mercoledì 30 ottobre 2019

LA STRAGE DEI VIOLINI


Nella notte tra il 28 e il 29 ottobre 2018, l’intera Penisola italiana venne flagellata da una ondata di maltempo. Venti fortissimi e piogge alluvionali si abbatterono soprattutto lungo l’arco alpino. A pagare le spese di quella che verrà ricordata come “Tempesta Vaia” furono in particolare le regioni di Nord-Est.
A un anno dal passaggio del devastante ciclone, vari video e uno Speciale di Raitre hanno raccontato, attraverso testimonianze e immagini inedite, quella tragica notte.
Voci, forme e figure hanno descritto il mutare irreversibile del paesaggio dolomitico al passaggio della tempesta, con particolare riferimento al devastato territorio trentino. Come una guerra, come dopo un uragano o uno tsunami
Le raffiche di scirocco oltre i 150 chilometri orari hanno portato all’abbattimento di interi boschi tra Veneto, Trentino e Friuli. In 48 ore furono oltre 7 mila gli interventi messi in atto da 5.800 Vigili del Fuoco per allagamenti, smottamenti e rimozione di alberi caduti, in particolare in Toscana, Lazio, Veneto, Lombardia, Friuli e Liguria.
Nelle comunità colpite, furono consistenti i danni a case e aziende, con alberi volati sui fili della corrente, tetti scoperchiati, cascinali crollati, campi seminati allagati, frane, smottamenti, esondazioni, interruzioni stradali, serre e tunnel distrutti e ricoveri per animali e attrezzi rovinati: panorami totalmente alterati. Oltre ai tanti danni alla viabilità e idrogeologici vari. Oltre ai tanti morti ed ai feriti: scene di ordinaria distruzione.

Qualche giorno dopo il disastro, in un viaggio in pullman con destinazione Tirano, dopo aver costeggiato a lungo il lago d’Iseo, abbiamo incontrato vari comuni della provincia di Brescia e Sondrio, come Malonno, Sonico, Edolo, Corteno Golgi, Aprica, che costituiscono l’area più settentrionale della Lombardia, confinante con la Svizzera: la splendida Valtellina, ampia regione alpina, che, con i suoi fiumi, laghi e torrenti, è l'ideale confine tra nord e sud Europa, dalla Val Camonica e dalla Valchiavenna.
E dalle vetrate di quel nostro pullman, tra quei monti e quei tornanti, abbiamo visto da molto vicino le conseguenze drammatiche della furia naturale. Abbiamo assistito a uno scempio senza fine, che si era consumato solo pochi giorni prima: migliaia e migliaia di alberi sradicati dalla forza del vento, crollati l’uno sull’altro, come birilli impazziti, come fiammiferi o come i sottili bastoncini dello Shangai. Interi boschi distrutti dalla tempesta.
Si ritiene che siano stati 300 mila gli alberi ad alto fusto schiantatisi a terra o spezzati dalle raffiche di vento violentissime, il 10% del patrimonio boschivo di Lombardia, Veneto e Trentino. Un disastro di ingenti proporzioni, uno spettacolo umiliante che fa male agli occhi e al cuore.

Non a caso, in quei giorni, nel bosco di Paneveggio, vicino Trento, un gruppo di orchestrali si riunì per suonare una preghiera musicale per quella terra boschiva martoriata, costituita da abeti rossi (quasi il 90% degli alberi), associati all'abete bianco e al larice.
Si racconta che Antonio Stradivari, il più famoso costruttore di violini del mondo, venisse sin quassù dalla sua Cremona, e con lui tutti i più bravi maestri liutai, alla ricerca degli alberi più idonei alla costruzione dei suoi strumenti: abeti rossi plurisecolari il cui legno, grazie alla sua particolare capacità di "risonanza", forniva la materia prima ideale per la costruzione delle casse armoniche: un legno, particolarmente elastico, che trasmette meglio il suono, perché i suoi canali linfatici sono come minuscole canne d'organo che creano risonanza.
Per questo gli alberi vengono abbattuti in luna calante, tra ottobre e novembre, quando nel tronco c'è minor quantità di linfa.
Ma, stavolta, non è andata così, è stata una sorta di nemesi naturale, un castigo che vendica le colpe, gli abusi e le ingiustizie di cui si macchia l'uomo nei confronti della natura stessa.
E' stato un vento a 200 chilometri orari, che li ha abbattuti, facendone una strage.
Uno sterminio di potenziali, pregiatissimi violini.
 30 ottobre 2019 (Alfredo Laurano)


