lunedì 30 marzo 2015

IL COMPAGNO SCOMODO

L’uomo che voleva la luna. Pietro Ingrao compie oggi un secolo di vita.
100 anni di lotte e di pensiero, di coerenza, di rigore morale, di passione, ma anche di dubbi e di dissenso, in una lunga militanza politica. 
Non a caso, si è spesso definito un "acchiappanuvole", per testimoniare la propria adesione al sogno e all'utopia.  
Pietro Ingrao, un grande padre della sinistra, che ha attraversato il '900, con il suo carattere sanguigno, con determinazione e col piglio del leader carismatico, amato da molti, rispettato da tutti.
La sua figura è stata fondamentale almeno quanto quella di Togliatti e Berlinguer.
Come loro, ha dedicato la vita a un ideale, con la mente del pensatore, dell’ideologo poco appariscente, ma di tanta sostanza. Un vero mito, fra tante mezze figure di sbruffoni, di incapaci, di arrivisti, di millantatori e spacciatori di promesse e di bugie.

Nella sua autobiografia, qualche anno fa scriveva: “Noi, pur sconfitti, abbiamo vissuto un'esperienza straordinaria. Oggi, a volte, l'orizzonte della politica mi sembra diventato più piccolo e angusto".
Ora vive i suoi cento anni in un’altra dimensione, quella della vecchiaia e del riposo, dolcemente blindata dai rapporti con figli, nipoti e amici, che lo informano e lo seguono con affetto e delicatezza.
La sua esistenza è serena, lontana dall’ attualità e dalle volgari vicende quotidiane, fatte di scandali e corruzione. La politica, per sua fortuna, è solo un rumore di fondo.
Auguri grande Pietro!
30 marzo 2015     (Alfredo Laurano)




domenica 29 marzo 2015

IO C'ERO


Io c’ero, come tante altre volte, come quando avevo 15 o 16 anni, come quando studiavo, contestavo, protestavo.
Come quando festeggiavo una vittoria elettorale o davo l’addio a Berlinguer a S. Giovanni. Come quasi sempre, c’ero. In tante manifestazioni, per i diritti, per la pace, contro la guerra, l’imperialismo, gli abusi e la violenza. Se non fisicamente, ma con il cuore e con la mente.
C’ero per inseguire un sogno e una speranza, un’idea di giustizia e fratellanza. Tra mille bandiere e Bella Ciao, tra lacrime e passioni e calore popolare.
Ogni volta, un bagno di entusiasmo nel pathos della piazza o del corteo. Un tuffo festoso e seducente nel mare pulito di un possibile mondo migliore.
Con quel sogno e con quella speranza sono invecchiato.
Attraversando anche delusioni e disinganni che spesso hanno sopraffatto vittorie e soddisfazioni, ma non hanno spento la voglia, la fede, le attese e forse l’utopia.

E’ per tutto questo che, ancora oggi, con Landini, io c’ero, perché non si può mai smettere di credere.
28 marzo 2015     (Alfredo Laurano)


L'OMO NERO

E' l,'alba di un nuovo giorno per Sollecito e la Knox: ieri sera sono stati assolti in Cassazione per non aver commesso il fatto. Non ci sono prove certe, dicono i supremi giudici.
Sono quindi liberi, sono innocenti, sono vittime di una serie di equivoci, di ipotesi e insinuazioni, che pur li avevano fatti condannare. Hanno subito, per otto anni, accuse, processi e sentenze alterne fino a questa, l'ultima. Che li scagiona definitivamente.
Quindi chi c'era quella sera con Rudy Guede, l'unico condannato per il delitto di Perugia? Chi ha ammazzato la povera Meredith? I complici di cui si è a lungo parlato sono svaniti nel nulla?
Lo stesso, unico colpevole riconosciuto non parla, non si difende, non accusa: ha patteggiato la pena con rito abbreviato a sedici anni e sta tranquillo in galera.
Forse, all'inizio avrà pure parlato, raccontato e confessato, ma lo hanno ignorato, o hanno finto di non sentire, perché è l'Omo nero, il meno garantito, il più facile dei capri (neri) espiatori.
O forse lo hanno "silenziato" promettendogli un cospicuo sconto di pena e un adeguato risarcimento economico per comprare, appunto, il suo silenzio.
Io sono per la seconda che ho detto, ma anche per la prima, perché le due opzioni si integrano perfettamente, non sul piano giuridico, ma su quello della logica.
E poi, l'Omo nero non poteva, certo, permettersi la classe di illustri avvocati che hanno assistito e fatto assolvere Sollecito e la Knox. Doveva accettare il male minore, a fronte, forse, di promesse e di speranze.
L'opinione pubblica è stupita, disorientata, non molto convinta e si pone mille domande, fra altrettanti dubbi. E sospetta l'imbroglio, il magheggio di chi conta (per Amanda, in America, si è spesa pure la Clinton) e ha il potere del denaro.
Così funziona una certa giustizia di classe: vedi Eternit, vedi Tyssen, vedi Cucchi, vedi Ruby e Berlusconi…
Tutto regolare, allora. A volte, la legge è uguale per tutti.

