lunedì 29 febbraio 2016

IL PAPA EMERITO, TRE ANNI DOPO

Sono passati esattamente tre anni dalle dimissioni Di Benedetto XVI, ma nulla di nuovo e di ufficiale è trapelato. Le ragioni dell'abbandono, oggi è chiaro, non furono comunque per motivi di salute.
Secondo alcuni esperti di Vaticano, aveva già deciso di lasciare il Pontificato nel marzo 2012, dopo un viaggio in Messico, dove aveva scoperto un significativo rapporto elaborato da alcuni cardinali.
In quel documento erano riassunti gli abissi nei quali era caduta la Chiesa: corruzione, finanze occulte, guerre fratricide per il potere, furti di documenti segreti, lotte tra fazioni e riciclaggio di denaro.
Il Vaticano raccontato, quindi, come labirinto di corruzione molto lontano dal Cielo e molto vicino ai peccati terreni. Senza limiti, né morale, dove la Curia, assetata di potere, fomenta le illazioni e i tradimenti, per mantenere prerogative e privilegi finanziari, come rivelato da Watileaks 1 e 2.
Più che motivi teologici, sono quindi i soldi e i conti occulti della banca del Vaticano, lo IOR, che sembrano comporre la trama delle dimissioni inedite di Benedetto XVI, maturate in un nido di vipere, di corvi, pedofili e di ladri assetati di potere e capaci di tutto pur di difendere le proprie fazioni.
E’ questa la terribile immagine di decomposizione morale lasciata dalla gerarchia cattolica.

Forse, non a caso, quando Ratzinger venne eletto Papa, pronunciò un discorso che - interpretato oggi - denunciava in maniera velata, le macchinazioni che stavano dietro la sua elezione: "Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi".
Quei lupi della Curia, contro cui dopo appena otto anni di pontificato non aveva più le forze di lottare.
Serviva, allora, un papa più forte e determinato nella lotta?
Anche Francesco chiede a tutti e sempre di pregare per lui. Qualcosa significherà!
28 Febbraio 2016 (Alfredo Laurano)

venerdì 26 febbraio 2016

UNIONI, DIRITTI E ADOZIONI

Fiducia dopo fiducia - una cinquantina in due anni - anche stavolta è passata: il Senato ha approvato il maxiemendamento interamente sostitutivo del testo del ddl sulle Unioni civili, senza la stepchild adoption e l’obbligo di fedeltà.
Il Genio Fiorentino ha detto che “ha vinto l’amore”, ma Verdini, di fatto, è nella maggioranza. Forse ha vinto più lui, insieme ad Alfano.
E’ innegabile che si tratti di un momento storico che l'Italia aspettava da anni, dai Dico ai Pacs, più volte naufragati tra un governo e l’altro. Ma, in pochi giorni, però, dalla libertà di coscienza, invocata dai cattodem, si è passati all’ennesimo abuso del voto di fiducia.
E’ singolare e un po’ paradossale: si vota per approvare una legge per i diritti, togliendo i diritti costituzionali alle opposizioni e al normale dibattito parlamentare, sacrificando, cioè, il diritto di discuterne.

Al di là degli omofobi e delle posizioni più intransigenti di talebani come Sacconi e Formigoni e delle sue "checche isteriche", va osservato che fino a due giorni fa Renzi e il PD, e il tentato ricorso al Canguro - non consentito perché non si era riscontrato alcun tentativo di ostruzione - giuravano che mai avrebbero accettato lo stralcio delle adozioni (“no allo stralcio della stepchild adoption - aveva detto Renzi - nasce come proposta della Leopolda e l’abbiamo appoggiata sin da allora” (29.12)."
E così la Cirinnà, Scalfarotto e tutti gli altri.
Allora, “una vittoria con buco nel cuore”, ha detto la madrina Cirinnà, meglio che niente.

Sono in ballo i diritti civili delle persone, è vero, ma come afferma Alfano, è secondo natura che due uomini abbiano un figlio? È secondo natura che una donna metta sul proprio ventre la targhetta del prezzo? Anche la politica ha un limite: la natura.
Il rischio della "maternità surrogata, con l’utero in affitto", sulla quale la maggioranza degli italiani, compreso il sottoscritto, sono contrari va evitato e scongiurato.
Quelle pratiche rendono una donna oggetto di mercimonio: pensare che si possa comprare o vendere, considerando la maternità o la paternità un diritto da soddisfare pagando, sembra inconcepibile. In Italia è vietato, ma altrove è consentito: rilanciare questa sfida culturale è una battaglia politica che non solo le donne hanno il dovere di fare.

La senatrice PD Anna Finocchiaro ha depositato una mozione per la messa al bando "universale" dell'utero in affitto, in nome della dignità della persona umana e dei diritti del bambino".

