venerdì 28 febbraio 2014

SIGNOR MAESTRO!

Che bella fiction! Finalmente il racconto di una bella storia fatta di umanità, di verità e di valori. 
Quasi una favola moderna che commuove perché parla di lealtà, di amicizia, di rispetto e di buoni sentimenti, a cui non siamo più abituati, e rimanda a un tempo che appare assai lontano, quasi dimenticato.

Tutto incorniciato in una magnifica sceneggiatura, dove trovano spazio voci, immagini, luoghi del ricordo e ambientazioni fedeli e assai curate, nonché momenti, anche scomodi e difficili, dell’Italia del dopoguerra, che cerca di ricostruire, di ricominciare, di ripartire.

Con “Non è mai troppo tardi”, in onda pochi giorni fa, la Rai centra perfettamente il suo ruolo di servizio pubblico, facendo conoscere, soprattutto ai più giovani, il coraggio e la figura, quasi leggendaria, del maestro Manzi, protagonista e simbolo, sia sul piano umano che su quello professionale, di quel pezzo d’Italia di quell’epoca (1946-1968) che, pur piena di disagi e di problemi, cresceva e lentamente si emancipava.

Magistrale l’interpretazione di Claudio Santamaria (per la cronaca, amico e compagno di liceo di mia figlia), lodevole ed espressiva quella di tutti gli altri attori, soprattutto i giovani, ognuno aderente al ruolo e ben calato nella parte. Luminosa e adeguata la fotografia, puntuale e sicura la regia.

E’ la storia di un uomo che insegnò a leggere e a scrivere agli italiani, un eroe positivo che, prima nelle scuole, poi in televisione, portò un nuovo modo di pensare e di parlare ai ragazzi, agli adulti e a tutti i cittadini: nelle città, nelle campagne, nelle comunità e in ogni luogo popolare.
Nel suo progetto pedagogico, che perseguì per tutta la vita, si proponeva di sollecitare le capacità delle persone, anche secondo circostanze naturali e pretesti del tutto occasionali, di favorire l’apertura della loro mente e di lottare, con tenacia e convinzione, per ridare dignità a chi non aveva mezzi e possibilità di studiare: “ognuno fa quel che può, quel che non può, non fa.”


D’altra parte, Manzi “si era fatto le ossa” come docente nel carcere di minorile di Roma, luogo da cui erano scappati i suoi quattro predecessori: lui conquistò, tra mille difficoltà ambientali e normative, gli 86 ragazzi rinchiusi, e i ragazzi - soprattutto quelli “difficili ” - non regalano affetto e rispetto a chi non sa amarli. 
Un’esperienza formativa dal sapore romantico che, certamente, lo segnò sul piano della sensibilità e lo fece crescere su quello del confronto fra le diversità e le discriminazioni, in un percorso scandito dalla passione e dall’entusiamo.

Era quello che – lo testimoniano ancor’oggi anche molti suoi ex alunni - insegnava a parlare, senza la paura di sbagliare. Che non amava i voti e iregistri. Che invece di dare risposte rituali, chiedeva “tu che ne pensi”, che era veramente interessato alle opinioni di tutti su grandi temi come la democrazia, la politica, la scienza, l’immigrazione, già in quei lontani anni cinquanta.

Per il tempo, era il comportamento fortemente innovativo e rivoluzionario, ma pur sempre gentile e misurato, di un insegnante che credeva in una scuola agile, flessibile, non dogmatica e aperta al dubbio e alla sperimentazione. 
Un disobbediente che spronava gli alunni ad aver fiducia in se stessi e a sviluppare la curiosità per il sapere, a prescindere da regole rigide o dalle diverse condizioni sociali: ”non rinunciate mai, per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, ad esser voi stessi. Siate sempre padroni del vostro senso critico e niente potrà farvi sottomettere”. 

La trasmissione - andata in onda dal 1960 al 1968 - ebbe un importante ruolo sociale ed educativo nell'unificazione culturale della nazione, tramite l'insegnamento della lingua italiana – pochi la parlavano, privilegiando i dialetti regionali -  e contribuì non poco ad abbassare il tasso di analfabetismo, particolarmente elevato nell'Italia di quegli anni. Pare che, grazie a queste lezioni a distanza, quasi un milione e mezzo di persone sia riuscito a conseguire la licenza elementare.