 28 marzo 2015        (Alfredo Laurano)


sabato 28 marzo 2015

UNIONS: E' PERICOLOSO

L'ex apprendista saldatore della Fiom prova a "saldare" le tante idee della Sinistra.
La piazza è pronta per la coa­li­zione sociale lan­ciata da Mau­ri­zio Lan­dini: lavo­ra­tori, stu­denti, asso­cia­zioni sfi­le­ranno oggi a Roma, da Piazza della Repub­blica a Piazza del Popolo per dire no al Jobs Act e pro­porre una nuova pri­ma­vera del lavoro e cambiare le politiche economiche e sociali del governo.
Que­sto debutto si chiama Unions, nome effi­cace che rie­voca gli albori del sin­da­ca­li­smo inglese.
Come sostiene Ida Domijanni, tecnicamente parlando, Landini è l'unica alternativa a Renzi attualmente riconoscibile sulla scena pubblica.
Non solo o non tanto da un punto di vista politico, ma da un punto di vista linguistico: parla un'altra lingua ad altri referenti, con altri indici e altri significanti.
E' una cosa un tantino più seria che dire, come fanno - preoccupati - Renzi e Berlusconi, che "è pericoloso perché funziona in televisione".
E' pericoloso perché parla un'altra lingua. Meno truccata della loro.

28 marzo 2015              (Alfredo Laurano)

QUESTA SE LA POTEVA RISPARMIARE

Non c’è spazio per la pietà, per il dolore, per la commozione, anche collettiva. Ormai si specula su tutto, anche sulle tragedie umane.
L’infelice uscita, poco comica e molto volgare, di Beppe Grullo è un’offesa alla memoria di 150 innocenti, un insulto ad altrettante famiglie colpite, alla sensibilità di tanti cittadini del mondo.
L’Italia depressa, scrive sul blog, è governata da un uomo solo al comando, come il boing fatto precipitare dal pilota suicida, responsabile (pare) dello schianto: ci sono inquietanti analogie tra i due. “Entrambi si sono chiusi dentro eliminando ogni interferenza esterna. I passeggeri dell'Airbus hanno capito solo all'ultimo che il copilota li stava portando al disastro, dopo otto lunghi minuti. Anche l'Italia lo capirà all'ultimo, quando non ci sarà più niente da fare.”

Anche se sul piano dialettico, l’allegoria ci può stare, l’accostamento appare quanto meno azzardato, inopportuno e di pessimo gusto.
Non serve nemmeno ad aumentare lo spessore delle abbondanti critiche al ducetto fiorentino che in molti condividiamo. Anzi, ne fa il gioco, soprattutto su chi punta sul fastidio e sul disgusto.
E’ l’ennesimo autogol di un leader della piazza, ma non della ragione, che ignora le più elementari norme della psicologia sociale.
L’ironia macabra di Grillo crea biasimo e malumore anche fra i suoi militanti, che scrivono di evitare sparate come questa, che non si può sfruttare una tragedia per fare propaganda politica. Che non si possono insultare tante vittime innocenti: “ora i media ci massacreranno", scrive qualcuno. “Ti metti sullo stesso piano degli sciacalli che mangiano sulle disgrazie altrui. I 5 Stelle devono vincere per la validità delle loro ragioni, non per sensazionalismo.  Non ti accomunare alla Santanchè! La gente ricorderà solo questo, non le nostre battaglie per innovazioni e giustizia".

Il diritto alla libertà d'espressione non può avere un limite, ma non deve nemmeno superare la soglia del cattivo gusto, per il piacere di una battuta o per la gag del giorno.
Che non fa ridere nessuno.

27 marzo 2015                              (Alfredo Laurano)

POVERI ALLA SISTINA, MA PAPA A RISCHIO


Ne ha combinata un’altra!
"Questa è casa vostra". A sorpresa Papa Francesco ha invitato nel pomeriggio di ieri 150 senzatetto a visitare la Cappella Sistina. Solo pochi giorni fa, aveva fatto allestire e inaugurare, per loro, bagni e servizi di barbiere, accanto al colonnato.