Anche perché è un assurdo etico e logico.
E' una forma di sfruttamento della donna "povera" da parte di donne "ricche", senza parlare dei problemi psicologici che può avere il bambino nato in questo modo.
Moltissimi si chiedono: “ma perché una donna che fa generare un figlio ad un'altra donna, a pagamento, "crede" che questo figlio sia un suo vero figlio naturale e se invece adotta un bambino sfortunato, che sta in un orfanotrofio, non lo sente "suo"?
Le situazioni sono uguali: in ambedue i casi una donna o una coppia prende un bambino partorito da un'altra.
Quali sono i meccanismi culturali, psicologici, etici, che inducono una donna ad accettare una gravidanza non sua, come fosse sua, pagando cifre enormi per "comprare" un bambino, mentre migliaia di bambini "già nati" non aspettano altro che di essere adottati per non soffrire da soli!

La maternità non è un diritto. E’ una scelta della natura.
L’unica cosa certa è che sono i diritti di tutti i bambini che vanno salvaguardati.
E non concessi, scambiati, comprati o ceduti alla fiera della genetica o nei supermercati.
26 febbraio 2016 (Alfredo Laurano)



martedì 23 febbraio 2016

LE BUSTINE DEL CREDENTE LAICO

Ho assistito al funerale di Umberto Eco, tra le note di Corelli, al clavicembalo e alla viola da gamba: una cerimonia laica per un credente laico.
Sentita, partecipata, commossa, come è naturale che sia quando se va un pezzo del patrimonio collettivo del sapere.
Tanta gente sconosciuta, sindaci, ministri, editori, corone e corazzieri, nel Castello Sforzesco di Milano.
E gli amici di sempre, Furio Colombo, Gianni Coscia, avvocato fisarmonicista con cui Eco, anche flautista, spesso suonava, e Moni Ovadia che, ricordandolo anche come grande raccontatore di storielle umoristiche e aneddoti - “abbiamo trascorso notti intere a raccontarci storielle… aveva questa libertà di essere aperto a ogni forma del comunicare” - ha aggiunto che: “Dio ti benedice soprattutto perché non gli credi. Lui sopporta i credenti, ma predilige gli atei".

Tutti hanno sottolineato la fantasia, l’intelligenza, l’immensa cultura di un uomo capace di spaziare con estrema facilità e senza paletti retorici, dalla filosofia ai fumetti, dalla semiotica a Topolino, dalla teologia alla televisione, dal Medioevo a Mike Bongiorno e alla settimana enigmistica, fino alle “bustine di Minerva”, dove riflette sul mondo contemporaneo, sulla società italiana, sulle mode e le manie, sul destino del libro nell'era di Internet.
Una raccolta di appunti occasionali, e spesso stravaganti, che a volte si annotavano nella parte interna di quelle bustine di fiammiferi che si chiamano appunto Minerva.
Pillole di saggezza, chicche letterarie da sfogliare per godibile divertimento intellettuale, in cui diceva, per esempio, “che il cane non ride, perché non sa che deve morire, o che i panni sporchi si lavano in televisione o che Il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi, è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti.”
Ironia e umorismo, quali condimenti di sapienza, e 41 lauree honoris causa, sulle spalle.
Ma, nonostante ciò, nonostante l’Eco mondiale, i suoi libri venduti in milioni di copie, il prestigio accademico e internazionale, c’è qualche poveretto che si permette di attaccarlo, ancor oggi, o lo ha duramente contestato, con l’arroganza e la protervia tipiche dei cretini più ignoranti, quando si è permesso di osservare le stesse cose che un po’ tutti noi pensiamo e scriviamo da tempo: internet è una sconfinata palestra internazionale di libertà che favorisce la comunicazione, il dialogo, la conoscenza, la diffusione delle idee, ma “che dà diritto di parola anche a legioni di imbecilli che prima chiacchieravano al bar, dopo due bicchieri rosso, e ora hanno lo stesso diritto di dissertare di un premio nobel. E diventa difficile poi distinguere”.


Nel grande contenitore anarchico della Rete, ognuno scarica i suoi pensieri, le sue riflessioni, le sue emozioni, ma anche malvagità, ossessioni, frustrazioni e limiti. E lo fa con gli strumenti culturali di cui dispone.
Non credo che Eco, come qualcuno banalmente afferma, volesse impedire la libertà di espressione, forse denunciava semplicemente la dilagante corsa al volgare strillo quotidiano, all'ottusità, al colpevole preconcetto, al ruggito afono e stonato del citrullo telematico e segnalava la necessità di individuare ed emarginare il nuovo scemo del villaggio globale, che non è innocuo come il tradizionale, ma fa gravi danni alla comunità.