lunedì 28 ottobre 2019

QUANTI GRADI DI GIUDIZIO


Quarto grado: una trasmissione molto popolare che dovrebbe fare informazione, giornalismo d’inchiesta e, soprattutto, approfondimento. Che dovrebbe aiutare a capire fatti e misfatti della cronaca ma che, spesso, si trasforma in indagine a latere, in ipotesi improbabili, in ricostruzioni fantasiose e perentorie, per bocca e volontà di alcuni opinionisti, che lanciano strali di accuse, dubbi, allusioni e illazioni. Ci sono ospiti, avvocati, servizi filmati, collegamenti in diretta dai luoghi dei delitti.
In studio, a partire dalla conduzione enfatica, categorica e dogmatica di Gian Luigi Nuzzi, tutto è studiato per colpire e per coinvolgere, per appagare morbose curiosità e per creare pathos, emozioni e sorpresa nello spettatore. Luci e colori, stacchi musicali e scenografie ad effetto, titoli enormi sullo sfondo, inquadrature e movimenti di macchina, che danno ritmo e dinamismo.
La bellissima Alessandra Viero, con i suoi occhi di ghiaccio e seducenti, si muove eterea e sognante, come una moderna ninfa dei boschi tecnologici, tra le quinte e le lavagne trasparenti di ambienti ricostruiti, di finti pezzi di strada o di campagna, di auto o mura domestiche e luoghi vari, oggetto di delitto. Tra questi tanti e inutili allestimenti scenici, a volte in verità infantili, incontra esperti che spiegano tecniche, pratiche, norme, sistemi e attività operative, o sollecita autorevoli risposte dal razionale prof. Picozzi e dal lucidissimo generale Garofalo, sempre misurati e mai sopra le righe.
Tutto, comunque, contribuisce alla spettacolarizzazione e a far teatro. A dar forma assoluta a improbabili competenze, ad arroganti opinioni e pareri sparati come sentenze, a giudizi lapidari da tribunale del popolo o della nuova Inquisizione, da parte di altri maître à penser, come il santone logorroico Meluzzi, la maliziosa Grazia Longo e l’invasato e tarantolato Abbate, che divulgano con veemenza le proprie verità. 
Contenuta e più credibile la sobria Sabrina Scampini.
In definitiva, evidenti arbitri sia a livello umano, che etico e giuridico, come nel caso di Davide Vannicola che, in quel teatrino delle occasioni perdute, è stato liquidato come mitomane e millantatore, senza voler nemmeno riconoscere e sottolineare la sua ex reale amicizia con il maresciallo Izzo, comprovata da foto di famiglia e documenti anagrafici e di residenza.

Ascolti e sensazionalismo per suscitare interesse nell'opinione pubblica, creando attese che poi deludono, fra tante chiacchiere da bar e velate insinuazioni, fra presunte verità e sincera voglia di giustizia.
Cosa non si fa per l’audience e qualche punto di share nella giungla mediatica!
27 ottobre 2019 (Alfredo Laurano)

venerdì 25 ottobre 2019

CINQUANTA SFUMATURE D’ AMORE! /1890


La tradizione vuole che nella Germania medioevale, quando gli sposi riuscivano a festeggiare il 25º anniversario la sposa accoglieva amici e parenti con una corona d'argento. Questo sia per festeggiare la buona sorte di aver prolungato la vita di coppia per tanti anni, sia per ringraziare di aver avuto una relazione armoniosa.
In occasione del 50º anniversario la sposa indossava invece una corona d'oro.
Quella stessa tradizione poi si è estesa anche a tutti gli altri anni di matrimonio: per ogni anno che passa, infatti, esistono dei nomi per definire l’anniversario: carta, cotone, stagno, acciaio, porcellana…
Di anno in anno i materiali diventano sempre più resistenti, così come l’unione degli sposi.

