mercoledì 29 maggio 2019

MEME E RETROPENSIERI


Dopo gli scioperi del venerdì per il clima, dopo la mobilitazione globale dei giovani, le sollecitazioni e le accuse ai padroni del mondo e la tumultuosa bagarre internazionale per l’ambiente, cosa ci ha lasciato Greta Thunberg, sulla quale si sono spenti i riflettori?
Ci ha lasciato tanti retroscena, tante polemiche intorno ai “gretini”, tante affermazioni pubbliche di vari personaggi pubblici, che ne contestano le scelte o alludono vergognosamente alle sulle sue caratteristiche umane, come lo sguardo corrucciato e l’espressione fissa da Asperger.
Ci ha lasciato I’imbarazzante gara dei politici italiani per appropriarsi ogni merito dell’ambientalismo, appuntarsi al petto le medaglie Greta e Clima, mendicare consensi dai giovani e dagli elettori sensibili all’ambiente.
Ci ha lasciato l’inevitabile tesi del complottismo (sui social è stato scritto che dietro l’attivista c’è la lobby dei fondi d’investimento, dei produttori di treccine e dei fabbricanti di berretti e sciarpe), nonché la sua fotografia con trecce e cerata gialla, adattata e sfruttata per generare un portfolio di immagini virtuali che presto sono diventate un’icona internazionale.
Ci ha lasciato le storie, le chiacchiere, le battute, gli sfottò e tanti meme.

Spesso, nei blog o nei post pubblicati sui vari social network, è facile imbattersi nei Meme, ma non tutti sanno con esattezza cosa siano.
Il termine deriva dal greco mímēma e significa imitazione o più semplicemente fa riferimento a un contenuto divertente o bizzarro: può essere un’immagine, un video, una foto o anche una frase, che in poco tempo si diffonde in maniera virale, come un vero e proprio tormentone (V. foto).
Anche se nascono con l’intento di divertire gli utenti, tuttavia, è bene specificare che i Meme possono essere utilizzati anche per garantire ad un concetto un maggiore impatto emotivo, puntando a contrastare la diffusione di notizie false. Infatti, sono entrati anche nella sfera politica e sociale, riuscendo a far riflettere o a scuotere, in più di un’occasione, l’opinione pubblica.

Comunque, tutti a preoccuparsi di chi c’è dietro la “ritardata” dalle treccine ignobili. Chi ci sarà mai dietro, oltre le lobby già citate? La mafia internazionale, la massoneria, gli ufo, le multinazionali del biologico, i poteri forti, Bilderberg, i Rothschild, la solita speculazione dell’alta finanza pluto-giudaico-massonica?
Pensate, invece, a chi c’è davanti a Greta: miliardi di imbecilli che stanno distruggendo il pianeta. Talmente idioti che persino una battaglia oggettivamente e indiscutibilmente giusta, come quella di questa ragazzina, viene messa in discussione da teorie complottiste.
Se i petrolieri pagano tanti soldi per gettare discredito sul mondo ambientalista e nascondere i loro crimini, qualche mercenario dovrà pure raccoglierli.
Quindi: obbedire, ironizzare, ridicolizzare, delegittimare una povera "ritardata”, che dà troppo fastidio a multinazionali, cupole finanziarie e imperi commerciali e fa pensare troppo, soprattutto i giovani.
Una ragazzina - definita autistica, marionetta mediatica, da famiglia Adams, con le treccine ripugnanti - che, con una chiarezza e una fermezza incredibili, sbatte in faccia al mondo la realtà e sta facendo riflettere la vuota generazione del telefonino e dell’iperconsumo.
Che non deve essere a tutti i costi vegana, non deve essere una francescana, non deve vivere di aria, né muoversi a piedi, non deve rinnegare la tecnologia, come molti limitati benpensanti della domenica ragliano nelle praterie o nelle stalle del più becero sillogismo.

Ricordate “La canzone del sole” di Lucio Battisti? “Le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi/ le tue calzette rosse/ e l’innocenza sulle gote tue…”
Sembra il ritratto di Greta Thunberg. Una Pippi Calzelunghe o una delicata Cappuccetto Rosso contro il Lupo Cattivo di un sistema industriale che sta cambiando, forse irreversibilmente, il mondo. Una battaglia sacrosanta quella della difesa dell’ambiente avvelenato dall’egoismo delle multinazionali, dalla logica del profitto, dall’imbecillità di un potere che alla fine riuscirà a distruggere anche se stesso.

