domenica 29 giugno 2014

IN VETRINA


Francesco è stanco. Ha annullato la visita al Gemelli.
E' l'ennesima assenza in pochi giorni che, sommata a quelle degli ultimi mesi, fa dubitare della sua salute.


Il ritmo degli impegni del Papa è assillante, pieno, mattina e pomeriggio, tutti i giorni. 

Soprattutto dopo il faticoso viaggio in Terra Santa.
Molti gli impegni disdetti: Expo, Divino Amore, visite varie, le udienze del mercoledì annullate.
Va ricordato che vive con un solo polmone da oltre cinquant'anni.


Forse, sarebbe ora di finirla da parte del Vaticano - moderna fiera del profitto spirituale, ma anche secolare, della propaganda fide, della strategia promozionale del consenso - di sfruttare la sua figura più carismatica e importante come "totem da viaggio", utile in tutte le occasioni. Da esibire, da toccare, da fotografare.
Da "consumare" come il bronzeo piede della statua di S. Pietro sul trono, all'interno della omonima basilica.

Come ha peraltro fatto con i suoi predecessori e, in particolare col povero polacco Vojtyla, che ha "consumato" di viaggi a ripetizione in tutto il mondo (oltre trecento). 

Una vetrina mobile, inesauribile, on the road, quasi fino alla morte! Ancorchè molto provato e ammalato di Parkinson. 


Non basta, inoltre, questa eccessiva sovraesposizione mediatica da reliquia prodigiosa a coprire, velare o far dimenticare colpe, trame, segreti e problemi che si nascondono da sempre nei palazzi curiali della cristianità. E che Bergoglio denuncia e intende cambiare.
Ogni domenica e in ogni occasione, non fa che lanciare chiari messaggi in tal senso e contro ogni forma di prepotenza, di abuso e di privilegio, nel mondo dell'indifferenza.
Resta, comunque la domanda: come sta davvero Francesco? Che gli sta succedendo?
28 giugno 2014                                       (Alfredo Laurano)


CARO BALOTELLO

Incredibile, ma vero! Una tantum sono d'accordo con Salvini e aggiungo:
caro Balotello, il problema non è che sei un italiano nero come calimero, ma un italiano scemo, come tanti altri, bianchi, neri, a righe o a pois.
Non sei SuperMario (chi sarà quel grande esperto che così ti ha battezzato!?), ma sei una superpippa!
Sei viziato, gonfiato, montato, asociale, cretino e indolente.
Pensi solo alla donne e alla Ferrari e, talvolta, ci concedi la grazia del pallone.
In campo, l'ho già detto, sei scorretto e falloso, "pascoli" in fuorigioco, ti butti e cadi appena ti "guarda" un avversario.
Hai sempre quell'aria svogliata, di sufficienza, da menefreghista che si estranea dal gioco, che sta lì per caso, per farci un favore e, comunque, di diritto, manco fossi una scarpa di Pelè.
Sei del tutto inconsapevole della fortuna che ti è capitata, che non meriti e che non sai legittimare.
Impara a non mostrare i muscoli, ma il cervello. E studia per diventare uomo.

26 giugno 2014           (Alfredo Laurano)
 

mercoledì 25 giugno 2014

MERITI MONDIALI


Certo, non meritavamo l'espulsione di Marchisio, i morsi del cannibale Suarez all'attonito Chiellini, un arbitro incapace con l'espressione da dittatore pazzo e silenzioso.
 
Non meritavamo di avere in squadra un cicciobello nero come Balotello, che o fa fallo o vive in fuorigioco, se ne fotte dei compagni e fotte solo la sua, di compagna.


Non meritavamo di avere un tecnico incapace, ma signore, che avrebbe avuto una fulgida carriera al Ministero come coadiutore, e invece ha portato Cassano e Thiago Motta al posto di Totti e Giuseppe Rossi.

Non meritavano tutto questo gli italiani, già piegati da crisi e da problemi, e pure quelli che hanno speso una fortuna per poter dire:"c'ero anch'io!"

Ma, certamente, meritavamo di essere cacciati a calci in culo dal Brasile.