Cinquant’ anni insieme non sono soltanto un incredibile traguardo tagliato o un felice anniversario, sono una conquista, un privilegio non a tutti riservato.
Sono la testimonianza di una grande, vera e intensa storia d’amore e di una impegnativa prova di reciproca fiducia.
Sono l’esempio eloquente e inconfutabile di un’unione comunque consolidata, sancita dal tempo, dai numeri e dagli anni.
Ma sono anche l’occasione per riflettere su ciò che si è costruito in quel lungo tempo, volato però in un attimo fuggente: casa, figli, lavoro, prove, esperienze.
Su ciò che si è vissuto insieme, alla luce e con la forza di un profondo sentimento che, attraverso mille sfumature di gioie e di dolori, di speranze e delusioni, ha guidato quel cammino e ogni scelta o decisione, dalla giovinezza alla maturità e alla vecchiaia. Cinquant’anni di unione e sacrifici, di preoccupazioni e sorrisi, di salute, malattia e coraggiosa resistenza.
Cinquant’ anni racchiusi in uno scrigno di tesori e di ricordi che raccontano una intensa vita condivisa, che custodiscono con cura i momenti più importanti: l’affetto e la passione, la tenerezza e la dedizione, l’entusiasmo e le emozioni.
Un successo, un trionfo, una magnifica vittoria da premiare con la medaglia d’oro e per tutti, figli, parenti e amici, una preziosa lezione di esistenza.
Resta il fatto, anniversario a parte, che ho vissuto con te cinquant’ anni meravigliosi: grazie per tutto ciò che mi hai donato.
 22 ottobre 2019 (Alfredo Laurano)


NON ERA MAFIA, SOLO UN PO’ DI CORRUZIONE /1891


La mafia non esiste, almeno a Roma, non esiste.
I giudici della Cassazione dicono che 'Mafia Capitale' non era un'associazione a delinquere di stampo mafioso, ma criminalità organizzata comune.
L'indagine del procuratore Pignatone che aveva travolto la capitale d'Italia, ribaltando gli assetti politici non solo locali, aveva ipotizzato l'esistenza di un Mondo di mezzo, che voleva prendersi Roma con la forza e con le tangenti. Ovvero, l’intreccio mafioso tra politica e imprenditoria “del sopra e l’illegalità del sotto”. In realtà, per la Cassazione non esisteva: fu più banalmente il matrimonio di interesse tra due famiglie criminali e i loro capi: i neri di Massimo Carminati e la Cooperativa sociale 29 Giugno.
Anche seÈ la teoria del mondo di mezzo compà. Ci stanno, come si dice, i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo. E allora vuol dire che ci sta un mondo, un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano… come è possibile… che ne so… che un domani io posso stare a cena con Berlusconi”, teorizzava all’epoca Massimo Carminati.

Carminati, Buzzi e i loro collaboratori si muovevano "con un nuovo sistema anche con metodi criminali solitamente non violenti nei rapporti con la pubblica amministrazione, perché in quel contesto bastava corrompere. Usavano la violenza solo quando era necessario e grazie alla corruzione gestivano il potere politico con fini criminali".
L’accusa di 416 bis è quindi crollata alle 20 di ieri sera, nell'aula magna del Palazzaccio, dopo undici ore di camera di consiglio.
Non un clan mafioso, ma due associazioni a delinquere semplici, come tali sanzionabili con pene più basse, che un nuovo processo d’appello bis dovrà ricalcolare.
23 ottobre 2019 (Alfredo Laurano)

lunedì 21 ottobre 2019

ORGOGLIO E QUALCHE PREGIUDIZIO /1889


C’erano tutti, l’altro giorno, in quella piazza storica di Roma: populisti, sovranisti, qualunquisti, razzisti, nuovi fascisti del terzo millennio, sedicenti liberali e reduci del berlusconismo, ormai consegnati, mani e piedi, alle ambizioni del capitano, con la speranza di sopravvivere all’oblio e all’estinzione.
Nella piazza di S. Giovanni, già della Sinistra, dei sindacati, del funerale di Berlinguer, dei grandi eventi, c’era il peggio della Destra a trazione leghista, per l’evento “Orgoglio italiano”.