Ma senza costruire miti e simboli per continuare poi con le abitudini di sempre, con la crudeltà, l’indifferenza e gli egoismi di sempre, con cui costruiamo ovunque non solo muri di pietra, ma muri di pensiero.
Non trasformiamo Greta in bambolina da esposizione. Da sbeffeggiare, da sfruttare, da nascondere o mostrare secondo quanto e quando ci conviene.
Lei deve e vuole essere la voce delle nostre coscienze sopite. 
(Alfredo Laurano)


NESSUNO VI AMERÀ’ PIÙ’ DI ME

Ancora una pagina di forti, intense emozioni che solo lo sport e, in questo caso il calcio - quando dimentica di essere diventato solo business - sa esprimere con tanta partecipazione, devozione e sentimento. Come è stato due anni fa con Totti e, ancora prima, con Del Piero, con Buffon, con Bruno Conti e tanti altri. 
L’addio di Daniele De Rossi, ieri sera, è stato l’epilogo triste di una lunga carriera fatta di gioco, talento, amore e fedeltà, ma anche il momento più bello di una stagione deludente e fallimentare di una squadra inconcludente come la Roma. Un saluto bagnato dalle lacrime del cielo e dal pianto dei settantamila che affollavano gli spalti, che ha riscattato un campionato da dimenticare, come certe discutibili scelte societarie di mercato, che avviliscono i tifosi e umiliano la squadra.
Magliette, bandiere, striscioni, sciarpe e cappelli hanno colorato l’intero Olimpico di giallorosso. Molti li hanno regalato a Daniele - il cui acronimo DDR, per tanti, significa “dono di Roma” - che li conserverà, come simboli preziosi, nella sua bacheca personale. 
Moglie, figli, amici, compagni di squadra e della sua grande famiglia allargata, lo hanno festeggiato, abbracciato e accompagnato nel suo lungo giro di campo, segnato da baci, saluti e fotografie. 
Anche i sensibile Mr. Ranieri, di fronte a uno striscione di stima e di saluto, si è inchinato e ha pianto. Anche lui lascerà la “Magica”, da sempre nel suo cuore.
L’addio di De Rossi alla sua Roma è stato forse il secondo tempo di una stessa esaltante partita, cominciata dal suo amico e maestro Francesco, appunto due anni fa.

Quanto amore anche ieri in quello stadio. Quanti diversi e contrastanti sentimenti hanno affollato e toccato anche ieri quelle curve, quelle tribune e quella gente assai provata.
Quanta commozione, quanta passione, quanta sofferenza hanno segnato quei volti senza età, sopraffatti dal pianto e dal dolore. 
In quella cornice di dimenticato romanticismo e di valori sani, si è scritta un’altra straordinaria pagina di partecipazione popolare, di orgoglio sportivo, di passione collettiva, di affetti liberati e veri che hanno la forza di tramandare i miti e raccontare la leggenda. 
Si è scritta un’altra pagina dell'amore e della grande bellezza dello sport.

Come la stessa toccante lettera di addio di Capitan Futuro”, che ha indossato ieri, per l’ultima volta, la sua maglia romanista.
Comincia con la foto di un De Rossi, piccolo e sorridente, con indosso già la maglia giallorossa:

“Che te ridi regazzi’?
So’ felice!
Perché sei felice?
C’ho la maglietta della Roma
Ma non è che è falsa?
Ma no, il numero l’ha cucito mia zia…
E se te dico che la indosserai più di seicento volte?
A me ne basterebbe una di partita.”