25 giugno 2014    (Alfredo Laurano)

ALLA ASL DELL'URUGUAY


Oggi, al Mondiale, l'Italia gioca con la squadra di quest'uomo, umile e idealista, che ha fatto della dignità e dell'uguaglianza la sua bandiera. Ma l'Uruguay non sarà affatto umile come il suo presidente e penso che ci ridurrà a "brandelli" d'Italia!
In questa foto, Muijca è in fila all'ospedale pubblico, con gli altri cittadini, per essere visitato. Magari ha pagato pure il tiket!
Sembra una favola, una leggenda metropolitana, una barzelletta berlusconiana....
Invece è vero, accadono (raramente) anche queste bizzarre anomalie in questo pazzo mondo, globalizzato dal profitto e dall'indifferenza!

I nostri politici, dall'alto dei loro privilegi, provano ribrezzo e orrore per queste manifestazioni di "squallido populismo" e nemmeno osano immaginare che Muijica vive in un vecchio casale di campagna - anziché nel palazzo presidenziale - che non ha la scorta, che si muove con una vecchissima automobile, zappa il suo orticello, cura le galline e che prende il solo il 10% dello stipendio previsto per il Presidente della Repubblica (900 euro su novemila). Il resto lo dà ai bisognosi. Dev'essere proprio pazzo!
Solo per questo, l'Uruguay meriterebbe di vincere il Mondiale!
24 giugno 2014          (Alfredo Laurano)

lunedì 23 giugno 2014

E IN FACCIA CHE CE TENNERO? LO CULO!

Che altro dire o scrivere o pensare di questo geniale artista, non solo di teatro e letteratura, che a 88 anni suonati, con la sua stupefacente mimica, con il suo stile beffardo e canzonatorio e con la sua impareggiabile e suadente capacità di affabulazione, disegna il ritratto inedito del più straordinario innovatore del pensiero cristiano?
E che, attraverso le gesta di Francesco ci parla dei grandi temi che attraversano la nostra società?

Registrato all’Auditorium Rai di Napoli una ventina di giorni fa e in onda ieri sera su Raiuno, “Francesco, lu santo jullare” è la versione rivista e attualizzata - alla luce dell'arrivo di Papa Bergoglio sul soglio pontificio -  di un testo teatrale in cui Dario Fo rievocava a suo modo la vita del santo, basandosi su aspetti della biografia poco conosciuti o censurati. “Francesco è stato massacrato dalla Chiesa” ha detto più volte lo scrittore. “I testi riguardanti le sue azioni vennero bruciati al rogo dopo la sua morte, e solo da qualche tempo si sta cominciando a recuperare qualche pezzetto di verità”.
“Lu santo jullare Françesco” è un monologo memorabile in cui si affacciano, come in un burlesque, una serie di personaggi dell’Italia medievale: papi e cardinali, soldati e contadini, monaci e mercanti.
Tra realtà storica e tradizione popolare, Dario ripercorre alcuni momenti  significativi della vita di Francesco, figlio della “francese”: la richiesta di approvazione della Regola al papa Innocenzo III, la predica agli uccelli, l’incontro con il lupo, la malattia agli occhi.

E lo fa usando un linguaggio popolare assai espressivo - una specie di vernacolo umbro-marchigiano, musicale, colorito e coinvolgente - dove i suoni dialettali e le parole pennellano le azioni e che, a momenti, ricorda il suo magico grammelot. Sono suoi anche i magnifici arazzi che compongono le vivaci scenografie. Anche grande pittore!
La storia del poverello di Assisi si intreccia, dunque, con le vicende di Papa Francesco - che non a caso ha scelto questo nome - e diventa, quindi, un modo per riflettere non solo sui valori della religione e sugli affari della Chiesa, ma anche per “interpretare”- alla sua maniera, ironica e anticlericale - l'arrivo in Vaticano del papa argentino.

Gioca, infatti - come ha detto lui stesso, presentando l’opera - sulle analogie tra “l’attuale pontefice che si scaglia senza mezze parole contro vescovi e cardinali, troppo spesso sedotti dal denaro e dal potere, e il santo medievale che si è messo a lottare contro i politici, il potere, la corruzione della Chiesa, dello Stato, degli uomini.