Da piazza della solidarietà a piazza dell’odio: ridiamo il manganello ai poliziotti, alziamo i muri se servono, sfrattiamo il governo delle tasse e delle manette, con Salvini che risale sul palco, accompagnato, come già a Pontida, dal “Nessun dorma” della Turandot di Puccini ("Vincerò"), , per ringraziare tutti i partecipanti: "Dateci una mano a mandare a casa Raggi e Zingaretti, il duo sciagura per Roma e il Lazio" e parlare nuovamente di Bibbiano: "Mai più bambini rubati alle mamme e ai papà" e attaccare l'esecutivo sui migranti: "Al governo abbiamo gente con le mani sporche di sangue" per aver permesso "più partenze e più morti". Poi aggiunge: "Questa non è una piazza di estremisti ma di italiani orgogliosi di esserlo. Come sempre, insultato e cacciato Gad Lerner.
Un centinaio di militanti di Casa Pound sono arrivati in corteo dalla propria sede romana, accolti tra applausi e richieste di selfie. E non sono mancati, ovviamente e come sempre, pure i riferimenti nostalgici.
In quella piazza sfregiata, deturpata e imbrattata da slogan urlati e cartelli forcaioli, sono spuntati saluti romani e magliette reazionarie e passatiste.
Si sono viste sventolare impunemente persino le bandiere della Repubblica fascista di Salò, senza che nessuno intervenisse per impedire questo scempio.
Con ben altra sollecitudine venivano in altri momenti sequestrati dalla Digos striscioni contro Salvini.

Mezzo partito di Forza Italia, a cominciare da Mara Carfagna, aveva invitato Berlusconi a non partecipare alla manifestazione, per evitare fischi, imbarazzi e disagi per i fascisti presenti, ma Silvio, ancora assetato di potere, ha scelto di esserci, con un drappello di militanti con tanto di bandiere, che hanno provato ad intonare “Silvio, Silvio”, e con le sue onnipresenti badanti Gelmini e Bernini. Sul palco, accanto a Salvini e alla borgatara Meloni, per ricomporre sulla carta l’ex trio delle meraviglie. E sperare ancora.

Per la cronaca locale, segnalata anche l’inadeguata presenza del sindaco di Ladispoli che indossava una fascia tricolore con la scritta “sindaci: orgoglio italiano”. Una fascia che esprime l’autorità di un’istituzione, che non deriva né dalla persona che la indossa, né dalla sua appartenenza, ma dalla rappresentanza di tutti i cittadini.
Chi la rappresenta ha il dovere di distinguere quando agisce a titolo personale e quando, indossando quella fascia, è primo cittadino.
Tutta colpa dell’Orgoglio Italiano, che rischia di diventare vergogna e disonore.
(Alfredo Laurano)

venerdì 18 ottobre 2019

MA CHE NE SAI /1888


Elsa Fornero, l'altra sera era ospite da Floris a “Di martedì” e mentre stava parlando di giovani e del loro futuro previdenziale, s'è sentita chiedere inopinatamente da Gianluigi Nuzzi: "Ma lei lo sa chi è Cicciogamer?"
La domanda, decisamente provocatoria, voleva sicuramente insinuare la lontananza dell’economista dal tema di cui stava parlando.
La risposta, del tutto condivisibile: "Ignoro chi sia costui, io parlo coi giovani, voi dovete smetterla di farlo con le battute".

Nel suo non avere la più pallida idea di chi accidenti sia Cicciogamer, c'è tutto un mondo e una verità che, volendo, potremmo riscoprire, anche se un cattedratico o un comune cittadino lavoratore se ne sbattono abbondantemente degli youtuber che, a loro volta, nulla sanno di previdenza, di economia del lavoro e della Fornero stessa.
Assecondando le sorprendenti stranezze dialogiche da “Quarto Grado” dello stesso Nunzi, spiritoso suo malgrado, è allora utile sapere che Cicciogamer è un influencer appassionato di videogiochi, da quasi tre milioni di followers. Un tizio robusto, romano di una trentina d’anni, con spiccato accento vernacolare, che sta sempre sui social o alle sagre di paese e ha fatto un botto di soldi senza dover mai lavorare.
Uno dei segreti del suo successo, come succede per tutti gli influencer, nati per caso e per culo, è sicuramente un linguaggio fresco e comprensibile dai giovanissimi.
In un paio di anni - con il suo canale Youtube, su cui posta video e commenti - è diventato un’istituzione dei gamer italiani ed è entrato stabilmente nella top ten di quelli più seguiti, piazzandosi in sesta posizione nella classifica del 2018.
Numerose aziende di videogiochi lo seguono e lo fanno guadagnare.
Da grande, forse, chissà, per sbaglio, andrà a lavorare.
 (Alfredo Laurano)