I clochard erano arrivati da poco quando, alle 17, si è affacciato Francesco che ha stretto le loro mani, una per una, dando il benvenuto. Divisi in tre gruppi, ciascuno con una guida e gli auricolari per seguire le spiegazioni, hanno percorso l'itinerario che Francesco compie ogni giorno per raggiungere il Palazzo Apostolico, prima di arrivare ai Musei.

Dopo aver definito la visita "una piccola carezza" per gli ospiti, ha aggiunto: "Pregate per me. Ho bisogno della preghiera di persone come voi" e ha invocato la benedizione: "Che il Signore vi custodisca, vi aiuti nel cammino della vita”
Si è poi intrattenuto con gli ospiti per oltre venti minuti, regalando loro uno straordinario, inatteso momento d'importanza. 
Nessuno lo dimenticherà e lo conserverà tra le poche cose belle e di valore della propria difficile esistenza.
Dopo l'incontro, la visita guidata alla Cappella Sistina e verso le 18 al posto di ristoro dei Musei Vaticani, gli ospiti speciali, sbalorditi e confusi, hanno consumato una cena.
Tutti hanno gioito e gradito e non hanno nascosto lo stupore e l’ammirazione per qualcosa che non avevano mai visto. Lo hanno detto in tutti i modi nelle brevi interviste raccolte, all’uscita. 
Qualcuno ha esclamato: “Che genio Michelangelo!” ma forse voleva dire “che genio ‘sto Francesco”.
Da tempo, anzi, dall’inizio del suo pontificato, Francesco sta cercando di trasmettere il messaggio dell'umiltà. Non per niente ha scelto quel nome.
Continua a predicare la bontà, la fratellanza, l’uguaglianza e i più nobili valori e a condannare abusi, privilegi, violenze e discriminazioni e il vile mercato del denaro. Ma fa anche i fatti, come questo, come tanti, forse più importanti, che in questi due anni abbiamo visto e conosciuto.

Di recente, però, ha anche detto che, “a sensazione” il suo pontificato non durerà a lungo, suscitando un’infinità di dubbi, di domande, di ipotesi e pensieri, sia nel mondo cattolico che in quello laico.
Percezioni, segnali, timori inconfessati che preludono a possibili, forzate o indotte dimissioni? Avvisi velati o palesi da più fronti? Si sente minacciato, insicuro, in pericolo?
E’ senza dubbio un papa scomodo, difficile, determinato, coerente col Vangelo, ma non con il Vaticano e i suoi misteri.
Sorprendente, imprevedibile e incontrollabile. La sua spontaneità, le sue iniziative, così poco protocollari, i suoi messaggi, la sua capacità comunicativa e popolare lo fanno amare anche da chi non frequenta e non pratica la fede.
Ma dà fastidio a molti, all’apparato, perché mette in discussioni poteri e privilegi secolari. Senz'altro la sua quotidianità non può esser serena.
Non è molto prudente ed è un facile bersaglio.
27 marzo 2015     (Alfredo Laurano)   

                 

DISASTRO GERMANWINGS

Secondo gli esperti, il copilota ha provocato volontariamente lo schianto!
Perché mai qualcuno che decide di suicidarsi dovrebbe uccidere, volontariamente, centocinquanta persone innocenti? 
E lo fa con premeditazione o perché preso, all'improvviso, da un raptus di smarrimento della coscienza, fra delirio di onnipotenza e nichilismo esistenziale?
Lo fa per pura follia, per incomprensibile esaltazione sensoriale, per perversa consapevolezza di gloria postuma, perché il suo nome venga ricordato negli archivi della Storia del Volo, per misantropia congenita, per esaltazione mistica o per represso odio e avversione verso la società e contro il genere umano?
O perché precipitare per otto chilometri e schiantarsi in mezzo alla rocce è una fine eclatante e spettacolare? Da vero circo mediatico: ne parla e si addolora tutto il mondo.
Ammazzarsi col gas, con una pistolettata o lanciandosi dal quinto piano non fa più notizia e nessuno se ne accorge.
Un pilota di aerei viene controllato spesso sotto il profilo medico-sanitario, sottoposto ciclicamente a test psico-attitudinali che ne verificano l'affidabilità, la capacità, la socialità e l'assenza di affezioni patologiche, sia fisiche che psichiche. Sintomi, anche lievi, anche latenti, di sindromi suicidarie, maniaco-depressive o paranoia è difficile che vengano ignorati o che passino inosservati. E allora?
Sono certo che siamo in molti a porci queste domande che, forse, non avranno mai risposta…
26 marzo 2015    (Alfredo Laurano)                           
                                              

