
E come anche quelli da mare, i costumi e i prendisole a Ischia, di uno stile unico e intramontabile.
Su quelle spiagge pulite e sonnacchiose (che poi son di Sperlonga), l’altro eccezionale momento di ambientazione d’antan, sfumata di nostalgia e rimpianto: si cerca il posto giusto, si pianta l’ombrellone, si legge, si scruta pigramente intorno, si beve una cedrata al chiosco, si sgranocchia il cocco, ci si tuffa a mare, tenendosi per mano.
Una specie di piccolo eden casareccio e popolare che ti fa amare il mondo e dimenticare il male.
Magnifico e struggente. (Alfredo Laurano)

PANDEMIA CINESE /1964


Ora non è più solo Cina, dove sono più di 1.800 i morti per il Coronavirus. Nel mondo, a ieri, i morti sono 2252, i contagi 77270,
L'emergenza si sta allargando ad altri Paesi asiatici, dove nascono focolai di contagio preoccupanti. Il caso più eclatante è quello della Corea del Sud, che fino a due giorni fa sembrava ai margini dell’epidemia. E invece nelle ultime ore sono state confermati addirittura cento nuovi casi, portando il totale a 204, secondo Paese per incidenza della malattia dopo la Cina.
Ma c’è allarme anche in Giappone, dove i crocieristi della Diamond Princess sono stati fatti sbarcare nonostante grandi dubbi sull’efficacia della quarantena a bordo. E in Iran, dove dopo i primi due morti sono stati riportati altri tre contagi, e i media locali ipotizzano che il conto sia maggiore.
A Wuhan, dove ci sono almeno 40 ospedali, con oltre 60 mila ricoverati, dopo la morte di Li Wenliang, l’oftalmologo che per primo denunciò il virus e non fu creduto, sono deceduti il primario di uno degli ospedali della città, focolaio del contagio, e un altro medico. di 29 anni, che si era ammalato lavorando "in prima linea". Oltre tremila medici sono stati contagiati finora, almeno altri sei sono morti.

Il Coronavirus crea il panico anche nel nord Italia (per ora).
Sono venti i contagiati.
Un veneto di 78 anni, è la prima vittima a Monselice (PD), nell'ospedale di Schiavonia, del quale il governatore Zaia ha disposto lo svuotamento, perché alcuni test sono risultati positivi tra i tamponi già effettuati (in tutto saranno controllate seicento persone).
I casi sono 16 in Lombardia, un altro in Veneto e 3 nel Lazio.
In quarantena domiciliare tutti quelli a contatto con contagiati. L'infezione sembra partita a Codogno da 38enne, mai stato in Cina.
Per ordinanza del ministero della Salute, dieci comuni del lodigiano (Codogno, Casalpusterlengo, Castiglione d’Adda ecc.) chiusi: scuole, stazioni bar, ristoranti e attività commerciali. Sospese manifestazioni, partite e carnevale. In isolamento 50mila persone.
I passeggeri di due treni (Freccia e Italo) bloccati per ore a Lecce e a Milano, per segnalazione di casi sospetti. Poi, fatti ripartire.
Da e per la Cina i voli sono interrotti, ma tutti quelli che arrivano da lì facendo vari scali in altri stati o con altri mezzi di trasporto (navi, pullman, treni, auto) chi li controlla?
Certamente, il peggio deve ancora venire. (A. La.)

STORIA DEL NUOVO COGNOME

Stasera, la seconda puntata in Tv della nuova serie "Storia del nuovo cognome", secondo libro del ciclo de L’amica geniale, un successo da milioni di copie vendute in tutto il mondo.
Ripartendo da dove il primo volume si era interrotto, il romanzo prosegue nel racconto delle vite delle due protagoniste, Lila e Lenù, sempre sullo sfondo di una Napoli realistica, “luogo bello e straziante”, anche se con l'aggiunta di nuove ambientazioni.
Qui commentavo la prima parte.


