giovedì 23 agosto 2012

IL TALENTI SULL' E 45

“Signora, mi da un documento? Grazie”….”Ma lei è nata a Verghereto!.....Dove è sempre interrotta la E45”…
Questa è l’esclamazione che sfugge spontanea a chiunque, e in qualunque occasione,  quando per caso legge il nome del piccolo comune romagnolo di qualche centinaia di anime e a 820 m. s.l.m., strafamoso non per la sua storia,  per la sagra del tortello o perché accanto alla sorgente tiberina ,  ma solo  grazie ai quotidiani notiziari sul traffico, da “Onda verde”  a “Viaggiare Informati”.
Non passa giorno, infatti, che  non sia nominato in radio e viene ormai identificato dagli automobilisti con l’omonimo valico appenninico che quella superstrada supera o dovrebbe superare. Ma, quasi di continuo, lo si oltrepassa in deviazione sui tornanti della via vecchia, lenta e assai  tortuosa.
La famigerata E45, ovvero la SS3 bis Tiberina, Orte-Ravenna di 250 km., che percorre la valle del Tevere e del Savio e che da sempre è un cantiere fisso per riparare il fondo stradale eternamente dissestato dalla neve, dal ghiaccio e dal  traffico pesante, per la continua manutenzione, per la chiusura perenne di lunghe parti della carreggiata.

 Ma perché questo lungo preambolo geografico-stradale-informativo ?
Perché l’uscita successiva, 8 km. dopo Verghereto, è quella di Bagno di Romagna, nota località termale, ricca di acque salubri e di boschetti, di hotel, di quiete e di alta gastronomia.
Dallo svincolo, la strada porta a un netto bivio a T, con due brevi rettilinei equidistanti: a sinistra Bagno di Romagna, a destra l’altra frazione di S. Piero in Bagno che ospita il comune Municipio. In tutto, fanno circa 6.000 abitanti, amabili e cortesi tutti quanti.


Da queste parti, dicevo, nasce il Tevere e settantanni fa anche il Talenti.


Tra i boschi di faggi secolari  del vicino Monte Fumaiolo sgorga una minuscola vena d’acqua limpida e ghiacciata che dà la vita al fiume “sacro ai destini di Roma”.
“Romagna solatia, dolce paese…”,  terra di piadina e Sangiovese, di gente schietta e donne floride e gioviali. Di gran lavoratori, allegri bevitori e personaggi stravaganti alla Fellini.

 E infatti c’è il Talenti, artista un po’ scontroso di S. Piero, provetto ballerino di Liscio e di balera. Conosce tutti e da tutti è conosciuto.  
Scolpisce il legno, e qualche volta il ferro, e tutto colleziona con autentica passione. Orologi da tavolo o da sveglia e carillon che suonano sfalsati di secondi,   creando scale di lieve melodia.
Quelli da polso sono allineati nei cassetti predisposti, come le migliaia di cartoline d’epoca e postali. Negli album i tanti, rari francobolli e nelle apposite vetrine fan bella mostra oggetti vari e ricercati e statuine in fine porcellana.

Scendendo in cantina o nella sala del suo autentico museo, son conservati attrezzi agricoli d’ogni tipo e foggia, testimonianze della tradizione contadina di una volta, che ci  raccontano di fatiche antiche nell’ardua impresa di lavorar la terra. 

Ebbene sì, è tutto questo il nostro eclettico artista di S.Piero in Bagno. Che suona anche l’armonica e, a tempo perso,  fa il pittore d’olii  e d’acquarelli.

 Nelle sculture in legno  riproduce, con innegabile maestria,  animali e oggetti d’uso quotidiano.
Lavora le radici di castagno, di edera e carpino che cerca e trova nelle  foreste casentine circostanti. Raccoglie solo quelle in cui già vede contenute la sagoma e le forme dell’opera finita: un po’ come faceva – si parva licet - il sommo Michelangelo.
Materia duttile quel legno che plasma di scalpello, ma soprattutto con viva fantasia di uomo appassionato del lavoro, che  ama il  bello, l’arte e ammira la natura. Ma non accetta compromessi o vincoli di tipo commerciale.
A un imprenditore che gli aveva offerto un buon contratto, a condizione di una certo numero di sculture mensili garantite, rispose candido e piccato: “ma io non fabbrico mica sedie!”

Ventanni in Svizzera, in fabbrica di avvolgibili e motori, con la futura moglie nel reparto accanto. Torna in Italia, sposa la buona e dolce Pasqualina e  fa l’autista fino alla pensione. Poi, solo attacchi d’arte e di passione genuina. Anche per i cappelletti in brodo che divora in pieno agosto, quando fa 38 gradi!  