Tutto questo, ripeto, è sotto i nostri occhi e lo cogliamo ogni momento e ne discutiamo, anche molto vivacemente, frequentando quelle vie informatiche.
Ma i ragli dell’asino non arrivano in cielo.
23 febbraio 2016 (Alfredo Laurano)





lunedì 22 febbraio 2016

OCCHI LUCIDI

Il momento più bello della partita di ieri sera col Palermo?
La commozione di Francesco Totti, nella sua Roma, nel suo stadio, tra i suoi tifosi, tra la sua gente.
Che splendida persona, che ragazzo d'oro!
L'ho conosciuto per un'intervista quando aveva solo 16 o 17 anni, agli inizi della sua carriera: timidissimo, impacciato, riservato, ma con le qualità del giovane campione. E oggi, a quarant'anni, è rimasto quasi uguale: buono d'animo, sincero, umile, spontaneo e generoso, appena più disinvolto, spiritoso e smaliziato.
I suoi occhi non mentono e sono pieni di bontà. (Alfredo Laurano)

http://www.video-calcio.info/cori-per-totti-che-si-commuove-prima-di--124745

PREZIOSE PERLE

Guardate questa meravigliosa antologia.
E' il racconto dei racconti, dei numeri, delle prodezze, dei giochi di prestigio col pallone. Di potenza, di lato o da lontano, con le finte e i dribbling, che ti mettono seduto, di destro, di sinistro, a cucchiaio, al volo o a pallonetto.
E' quello che comunque resterà, scritto, narrato o filmato, quando il mago Totti, come tutti, lascerà la sua bacchetta magica e l'erba verde dello stadio.
E sta, purtroppo, già accadendo, ma ci vuole tatto e stile, nel gestire l'uscita dall'agone, per entrare nella leggenda.
Spalletti sarà pure un ottimo allenatore, uno deciso e di carattere, che considera la squadra e non il singolo, ma è sempre uno di passaggio, che oggi è quì, domani la.
Uno che non lascerà mai il segno, l'impronta e un pezzo di storia come ha fatto Totti.
Lui è la Roma e lo è stato per quasi venticinque anni, lui è già un mito, un simbolo del calcio mondiale - anche come uomo generoso, umile e altruista - e rimarrà nelle pagine del calcio, a dispetto di chiunque, anche di questa approssimativa società che non sa tutelarlo.
Totti è un campione, una fedele bandiera dello sport e della città, come pochi altri. Lo dicono altri campioni, come Pelè, Ronaldo e Maradona, lo confermano compagni, avversari e anche tanti laziali.
Merita rispetto e considerazione, non può entrare a tre minuti dalla fine col Real, a partita persa e già finita.
Non può essere mandato a casa e sospeso, come uno scolaretto impertinente, per aver espresso un suo disagio.
Nel 1997, Nils Liedholm, che qualcosa di calcio ci capiva, disse: "Da ragazzo mi aveva davvero impressionato e mi dicevo: sarà un grandissimo e la gente pagherà il biglietto solo per vedere giocare lui".
La sua immagine non può e non deve essere offuscata da un volgare provvedimento da caporale di giornata.
21 febbraio 2016 (Alfredo Laurano)

https://www.facebook.com/Totti-%C3%A8-finitoSi-nella-storia-209512492445357/videos

CHE FASCINO IL MERCATO!

Sono appena tornato dal mercato, quello coperto, quello in stile neoclassico dell’Unità, realizzato nel 1928, con un portale monumentale che si affaccia su via Cola di Rienzo. 
Fino alla seconda guerra mondiale, si sviluppava su due piani: nell'interrato, dove ora c’è il garage, trovavano posto i banchi del pesce e le pizzicherie, mentre a piano terra si vendeva frutta e verdura.
Ma la vera chicca dello storico mercato, negli anni Trenta, era la pista di pattinaggio realizzata sul tetto, prima in tutta Europa, svago e attrattiva fino allo scoppiare della guerra. 
Prima di quegli anni, il mercato esisteva già, ma per strada. 
Ogni mattina arrivavano i vignaioli con il carretto, pagavano la quota giornaliera e la guardia gli forniva un biglietto, di un colore diverso ogni giorno. Poi, con la costruzione del mercato coperto i bancaroli divennero stanziali. 
Prima della ristrutturazione degli anni settanta, pochi sanno che, all’interno dell’edificio, c'erano quattro grandi fontane, con quattro teste di lupa che buttavano acqua, che con il restauro vennero smantellate. 
Negli anni Sessanta vantava più di 130 esercizi, oggi non più di quaranta. 

Ma, fare la spesa lì, come peraltro in quasi tutti gli altri storici mercati rimasti, a Roma, è sempre affascinante. E fa psicologicamente bene. Si riscopre la schiettezza e la spontaneità di un mondo quasi antico e, ormai, quasi dimenticato. Quel modo di fare e di comprare, semplice, franco e popolare, che gli asettici e impersonali supermercati - dove tutto è composto e allineato, illuminato e ben confezionato, tra mille colori, forme e carrelli, spesso, ricolmi di inutilità - hanno surclassato e quasi soppiantato. 
Tra i vecchi e disordinati banchi del mercato del rione, invece, si rinnova il rapporto umano, si familiarizza e si fa amicizia dalla seconda volta che ci vai. 
C’è chi capa la verdura, chi svuota la frutta sul suo banco, chi scansa quella guasta e chi dice: “capate, capate gente, qui è tutto de giornata!”, oppure, “Dottò, oggi che te do?”. E dopo aver pesato e fatto il conto, ti fa pure lo sconto, che nessuno ha chiesto, e ti riempie una busta di odori gratis per il brodo o per il ragù. Ognuno ti rivolge una parola, ti saluta con affetto e riverenza, ti chiede come stai, ti offre una mela o un mandarino o ti dice: “assaggia ‘sto formaggio, prova ‘sto salame, è tutta robba genuina”. 