A vedere “Non è mai troppo tardi”, oggi, prende una certa nostalgia: non tanto o non solo per i costumi e la televisione di quel tempo, sobria, discreta e popolare, ma per il ricordo di una vita semplice e appagante - che, in buona parte, quella stessa Tv rifletteva - dove stima, affetti, sogni e passioni della gente si fondono in un’unica emozione collettiva, che commuove e fa pensare.
L’avventura didattica di Alberto Manzi, così ben raccontata nel film, evoca e rappresenta questo turbamento e coinvolge lo spettatore fino all’empatia, nei confronti di una persona che lavorava per una società migliore e sognava una scuola che, attraverso lo studio, insegnasse a diventare cittadini.

Ricordando Kant, il maestro Manzi non voleva insegnare i pensieri, ma doveva insegnare a pensare (detto oggi, suona come un ameno calembour renziano), “.…con quel macinino del vostro cervello sempre in funzione, con onestà, onestà e ancora onestà, perché questa è la cosa che manca oggi nel mondo e voi dovete ridarla!” (era il 1975 quando scrisse questo nella lettera a suoi alunni di quinta. Oggi, fa un certo effetto!).

Così Manzi, che aveva ben capito l’importanza dell’educazione e del ruolo fondamentale dell’insegnante, si sforzava di offrire “ai bambini di oggi che sono il futuro di domani”, i necessari strumenti culturali e formativi per affrontare le dinamiche della società e le contraddizioni umane e del mondo.
E li guidava, carico di speranza, verso la vita, la maturità e la consapevolezza.
Era davvero il “Maestro” che tutti vorrebbero e che tutti avremmo voluto avere.

27 febbraio 2014                                                                
                                                                                       AlfredoLaurano                                                                                                                                                                         

martedì 25 febbraio 2014

'O GUAPPO

Nel suo debutto al Senato, più che un discorso programmatico da presidente del Consiglio che chiede la fiducia, quello di Renzi - un po' guappo, un po' guascone e con la mano, spesso, in tasca, è sembrato un comizio in piazza, come quelli di una volta. O un discorso fatto al bar, alla Verdone, fra amici e attoniti avventori. 

Toni suadenti, promesse impegnative, aria di sfida e ostentata sicurezza in una serie di spot, di slogan annunciati, senza l'ombra di una giustificazione economica alla base: "Questo è il momento della svolta radicale e immediata...sul lavoro, voglio un Paese semplice coraggioso...salderemo tutti i debiti della Pubblica Amministrazione...ridurremo il cuneo fiscale almeno del 10%...investiremo sulla scuola...". 

All'inizio della sua ambiziosa esposizione, a braccio, aveva dichiarato di non avere l'età per stare nel Senato. Ora dovrà dimostrare di avere le capacità di dare un senso a quel governo che ha brutalmente trafugato. Dovrà guadagnarsi quella "campanella" di cui si è sfacciatamente impadronito, strappandola dalle mani del suo esterrefatto "compagno" di partito, al quale, prima o poi, qualche anima buona spiegherà cos'è successo!
24 febbraio 2014   (Alfredo Laurano)

sabato 22 febbraio 2014

NEL BLU DIPINTO DI BLU

Mentre un po’ d’Italia si appassiona ancora alle canzoni, alle gag, al gossip e alle attrazioni di Sanremo, sempre in passerella prima, durante e dopo festival – come imposto dalla Rai ai teleutenti (hanno devastato i palinsesti per convogliare l’audience, eliminando i programmi in concorrenza) – nell’altra scenografia Italia si è consumato e realizzato il blitz della coerenza.
Il puffo che si era autonominato premier, lo è diventato per davvero.
Si gioca la faccia - ha detto – o, forse, qualcosa di diverso e più nascosto, visto che quella se l’era già bruciata.
Ora, sta giurando con i suoi ministri, al Quirinale. Anche se alla Giustizia ha dovuto sacrificare Gratteri, un magistrato (ma vogliamo scherzare… quando mai si è visto uno giusto al posto giusto?) per un normale ragioniere di partito, per non scontentare gli alleati.  
D’altronde, come si sarebbe potuta giustificare la presenza di un pm agli occhi di Berlusconi, che deve comunque appoggiarlo nella strada delle riforme? O di Alfano che ha preteso, tra le condizioni, “un ministro che non fosse un giustizialista?”.