giovedì 26 marzo 2015

OLTRE LA FICTION


E’ vero, e anche commovente, il pizzettaro che insegue l’auto del papa per donargli al volo una fumante pizza margherita: generosità, fantasia e genuino spirito napoletano.
Ma altrettanto vera è l’altra realtà che fa di questo Paese il regno della contraddizione e dell’incredibile, dove contrasti, diversità e incongruenze trovano la massima esaltazione nel vivere quotidiano, tra ironia, buonumore e disperazione.
Tanta miseria, tanta ignoranza, tanta emarginazione tengono in vita abbondanti sacche di cultura della prepotenza e dell’arroganza, in assenza dello Stato e delle carenti Istituzioni. Retaggio antico di storie vere di sopraffazione, discriminazione e sfruttamento, di identità e tradizioni secolari, spesso calpestate da chiunque.

La guerra tra clan si svolge all’aperto, per le strade, tra gente che scappa terrorizzata, bambini e animali di passaggio, mentre motociclette di camorristi si inseguono e sparano all’impazzata: un Far West all’ombra del Vesuvio e al suon di mandolino, senza cavalli e senza sceriffi con la stella!
Abbiamo appena visto i video dei carabinieri che dopo queste scene alla “Gomorra", mostrano anche la quiete dopo la tempesta: finita la sparatoria la vita torna normale, come se si mettesse in conto che per le strade di Ponticelli ci si può imbattere in uno scontro tra bande e che, nel caso, bisogna semplicemente accelerare il passo. “Non vedete una somiglianza con l'abitudine di chi vive sotto il tiro dei cecchini?”, osserva Saviano.
L'espressione che comunemente usiamo, "sembra un film!", descrive qualcosa di straordinario e spettacolare. Talmente spettacolare da ricordare la fiction, la costruzione filmica. Talmente esagerata da non poter essere considerata reale e, quindi, in un certo senso, rassicurante.

La realtà ci spaventa. Le telecamere e le cimici, oggi disseminate dappertutto, mostrano ogni dettaglio di ciò che accade. Questa narrazione, così puntuale e precisa, modifica i canoni tradizionali dei nostri schemi mentali e della percezione oggettiva delle differenze tra fiction e realtà, i cui rispettivi piani si sovrappongono facilmente. E tutto si confonde.
Non è più il racconto o l’interpretazione o la ricostruzione dei fatti, è la cronaca vera, cruda e reale. Le immagini, anche le più drammatiche e violente, sono neutre, fredde, asettiche, impersonali, prive di qualsiasi partecipazione emotiva.
Ricordo, per esempio, quelle di qualche tempo fa di un feroce omicidio a bruciapelo, davanti a un bar, con gente che, con disinvoltura, scavalcava il morto in terra, appena ammazzato.

Ieri, un’ennesima rapina in un supermercato di Ottaviano, con tanto di reazione, di inseguimento e sparatoria, finita nel sangue. I rapinatori erano due carabinieri e questo aumenta lo sconcerto, l’indignazione e un certo stordimento. Aspettiamo di osservare cosa ci farà vedere il reality delle camere indiscrete.
Si vive e si recita alla stessa maniera – dice, intelligentemente, sempre Roberto Saviano – anche grazie agli smartphone che hanno la capacità di catturare foto o video in qualsiasi momento, che spesso diventano prove e documenti importanti di indagine e giudizio. Realtà e finzione si integrano e si incrociano nell’ordinaria follia del quotidiano, in un clima di ansia, di paura e, molto spesso, di indifferenza, anche ai fini di giustizia.
Forse, bisognerebbe ribaltare il commento, quando si guarda un film, bisognerebbe dire: sembra la realtà.

26 marzo 2015     (Alfredo Laurano)

LA GROSSE KOALITION.

Sabato ci sarà il battesimo ufficiale, benedetto dalla piazza, della nuova coalizione di Landini. Anche se, ammettiamolo, non sappiamo o non abbiamo capito bene cosa sia.
“Vogliamo unire tutti quelli che il governo ha diviso, ma non siamo un partito”: ha detto e ripetuto il Fausto della Fiom.
Una forza di sinistra, un movimento di opposizione, oltre il sindacato, che svolge la sua azione all’esterno del Palazzo, nelle piazze, nelle fabbriche e nelle scuole. Fra gli operai e gli studenti. Fra delusi, minoranze di partito emarginate e associazioni di volontariato, antimafiose, come Libera o Onlus come Emergency. Proprio come una volta, come quando c’era una Sinistra, più o meno extra-parlamentare. Maurizio Landini vuole intercettare il clima di insoddisfazione sociale che pervade il Paese.
 “Discesa in piazza”, quindi, e una prima occasione per mobilitarsi: la manifestazione del 28 marzo contro le politiche economiche e sul lavoro del governo Renzi, a cominciare dal Jobs Act.