E alla fine dopo i saluti e tutti gli assaggini nella satolla pancia, te ne torni a casa, più felice e soddisfatto! 
Hai comprato e guadagnato un pezzetto di umanità. 
Che fascino il mercato! 
20 febbraio 2016 (Alfredo Laurano)

sabato 20 febbraio 2016

IL PENDOLO, LA ROSA, L’ISOLA E BAUDOLINO

Quando al mattino, anche molto presto, apro la finestra sul mondo, accendendo il computer, non so mai quello che vedrò all’orizzonte, o da vicino, quale sarà, cioè, la notizia in prima pagina. E ne ho un certo timore, oltre che curiosità.
Da una parte, la solita politica, alla quale, bene o male, siamo assuefatti, dall’altra, cronaca, fatti sociali, vicende umane e tragedie.
Oggi, tutto il mondo ha preso atto che se n’è andato Umberto Eco.
Così, senza preavviso, a ottantaquattro anni, ieri sera a casa sua.
E quello stesso mondo, che stamattina ha aperto quella mia stessa finestra, si è reso conto di aver perso uno dei suoi più importanti uomini di cultura contemporanei. E ci è rimasto male, come me.
Semiologo, saggista, docente (libido docendi), filosofo e scrittore.
"Il nome della rosa", il suo primo romanzo capolavoro, uscito nel 1980 e diventato un best-seller, è stato tradotto in 47 lingue e ha venduto trenta milioni di copie.
Sulla stessa scia i suoi romanzi successivi, da "Il pendolo di Foucault" a "Numero Zero", tutti hanno raggiunto il successo internazionale.
Non avrei mai voluto aprire, oggi, quella finestra, ma ormai l’ho fatto e voglio salutarlo con le parole di Roberto Saviano che lo ha voluto ricordare, citando l'ultima frase de “Il Nome della Rosa”: “stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus" (la rosa che era, ora esiste solo nel nome, noi possediamo solo nudi nomi), un verso del monaco benedettino del XII secolo, Bernardo Cluniacense.
Addio Umberto, la tua Eco non si spegnerà.
20 febbraio 2016 (Alfredo Laurano)

LA ZATTERA


La "Zattera di Lampedusa", di Jason De Caires Taylor è appoggiata sulla sabbia del fondale di Lanzarote (Isole Canarie).
La scultura, che raffigura un gommone con a bordo alcuni migranti, è la rivisitazione del celebre dipinto di Théodore Géricault del 1819 "La zattera di Medusa", capolavoro pittorico che raffigura uno storico naufragio avvenuto proprio nell'Atlantico.
E’ un gruppo, dal forte impatto emotivo e simbolico, che che rappresenta il dramma dei profughi che trovano la propria tomba nel tratto di mare che li separa dall'Europa. Oltre a quest’opera, De Caires Taylor ha plasmato diverse altre sculture per quello che è diventato il "Museo Atlantico".
Una galleria di personaggi dai tratti drammatici, quale allegoria marina di alcuni aspetti della contemporaneità: come due persone senza volto intente a scattarsi un selfie, ad esemplificare del ruolo della tecnologia, ai nostri giorni. E’ una folla di statue-attori muti e pietrificati, sovrastati da 15 metri d'acqua e circondati da un silenzio di profonda solitudine.
Oltre a integrarsi perfettamente nell'ecosistema e a ospitare, con il tempo, la vita sottomarina, è un modello scelto con un fine artistico preciso, come, ad esempio, la donna Atlante alle Bahamas. Una gigante donna che sostiene, simbolicamente, da sola tutto il peso dell'oceano, per raffigurare la sofferenza del pianeta e lanciare un monito ad agire contro il processo di innalzamento dei mari e i cambiamenti climatici causati dall'attività umana.
19 febbraio 2016 (Alfredo Laurano)




MA CHE E’ ‘STO "CANGURO"

E che ci fa nello zoo del Parlamento, tra aquile, leoni, vipere, pecore e somari?
Molti se lo chiedono.
E quanto è grande il marsupio del canguro?
Tanto da poter contenere i tantissimi emendamenti ad una legge in discussione in Parlamento.
Il Canguro, definizione lessicale, è una prassi parlamentare, anti-ostruzionismo, già usata in passato, che consente di votare gli emendamenti accorpando quelli in tutto simili e quelli di contenuto analogo. Una volta approvato o bocciato il primo emendamento, risultano decaduti tutti gli altri.
Dal punto di vista dell'iter legislativo, la norma "canguro" deve essere prima varata, come ogni normale emendamento, dal presidente del Senato, che ha il potere di fermarne o meno il cammino. In passato, ad esempio, il "canguro" è stato accettato per la legge elettorale Italicum, bocciato invece per la riforma costituzionale.