LA MIA GENIALE AMICA di Alfredo Laurano  MARTEDÌ 18 DICEMBRE 2018

Autentica poesia e forti emozioni fin da titoli, con quelle meravigliose foto di famiglie e di persone: ritratti, freeze-frame che fissano un’espressione, che riflettono un carattere, che anticipano un modo di essere e di vivere.
L'amica geniale, la serie tratta dal best-seller di Elena Ferrante - "una lettura ipnotica”, secondo Hillary Clinton e in vetrina in tutte le librerie del mondo - diretta da Saverio Costanzo, si conclude oggi su Raiuno, dopo aver raccolto grande successo e infiniti consensi. Racconta l’avvincente storia di Lila e Lenù (ad interpretarle da bambine sono Ludovica Nasti e Elisa Del Genio, da adolescenti hanno il viso di Gaia Girace e Margherita Mazzucco, tutte superlative): Elena (Lenù) è bionda e timida, testimone e narratrice di un’epoca che cambia. Raffaella (Lila), scura, vulcanica e, appunto, geniale, sa che la conoscenza può sfatare la paura e intuisce presto che senza l’amore soffre tutta la comunità. 
Le bambine vivono in un difficile contesto sociale in cui regna la povertà. Studiare è un lusso, che solo Lenù potrà permettersi. Entrambe, diversamente protagoniste della propria vita, hanno la stessa voglia di scoprire, di evadere, di scrivere un libro come “Piccole donne”, per crescere, per emanciparsi dalla precarietà, dall’ignoranza. Ma le loro storie finiranno per intrecciarsi, sempre nel rione. Anche se molto diverse, sono attratte una dall’altra e iniziano a giocare insieme nel quartiere napoletano in cui sono cresciute. Un agglomerato di grigie palazzine e polvere, una Napoli dove il mare è una chimera, in cui comanda don Achille, camorrista che fa paura a tutti. Nasce una forte amicizia, dove l’affetto non esclude una punta di invidia e di segreta competizione, che le spinge a migliorarsi per cercare di primeggiare sull’altra.

Il film narra, con voluta freddezza, senza compiacimenti retorici, senza fronzoli moraleggianti, la loro complessa fanciullezza - e poi la giovinezza - i turbamenti, le aspirazioni, i loro desideri di bambina, ma anche il vero volto del dolore, la commozione, i dubbi, la rabbia, i contrastanti sentimenti e la fatica di vivere, sempre con bellezza e grazia. Tutto ciò, attraverso quadri e sequenze di altissimo livello cinematografico e narrativo, non sempre drammatici di per se, ma sintomi prodromici che preludono a un possibile dramma, che annunciano un triste epilogo violento. 

C’è molto o quasi tutto in questo meraviglioso affresco della Napoli anni cinquanta, che affligge e muove la coscienza: l’arroganza e la prepotenza dei ricchi e dei padroni, la speculazione di usurai e sfruttatori, il disagio della precarietà e di chi sopravvive a stento. C’è la violenza che nasce dalla miseria, la cattiveria endemica del rione, le chiacchiere, i pettegolezzi e le insinuazioni di chi si affaccia o scruta dal balcone, o guarda gli altri con sospetto e prevenzione. Ci sono i rudi padri padrone che decidono, che comandano e picchiano le mogli sottomesse. O che lanciano la disobbediente Lila dalla finestra. Sullo sfondo, ma sempre ben evidente, l’eterno conflitto fra lusso e povertà, tra opulenza e carestia, tra figli di signori e figli di scarpari e poveretti.
“L’ amica geniale” è un’occasione di precoce maturità, di risarcimento morale e civile, ma anche motivo di riscatto sociale: fierezza, orgoglio, capacità, ostinazione e capa tosta sono essenziali strumenti di lotta e di ribellione a uno statu quo insopportabile, dove l’istinto è guidato dall’intelligenza, che prevale in ogni situazione. Come lo stesso linguaggio, grandioso mezzo espressivo, elemento fondamentale della narrazione filmica. 

Un’opera preziosa, di assoluto fascino e ampio respiro, che coinvolge e appassiona come un romanzo epico o un giallo di Maigret. Che non dà tregua e non consente pause d’attenzione. Trama, bravi attori (tutti), fotografia, ambientazioni, ricostruzioni, inquadrature, movimenti di macchina, campi lunghi e totali di larga portata - che celano anche recondite metafore, come la intrigante simbologia del mare -costringono lo spettatore alla partecipazione attiva, alla catarsi, all’empatia e al tifo per gli esclusi e i vinti. 
Perché, scrive la Ferrante, “esistere è questo, un sussulto di gioia, una fitta di dolore, un piacere intenso, vene che pulsano sotto la pelle, non c'è nient'altro di vero da raccontare". (Alfredo Laurano)


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