HEVRIL

Noi, cittadini del mondo, popoli della Terra, condanniamo fermamente l’oppressione del popolo Curdo e del popolo Palestinese, ai quali è stato tolto tutto, la terra, le radici, le tradizioni, uno Stato; popoli che attualmente, dopo decenni, sono ancora sottoposti a violazioni sistematiche dei diritti umani essenziali.
Trump, recentemente, dopo aver dato l’appoggio a Bolsonaro per la devastazione della foresta amazzonica e delle comunità indigene, è da ritenersi con Erdogan responsabile delle nuove sofferenze dei Curdi e della liberazione di pericolosi elementi del terrorismo islamico.
La morte di Hevril Khalaf, Segretaria del Partito del Futuro Siriano, barbaramente uccisa tramite esecuzione, è responsabilità di entrambi.
Con lei si è voluto uccidere la pace, il futuro, il pluralismo democratico, il valore delle donne libere, la loro parola in difesa della terra e del mondo.
Con le loro azioni si sono mostrati indegni del ruolo che ricoprono a livello nazionale e internazionale e devono essere i loro stessi elettori insieme alle opposizioni interne democratiche e alla ferma determinazione della comunità internazionale a destituirli della tirannia di morte che si sono assunti.
Lo spirito della rivolta di protesta, nonostante la durissima repressione rispettivamente dei Governi di Erdogan e di Trump, sono vivi e rappresentano quel potere vero, a servizio del futuro, capace di deporre due insani prepotenti che calpestano i più elementari diritti all’esistenza su questo pianeta insieme a tanti altri nemici della pace, dei diritti, dell'ambiente e dell’umanità.
SIAMO TUTTI HEVRIL KHALAF Flj

Selfie Fantasia

giovedì 17 ottobre 2019

APPELLO BIPARTISAN DELLE DONNE PER IL POPOLO CURDO


L’appello a sostegno delle donne e del popolo curdo, lanciato da cento donne del mondo dell'informazione, dell'accademia, della cultura, dello spettacolo, insieme al network de Le Contemporanee, cresce, con migliaia di adesioni.
"Una mobilitazione spontanea, che punta a smascherare le ipocrisie su temi di politica estera e di difesa dei diritti di donne, uomini e bambini, in una parte di mondo martoriata ormai da molto tempo".
Il manifesto è stato lanciato dalle prime 100 donne: da Dacia Maraini alla Camusso, da Maria Laura Rodotà a Mara Carfagna, da Maria Luisa Busi a Lorella Zanardo e molte altre. Tantissime anche le adesioni di associazioni femminili e femministe.

 Ecco il testo dell’appello:

Non parlateci più di valori occidentali se non sapete difendere i curdi.
Non parlateci più di parità se lasciate ammazzare le libere donne curde.
Non parlateci più di pace se vi girate dall'altra parte davanti alla guerra più ingiusta del secolo.
Non parlateci più di lotta al terrorismo se abbandonate chi la combatte.
Non parlateci più di niente. Di Italia, di Europa, di identità, di dignità della vita, di diritti umani, di giustizia, di aiutiamoli a casa loro, di bambini, di patrie, se non capite che tutto questo è a rischio nella guerra ai curdi e se non avete il coraggio di reagire.
State zitti. Siete inutili. Non vogliamo più sentirvi.

NOI STIAMO CON LE DONNE, GLI UOMINI E I BAMBINI CURDI. SVEGLIATEVI. FERMATE IL MASSACRO.

Sottoscrivo e sono con voi e con il popolo curdo. (Alfredo Laurano)

SCIACALLA /1886


Neppure la pietà per i morti. Come se morire in mare fosse un privilegio.
Resta difficile capire come si possa essere così malvagi e disumani. Così sciacalli o avvoltoi, così completamente privi di briciole di sensibilità, così schifosamente brutti dentro.
In questi giorni una tale Francesca Lorenzi, una avvenente risorsa di Giorgia Meloni e dei suoi Fratelli d’Italia - già candidata alle ultime comunali di Firenze, ma per fortuna trombata - ha pubblicato un indecente post su FB, riferito ai morti al largo di Lampedusa nell’ultimo naufragio, che ha causato 13 morti oltre a 17 dispersi, che definirlo orrendo è dire poco.