Non un partito, dunque, non una lista in prospettiva elettorale, peraltro lontana all’orizzonte. Per imporsi come riferimento dell’opposizione, sembra opportuno, se non obbligatorio per Landini, restare fuori dai partiti. Fuori dal Parlamento
Da una parte la Lega di Salvini che raccoglie consensi con la politica della paura, anti euro e antinvasione, dall’altra l’eroica crociata quotidiana dei Cinquestelle contro la corruzione e i privilegi della Casta. Landini sa di non poter presidiare tutta l’area della opposizione al Renzusconismo e quindi deve trovare appoggi ed adesioni nella società civile, tra i lavoratori, tra gli intellettuali, nel mondo della scuola e dei pensionati. Cioè nella base tradizionale della Sinistra, sempre più frammentata e indebolita.
Dopo la fine del PCI, in Italia non c’è molto spazio, se non per quella moderata e democristianizzata, ben rappresentata dal PD, o per forze destinate a svolgere un ruolo temporaneo di denuncia e testimonianza, come fu per la perdente Sinistra Arcobaleno nel 2008.
Non che i par­titi non ser­vano, ma in que­sto momento sono diven­tati così impo­po­lari che farne uno nuovo non por­te­rebbe a nulla.
Salvo che non sia di destra e, cavalcando l’onda dell’attualità, offra forme avve­le­nate di razzismo e popu­li­smo, come fanno la Le Pen e, appunto, Sal­vini.

Il progetto Landini potrebbe rappresentare un adeguato collegamento fra i fermenti della società, da sempre vivi e sparpagliati alla rinfusa, e gli spazi della politica ufficiale. Una ricompattazione sociale per riaffermare quei diritti alla base della nostra Costituzione, che nemmeno Berlusconi era riuscito a smantellare, mentre ci sta riuscendo il Pd di Renzi. 
Lo strumento che può più aiutare in questo arduo cammino è senza dubbio la parola: come, quando, dove, a chi e perché si dice. Cioè, la comunicazione, in particolare, quella televisiva. Perché il medium è il messaggio.

Come accade ormai da tempo: la TV, i suoi effetti, i suoi contorni e le sue forme che si riflettono sul Web e sui Social tutti i giorni. Dove vegetava perennemente Berlusconi a reti unificate e dove vivono oggi Renzi, Salvini e la Santanchè. Una presenza fissa, quotidiana e nauseabonda.
Il segretario Fiom l’ha capito e si sta giustamente adeguando, con la sua passione coinvolgente e con le sue qualità dialettiche di trascinatore travolgente.
Piazza e televisione, dunque, a partire dal lavoro e dal sindacato come soggetto politico trainante che “se non fa politica è aziendale”.

La “coalizione sociale” di Landini, per ora, è chiaramente una sfida alla deriva moderata del PD, ma non può non leggersi, in prospettiva, sul piano politico ed elettorale, dove raccoglierebbe i disagi interni di quel partito e attrarrebbe le liste alla sua sinistra.
E’ evidente il riferimento a Syriza, in Grecia, e Podemos, in Spagna: formazioni di successo di sinistra, ma anche distinte da una certa trasversalità. Come potrebbe diventare la “coalizione” politica di Landini, schierata contro Renzi, il suo partito e il suo governo, alleato di Confindustria, nel progetto di cancellare i diritti dei lavoratori: quindi, un nemico da contrastare.
E’ una mossa a lungo attesa, quella di Landini che dice basta alla cosid­detta crisi che scarica i suoi costi sui ceti deboli - che sono ormai una larga parte della popo­la­zione, anche di quella che fino a ieri si era rite­nuta protetta, o quasi immune - come hanno di fatto determinato una mino­ranza di impren­di­tori, mana­ger, spe­cu­la­tori, e finan­zieri vari, vicinissimi al potere.
Che s’introduca una tassa sui grandi patri­moni, che si dia una bella sfor­bi­ciata alla pensioni più ele­vate, che si intervenga urgentemente nello stato sociale, fra ceti medi e popolari, che si difendano i diritti di chi vive di lavoro.
L’offensiva liberista dei mer­cati che sta deva­stando la società non è inarresta­bile: Tsipras ci sta provando, in Grecia.
Noi, proviamo a combatterla con Landini. Hai visto mai?