Quanto alla metafora, va osservato che il canguro è un animale che salta, che procede a balzi, non che raggiunge una meta più velocemente. Ma il senso diventa chiaro se si risale alla sua origine, che non è italiana ma inglese.
Kangaroo closure è una prassi attestata nel parlamento britannico dall’inizio del secolo scorso e non ha lo stesso significato che le viene attribuito in italiano: indica la sospensione del dibattito per procedere al voto escludendo, cioè “saltando”, alcuni emendamenti. (Alfredo Laurano)

P.S. Monica Cirinnà, madrina del DDL sulle Unioni Civili, accusa i Cinque Stelle di tradimento, per non aver voluto votare la grande sacca del canguro. Ma la cosa buffa è che proprio il suo partito ha catturato l'animale, cioè tentato di applicarlo, per bypassare la parte del PD che era contraria, definita “cattodem”.
Una tattica che gli si è rivoltata contro, cioè un autogol. Altro che Stelle!





giovedì 18 febbraio 2016

FINALMENTE HANNO SCELTO

No, la Meloni è incinta.
Rita Dalla Chiesa ci ha da fa’, ha una certa reputazione di famiglia e non vuole finire tritata nel pastone capitolino.
Marchini è troppo sexy rispetto a Marc’Aurelio.
Gasparri farebbe venire l’orticaria pure ai suoi.
E Storace, il duro, corre solitario.
Allora, non ci resta che …piangere.

In qualsiasi altro paese occidentale, uno come Bertolaso, indagato, con due processi pendenti, di cui uno che lo accusa di aver organizzato una truffa ai danni dello stato in occasione dei lavori del G8 - implicata anche la moglie - lo avrebbero interdetto dal partecipare a qualsiasi forma di rappresentanza pubblica.
Da noi, è un po’ diverso. Siamo tolleranti, pietosi e comprensivi e lo candidiamo sindaco di Roma.
Anche perché c’è di peggio, come Buzzi, Carminati, i Casamonica, il pizzo, le estorsioni e un tantinello di Mafia Capitale.
In fondo, cos’ha fatto il nostro caro protettore civile?
E’ solo specializzato in catastrofi e favori, come dice Crozza. Appena ieri, per restare nella media mensile o settimanale del bel Paese dei corrotti, hanno arrestato altri 21 consiglieri in Lombardia, fra cui il braccio destro di Maroni, per appalti truccati nella sanità!

Al confronto, il Protettore protetto da padron Berlusconi, che lo copre anche politicamente, è un fulgido esempio del malcostume italiano.
Tra qualche spreco e un po’ di presunzione, sufficientemente spocchioso e arrogante quanto basta, il civile protettore viaggiava in elicottero per andare a farsi una rigenerante "sauna" e qualche annesso massaggino (con la a, non con la e!) al club per Vip, sulla Salaria, grazie al giovane imprenditore Anemone che gli faceva da ruffiano e da Cupido. 
Tutto, già visto, sentito e assimilato, e in perfetto stile della casa, in ossequio al patriarca Berlusconi!

Ma, c’è di più.
Con Anemone, Balducci ed altri amici - come concludeva il Gip di Firenze qualche anno fa - costituiva la cricca degli appalti, con tanto di ville, escort, assunzioni, auto di lusso e tanti progetti di opere importanti, in un sodalizio che loro stessi definivano "Gelatinoso", ma che ben tranquillamente potrebbe semplicemente dirsi "storia di ordinaria corruzione".
Una inquietante vicenda di malaffare, secondo le tante conversazioni telefoniche intercettate.
Devono essere alla canna della disperazione! Se lo saranno chiesto pure loro: ma chi lo voterà uno così?
Vuoi vedere che ha ragione la Taverna, quando, paradossalmente, afferma che a Roma, d’accordo col PD, vogliono far vincere i Cinque Stelle?
18 febbraio 2016 (Alfredo Laurano)


UN MAGICO FIORELLINO

Fratello del noto showman Rosario Fiorello e della scrittrice Catena Fiorello, Beppe, già detto Fiorellino, ancora una volta ha fatto centro.
Nonostante una certa timidezza e il carattere un po’ introverso, sembra nato per interpretare certi ruoli, assai diversi per storia, per cultura e per temperamento, ma tutti esemplar e di grande spessore umano.
Uomini straordinari, personaggi dal forte impegno civile, le cui vicende sono legate alla storia del nostro Paese. Come in Ultimo, in Salvo D’Acquisto, Joe Petrosino, Domenico Modugno, Giuseppe Moscati, nella Banca Romana, Il grande Torino, L’oro di Scampia, L’angelo di Sarajevo.
Attore di razza, come pochi, è ormai giustamente considerato e apprezzato come l’uomo delle fiction più appassionate, forse anche per il suo fisico “normale”, per il suo sguardo pulito e sereno, il suo volto espressivo, il suo porsi con garbo e determinazione.