Intanto, ieri, mentre al Colle si studiava per tre ore la lista dei prescelti del governo, il pregiudicato che condiziona lo spregiudicato – per ora nell’ombra e nelle carezzevoli dichiarazioni di paterna stima – ha lanciato “Missione Azzurra”.
Non bastava “L’esercito di Silvio” e i club “Forza Silvio”.
Venti Fiat 500, con il logo del partito, una per ogni regione d’Italia,  gireranno l’Italia fino al 27 marzo, per diffondere il verbo del fondatore.
I volontari azzurri  parleranno a milioni di italiani, raggiungeranno anche chi vive nei piccoli Comuni. Tutti devono avere l'opportunità di conoscere ed essere protagonisti del progetto politico di Silvio Berlusconi.

E mentre nasce il nuovo esecutivo del “fare”, riparte l’ennesima campagna elettorale.
Chi volesse dedicarsi al volontariato, lasci stare la Caritas e gli ospedali: oggi lo può fare nella missione azzurra e volare…. “nel blu, dipinto di blu”.
22 febbraio 2014                                         
                                                AlfredoLaurano                                                                                                                                                                         

giovedì 20 febbraio 2014

E' TUTTA QUESTIONE DI STREAMING

Non poteva che essere così l’incontro Renzi-Grillo e relative comparse, mute, immobili e composte.La sola presenza dell'indiscreto occhio elettronico (telecamera) trasforma il dialogo in recita ammiccante e lo incanala verso gli argini delle proprie convenienze: una sfida che imbavaglia la spontaneità perché parole, toni e atteggiamenti verranno scomposti, minuziosamente esaminati e giudicati.
Diventa quindi un vero spot pubblicitario, un carosello dal copione inutile e scontato, incorniciato in un siparietto triste-comico, senza scopo e senza senso.
Un divertente minishow mediatico, come lo streaming richiede, davanti a tanti spettatori: una platea ricca, fatta di curiosi, di padrini, di ultras e di semplici tifosi.
E in ogni show ci sono regole ed esigenze che il marketing reclama.

Da una parte, il solito monologo-comizio di accuse, rabbia e contestazione – pur dai toni ironici e misurati - del genovese che, chiaramente, non avrebbe voluto partecipare e, quindi non intendeva dialogare (….“Non sei credibile, sei bugiardo, incoerente, non ho tempo per te, non sono venuto qui a sentire il programma, sei il rappresentante delle banche e dei poteri forti, di te non ci fidiamo…”).
Dall'altra, il tentativo di rispondere agli attacchi e alle provocazioni con battute spiritose (“va male la prevendita…Beppe esci dal blog”), fino al teatrale e toccante grido “qui c’è il dolore!” e alla ruffianissima confessione, nella successiva conferenza stampa: “Vorrei mandare un abbraccio ai milioni di italiani che hanno votato Cinque Stelle, vorrei abbracciarli uno a uno…andremo avanti anche per loro”.

Ognuno ha fatto la sua parte nel teatrino e ha recitato un ruolo, come da scaletta, anche se Grillo ha in effetti impedito a Superbone – sorpreso e assai spiazzato - di parlare. Non c’è stato il confronto che molti si aspettavano, anche fra il popolo stellato.
Potevano vedersi al bar. Perché lo streaming, se lo conosci, lo eviti!

19 febbraio 2014                                                                   
                                                                                               AlfredoLaurano       

martedì 18 febbraio 2014

E' FORTE, E' FIGA, E' LA BULLA DI BOLLATE

La ragazzina bionda che alcuni giorni fa - incoraggiata dai compagni che si sono ben guardati dall’intervenire - era stata dagli stessi ripresa in un filmato, mentre pestava una coetanea, è diventata, la "bulla di Bollate": Giovi, la protagonista di un videogioco che inneggia alla violenza e alle sue gesta: calci, pugni, arti marziali e frasi deliranti.
E’ descritta come un'eroina, un esempio da seguire: “è forte, è figa" e giù parolacce. "E' bona, è brava: mazzate, mazzate"… “ci piace, ci piace”.
Un giochetto macabro per ottusi e decerebrati. Raccapricciante più dell’episodio che lo ispira e del genio informatico che l’ha creato.