Storia, linguaggi e analisi sociopolitica si fondono in una sola armonia, in un momento di grandissimo teatro. 
Lavorando su leggende popolari e su testi canonici del Trecento, Dario Fo compone un’immagine leggera e non agiografica di san Francesco: lo spoglia dal mito e ce lo consegna come un personaggio quasi moderno, rivoluzionario, provocatorio, coerente, coraggioso e ironico. Ben lontano dai “santini” edulcorati, ad uso di fedeli e di bigotti, elaborati e manipolati con ipocrisia dalla Chiesa, nella sua antica tradizione censoria e punitiva.

Ci trascina nel suo mondo semplice, ma avventuroso e picaresco, e a volte un po’ paradossale: la pace, la guerra, l’amore per la natura, la fratellanza, il dolore e la gioia, la ricchezza e l’umiltà. 
Temi di ieri e di oggi in tre ore di spettacolo raffinato, prezioso, provocante, e senza intoppi o sbavature, che diverte, che commuove e che colpisce soprattutto i laici, affascinati dalle storie di eccezionale umanità che sfociano nella santità cristiana.

E’ l’apologia della satira, il trionfo dell’ironia e della commedia, la celebrazione di un genio che il mondo ci invidia.

 23 giugno 2014                                     (Alfredo Laurano)

martedì 17 giugno 2014

OLTRE L’ORRORE, OLTRE L’UMANO

Dolore, stupore, incredulità, ribrezzo di fronte all’efferatezza di un massacro indefinibile.

“Un papà così affettuoso… proprio in questi giorni mi ha detto che stava montando la piscina in giardino per i suoi bambini”. ”Una famiglia così unita e felice, sentivamo la bambina cantare tutto il giorno e quando un bimbo canta vuol dire che è sereno e felice.” “Quando non lavoravano, sia la mamma che il papà trascorrevano tutto il loro tempo con i bambini, li vedevamo uscire con le biciclette.”
Raccontano così i vicini di casa che conoscevano la famiglia “modello” di quella villetta della tragedia a Motta Visconti, tra Milano e Pavia.

Quante volte abbiamo sentito queste testimonianze, quante incomprensibili carneficine si ripetono nel tempo, quanta ferocia puntualmente si rinnova?
Anche in questa casa dell'orrore la consueta scena raccapricciante: sangue ovunque, il corpo della bambina nella sua cameretta, del piccolo nel letto matrimoniale e della donna, in soggiorno, martoriati. Tutti sgozzati come bestie nei macelli di una volta.
E dopo, come se nulla fosse, il papà assassino “ma così affettuoso” fa la doccia e va al pub a vedere la partita dell’Italia, con gli amici!

Ammazzare una bambina di cinque anni che dorme in culla e un piccolo di nemmeno due, con lucidità e brutalità, è qualcosa di mostruoso, di spaventoso, di agghiacciante, di disumano. E’ oltre qualsiasi categoria e ogni possibile, perversa immaginazione.

Follia? A sentire il resoconto degli inquirenti qui si tratta di un triplice omicidio molto razionale che nulla ha a che fare con la follia umana. Certo, per la nostra coscienza, è comodo ignorare tanti aspetti di difficile interpretazione e archiviare tutto come il gesto di un pazzo. E fare finta di niente, fino alla prossima barbarie.
E’ rassicurante! Ma, purtroppo non è così!

Nel leggere vari articoli e commenti, ho scoperto, con non poca meraviglia, che molti lettori – forse assuefatti a questo genere di fatti che diventano notizia di cronaca – si lasciano andare, spesso e volentieri, a criticare il titolo, il tono, la misura o l’enfasi del pezzo, fregandosene del senso e del contenuto della tragedia che si descrive e si racconta. Come se l’articolista raccontasse di politica, di moda, di cucina o di pallone.

Tutti perfetti opinionisti di virgole e parole, senza pathos, negli improvvisati forum dell’indifferenza e del cinismo. E’ sconcertante!
C'è qualcosa di terribilmente marcio in questo nostro modello di società.
O lo strano sono io che ancora mi coinvolgo e mi commuovo.