Anche in “Io non mi arrendo”, appena andato in onda su RaiUno, ha raccontato la reale storia di Roberto Mancini, l’eroico poliziotto che, negli anni ’90, scoprì per primo il business dei rifiuti tossici e radioattivi, portati, smaltiti e sversati dalla criminalità in Campania, nei siti di stoccaggio e in discariche illegali, sparse dappertutto. Vicino alle coltivazioni ortofrutticole, agli allevamenti di bufale, ai bambini che giocano per strada.
E che si ammalerà per aver respirato “a munnezza”, nel corso dei tanti, continui e nocivi sopralluoghi per raccogliere le prove e che resterà ucciso dallo stesso male che cercava di combattere in quella maledetta Terra dei Fuochi.

Una storia forte e drammatica, piena d’ingiustizie, di silenzi e corresponsabilità, di coperture e valutazioni volutamente sbagliate. Una storia che fa riflettere, che commuove e che fa rabbia come dice lo stesso Beppe - pensando alla figura di quest’ uomo “con uno straordinario senso civile e una totale devozione nei confronti degli altri. Non un eroe, ma un servitore dello Stato”.
Al di là di semplificazioni, anche temporali, e riduzioni narrative della sceneggiatura per contenere tutto in due puntate, che un po’ attenuano la forza del messaggio, resta comunque il merito dell’opera di non soffermarsi ai dati della cronaca e di coinvolgere emotivamente il pubblico in una vicenda prima umana e poi sociale e collettiva del Paese. Come nella delicata storia d’amore e familiare, raccontata con misura e pudicizia o nella sottolineatura dei valori di amicizia e solidarietà.
Tutto l’impianto della narrazione è sorretto dalla bravura degli altri attori, dalle situazioni, dalle location, che più vere non si può e, soprattutto, da Fiorellino che sa essere se stesso, che non recita una parte, ma la vive e in essa si identifica, con estrema naturalezza, anche nella sofferenza.
Il contenuto è così determinante da assumere un importante valore di testimonianza e di denuncia.
Ma, intorno a “quei fuochi”, tutto tace, nulla si spegne.
17 febbraio 2016 (Alfredo Laurano) 


E' LUI L'IRREVERSIBILE BULLO DI RIGNANO

Invece di pensare ai vitalizi e ai privilegi della Casta, all'insostenibile peso fiscale, alla disoccupazione quotidiana che il suo Jobs Act non ha frenato, alla finta ripresa economica, alla corruzione che dilaga, alle bugie che spara e alle promesse che non mantiene, il Bullo di governo, insuperabile e geneticamente modificato figlio illegittimo di Silvio, minaccia, ancora una volta, di toccare le pensioni di reversibilità.
L'ennesimo attentato a un pezzo di stato sociale e alle esigenze delle famiglie.

Visto che, grazie alla brillante politica economica del governo suo e dei precedenti, questo paese è sopravvissuto alla crisi largamente grazie agli aiuti delle nonne ai figli e ai nipoti. E visto che le pensioni di reversibilità sono solo un parziale compenso al lavoro familiare non pagato che le donne, lavoratrici o no, svolgono da sempre, meglio abolirle, o limitarle, o condizionarle a calcoli, condizioni e codici di povertà e ricchezza.

Così pensa l'illuminato premier di Rignano, che continua a superare la sagacia politica del suo ispiratore.
Ma dove l'hanno trovato 'sto genio della logica, 'sto ciarlatano dell'equità sociale, 'sto paladino dei padroni e delle banche che ha già scippato l'art. 18 ai lavoratori e che impone e ci sequestra pure la gabella del canone sulla bolletta elettrica, per vederlo e sentirlo cazzeggiare tutti i giorni sulla pubblica piazza della TV?
Se lo fa - condivido il pensiero di Ida Dominijanni del Manifesto - gli scoppia la rivoluzione.
Pagliaccio!

17 febbraio 2016 (Alfredo Laurano)

PATONZA E DINTORNI

Ricordate la farfallina di Belen che sconvolse gli italiani, a Sanremo 2012? L'attentissimo Zuckerberg, papà di Facebook e fondatore di quella trappola infernale, ci ripropone spesso alcuni nostri ricordi, pubblicati negli anni passati.
Forse, per dargli una rinfrescata o per valutarne l'eventuale attualità.
Questo risale esattamente a quattro anni fa.