Intanto, la madre della bulletta di periferia si dice prostrata e addolorata: “Quello che ha fatto mia figlia è indescrivibile. Io mi sento una nullità come genitore, in questo momento. La nostra famiglia vive un incubo. Quando sarà possibile incontrarci, io cercherò di scusarmi con la famiglia dell’altra ragazza. Ma quello che mi ha fatto più male è stato il comportamento degli amici presenti: loro dovevano fermarla.”

Non è certo il primo caso, né l’ultimo di questo genere. Basta navigare sul web e sui social.
E solo un altro sintomo patologico del degrado formativo e culturale del Paese.
A proposito…. ma Barbara D’Urso ancora non l’ha invitata?

18 febbraio 2014                                                           (Alfredo Laurano)

VUOTI A PERDERE: ATTENTI A QUEI DUE!

Cruciani, quello de “La Zanzara”, è un essere rivoltante. Come pure il suo degno compagno David Parenzo, che finge di intervistare le persone, prevaricandole, togliendo loro il microfono appena accennano un’opinione personale e imponendo solo il suo gratuito punto di vista.
Provo schifo per entrambi e per chi “li campa”, concedendo loro troppo inutile spazio nei mezzi di comunicazione, nell’ambìto reparto “dileggio e derisione”. Le loro provocazioni sono miserabili.
Estorcere con l'inganno commenti e dichiarazioni, celandosi dietro la presunta innocenza di uno scherzo telefonico, potrà sembrare buffo ma, in realtà, è un esercizio pavido e meschino. E’ una forma di sciacallaggio mediatico che sfruttano a fini teatrali, per acquisire consensi e immeritata popolarità.

Tre o quattro mesi fa, lo ricordiamo tutti, questi avvoltoi provarono a migrare le loro gesta in una immonda trasmissione televisiva,  “Radio Belva”, su Rete Quattro, chiusa, per fortuna,  praticamente prima di cominciare.
Una vera giostra del trash, infarcita di oscenità e animata da grida, in un’escalation di insulti e parolacce, che aveva come obiettivo il caos, la rissa che fa salire l’ audience.
Per raggiungere questo premeditato scopo, avevano mescolato – in un unico sconcio contenitore - Alba Parietti, Alba Dorata (i nazfasciscti), Mario Borghezio in camicia verde, Cicciolina, gli altri fascisti di Forza Nuova, in  camicia sociale d’ordinanza, Vittorio Sgarbi, Marco Rizzo, Maria Giovanna Maglie, Paolo Villaggio, Emilio Fede. E, per finire in bellezza, l’arzilla Nannarella, che davanti a Montecitorio, e su you tube, bacchetta i politici.
Proprio Sgarbi, come da prassi, fu protagonista della telerissa in diretta con Giuseppe Cruciani, che portò alla inevitabile  soppressione del programma.


Uno scontro acceso iniziato con gli insulti e finito quasi alle mani dopo una sequela di accuse reciproche. "Tu dici cose diffamatorie… ti spacco la faccia….io ti piscio in testa, faccia di merda…mi avete rotto il c..., non sono qua a farmi offendere da due spiantati… Cruciani, tu volevi farti candidare da An, Fini mi ha detto che gli leccavi il culo, e tu Parenzo, con la Lega. Leccaculi, vi ho visti io". 
La fiera della volgarità. Una rara, indimenticabile pagina di laidume televisivo.

Dopo Onida, Giovanardi, Dario Fo, Guido Barilla, Razzi, Campanella dei Cinque Stelle ed altri, stavolta è toccato a Fabrizio Barca, presunto candidato ministro all’economia, essere vittima del cosiddetto scherzo telefonico.
 “Non voglio fare il ministro dell’economia - dice al finto Vendola - è una cosa che è priva... Non c'è un'idea, c'è un livello di avventurismo. Non essendoci un'idea, siamo agli slogan... Questo mi rattrista, sto male, sono preoccupatissimo perchè vedo uno sfarinamento veramente impressionante, Nichi". 
Gli spregevoli professionisti dello sputtanamento hanno colpito ancora.