 Tra una mostra e un’esposizione dei suoi pregevoli lavori levigati, molto apprezzati  dal pubblico e da esperti, continua a girar per mercatini alla ricerca di quello che gli piace e  di quel poco che non ha. E trova pure il tempo di far volontariato per costruir con altri, proprio in questi giorni,  la bella massicciata di Corzano.

 Che personaggio estroso l’irriducibile Talenti che, all’osteria del 1° Maggio a piazza Allende, discute, litiga e s’incazza con chi dissente o non la pensa come lui.
E’ un po’ fumino, geniale e  anticonformista, a volte intollerante e poco incline al contradditorio.

Come spesso lo sono i grandi autisti che perdono la “u” e trovano la “erre” dell’artista!

22 agosto 2012                                              Alfredolaurano 



lunedì 20 agosto 2012

AVANTI POPOLO !

C’era una volta la Festa dell’Unità.
Dal 1945 e fino a qualche anno fa, le Feste dell’Unità, locali e nazionali, erano un appuntamento fisso e importante  per il partito comunista,  per  i  militanti,  per tutte le sezioni, i simpatizzanti e per i comuni cittadini  passeggianti nelle calde serate estive .
Vi si consolidava la coscienza di massa, si faceva alfabetizzazione. Nei primi anni si svolgevano anche concorsi di bellezza e gare sportive di ciclismo e pugilato.
Un bell’esempio di partecipazione, di forte aggregazione e anche di necessario e trasparente autofinanziamento, imitato poi, nel tempo, da tanti altri partiti, senza storia o senza alcuna tradizione.
Costituivano sempre un momento di dialettica politica, di dibattito , di riflessione e di confronto, di musica e spettacolo. Oltre che, naturalmente, di saporita cucina e gastronomia tipica del luogo, semplice e popolare, organizzata e gestita da cuochi e camerieri volontari. Si, migliaia di compagni volontari che ci mettevano tanta gioia, sudore e gran fatica. Molti ci spendevano le ferie.
Fumi e profumi guidavano il cammino dei visitatori tra gli stand.
Vino e salsicce, orgoglio e allegria!
C’era la tombola con le cartelle libere e i premi alimentari (vini, salami, prosciutti o al più la bicicletta); c’erano i comizi appassionati, gli striscioni scritti a mano, i berretti e i fazzoletti rossi, le falci e i martelli, tante fotografie e le  magliette del “Che”; non mancavano la riffa e la pesca di beneficenza, i pugni chiusi, i ritratti di Marx e Lenin, i rivoluzionari canti popolari.
Tutto in un sano e caldo clima da sagra di paese, un po’ alla Peppone e Don Camillo, tra le squillanti note di Bandiera rossa e dell’Internazionale, in sottofondo.
Oggi quei tempi sembrano lontani.
Si respira un’aria assai diversa, sommessa e distaccata. Borghese e misurata come fosse un raduno di ex democristiani o di cattolici assai morigerati. La Lega è ben più viva, sfrenata e intemperante. Come pure lo sono i meeting di CL e di Di Pietro.
Passato attraverso le trasformazioni della società, dal dopoguerra ad oggi – il boom economico, il consumismo, il sessantotto, il craxismo, le scissioni, gli opposti estremismi, il terrorismo,  le stragi di stato, la caduta del muro e dell’URSS  -  il gran partito, sempre più centrista e moderato, ha perso molto dell’antico smalto e la forza dei suoi riti e dei suoi simboli.  Le esigenze di mercato e le nuove strategie hanno contribuito a convertire quelle manifestazioni in kermesse commerciali e di routine. La Festa non è più dell’Unità, ma Democratica e l’omonimo  partito, già di massa e dei lavoratori, si trova a dover fare i conti  con la crisi politica, economica, ma soprattutto con quella della propria identità.
Poche settimane fa a Caracalla - lo slogan era “Roma ce la farà” (e il paese, i cittadini tartassati, i pensionati, i giovani disoccupati  e la sinistra?) -  tra pochi stand di libri, oggetti e abbigliamento, kebab e sfogliatelle napoletane, il palco musica e cabaret, lo spazio cinema e dibattiti, ho visto soprattutto una lunga sequela di bar e ristoranti d’ogni tipo.
Dal classico all’etnico, dal toscano al biologico, dal vegetariano al tipico, a quello di pesce,  della pizza, del fritto, della frutta o la maxi-paninoteca. E con prezzi non proprio popolari.
In un prossimo futuro, chissà, per i più raffinati gourmet che affollano le ex feste del PCI comparirà anche la cucina molecolare e il suo nume tutelare, il compagno Ferran Adrià (attenzione, non è il nome di battaglia di un prode partigiano, ma di un genio dei fornelli, armato di coltello da cucina!).
Altro che sfrizzoli e frittelle, piadine e squaquerone!
Resta, comunque, una nota positiva: l’utilizzo per tutti di stoviglie e materiali biodegradabili. Un occhio all’ambiente fa sempre il suo effetto.
Sembra proprio che andare al galà democratico oggi significhi soprattutto scegliere il posto giusto dove mangiare bene senza spendere troppo. Magari con la relativa   guida in tasca, che forse non è stata ancora pubblicata (quasi, quasi…) nell’abusato panorama di libri di cucina, ristoranti e trattorie: “Mangiar bene all’Unità”
E l’impegno, la partecipazione attiva, l’obbligo morale nei confronti del partito?
Non sembra assicurato ormai nemmeno il normale ricambio generazionale tra i militanti volontari, vere anime pulsanti dell’organizzazione.
Le Feste dell’Unità hanno sempre rappresentato la vicenda personale e collettiva di tantissimi uomini e donne che con convinzione, sacrificio e dedizione hanno fatto grande il partito di Gramsci, dalla più piccola sezione di quartiere, alle federazioni di provincia, alle sedi nazionali. Sono e restano la storia di un grande fenomeno politico, sociale e di costume. Di un cospicuo pezzo d’Italia che da umile tradizione popolare  diventa patrimonio di democrazia.
Anche se, come titola il suo libro Anna Tonelli, la nuova festa democratica potrebbe oggi chiamarsi: ”Falce e tortello”.   
Avanti popolo!
                                                         Alfredo Laurano 
         