“Sicuramente mi attaccherete in tanti ma lo sapete come sono fatta, ciò che penso dico. Ho visto al Tg le immagini di coloro che sono morti al largo di Lampedusa, poi ho visto tutte le bare in fila e mi sono domandata, chi avesse pagato quelle bare e quei funerali.
Venale? Cinica? No, realista, dal momento che ci sono famiglie italiane che non possono permettersi 4 o 5mila euro, minimo, per accompagnare il proprio caro al cimitero…
E adesso attaccatemi pure, ma chi ci è passato può capire di cosa parlo.”
E ci mancherebbe, pure, che non ti attaccassero, donnetta perfida, gretta e meschina!
Anche se il suo sproloquio ha raccolto quasi duecento “mi piace”! Ma questo è normale, vista l’abbondante percentuale di bastardi che ci ritroviamo intorno.

La prima cosa che mi piacerebbe chiederle, sperando di non essere contaminato dalla sua irritante insulsaggine, è semplicemente questa: ma tu sei certa che, quando arriverà il tuo momento, ci sarà qualche amico o parente pronto a pagare il tuo funerale e ad accompagnare la tua bara in luogo santo, magari con banda, carrozza e cavalli? E a non lasciarti buttare ignuda nella fossa comune, come tu vorresti accadesse a quei disperati affogati, non ancora divorati dagli squali?

Al di là delle questioni etiche che inevitabilmente emergono dopo un post del genere, qualcuno spieghi a questa allucinata megera che, a differenza di quello che pensa, sostenendo che tanti italiani in difficoltà e non possono permettersi di pagare l’estremo cammino, i funerali di povertà sono gratuiti.
A tal fine, il Comune stanzia una cifra fissa all’anno con la quale pagare il funerale ai poveri. A differenza, per i funerali sociali, il Comune chiede di praticare uno sconto del 50%, in quanto alcuni cittadini sono in evidente difficoltà. Successivamente, la restante somma (a saldo) viene pagata dai parenti del defunto, se in condizioni di farlo o, in alternativa, dal Comune stesso.
Hai capito squallida sciacalla fiorentina?
Vergognati, se ce la fai. (Alfredo Laurano)



martedì 15 ottobre 2019

NUOVI PADRONI /1885


La libertà è un diritto che ogni essere umano acquista alla nascita,
Una severa condanna dello schiavismo si ritrovava già nelle pagine della Encyclopédie e lo stesso redattore dell'opera, Diderot, nel 1771 scriveva contro la violenza agli oppressori della libertà perché «i mortali sono tutti uguali» e quindi:
“Mai un uomo potrà essere la proprietà di un sovrano, un bambino la proprietà di un padre, una donna la proprietà di un marito, un domestico la proprietà di un padrone, un negro la proprietà di un colono. Dunque non possono esistere schiavi, neanche per diritto di conquista, ancora meno per acquisto e vendita”.
Verso la metà del sec. XIX, il traffico di schiavi poté dirsi stroncato.
Fu abolito dapprima nei territori europei, inglesi e francesi e poi, via via, nel resto del mondo. L'ultimo paese dell'area di influenza europea che abolì formalmente la schiavitù fu il Brasile nel 1888. Tutto ciò però non significava ancora l'emancipazione degli schiavi.

La schiavitù era, storicamente, la condizione per cui un individuo perdeva tutti i diritti di persona libera e diventava proprietà di un altro individuo, come avevano, appunto, già affermato nell’Illuminismo. Il padrone di uno schiavo aveva diritto di vita e di morte su di esso e sulla sua famiglia e aveva diritto a sfruttarne il lavoro senza fornire nessun compenso per esso; spesso il costo per il lavoro degli schiavi era limitato al necessario per la loro sopravvivenza.
Uno schiavo poteva nascere in questa condizione, se figlio di schiavi, oppure poteva perdere la libertà in determinate situazioni, le più comuni delle quali erano la cattura in guerra o la schiavitù per debiti, per cui un debitore, se non era in grado di rimborsare il proprio creditore, diventava egli stesso una sua proprietà.
Oggi, la schiavitù è una condizione formalmente illegale in quasi tutto il mondo, anche in seguito all'adozione presso le Nazioni Unite della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
Eppure, nonostante tutto questo, la schiavitù è ben lontana dall’essere debellata. Ha solo cambiato pelle. E’ una condizione che interessa ancora milioni di persone al mondo, in particolare donne, ragazze e bambini, con relativo traffico di esseri umani e sfruttamento sessuale. Una pratica che ha radici profonde. Tanto che si parla di schiavitù moderna.