Michele Serra,  già nel caso della telefonata a Onida (della finta Margherita Hack), si era chiesto quanto fosse lecita un'azione del genere: “costoro pensano che il Potere è oscuro, quindi bisogna illuminarlo a qualunque costo, anche quando il microfono o la telecamera hanno la stessa invasività di una rettoscopia fatta senza il consenso del paziente.
Occorre rivendicare il diritto alla privacy, al rispetto della volontà di ogni individuo, Cruciani è un terrorista mediatico che non solo si burla dei malcapitati, ma ne viola i diritti costituzionali. Prendere in ostaggio una persona nolente, le sue parole, i suoi pensieri, non è cattivo gusto,  è mobbing mediatico.”

Aggiungerei, soltanto, che mi sembra del tutto improprio e falso  parlare di scherzo: un conto è prendersi gioco di qualcuno creando una situazione  comica, per il solo gusto del divertimento; un altro è tendere un agguato, carpire la buona fede con un vile sotterfugio, per screditare una persona.
In quest’arte volgare e dozzinale, i due cialtroni sono raffinati specialisti: ingranaggi squallidi della degradata macchina dell’informazione che si fa spettacolo, asservita ad esigenze commerciali e di cassetta. Vuoti a perdere.
Fece bene Bigazzi, il gastronomo toscano, a mandare affanculo Cruciani.
Ancora meglio, Pannella a distruggergli lo studio.
18 febbraio 2014                                                              AlfredoLaurano                                                                                                                                                                         

sabato 15 febbraio 2014

DEMOCRAZIA AMORALE


Vorrei proprio sapere, e non credo di essere il solo, perché Letta non ha voluto e preteso il passaggio in Parlamento.
Qualcuno pensa che abbia preferito dare una lezione di serietà e di correttezza istituzionale, per non sputtanare ancor di più il suo partito (ammesso che ciò sia possibile).
Una risposta di composta dignità che, a mio modesto avviso, chi ti pugnala a tradimento non merita davvero. 

Con meno nobiltà, anzi, ne avrei fatto esplodere le contraddizioni e avrei messo a nudo trame, menzogne e falsità, proprio attraverso una legittima richiesta di fiducia nell'aula deputata, dove ognuno avrebbe dovuto metterci la faccia.

Una volta, nei paesi democratici, i governi nascevano e morivano lì. Lì si risolvevano le crisi, attraverso un dibattito e il conseguente voto di fiducia. E il premier, in caso di sconfitta della sua maggioranza andava a casa sfiduciato dal Parlamento – e non da una  congrega di democristianizzati - dopo una visitina di commiato alla collina del Quirinale.
In questo caso, dopo un superfluo voto casareccio, formale assai scontato, Letta è stato scaricato, in stile “usa e getta”, con una specie di  telegramma, o una e-mail o una virtuale pacca sulle spalle - visto che  non era presente in quella Direzione - da gente del suo stesso partito che, in buona parte, non siede nemmeno a Montecicoria, come deputato o fruttivendolo e, quindi, senza averne titolo.
E' come se l' amministratore di un prestigioso stabile venisse estromesso, non dal voto dell'assemblea del condominio, ma dai suoi stessi familiari o dai suoi amici del bar o di biliardo.

Fatto fuori quindi, aumm, aumm... un po' come fanno congiurati, mafiosi e camorristi quando devono decidere di sopprimere qualcuno che è diventato scomodo e di troppo. Anche se, va detto, questi, per decenza, non fanno finta di votare.

Certo, non c'è molto da stupirsi, visto che ormai viviamo in regime di semilibertà vigilata e controllata della democrazia, sempre più condizionata dagli umori di chi la usa in funzione della propria ambizione smisurata. E la modella, indifferente ad ogni valutazione morale, secondo necessità e interessi di bottega, sfruttandone la duttilità e forzando, a dismisura, regole e paletti.

Una democrazia trattabile, dinamica e flessibile e dalle elastiche funzioni, che giustifica, ove necessario, anche l’inganno, il tradimento e l’incoerenza.