“Riguardando questa foto, che ormai conoscete tutti, mi rendo conto di quanto io sia stato fortunato, una fortuna mai data per scontata e per la quale non sarò mai abbastanza grato.
È stato un viaggio lungo, intenso, sempre accompagnato dall’amore per questa squadra.
Questa gratitudine non voglio lasciarla sospesa per aria, perché, mentre scrivo la parola grazie, non mi passano per la testa dei concetti astratti, ma dei ricordi e delle sensazioni, delle facce e delle voci.
Permettetemi di ringraziare tutta la Roma che ho conosciuto:
la famiglia Sensi, il presidente Pallotta.
Tutte le donne e gli uomini che hanno lavorato e lavorano a Trigoria.
Gli allenatori che mi hanno guidato, ognuno mi ha insegnato qualcosa di importante, nessuno escluso.
Gli staff medici che si sono presi cura di me; Damiano, senza il quale le mie presenze con questa maglia sarebbero state sicuramente meno.
I miei compagni, la parte più intima del mio lavoro: sono la mia famiglia. La quotidianità dello spogliatoio di Trigoria sarà quella che mi mancherà di più.
Bruno, che ha visto in me qualcosa di speciale e mi ha portato in questo fantastico settore giovanile. È lì che, una mattina di agosto, ho incontrato Simone e Mancio, che mi sono rimasti accanto finora e resteranno per tutta la vita.
Grazie a Davide, anche lui accanto a me per tutta la vita.
Grazie a Francesco. La fascia che ho indossato l’ho ricevuta dalle mani di un fratello, di un grande capitano e del calciatore più straordinario al quale io abbia mai visto indossare questa maglia. Non capita a tutti di giocare 16 anni accanto al proprio idolo. Riconsegno questa fascia, con rispetto, ad Alessandro. Un altro fratello che sono sicuro ne sia altrettanto degno.
Grazie a papà e mamma per avermi cresciuto trasmettendomi due valori che sono ogni giorno con me: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso e dai una mano a chi è in difficoltà.
Grazie a Ostia, alla sua gente e al suo mare, che mi hanno svezzato da bambino, accompagnato da adolescente e riaccolto da adulto.
Grazie anche a chi mi ha sopportato e supportato tra le mura di casa: senza Gaia, Olivia e Noah e, soprattutto, Sarah, sarei la metà dell’uomo che sono oggi.
Grazie ai tifosi della Roma, i miei tifosi. Mi permetto oggi di dire miei, perché l’amore che mi avete dato mi ha permesso di continuare ad essere in campo parte di voi. Siete stati la ragione per cui tante volte ho scelto di nuovo questa città. Domani sarà la seicentosedicesima volta in cui io considererò questa scelta, la scelta giusta.
Mai come in questi giorni ho sentito il vostro affetto: mi ha travolto e mi ha riempito il cuore.
Mai come in questi giorni vi ho visto così uniti per qualcosa. 
Ora, il regalo più grande che mi potete fare è mettere da parte la rabbia e tutti uniti ricominciare a soffiare per spingere l’unica cosa che ci sta a cuore, la cosa che viene prima di tutto e tutti, la Roma.

Nessun mai vi amerà più di me. DDR”

E ora, amici, sportivi, tifosi e appassionati, dopo aver visto e letto tanto, provate a non piangere un’altra volta.
27 maggio 2019 
(Alfredo Laurano)

EUROPA CHIAMA ITALIA

Ci si attendeva che le elezioni cambiassero la geografia politica italiana, sullo sfondo di un'Europa in subbuglio, dove si rafforza il fronte sovranista che, tuttavia non sfonda e non prevale. E così è stato. 
Nulla sarà più come prima. 
Salvini, premier virtuale, trionfa, bacia il rosario e ringrazia la Madonna. 
La Lega è il primo partito d’Italia.
La sua (attesa) vittoria, ben oltre il 34 per cento, unita al crollo del M5S, praticamente doppiato e staccato pure dal PD, crea un distacco di circa 17 punti tra i due partiti della coalizione. 
In un anno, il Movimento è evaporato, ha perso il mantello-ombrello dell'onestà e si è praticamente dimezzato, fagocitato dal felpato, devotissimo capitano. 
Paga gli effetti di un accordo innaturale, sempre in bilico e incalzante, che lo avvolge come una tentacolare e soffocante piovra e lo costringe alla difensiva, alla continua replica e ai distinguo, contro la prevalente volontà della sua base che in buona parte guarda a sinistra. 
Troppo per non essere destabilizzante.
Troppo per non cambiare i rapporti di forza e gli equilibri del potere.
27 maggio 2019 (Alfredo Laurano)