16 giugno 2014                     (Alfredo Laurano)

venerdì 13 giugno 2014

L'ALTRO CARNEVALE

Proteste, scontri, incidenti, molotov, lacrimogeni, bombe a gas, proiettili di gomma, cariche della polizia a cavallo, numerosi feriti, decine di arresti: a S. Paolo la grande festa del pallone è davvero cominciata.

Orgia di fiori, samba, luci e colori, invece, nello stadio per “l’altra” cerimonia di apertura dell’ “altro” Brasile, dove natura, fiumi, foresta amazzonica si mescolano con popoli, bandiere e balli tradizionali. 
Tutto, in un tripudio di musica e coreografie, con centinaia di artisti, ginnasti e ballerini che inneggiano al carnevale del pallone.
E’ il Mondiale!


13 giugno 2014                       (Alfredo Laurano)





giovedì 12 giugno 2014

LARGO A BERLINGUER



Da ieri, nel trentennale della morte, a cento metri da Botteghe Oscure, storica sede del PCI, e a un passo da Piazza Venezia, a Roma c'è "Largo Berlinguer": 
La città intitola una piazza al segretario del Pci, scomparso l'11 giugno 1984, scrivendo sulla targa: "uomo politico". 

Si, semplicemente, ipocritamente, asetticamente, "uomo politico" come Craxi, come Berlusconi, come Renzi, come Gasparri, come la Santanchè o Iva Zanicchi... che differenza c'è!
Un po' di migliore, più sana fantasia no?

Troppo impegnativo per una giunta moderata o troppo compromettente per un partito snaturato che si vergogna della sua storia?
12 giugno 2014                                                               (Alfredo Laurano)


CAPRA, CAPRA, CAPRA: SGARBI QUOTIDIANI

 Secondo Vittorio Sgarbi, il PD ha perso Urbino perché lo ha escluso dalle primarie.
Al ballottaggio per la carica di sindaco della città ducale, ha vinto con il 56 percento dei voti tale Gambini, candidato di una coalizione eterogenea di liste civiche, NCD-UDC, un pezzo di Forza Italia e Verdi con Sgarbi. 

Il critico d’arte - considerato dal PD locale scelta inopportuna per i suoi trascorsi berlusconiani - rivendica un ruolo fondamentale sul risultato nella città  che, dopo 68 anni, ha segnato la bocciatura della Sinistra.

I partiti, aggiunge, “ormai non significano più niente: ad esempio in Renzi c’è molto di Berlusconi. In queste amministrative io mi sono candidato a Salemi, da solo, contro centrosinistra e centrodestra. A Lucera in coalizione con il Pd”. Trombato dappertutto.
Come dire: in lui c’è tutto, il contrario di tutto e del “qualsivoglia”.
Un po’ di  Forza Italia, un po’ di PD, un po’ di Verde, un po’ di radicale e perfino una spruzzatina di Guevara.

Un buffone, prestato alla politica, per tutte le stagioni, gonfio di superbia e di arroganza trasversale. Un parassita pronto ad indossare i panni di qualunque personaggio nella comica commedia della sua vita. Anzi, nella farsa della “capra, capra….all’infinito”!
Ci sarebbe da carcerare Maurizio Costanzo, che l’ha inventato e costruito sulle tavole del Parioli, una trentina d’anni fa!

C’è Sgarbi, nomen-omen, per tutti e per tutto, purchè appaghi il suo smisurato narcisismo, la sua innata megalomania: un saltimbanco in cerca di potere, ricchezza e venerazione. Per questo non gli basta fare il suo unico mestiere che, pare, sappia fare.

Resta il fatto che ancora lo chiamano in Tv, lo intervistano, gli fanno sparare le sue cazzate a ruota libera, lo invitano ai talk show e dove c’è bisogno di casino e di trash garantito.

Ad Urbino, l’illustre critico, aberrazione dell’ intellettuale gramsciano, comunque, entrerà in giunta come assessore esterno alla cultura o, come dice lui, alla rivoluzione (ma de che?)
Io non lo vorrei nemmeno come guardiamacchine o portiere al museo di provincia.
11 giugno 2014                                 AlfredoLaurano

A proposito di capre, lo sgarbato tuttologo, che le usa in senso dispregiativo per offendere le persone, non sa che…..