Una specie di oligarchia del desiderio e del bisogno, al sapor machiavelliano, di cui ha dato sfoggio, in queste ore, proprio il principe-puffo fiorentino, a lungo applaudito nella contea di Arcore.
 15 febbraio 2014                       AlfredoLaurano   

                                     
                                                                                                                  
                                                                        


venerdì 14 febbraio 2014

LA GIRAFFA MARIUS

Tutto come previsto nella Direzione del PD.
Nel Partito Democristianizzato, di fatto e in via ormai definitiva, si è consumato lo scontro fratricida: il segretario, dopo averlo a lungo e platealmente coglionato e tranquillizzato, con false affermazioni e promesse da bugiardo marinaio, ha rottamato anche il Premier Letta. Però lo ha fatto "serenamente" e dopo averlo ringraziato per il notevole lavoro svolto, in un momento difficile e delicato (come è d'uopo ed educato fare, quando si dà il benservito a qualcuno),  per prenderne il posto.
Era da scaricare in fretta, subito, prima che potesse ottenere un qualche risultato che lo avrebbe, magari a lungo, conservato, logorando la sua febbrile attesa.

"Hanno fatto, dice Pippo Civati, come con la giovane giraffa allo zoo di Copenaghen, uccisa, sana e senza un vero perché, e data in pasto ai leoni. 
Ma tu, Civati, che ci stai a fare nel Partito Democristianizzato? 

Domani, Enrico "stai sereno" rassegnerà, più incazzato che deluso, le sue dimissioni e Napolitano avvierà subito la farsa delle consultazioni - davvero inutili, visto che tutto è già deciso e apparecchiato - per prendere, ancora un po' per il culo gli italiani. 
Chi guiderà la delegazione di Forza Italia? 
Provo, con malizia, a indovinare: non sarà mica un condannato, che deve ancora scontare la pena, che salirà al Quirinale! Nooo, non po' esse!

Nel suo intervento di auto-insediamento, ratificato poi dal voto dei democristianizzati, il puffo vanesio e fariseo, senza vergogna e senza minimamente accennare alle ragioni del proditorio siluramento, né all' incoerenza delle sue infide rassicurazioni, aveva ammesso: "Parlano dell’ambizione smisurata di Renzi. Vi aspetterete che smentisca queste parole e invece non lo faccio. Dobbiamo avere un’ambizione smisurata. Il segretario, come l’ultimo delegato”. 
Non nego che ci sia un rischio, ma chi fa politica ha il dovere di rischiare in alcuni momenti. Vale anche per me”.

Capito Letta, che rischio hai corso? Tutto sommato è andata bene: Ti hanno eliminato, ma non ti hanno fatto a pezzi come il giraffino Marius e dato in pasto ai leoni!
Sono cannibali....ma un po'vegetariani!

13 febbraio 2014                                               (Alfredo Laurano)


giovedì 13 febbraio 2014

ENRICO, STAI SERENO!


Evviva la coe…RENZI.
Aveva detto, poche settimane fa, “se vinco io, mai più larghe intese”…
”io contro Letta? Una barzelletta”…
”con me segretario, Letta più forte”. 
E, qualche giorno fa: 
“Andare al governo? 
Converrebbe a me, non agli italiani”…
“Enrico, stai sereno!” (*)

Chissà cosa dirà oggi in Direzione del PD. Voleranno sedie, insulti e accuse.

Enrico, che sereno certo non è, appare circondato e cerca di resistere all’assedio delle truppe renziane, che lo vogliono rottamare e che già hanno compilato e fatto circolare la nuova lista dei ministri (Farinetti, Boeri, Baricco…).   
Imperterrito, determinato e caparbio, sa di aver fatto il lavoro sporco e più difficile e, quindi, merita di andare avanti per la sua strada. Con rabbia e con furore, rilancia il suo nuovo programma di governo: “Impegno Italia”.

Chiede a tutti chiarezza e senso di responsabilità. Vuol essere sfiduciato in Parlamento e non dalle chiacchiere e manovre di palazzo.
Ma, di fatto, è già sfiduciato dal suo partito che, come nella migliore tradizione inciuciatoria democristiana (lo sono, come è noto, entrambi), non vede l’ora di donarsi al nuovo puffo superbone, che si presenta, per le folle e le TV, con una sbarazzina  smart, semiammaccata. Come si addice, appunto, a un giovane aspirante premier, rampante, informale e disinvolto.
Banche, assicurazioni, fuori serie e poteri forti vari lo vogliono e sono con lui: anche Letta deve essere rottamato, ma ....serenamente.