A CONFINE DI PATONZA di Alfredo Laurano

Il Bel Paese si divide nel giudicare le parole a ruota libera di Adriano Celentano, a Sanremo, che hanno scatenato le reazioni di Chiesa, Rai e Istituzioni, ipocritamente sorprese e scandalizzate.
Sono anni e anni che l’ex molleggiato canta, pensa e parla fuori dal coro, senza freni, senza filtri e autocensure, predicando e denunciando - un po’ brutalmente, da neo-Savonarola moralista - cose e fatti che tanti pensano e molto condividono.
Tutti sanno chi è, come ragiona e come comunica in ogni circostanza, anche e soprattutto, quando firmano accordi, accettano le sue condizioni, incassano audience e ricchi contratti pubblicitari.
Patetica questa Rai che manda a Sanremo il Commissario a non far niente, in ossequio ai vescovi incazzati!

Tra l’altro, il burbero Adriano si esprime da cattolico convinto e ambientalista.
Da sempre è contro la violenza, la guerra, l’arroganza, lo sfruttamento, la speculazione, il cemento che distrugge il verde e la natura.
Esterna a modo suo, tra una pausa e un sorso d’acqua, un po’ ruspante, un po’ qualunquista. A volte pesante, esagerato, sferzante e non certo accomodante, ma autentico e in sicura buona fede.

Ma nessuno si scandalizza per il linguaggio, le allusioni e i doppi sensi, più o meno velati, che al festival dei fiori e della canzone, mai prima d’oggi, avevano trovato tanta e così facile ospitalità.
Né, tanto meno, della inquadratissima e super fotografata farfallina inguinale della scosciata Belen che, data l’intima e strategica posizione a confine di patonza, ha acceso il vivace dibattito sulla mancanza o meno di slip o perizoma.
Serve subito una ricerca, un sondaggio, un televoto, un referendum popolare che dia certezze al popolo italiano. Nessuno resiste a questo atroce dubbio!

Intanto, mentre infuria il dilemma nazionale, qualcuno si accorge che al pronto soccorso del maggiore ospedale romano, come anche in molti altri, i malati vengono visitati e curati in terra - dopo ore e ore di attesa - da eroici medici e infermieri, esausti, stremati e in continua, costante emergenza per carenze e disservizi, sovraffollamento, mancanza di spazi, di barelle, sedie e posti letto.
Pochi giorni fa, un genitore ha staccato e portato lì dentro un sedile dalla sua automobile per adagiarvi sua figlia, collegata ad una flebo, che a lungo aveva tenuto in braccio, stando in piedi.

Questa è anche l’Italia, quella reale oltre Sanremo e la farfalla di Belen.
Oltre la fiction. Oltre la crisi, le manovre, le pensioni, la mancanza di lavoro e l’articolo 18.
L’Italia che racconta anche Celentano.
A modo suo. Con le immagini e i silenzi.
17 febbraio 2012 (Alfredo Laurano)

martedì 16 febbraio 2016

RADIO UBIQUITÀ

Radio Maria: la radio che puoi ascoltare anche senza la radio, basta un citofono.
La trovi su ogni frequenza, in ogni parte d’Italia. Se sei in viaggio in macchina e provi una successiva sintonizzazione col tasto di ricerca, ti appare, come per digital miracolo, Radio Maria. Infestante, ovunque e dappertutto.
Trasmette contro ogni regola, azzerando i segnali delle altre emittenti che, anche a diversa frequenza, non si possono ascoltare perché arriva subito la copertura di Radio “ovunque sei”, dove vivi e lavori: in ogni parte, in ogni luogo, in ogni tempo, è la radio meno amata dagli italiani, al contrario della nota cucina della Cuccarini.
Chi vi abita vicino, continua a denunciare le gravi malattie dovute alle emissioni elettromagnetiche delle antenne, ma non trova alcuna risposta, né civile, né “cristiana”.
E la stazione è sempre “on air”.

Ma è l’anno della misericordia.
E allora, dopo gli auguri di funerale alla Cirinnà e alle sue peccaminose “unioni civili” da parte del direttore don Livio Fanzaga, la troupe delle Jene di ItaliaUno è stata aggredita - come spesso accade - dopo aver tentato inutilmente di parlare con il direttore stesso, nella sede di Erba (Como).

Le Iene sono indubbiamente degli abili provocatori, invadenti, insopportabili, abilissimi nel pedinare la gente per giorni, fino allo sfinimento, per cogliere al volo battute e frasi da montare ad arte, anche quando fanno inchieste e reportage molto interessanti.
Io non amo questo modo di fare televisione, anzi mi disturba ogni eccesso, ma ognuno dovrebbe avere il diritto di chiedere, capire e indagare, senza ledere la privacy e i diritti altrui, e non essere minacciato e malmenato.
Anche, e soprattutto, quando la cronaca e l’attualità si impongono all’attenzione e alla curiosità di molti o quando si voglia denunciare, con giusto clamore mediatico e, magari, con una certa forzatura, la negazione di un diritto, un caso di ingiustizia, di malasanità, di abuso o di sfruttamento. E’ l’informazione.