   ... Tutte le nostre proposte, tutte le nostre lotte e le stesse nostre polemiche tendono e debbono tendere ad affermare il principio, il metodo e la pratica dell’unità....       (Enrico Berlinguer) 

     


venerdì 17 agosto 2012

      LA VITA CI SFUGGE LENTAMENTE 
TRA LUSINGHE, INGANNI ED ILLUSIONI, 
     MA NOI CE NE ACCORGIAMO SOLO QUANDO 
SCADE IL TEMPO DI CHI AMIAMO E CHE CI PRECEDE.
     E NELL'ATTESA, DI LORO  RESTANO I RICORDI.
A CONSOLARCI O AD INGANNARCI ANCORA?

                                                    AlfredoLaurano

SVEVO TI HO FREGATO!


Non ci credevo. Ci speravo, ma non ne ero assai convinto. E invece pochi giorni fa ho celebrato il primo anniversario! Allora è vero: è già passato un anno da quel ventisette luglio. Un anno senza fumo, 365 giorni senza tabacco avvolto nella carta e nel pacchetto; 8.760 ore senza catrame e senza nicotina!
L’ultima sigaretta, a differenza di quella di Zeno Cosini, è stata proprio l’ultima!
Senza rimandi, senza scuse, senza dubbi, senza promesse o giustificazioni.
525.600 minuti mi separano ormai da lei. Eppure…quanto l’ho amata, desiderata, voluta, sospirata, cercata, aspirata e gustata….
Per “soli” cinquantanni, in tutto il suo piacere, degustato e quasi masticato, come si fa col grande vino per coglierne il sapore.
Fino a quel giorno, fino al divorzio, non certo consensuale, ma per colpa. Sua! Certamente solo sua!
Così dice perentorio l’avvocato nei panni del cardiologo. “O la rinuncia a lei o, a breve, l’ossigeno portatile….”
Perciò l’ho lasciata dopo tanta vita insieme. Non perché finita la passione. Non per tradimento o per sostituzione con altro vizio o tentazione. Ancora l’amo e ce l’ho in mente con vera nostalgia.
Ne ricordo l’assoluta fedeltà, la sicura e pronta  compagnia in ogni momento della giornata. Il significato e il senso che ne giustificava l’accensione in ogni situazione: una boccata per far passare il tempo o quando c’era da aspettare, un’altra per vincere la noia o la tensione. O l’ansia o la paura per una prova, un esame, un incontro assai importante. O per scacciar la fame, il sonno e vincere la fatica e la stanchezza  del viaggio e della guida. Oppure, ancora, dopo una prova impegnativa. E perché no, dopo il piacere: il caffè, la tavola, l’amore.
La delizia del fumo si sommava e amplificava ogni altra sensazione, ogni altro possibile godimento ed appagava voluttuosamente i sensi!
Ma, forse, era solo un’illusione, un’idea disegnata dalla mente, un irreale parto della fantasia che si vestiva di irrinunciabile presenza e di lusinghe da sirena incantatrice. E ti catturava come un tonto pesce nella fitta rete della dipendenza.
Per tutto ciò non posso biasimarla: faceva la sua parte, svolgeva il ruolo di fedele amica e amante compiacente, garantendoti il trastullo e un certo aiuto, ma non il buon respiro e la salute, nel lungo tempo e nella prospettiva.
Un lento, subdolo tradimento che non ti sfiora subito o al momento, ma si consuma inesorabile negli anni.
Ma non è lei l’adescatrice, non è lei che ci ha cercato e poi plagiato. L’abbiamo scelta noi, o meglio anch’io, e ce ne siamo follemente innamorati.
E perciò un po’ mi manca. Una passione nata a scuola nell’adolescenza non si dimentica o si rinnega così semplicemente.
La si ricorda come un grande amore contrastato, con mezzo sigaro spento tra le labbra.