C’è, forse, un aspetto più comico che drammatico, in questa elastica staffetta di governo. Un significativo cambio di vertice alla guida del Paese viene giocato - fra annunci, accuse, incoerenza e tanta ipocrisia - in uno spassoso faccia a faccia, con tanto di mascherine di decenza, per la supremazia sul branco (gli italiani),  come se fosse una questione personale e non coinvolgesse le istituzioni e le sorti dell’Italia disastrata, che “così percossa e attonita, al nunzio sta”.
Ci sarebbe da ridere, per non piangere, ma, se non sbaglio, siamo a Carnevale e la povera Unità compie 90 anni!

13 febbraio 2014                                      (Alfredo Laurano)


(*) ALTRI FRIZZI, LAZZI E FACEZIE
In "Enrico stai sereno", pubblicato poco fa, ho peccato di gravi e colpevoli omissioni. Me lo ricorda "l'enciclopedia Travaglio", a cui non sfugge manco un alito di vento, figuriamoci una battutina del giglio fiorentino.
Ripassiamo, allora e con più cura, l'antologia bugiarda, secondo Matteo:

"Noi vogliamo che il governo arrivi alla fine del proprio percorso con convinzione e saremo i più leali a dare una mano al tentativo di Enrico Letta" (24 novembre).
"Da mesi leggo sui giornali che Renzi vuole il posto di Letta: se avessi ambizioni personali, avrei giocato un'altra partita, non mi sarei messo a candidarmi alla segreteria del Pd" (3 dicembre).
"Voglio cambiare l'Italia, non cambiare il governo".
"Punto a far lavorare il governo, non a farlo cadere.
"Per il 2014 il Premier è e sarà Enrico Letta" (22 dicembre).
"Enrico non si fida di me, ma sbaglia: io sono leale" (12 gennaio). "Creiamo un hashtag 'enricostaisereno', nessuno ti vuole prendere il posto, vai avanti, fai quel che devi fare, fallo" (18 gennaio).
"Ma perché dobbiamo andare a Palazzo Chigi senza elezioni? Ma chi ce lo fa fare? (10 febbraio).
     Altre perle di coe...renzia e di lealtà, per pietà, ve le risparmio.
Renzi, che puffo di parola!
                                                                     (Alfredo Laurano)

martedì 11 febbraio 2014

LE SOFFIATE DI OLLIO

Lo dico subito: non voglio, non devo e non mi interessa difendere il vecchio capo dello stato, anzi, avrei parecchie critiche da muovergli, magari in altra sede.
Ma, le “sconcertanti” rivelazioni di Alan Friedman, per gli amici “Ollio”, mi sembrano banali e inconsistenti. Ha scoperto l’acqua calda, o meglio fresca, vista la stagione di riferimento. Fumose, eteree  e dal sapore assai pubblicitario…

In un libro di prossima uscita, il giornalista americano Friedman pubblica delle interviste a Prodi e a De Benedetti, ribadite poi da Mario Monti, che raccontano tranquillamente dei contatti fra  Napolitano - che pubblicamente conferma,  parlando anche di altre varie occasioni - e l’ex Rettore della Bocconi, nell’estate del 2011, ben prima (tre, quattro mesi) della sua nomina a presidente del Consiglio. Contatti finalizzati a verificare la sua disponibilità ad impegnarsi nella formazione di un eventuale, futuro governo. 
Era noto a  tutti, se ne parlava in giro, lo sapevo anch'io.
In agosto, l’economista risponde su questo specifico tema addirittura al TG5. Dov’è l’anomalia? Dice lo stesso Monti.