IL RICATTO DEI VOTI DISPERSI

Come scrive Norma Rangeri, oggi si vota, con lo spettro della Lega primo partito in Italia e in Europa, affiancato a Le Pen e perno dell’asse nazionalista nel Mediterraneo.
Gli appelli al voto, a non restare a casa, si rivolgono per lo più a un’area sparpagliata, disillusa, tentata dall’astensione. 
Il Manifesto ne ha pubblicato uno, firmato da centinaia di uomini e donne che appartengono ad una storia comune (come Rossana Rossanda, Luciana Castellina, Lidia Menapace), a sostegno di La Sinistra, la lista che in pratica, dopo l’Altra Europa per Tsipras, rimette insieme una parte della diaspora di Rifondazione comunista.
Archiviata l’esperienza di Liberi e Uguali, un altro tentativo di ricomporre spezzoni dell’area a sinistra del Partito democratico, come principale artefice Sinistra Italiana. Si poteva allargare e unire di più, Possibile, Potere al Popolo, i Verdi, probabilmente.
Si guarda con apprensione allo sbarramento del 4 per cento (voluto a suo tempo dal Pd e Fi, a scanso di fastidiose compagnie). 
Soprattutto perché La Sinistra è una forza piccola. 
Nelle ultime settimane ha raccolto consensi e se l’impresa riuscirà, con l’obiettivo di ritrovarsi nel gruppo europeo del Gue, questa lista potrà rappresentare battaglie e idee sulla pace, sul lavoro, sull’integrazione, sui diritti umani, sull’ambiente, sulla democrazia degli Stati uniti d’Europa. 
Per recuperare il sogno originario e avere un ruolo significativo nel contrastare lo strapotere delle potenze imperiali, che trovano miopi vassalli nei partiti sovranisti. 
La spada di Damocle della dispersione dei voti è un ricatto pesante, come se le minoranze non avessero diritto di rappresentanza.

Più chiaro è invece lo scontro con chi in questi ultimi dieci mesi ha sgovernato il Paese, alimentando un clima di intolleranza, di divisione, di odio, di paura. Costringendo l’Italia a comportamenti e scelte di stampo razzista. Creando una situazione di incertezza economica, che in autunno si farà sentire con virulenza.
Su tutti questi aspetti non mancano contraddizioni, come testimoniano le sceneggiate quotidiane tra M5S e Lega. Con il Movimento costretto a seguire la Lega delle tangenti e dell’odio verso gli immigrati e in tema di sicurezza, che regalerà il trionfo di un senso comune rabbioso, violento, disposto a scambiare sicurezza contro libertà.
E in queste contraddizioni la sinistra, l’area democratica, deve saper accentuare le differenze, reali, non fermandosi al teatrino politico dei leader. Tra l’altro, nell’offrire l’autosufficienza come alternativa di governo, il Partito democratico risulta poco credibile per il suo stesso elettore.
Ovvero la tentazione continuista di un Pd diversamente renziano, con i gruppi parlamentari che tirano nella vecchia direzione, nonostante qualche generoso contributo da sinistra.
Buon voto! (26 maggio 2019)

VOTA ANTONIO

Senza voglia, senza entusiasmo, senza passione, senza convinzione, senza crederci troppo. 
Comunque, insieme a 317 milioni di europei, vado a votare, come sempre, come ho sempre fatto nella mia vita da cittadino, tutte le volte che la democrazia mi ha invitato a fare la mia scelta: civica, civile, politica, amministrativa, europea. Anche quando, in altra veste, nel 2007, sono stato candidato.
Dagli anni sessanta ad oggi, il mio voto, sempre in una sola ed unica direzione, ha avuto tanti ruoli, significati e sfumature diverse, attraversando momenti storici, segnati da timori e da speranze. Da quando, insieme a tanti, volevo cambiare il mondo, gli uomini e le cose, fino alla presa di coscienza che libertà, giustizia, uguaglianza, solidarietà e dignità, non appartengono a questo consorzio umano. Una presa d’atto, una sconfitta dolorosa.
Il voto - espresso ancora con una croce su una scheda colorata con una matita copiativa - resta comunque un diritto irrinunciabile, un dovere inalienabile, uno strumento di lotta e di protesta, una risposta, logica e puntuale, ad eventi coinvolgenti che ci toccano da vicino e sentiti sulla pelle, anche se oggi lascia spazio alla stanchezza, alla delusione, se non all’indifferenza. 