(Dal portale italiano della capra)
La capra è un animale intelligente e curioso, che ben si adatta a condizioni di allevamento difficili e a pascoli poveri. Il fabbisogno alimentare di una capra è pari a un decimo di quello di una bovina, ma la sua produzione di latte è, in rapporto, superiore.

La sua golosità, insieme alla sua buona agilità, la porta sempre a cercare gli alimenti più appetitosi e a compiere anche lunghi o ripidi percorsi per procurarseli.
 

Dal punto di vista ambientale, l’allevamento caprino si propone come un valido sistema di difesa del territorio montano e collinare. La capra contribuisce infatti a tenere puliti i boschi, a liberare i pascoli dalla flora arbustiva (rododendri, rosa canina, ginestre, rovi, ontano verde) e, insieme a bovini e ovini, a consumare l’erba dei pascoli evitando la formazione di uno stato di erba secca sopra il quale può facilmente scorrere la neve, provocando slavine.

In senso più esteso, l’allevamento caprino contribuisce a mantenere la presenza dell’uomo nelle aree più marginali e svantaggiate, aiutando a renderle una risorsa economica altrimenti non sfruttabile.
Studia caprone!


mercoledì 11 giugno 2014

INTORNO AL MONDIALE: TURISMO E VIZIETTO


Dopo la Cina, il Brasile, seguito dalla Thailandia, è al secondo posto al mondo per numero di baby prostitute, con circa 500mila minori coinvolte ogni anno. Quelle adulte hanno seguito dei corsi di inglese e di comportamento per facilitare l’interazione con i turisti-tifosi in arrivo per la Coppa del Mondo.
Si parla molto di sesso sicuro, di preservativi gratis e di diritti, in particolare di quelli negati ai bambini più poveri, spesso coinvolti in giri di prostituzione.  

Secondo uno studio delle Nazioni Unite sulla violenza nei confronti dei bambini, si stima che oltre 220 milioni di minori nel mondo abbiano subito violenze sessuali o altre forme di sfruttamento. 

Nel 30% dei casi le vittime hanno un’età compresa tra i 7 e i 12 anni, il 60%, invece, ha tra i 13 e i 17 anni.

Anche se i tifosi non sono una specie particolarmente a rischio, in determinate condizioni potrebbero trasformarsi in “turisti sessuali occasionali”.

Il timore è che in Brasile l’atmosfera festosa, la scarsa informazione, l’anonimato, la disponibilità di dollari e il senso di impunità possano contribuire a spingere alcune persone a cercare questo genere “passatempo”.

E i dati sono impietosi: gli italiani, insieme a tedeschi e portoghesi, sono ai primi posti tra coloro che scelgono il paese sudamericano come meta di turismo sessuale, a basso costo.
Solo per l’Italia, infatti, le statistiche parlano di non meno di 80mila fruitori all’anno.
E’ una piaga sociale di notevoli dimensioni e ogni anno muove un giro di affari intorno ai 100 miliardi di dollari.

11 giugno 2014    (Alfredo Laurano, da fonti Web)               

TASTEVIN

CHICCHI CURIOSI

Enotria, “terra del vino”. Così i greci chiamavano l’Italia. Era l’antico nome della parte più meridionale, la Magna Grecia.

I frutti fermentano spontaneamente (la buccia contiene lieviti e batteri), quindi la vinificazione non è altro che il perfezionamento di questo processo naturale che, nel tempo, si è diffusa in tutte le parti del mondo - lungo i fiumi, nei campi, nei boschi e ovunque  nascesse la vite selvatica.
Un tipo di vite, la Vitis Vinifera, produce la quasi totalità del vino che si beve nel mondo ai nostri giorni.

Oggi, volendo,  grazie alla tecnologia, si può “fabbricare” il vino finto, senza uva, in scatola di montaggio. C’è un kit, con sostanze e polverina, che naviga sul Web e cattura allocchi e sprovveduti.
Si aggiungono fermenti all’acqua, e anche trucioli di legno per “passarlo in barrique”, e dopo un mese è pronta una bevanda “al sapor di vino”: sicuramente rivoltante, ma facile ed economica. Venti milioni di bottiglie solo in Europa! In America e in Canada dilaga.