San Piero in Bagno, 10 agosto 2012
                                          Alfredolaurano 

martedì 14 agosto 2012

E' VOLATO VIA!

Nove anni fa se ne andava la mia seconda mamma: mia suocera. Una grande donna: generosa, efficace, pronta ad ogni sacrificio; nonna affettuosa che ha dedicato tanti anni della sua vita alle sue due adorate nipotine. 
Ed io, in quella triste occasione e sulla tomba, ne ricordavo le qualità, l’energia,  l’impegno e il profondo valore umano. A me riconoscevo il privilegio e la fortuna di aver avuto due vere mamme, anziché una. 
Ora, questa raro beneficio, questa  condizione agevolata l’ho perduta definitivamente. Anche la mia prima mamma mi ha lasciato. 
Il mio fenicottero rosa è volato via, abbandonando le sue sottilissime piume in una cassa chiusa e sigillata, che stringe il cuore e gli occhi di chi resta.
Da poche ore abita nel suo ultimo nido, al mare e all’aria buona, ma mai saprò se avrà gradito questa mia scelta. L’ho appena salutata, con grande sofferenza, con l’abito elegante e gli orecchini. Serena e distesa all’apparenza, composta e fine nell’immobilità e nel silenzio, mentre i miei occhi si bagnavano di dolore.
Ha lasciato la sua carrozzina e il suo cuscino. Le sue piaghe che sopportava con pazienza. Le sue rare parole di un essenziale e scarno vocabolario, la frutta che amava tanto, il suo golfino rosa.  E la sua Suni, il suo prezioso, attento e affezionato angelo custode con cui, a modo suo, ancor comunicava e che certamente amava. In effetti, solo Suni  la curava, l’accudiva e ne capiva i gesti, gli sguardi, i lamenti e le espressioni.
La sua vita, anche se a volte difficile e scandita da momenti più o meno felici, è stata semplice e serena. 
Le origini e le famiglie di una volta, con alcune divergenze e obblighi sociali. I ruoli prefissati e il peso forte delle tradizioni; la guerra e la paura, i trasferimenti, i sacrifici e qualche privazione hanno condito un’ esistenza  dedicata solo ai figli e ad un marito, responsabile, buono, onesto e compagnone, anche se, talora, un poco autoritario. Ma entrambi, come le persone d’altri tempi, genuini, limpidi e puliti, con qualche pericolosa ingenuità e calati per intero nel compito gravoso di saggi e premurosi genitori. 
Mia madre, soprattutto, contenta dei suoi figli e inorgoglita dalla sua funzione, senza pretese o velleità per una qualche, ulteriore “realizzazione”.
Fino a pochi anni fa, nella sua cucina c’era sempre un piatto pronto e ben condito per qualche figlio (ormai maturo assai) di passaggio o in visita volante. Era il suo modo candido di sperare, o di aspettare,  come un tempo, il rientro mio o dei miei fratelli. 
Oppure: “rimani qua, facciamo due spaghetti!” Questo era l’invito più costante e ripetuto, quasi uno slogan, un tormentone su cui ci scherzavamo!
Troppe volte, però, quel piatto, quell'invito e la speranza restavano delusi.
Ancora e tanto potrei ricordare: soprattutto il grande amore che mi ha dato o come oggi, mio onomastico che lei mai dimenticava, che è diventato il giorno dell’ultimo saluto!   
Ciao Ma’……e salutami Papà!
“Andiamo su…. Abbastanza…!”                                                                  Alfredo    

lunedì 13 agosto 2012

12 agosto 2012...... Ciao Ma'!

Il mio fenicottero rosa non c'è più. Stanotte è volato via , lontano... e non tornerà più. E io non c'ero quando è partito per l'ultimo viaggio...Ora non sono più figlio.
 Ciao mamma!