In Italia, siamo al paradosso, oltre il caporalato e lo sfruttamento. Siamo oltre il nuovo schiavismo.
Dovevano lavorare, ancora di più e sempre più veloce. Sotto la minaccia di un'arma puntata alla gola. E, quando si accasciavano stremati o provavano a scappare, partivano le fucilate, “per spronarli ad accelerare la raccolta e la lavorazione dei prodotti”.
L’incredibile storia, che sembra accadere in qualche latifondo del Sudamerica del Settecento, è invece di freschissima attualità e viene da Terracina, in provincia di Latina.
Il "padrone" fuciliere è un imprenditore agricolo di 35 anni, che trattava come schiavi i braccianti che lavoravano nelle sue terre.
L'aguzzino è stato arrestato l’11 ottobre, con l’accusa di sfruttamento del lavoro, minaccia aggravata con l'utilizzo di un fucile a pompa, lesioni personali e di aver fatto lavorare i braccianti in condizioni degradanti e sottopagati.
I lavoratori, tutti indiani, costretti a lavorare ogni giorno per pochi euro, a dormire in baracche fatiscenti, a sottostare ai ricatti dei caporali e persino a fumare oppio per sopportare la fatica, venivano minacciati di continuo, alla fine si sono ribellati e hanno denunciato.
Ma i casi come questo sono tanti e continui, anche se senza le minacce armate, uno più grave e disumano dell’altro.
La grande, temuta invasione, annunciata di chi specula sulla paura dei migranti, alla fine, troppo spesso, si traduce solo in discriminazione e sfruttamento.
Ci sono più persone in stato di schiavitù oggi, che in qualsiasi altro momento della storia.
15 ottobre 2019 (Alfredo Laurano)


lunedì 14 ottobre 2019

UCCISA HEVRIN, ATTIVISTA PER I DIRITTI DELLE DONNE


Mentre circa 130mila persone (che rischiano di diventare 400mila), sono in fuga dalle zone di guerra e dai primi luoghi individuati dalla Turchia come obiettivi, viene confermata morte di Hevrin Khalaf, 35 anni, segretaria generale del Partito Futuro siriano, che si batteva anche per la coesistenza pacifica fra curdi, cristiano-siriaci e arabi ed era apprezzata da tutte le comunità.
E' stata trucidata ieri a sangue freddo dai miliziani filo-turchi nel nord-est della Siria, assieme al suo autista e altri sette civili.
I terroristi islamisti hanno fermato il fuoristrada Toyota che la trasportava, ritrovato crivellato di colpi, Hevrin è stata fatta scendere e poi uccisa a colpi di fucile mitragliatore.
Cinque giorni prima dell'attacco, aveva previsto e condannato il blitz turco
Quasi sicuramente, un omicidio mirato dell’Isis, che la considerava una pericolosa miscredente. Cellule dello Stato islamico si sono riattivate con l’offensiva turca alla frontiera, e hanno compiuto decine di attacchi con autobombe nell’ultima settimana. 

Intanto proseguono i bombardamenti e i curdi siriani avvertono della fuga di quasi 800 affiliati dell’Isis, scappati da uno dei campi dove sono in corso gli attacchi, a circa 35 chilometri a sud del confine turco: hanno attaccato le guardie e travolto le recinzioni. L’esercito di Ankara, in uno dei suoi raid ha colpito anche un convoglio sanitario e uno sul quale viaggiavano giornalisti stranieri. Due sono rimasti uccisi.
E il mondo sta a guardare. 

L’EPOPEA DELLE GUERRIGLIERE CURDE


I media borghesi, si sa, riescono a triturare qualsiasi evento per presentarlo al grande pubblico, privilegiando gli aspetti che tornano più utili. 
Come le immagini delle guerrigliere curde, continuamente diffuse dai media, che mostrano donne giovani e belle, così sorridenti che non sfigurerebbero sulla copertina di una rivista fashion.
La loro presenza attiva nella resistenza curda, però, non è più, da tempo, solo un pettegolezzo dei mezzi di comunicazione, in un miscuglio di orientalismo, attrazione per l’esotico e fascinazione per le donne-soldato.