25 marzo 2015     (Alfredo Laurano)

L’UOMO CHE SUSSURRAVA ALLE FELPE

Berlusconi puttaniere, Renzi arrogante, Alfano compiacente, Salvini ignorante che semina odio e razzismo.
"Mi piacerebbe che lo stipendio dell'onorevole Chaouki, più educato che saggio, lo pagassero i clandestini, non gli italiani".
Lo scrive su Facebook Matteo Salvini, aggiungendo: "Chaouki del Pd e Librandi di Scelta civica, li mandiamo in vacanza in Siria con Greta e Vanessa?"
Queste sue “saggissime” parole in pochi minuti scatenano, sulla sua bacheca, un mare di commenti xenofobi e razzisti, insulti, e minacce contro il deputato democratico e lui, indecentemente e senza vergogna, li ospita con padano orgoglio.
Ma, a proposito, ci avete fatto caso che da parecchio non parla più di Padania, di secessione, di federalismo?
Il suo becero razzismo non è più rivolto, come un tempo, verso il Sud e i meridionali, cafoni e lavativi, anzi il Meridione è nuova terra di conquista e di consensi, da inseguire e ricercare, speculando sulla tragedia dell’immigrazione e strumentalizzando, ignobilmente, le ansie, i disagi, le paure e ogni fatto di cronaca quotidiana.
24 marzo 2015 (Alfredo Laurano)

lunedì 23 marzo 2015

L'INVITO DELLA FOLLIA

L'antico gioco del nascondino come metafora dei sentimenti umani.
Quanta saggezza in ogni loro proposizione, quanta verità nella loro manifestazione!
Una bella favola moderna, senza tempo e senza età, da raccontare soprattutto agli adulti, ma anche ai bambini.
Piacevole, originale e misurata, invita a guardarci dentro, descrive e coglie in un istante le emozioni, aiuta a capirci meglio. Da vedere ed ascoltare.
 (Alfredo Laurano)


NON CI SONO PIÙ' LE STAGIONI DI UNA VOLTA …E NEMMENO LE RONDINI

La primavera è uno dei movimenti delle Quattro stagioni di Vivaldi. C'è poi la sagra della primavera di Stravinsky,  il valzer di Chopin e quello di Strauss. E chi non conosce il celebre quadro del Botticelli?
Nelle culture pagane l'arrivo della primavera viene festeggiato ogni anno quale periodo di rinnovamento e di fertilità e viene rappresentata tramite l'allegoria del ritorno di Persefone (i Romani la venerarono col nome di Proserpina), dopo il suo soggiorno negli inferi.
Secondo alcune tradizioni, questa resurrezione della natura dopo il lungo inverno è anche "Festa degli alberi", così cari alla mia amica Filomena Soldano, detta Lella, che li abbraccia con amore.

Il Ratto di Proserpina di Bernini
Galleria Borghese Roma
Secondo il mito, Proserpina era la figlia prediletta di Giove e Cerere, dea della prosperità.
Plutone, il dio delle tenebre, preso dalla sua bellezza, si invaghì di lei e la chiese in sposa a Giove, che acconsentì.
Era un mattino sereno, il Sole illuminava ogni cosa e Proserpina insieme ad altre ninfe si divertiva a correre sui prati ricoperti di rugiada.
Improvvisamente, un boato terribile lacerò l'aria, la terrà si spaccò e dal baratro balzò fuori Plutone su un cocchio nero trainato da quattro cavalli nerissimi.
Plutone era un dio bello e vigoroso e dallo sguardo triste ed era venuto sulla terra per rapire Proserpina la quale, presa dallo sgomento, cominciò ad urlare e a dimenarsi senza riuscire a fuggire dalla stretta del dio degli inferi.
Prima di entrare nel grembo della terra la ninfa riuscì a lanciare un ultimo grido di aiuto alla madre Cerere, un urlo talmente forte che montagne, boschi e prati fecero eco alla sua voce.
Il Ratto di Proserpina c.s.
Cerere per il dolore abbandonò i campi, causando la carestia, mentre Giove intervenne trovando un accordo con la mediazione di Mercurio: Proserpina avrebbe trascorso nove mesi con la madre favorendo l’abbondanza dei raccolti e per i restanti mesi dell’anno, quelli invernali, sarebbe rimasta con Plutone all’inferno.
Il ritorno di Proserpina sulla terra, dopo l'inverno, porta quindi alla rinascita dei fiori, dei frutti e delle piante: nasce così la Primavera.
21 marzo 2015    (Alfredo Laurano) 




giovedì 19 marzo 2015

CHE BELLA CERA, ONOFRIO!

Un intervento duro, ironico e sprezzante, forte nei toni e nel linguaggio. Forse troppo - come spesso accade ai “duri e puri” a Cinquestelle - quello di Laura Castelli contro Matteo Renzi, durante il dibattito alla Camera sul prossimo Consiglio Europeo: “Questo piano Juncker fa talmente pena che mi viene il dubbio l’abbia scritto lei, presidente Renzi. Sembra che questo governo abbia infettato l’Europa di una peste bubbonica”.