Sarà bene ricordare che in quel momento il Paese viveva la crisi più profonda, in un contesto di precarietà, di incertezza e di tensioni sociali. Tra le bocciature delle agenzie di rating, si consumava quotidianamente la parabola dello spread, si temeva per i risparmi e le pensioni, si paventava di fare la fine della Grecia.
L’Europa continuava a chiedere lacrime e sangue, si diffondeva la paura di precipitare nel baratro e, soprattutto, non se ne poteva più delle vicende sessuo-giudiziarie di Silvio Berlusconi e della sua colpevole inerzia governativa.
Cosa avrebbe dovuto fare il capo dello stato, di fronte alla evidenti e crescenti difficoltà, se non sondare una possibile alternativa per risanare il Paese allo sbando? Sarebbe stato accusato, quanto meno, di indifferenza e insensibilità politica se non si fosse almeno preoccupato di quella drammatica situazione economica e sociale.

Difficile cogliere la sorpresa nelle ovvietà narrate da “Ollio” Friedman, che cerca forse pubblicità gratuita al suo libro o intende offrire un’ulteriore sponda critica a chi vuole seppellire il presidente. Dov’è il complotto, di cosa dovremmo stupirci?
Sembra il solito uso strumentale e gratuito di fatti insignificanti e di parole vuote di chi specula per obbligo di parte, ricamando l’arte del nulla e dell’irrilevanza.

A novembre, subito dopo la risicata approvazione della legge di stabilità, arrivarono le dimissioni di Berlusconi, la cui maggioranza di governo, dopo l’uscita di Fini, era ormai appesa al sottile filo dei voti “responsabili” dei venduti Razzi e Scilipoti. Di fatto, non esisteva più. 
Da tempo si conoscevano, peraltro, anche i contrasti con la Lega, con Tremonti e altri ministri.
A quel punto, in un clima di festeggiamenti popolari, si apriva il dibattito sul dopo Silvio. Tre gli scenari possibili: un nuovo governo di centrodestra con un altro premier (magari  Alfano?), un governo tecnico o  di larghe intese, elezioni anticipate, seppure col porcellum.
Nelle consultazioni successive, si registrò una larga convergenza sul nome di Mario Monti - già opzionato, appunto, nei mesi precedenti come salvatore della patria - per formare un nuovo governo tecnico. 
Anche perchè, in quel frangente, sarebbe andato bene pure Pippo Franco o Cicciolina, pur di togliersi dalle palle Silvio.

E così, col beneplacito del Pd che, per alto senso di responsabilità (diceva Bersani) rinunciò ad andare al voto e a vincere “facile” - come a tutti era evidente - Napolitano, anziché sciogliere le Camere e mandare il Paese alle urne - “l’Italia non poteva dare un segnale d’instabilità politica, i mercati non ci avrebbero perdonati”- fece nascere il governo Monti.
Fra i tanti “necessari sacrifici”, richiesti al popolo per non finire peggio, l’azione di austerità - inizialmente quasi da tutti accettata, ma rivelatasi poi odiosa e fallimentare -  fu accompagnata da applausi e consensi quando, in realtà, ci sarebbe stato ben poco da gioire: grandi rinunce, aggravio fiscale, nuove tasse, anticipo dell’Imu, fregature varie su pensioni, esodati e sul lavoro e la sudditanza alla “culona”Cancelliera, che correggeva i compitini.

Questa è la vera colpa grave di Napolitano e dell’ingenuo Bersani che, per amor di patria o per paura della scomodissima eredità, rinunciò a “smacchiare il giaguaro”, nell’occasione più limpida e propizia: un rigore a porta vuota!
Se si fosse, allora, andati a votare, probabilmente oggi il cavaliere sarebbe del tutto fuori gara, non perché condannato, ma perché sconfitto politicamente. Una condizione che non gli avrebbe consentito, come leader in disuso, di trattare con Renzi al tavolo delle riforme o di sperare addirittura di tornare in auge e di giocarsi la partita elettorale.

Alla Santanchè,  a chi parla di teorie e di complotti e all’autore del fallito scoop, vorrei svelare - in via del tutto confidenziale - due “riservatissime”notizie:
-Berlusconi e il PDL hanno votato e sostenuto il governo Monti;
-Berlusconi e il PDL hanno praticamente scelto e rivotato il Napolitano bis.
Ma, forse, come accade quasi sempre, a loro insaputa.

Fate vobis e mettetevi d’accordo.

11 febbraio 2014                                                      (Alfredo Laurano)