Ma anche i talebani integralisti e casarecci di Sua emittenza Maria, dall’alto del loro prestigioso califfato radiofonico, ci sono cascati e hanno abboccato all’amo della provocazione. Come tanti altri affabulatori, imprenditori alla giornata, sedicenti medici, chiromanti, guaritori, veggenti, usurpatori, truffatori e sfruttatori della credulità popolare.

Chi predica pace e amore in nome di Maria, chi usa l’etere per finalità di preghiera ed evangelizzazione, rifacendosi alla religione del Cristo che si è sacrificato per l’intera umanità, dovrebbe lasciar da parte l’arroganza, l’intransigenza, il razzismo, l’omofobia, e l’istigazione alla violenza, senza approfittare del proprio ruolo dominante, della sovrabbondante visibilità e della presunta immunità divina.

E ciò vale per i cattolici, per i musulmani, gli ebrei e per chiunque altro.
Altrimenti arrivano le Iene che, da qualche tempo, hanno assunto il compito di esercitare una certa forma di giustizia sociale e popolare, laddove non sempre, o quasi mai, arriva la legge dello Stato.

16 febbraio 2016 (Alfredo Laurano)

PANE NOSTRUM


Forse è colpa delle infinite diete, della civiltà dell’immagine, degli standard del nuovo consumismo alimentare, della oligarchia dei chirurghi plastici e della supremazia del botulino: fatto sta che il consumo di pane è dimezzato negli ultimi dieci anni. Coldiretti: “siamo al minimo storico".
Eppure, continuiamo a dire:” è buono come il pane” o “è un pezzo di pane”, per descrivere una persona molto mite e altruista.
Metafore a parte, buono come quella fetta di pane che nella nostra infanzia, solo con un goccio d’olio, o una sottile leccatina di burro e zucchero, costituiva una merenda sana ed equilibrata.
Quel pane per cui, nella storia - e ancora oggi in alcune parti del mondo - si sono combattute tantissime battaglie, come il famoso assalto ai forni manzoniano.
Quel pane che, per trovarlo fragrante al mattino sulle nostre tavole, qualcuno lo lavora e lo produce alle tre di notte.

La media di consumo degli italiani è scesa a 85 grammi al giorno. Non è più di moda
Era convinzione popolare che il pane fosse il miglior nutrimento, ma negli ultimi tempi gli italiani devono aver cambiato opinione e abitudini a tavola.
Con il calo degli acquisti, ora sono a rischio anche i pani della tradizione, tra i quali filoni napoletani, pagnotte di grano duro, sciapo toscano, coppiette ferraresi, casareccio di Genzano, di Altamura e il pane di Matera.

Sale l'interesse per il pane biologico e, con l'aumento dei disturbi dell'alimentazione, sono nati nuovi prodotti senza glutine e a base di cereali alternativi al frumento (kamut, farro). Molto apprezzate le varianti salutistiche, ad alto valore nutrizionale: a lunga lievitazione, senza grassi, con poco sale, integrale, a km 0, come quello realizzato direttamente dai produttori agricoli con varietà di grano locali, spesso salvate dall'estinzione.

Oggi in circolazione, anche nei supermercati, c’è di tutto: pane precotto e surgelato proveniente dall’Est europeo, pane trattato con alcool etilico per prolungarne la conservazione, pane a lievitazione rapida.
Scegliendo o dovendo per necessità comprare prodotti a basso costo e a bassa qualità, la prima e migliore conseguenza è l’acidità di stomaco, per colpa di lieviti che non hanno avuto il tempo di completare il loro lavoro.

Dall’alta parte, abbiamo un tessuto di panificatori artigianali che sta morendo per una serie coincidente di motivi.
Il primo è il ricambio generazionale: quanti giovani sono disposti ad alzarsi, quando molti altri coetanei vanno a letto, per cominciare a lavorare il prezioso alimento?
Poi, c’è appunto il cambiamento delle abitudini: dalle tavole italiane sta sparendo il pane, se ne mangia sempre di meno. Infine, perché il pane viene spesso sostituito da una lunga serie di prodotti industriali, affini (grissini, cracker, sfogliatine…), molto reclamizzati e imposti sul mercato.

Pane nostro, bene prezioso, modello per eccellenza di cibo e di convivialità, fin dai tempi più antichi, e alimento più consumato in tutto il mondo.
Simbolo ideale e concretissimo di storia e tradizione che, se cadeva a terra, si raccoglieva, si puliva, si soffiava e si baciava, in un momento di semplice poesia contadina. Un gesto, quasi sacro, che restituiva al pane il suo valore eucaristico, universale e di condivisione. Con le sue mille forme, il suo sapore e il suo profumo, intenso come quello della nostra infanzia.
Come vi si può rinunciare?
Come si può cancellare un pezzo importante della nostra esistenza e della nostra memoria collettiva, buono come il pane?
15 febbraio 2016 (Alfredo Laurano)