Mr. Arrogance, seduto al banco del governo, non ascolta, non guarda, ridacchia, scambia biglietti con il ministro Poletti e con altri deputati e la Castelli lo riprende: “Lei viene in Aula per scambiarsi foglietti con gli altri colleghi, o per sfogliare un libro, invece di ascoltare i deputati, e nemmeno alza la testa quando qualcuno le parla. O sta leggendo le intercettazioni di Incalza? Se ancora una volta lei ci parlerà di Tav, di Mose e di altre grandi opere, io le assicuro che è a rischio lei e il suo governo. La magistratura andrà avanti a verificare come il suo governo gestisce consulenze e soldi degli italiani”.

Parole amare, chiare, inequivocabili e pungenti, ben lontane da metafore leziose o garberie retoriche.
Renzi scuote più volte il capo e gioca con il suo smartphone. 
E’ ormai evidente che considera i Cinquestelle dei poveracci che abbaiano alla luna, degli utopisti dell’onestà: ne ha tutto il diritto di pensarlo.
Ma non hanno alcun diritto e giustificazione la sua consueta arroganza e la sua nota strafottenza.
Il suo atteggiamento è insopportabile, maleducato e borioso. Da aspirante Onofrio, Marchesetto del Grillo, bagnato in Arno e ornato di giglio sul mantello: “perché io so’ io e voi nun siete…”
La giovane deputata - quella dell’altro Grillo - parla con passione di illegalità, la sua ministrella Boschi, sempre devota e accanto, mastica il chewingum, altri sono al telefono o leggono l’oroscopo sui tablet, mentre lui - cotanto Presidente del Consiglio - la ignora ed è in tutt’altre faccende affaccendato. Come fa con i sindacati, con l’opposizione e i cittadini.

Sberleffi e supponenza per coprire l’imbarazzo e mostrare indifferenza: “a un palmo dal culo mio”, sembra voler significare. Come, in effetti, si dice a Roma e diceva Pulcinella.
Con i suoi tic e le sue smorfie, per qualcuno, l’Onofrio fiorentino sembra un modello perfetto per i musei di Madame Tussaud, dove forse lo trasferiranno presto.
Dopo esser passato, però, tra i pupazzetti delle bancarelle di S. Gregorio Armeno…
19 marzo 2015      (Alfredo Laurano)


TANTE TUNISIE

Prima, video, filmati, raccapriccianti decapitazioni, dichiarazioni di guerra e minacce all’occidente. Poi la strage di Charlie Hebdo e al Market di Parigi.
A seguire, ancora decapitazioni, nemici arsi vivi e filmati, tecnicamente perfetti, diffusi come spot.
Per disprezzare e cancellare l’ombra della arte e della cultura – inutile e dannosa allo loro causa – e per far sapere al mondo che nulla può frenare la barbarie e il terrorismo, è arrivata la distruzione delle statue di Mosul, anche se qualcuno sostiene fossero copie in gesso. Ma quello che conta è il gesto, il significato, il messaggio mediatico.
Infine, ma solo fino ad oggi, dalle statue alle persone in carne ed ossa: la strage di turisti nel museo del Bardo di Tunisi, il più antico, il più prezioso. Forse, come scelta di ripiego, visto che non sono riusciti ad entrare nel vicino Parlamento.

E’ in corso un’escalation del terrore, una strategia della paura che mira a colpire simboli importanti e, in questo caso, l’economia di un Paese che vive di turismo, e a minare nel profondo ogni speranza di alternativa all’Islam fondamentalista. Vogliono distruggere qualsiasi idea di Islam moderato, di musulmani pacifici e integrati.

L’attacco di Tunisi dimostra che nessun luogo è esente dal dominio dell'Isis, che ormai opera in franchising dappertutto, nessuno è al sicuro in democrazia.
Lo conferma la reazione immediata di quel Paese, dove la “primavera araba” sembra non essere ancora sfiorita: abbiamo visto una rivolta popolare contro i terroristi, con i cittadini in piazza e i parlamentari, al riparo di un androne, cantare l'inno nazionale.