C’è una ragazza in una prigione turca che dipinge con il proprio sangue mestruale.
Il suo nome è Zehra Dogan e sua colpa è aver realizzato un dipinto per denunciare la violenza e i soprusi perpetuati sul popolo curdo dal governo di Recep Tayyp Erdogan. Giornalista, pittrice e attivista del Pkk, il Partito curdo dei lavoratori, considerato un'organizzazione terroristica dalla Turchia, sta pagando con la propria libertà la volontà di non chinare la testa di fronte al regime.
La sua è una delle storie più eclatanti di resistenza femminile all'oppressione ma non è la sola, visto che la Turchia è la nazione al mondo con più giornalisti incarcerati (anche più della Cina) e che la maggior parte di loro sono donne.
A raccontarle è la giornalista Antonella De Biasi, autrice insieme ad altri del libro Curdi, edito da Rosemberg & Sellier.

Le donne combattenti sono oltre diecimila: “Il nostro numero è cresciuto specialmente dal 2014, allorché cominciarono a emergere le azioni criminali dei terroristi islamici a danno delle yazide: violentate, ridotte a schiave sessuali e poi uccise”. Da allora, il desiderio collettivo di rivalsa nei confronti dell’efferatezza jihadista, causa primaria di molta sofferenza, si è fatto irrefrenabile.
Ma c’è un elemento particolare che contribuisce a rendere la loro ingerenza militare ancora più temibile: il disagio del nemico.
Per un integralista, infatti, nulla è più infamante della morte inferta in battaglia da una donna, passibile di imporsi in termini di soggetto vero e proprio e relegare il maschio al ruolo di vittima impotente. In sostanza, un miliziano ucciso da un essere potenzialmente inferiore non potrà godere della bellezza e delle delizie riservate ai martiri eletti nel fantomatico paradiso di Allah; oltretutto dovrà rinunciare alla compagnia perenne delle 75 vergini promesse dal Corano. La condanna prevista per i vili resta insomma l’astinenza eterna: una circostanza che nel contesto fondamentalista incarna la punizione peggiore. “E’ esattamente la ragione per cui tendono a fuggire appena ci vedono, ma per noi è un vantaggio”.


Quelle donne sono al centro della liberazione sociale e la loro lotta al centro della lotta nazionale. 
Le tantissime donne che sono partite per le montagne e hanno formato un esercito, hanno combattuto coraggiosamente contro il sistema di sfruttamento e distrutto la mentalità che afferma che la guerra è una cosa da uomini. La lotta di liberazione delle donne curde non è solo contro l’esercito turco, ma è anche contro la mentalità maschilista dominante e il sistema crudele di sfruttamento che ha creato.

La guerra ha portato a un grande cambiamento sociale e di trasformazione, ha distrutto la mentalità comune contro le donne, ha cambiato i costumi e la cultura di genere e ha permesso alle donne curde di diventare soggetti in tutti i settori della vita, di assumere un ruolo attivo nella vita sociale e politica e di guidare sommosse civili e forme di resistenza pubblica.

Disposte a qualunque sacrificio pur di annientare la minaccia incombente del Daesh, le guerrigliere hanno accettato di sottostare ai rigorosi e precisi dettami imposti dalla stessa organizzazione, abdicando spontaneamente a ogni altra prospettiva esistenziale. 
“Decidendo di indossare la divisa abbiamo accettato di rimanere nubili. Non possiamo avere figli o flirtare con i nostri compagni”, hanno sottolineato. “Dobbiamo ammettere che da quando ci siamo arruolate non è mai accaduto che le regole venissero infrante, ma d’altronde è logico: ogni energia va concentrata sull’obiettivo principale, ossia la lotta all’Isis”. 
Non c’è spazio per lo svago: la spensieratezza di un tempo è stata seppellita tra le pieghe del passato e nulla sarà più come prima.
Nelle fasi di forzata inattività, al riparo di edifici diroccati assurti a sedi operative temporanee, le ragazze cercano di ritrovare la normalità perduta, pur consapevoli del fatto che gli orrori della guerra, l’odore del sangue, la consapevolezza della precarietà costante hanno ormai offuscato la speranza nel futuro, poiché ogni sguardo rivolto al cielo potrebbe rivelarsi l’ultimo.
13 ottobre 2019 (Alfredo Laurano) Fonte: Dol’s Magazine