Nell’antichità, il vino era molto più denso. Per migliorarlo, lo si allungava con acqua, miele e spezie. Veniva anche condito e aromatizzato (si fa per dire) con il famoso garum, un miscuglio orripilante e disgustoso di pesce putrefatto e fermentato, ingentilito con erbe aromatiche.

I ricchi romani versavano vino nelle vasche dei pesci per insaporirne le carni, facendoli morire ubriachi.

Nelle famiglie abbienti dell’antica Grecia, il vino era arricchito di hashish e mirra. Gli ingredienti venivano dosati secondo il grado di euforia che si desiderava indurre.

Cleopatra faceva impacchi di mosto per mantenere la pelle liscia ed elastica.

Alcune dive di Hollywood - Jennifer Lopez e Julia Roberts, per esempio - amano fare il bagno in una vasca di vino bianco e profumato. 
Io consiglio un Gevurtz Traminer!

Un bicchiere di rosso aiuta a mantenere il seno tonico. 

Impacchi caldi di lievito di vino e miele combattono la cellulite e migliorano la circolazione.

All’inizio del Novecento, alcuni medici consigliavano l’ampeloterapia - cura dell’uva - per sconfiggere la stipsi, la gotta, l’ipertensione e il logorio fisico.

Secondo gli abitanti di Taiwan, lo sterco di tigre combatte l’alcolismo.


POETI, SCRITTORI E ARTISTI HANNO CELEBRATO E OSANNATO IL VINO

Secondo Manzoni, è galantuomo  “chi beve il vino senza criticarlo, paga il conto senza tirare e, se deve consegnare  una coltellata, lo fa lontano dall’osteria.

Giuseppe Parini, quando rincasava la sera, scendeva in cantina e stappava una bottiglia di Tocai.

Per G. Gioachino Belli il vino si doveva gustare a “fujette” , di mezzo litro in mezzo litro.

D’Annunzio era astemio e criticava il beone Pascoli.

Mozart amava “l’eccellente Marzemino”, celebrato nel “Don Giovanni”.

Hemigway teneva sempre una bottiglia di Valpolicella sul comodino.

“Libiamo nei lieti calici”, scritto da Giuseppe Verdi nella Traviata, è il più famoso brindisi, a tempo di valzer.

Rossini, quando non suonava o componeva, mangiava tanto, beveva Bordeaux  e Sangiovese e cucinava.
Era un grandissimo gourmet, raffinato ed insaziabile fino al punto di riuscire a ingurgitare ben dodici bistecche, una dopo l’altra. La sua vita traboccava di tartufi, olive, fois gras, burro, carni, uova, stufati, zamponi e rognoni.
Non aveva solo un grande appetito, ma era anche una fonte di sapienza culinaria:

“Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di questa opera buffa che si chiama vita e che svanisce come la schiuma d'una bottiglia di champagne. Chi la lascia fuggire senza averne goduto è un pazzo."

Chissà, forse aveva ragione. Prosit!
                                                     Alfredo Laurano 

P. S. Il vino italiano cresce all'estero, ma crollano i consumi nazionali.
Italia e Francia sono state addirittura superate dalla Cina che è diventata il maggior consumatore mondiale di vino rosso, pur non avendo produzioni di livello e una tradizione consolidata.
Per le etichette di lusso, i Cinesi si orientano verso Francia, Italia e USA, ma l’80% del vino consumato in Cina è “produzione propria”.

 

FANNY HA DETTO SI

Oggi, cari italiani, abbiamo motivo di essere felici.
Dopo la crisi della coppia Buffon-Seredova e il doloroso divorzio della Marini, abbiamo saputo, ufficialmente che la Canalis è incinta e, soprattutto, che quel cretino viziatello di Mario Balotelli , su una spiaggia brasiliana, ha chiesto ufficialmente la mano della sua attuale fidanzata - pure lei, pare, in dolce attesa - e le ha donato un anello, documentando tutto su Instagram. Meno male che c'è la santa tecnologia!
Abbracci in tutto il Clan azzurro e samba e champagne nelle povere Favelas.
Ora il Mondiale ha tutto un altro senso e domani si comincia.
Sono commosso.
11 giugno 2014    (A. La.)