Come non pensare alle tante, possibili occasioni di attacco e di attenzione che, nei prossimi mesi, potranno “far gola” agli jihadisti, come l’Expo e l’Anno Santo, oltre all’immenso patrimonio culturale, quali smisurate vetrine internazionali esposte alla sfida del terrore? Soprattutto quando ciò si realizza e si compone in uno Stato incapace, approssimativo, senza difese, garanzie e sicurezze, che non ha un’etica nazionale - calpestata e dilaniata dalla piaga decisiva della corruzione - né residui di stagioni e primavere da vantare.
Anzi! Forse ci proteggerà la Mafia.
19 marzo 2015                                         (Alfredo Laurano)


mercoledì 18 marzo 2015

PRENDIAMO ESEMPIO

Il morto di Terni non è figlio di Mare Nostrum, come dice Salvini, ma è l’innocente vittima di un folle criminale, che non ha colore, né nazionalità.
Mentre il leghista annuncia che raccoglierà le firme dei cittadini per una class action contro Renzi e Alfano - che intende denunciare per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina - e centinaia di siti, giornali e razzisti comuni sciolti del Web speculano e strumentalizzano ogni dramma umano e fatto di cronaca, a fini politici e propagandistici, una grande lezione di civiltà e di compostezza, pur nel dolore, ci viene dalla famiglia del giovane Davide, assassinato senza un perché a Terni da un marocchino rientrato in Italia, clandestinamente, già noto, già espulso, già violento e in attesa dell’ esito di un ricorso.
Se c’è qualcosa da denunciare è l’incapacità di gestire l’intero e complesso fenomeno della migrazione, delle espulsioni, dei controlli e di impedire le fughe dai Centri di accoglienza (CDA) e di identificazione (CIE).

Padre e fratello dell’ucciso pronunciano sensate parole d’amore, di lungimiranza e di generosità, condannando la violenza, l’intolleranza e il razzismo. “Non dobbiamo chiuderci nell’odio, ma piuttosto tornare fuori e imparare a stare bene insieme agli altri. Noi non vogliamo vendetta, ma giustizia”
Parla con il suo primogenito Diego, l’unico figlio che gli è rimasto, il signor Raggi, ex operaio delle acciaierie, e mostra preoccupazione per l’amico Mohamed, l’ambulante all’angolo, e per tutti gli altri marocchini di Terni - dispiaciuti, spaventati e temono vendette - che sono andati da lui per abbracciarlo, quasi vergognandosi, e per fargli le condoglianze.
Proprio lui che ha appena perso un figlio, trafitto dal dispiacere, trova il modo di rassicurarli e confortarli. “Aggiungere violenza ad altra violenza ora sarebbe completamente inutile e sbagliato. Mio figlio stesso, David, non lo vorrebbe mai.”
Anche gli amici più cari e più intimi di David, pedinati e braccati da microfoni e TV, hanno espresso con commozione e grande sensibilità, le stesse posizioni, la stessa civiltà, lanciando appelli alla ragione.
Da questa tragedia e da questi gesti, da queste nobili parole, c’è molto da imparare.

18 marzo 2015  (Alfredo Laurano)

FIGLI DELLO SMART

Una qualificata e recente ricerca ha concluso che un certo uso dello smartphone cambia la figura e il mestiere di genitore. Messaggi, e-mail, applicazioni, post e navigazione on line spesso lo distraggono dal ruolo e mettono il figlio in continua competizione con quello strumento antagonista, per avere più considerazione e la giusta attenzione.
Oggi la vita pubblica si intreccia facilmente con quella privata e con i progetti formativi. La comunicazione sociale, con quella familiare.
Sappiamo bene, ormai, che le nuove tecnologie hanno influenzato e modificato profondamente gli stili di vita, di lavoro, di socializzazione e di apprendimento, ponendo nuove sfide alle famiglie, alle scuole e in ogni settore. Genitori e insegnanti si trovano infatti ad educare generazioni di bambini in modo assai diverso e, sicuramente, meno naturale e spontaneo rispetto al passato: bisogna sempre fare i conti con telefoni che squillano, con i bip di tastiere, i tablet ed i PC.

Pare, quindi, che molti genitori - soprattutto se nativi digitali - prestino più attenzione ai telefonini, sempre più appendici imprescindibili, che ai propri figli, anche quando sono a casa, a letto, durante i pasti e nell’organizzazione familiare. L’uso, o l’abuso delle nuove forme di connessione, di partecipazione e informazione non stop, possono influenzare negativamente la relazione genitore-figlio.
Un bambino, soprattutto piccolo, pretende di giocare, di essere seguito, vuole essere ascoltato. Almeno fino a quando – e accadrà assai presto – avrà il suo personal telefonino.
Ma quella madre o quel padre rispondono a un’email urgente o stanno leggendo qualcosa di importante o stanno organizzando un appuntamento di lavoro o una vacanza! Certamente sì.
In verità, stanno comunicando a quel bambino che è meno importante di quello che fanno con il loro smartphone.

17 marzo 2015   (Alfredo Laurano)