Ma alla fine, prevale ancora la propria impronta, la propria identità, la propria storia, la propria formazione e la propria appartenenza, concreta ed ideale, come quando si scendeva in piazza. Anche per non lasciare il campo agli altri, per non favorire la controparte, per non rinunciare al confronto, alla battaglia o delegare in bianco. 
Se non voti, qualcuno sfrutta la tua rinuncia, come voto a suo favore, ne approfitta e ci guadagna. E non la pensa certo come te.
Il voto a sinistra per me è stato sempre una scelta di orgoglio, moralità, onestà, appartenenza, idealità. Un convinto no ai soprusi, al razzismo, alle discriminazioni, alle mafie, alla corruzione, per il diritto al lavoro, e soprattutto al rispetto per l'essere umano, per i più deboli, abbandonati o emarginati.

L’attuale panorama politico è di estrema contraddizione, di ovvia ipocrisia. Fumoso e strumentale, soprattutto d un punto di vista comunicativo, per giustificare azioni, proclami e posizioni di comodo e di poltrona. Per mantenere integro il potere, faticosamente conquistato.
Leggi, riforme, iniziative, contrapposizioni, accordi e disaccordi, interni ed esterni a maggioranza e opposizioni, sono sostenuti dalle grancasse di certa stampa, di TV, di social network e slinguazzatori seriali. 
Dalla discesa in campo del vizioso Berlusconi, che ancora si propone alla ribalta con i soliti foglietti in mano (chissà che ci sarà scritto o sono in bianco), al prode e feroce capitan Salvini, frenato e circondato dalle Stelle, passando per il rigore montiano e il ghigno renziano.
Tutto è soprattutto, se non solo, propaganda. 
26 maggio 2019 (Alfredo Laurano)

domenica 26 maggio 2019

EDICOLA RIDICOLA


Oggi, 25 maggio, l'Unità torna in edicola per un giorno, firmata da Maurizio Belpietro: un numero straordinario per evitare la decadenza della testata.  Belpietro, attualmente alla guida de La Verità e di Panorama, non si può certo definire un 'uomo di sinistra'.
Ha detto che ha accettato la proposta dell’editore perché: “in tempo di crisi di giornali, mi è sembrato giusto salvare una testata, che altrimenti rischia di sparire. Di certo non ho nessuna intenzione di fare il direttore dell'Unità, testata di cui peraltro non condivido molte delle cose che vengono pubblicate".
Ma il comitato di redazione del giornale non la prende bene ed esprime una netta presa di distanza rispetto alla scelta dell'editore. In un comunicato, parla di ultimo affronto alla storia del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, un gesto gravissimo, un insulto alla tradizione politica di questo giornale e della Sinistra italiana, prima ancora che una violazione delle norme contrattuali.
L'Unità, giornale sopravvissuto al fascismo, in mano ad un direttore da sempre apertamente schierato con la parte più conservatrice della politica italiana e più volte alla guida di giornali di proprietà di Silvio Berlusconi, che a l'Unità e ai partiti della sinistra non hanno mai risparmiato insulti e campagne d'odio.
E’ una gravissima profanazione della storia gloriosa di un grande giornale libero, che ha sempre lottato per valori agli antipodi delle idee che Belpietro ha sostenuto in tutta la sua vita professionale. Una violenza culturale e politica inaccettabile.
E’ come se “il Corriere dei Piccoli” fosse firmato da Erode.
O i manuali di storia e di scienza raccontati e spiegati da Mago Otelma o Paolo Fox.
25 maggio 2019 (Alfredo Laurano)



venerdì 24 maggio 2019

COME SI DIVENTA MOSTRI


Il bollettino dell’orrore non si spegne mai. Anzi, si rinnova, si allarga, si moltiplica all’infinito, di giorno in giorno, di ora in ora. Dalla violenza collettiva, agli attentati, agli stupri, alle tragedie familiari. Non passa istante che non si realizzi e trovi spazio l’atrocità, la brutalità, il disgusto.
Lo ha picchiato selvaggiamente, ha chiamato il 112, poi si è allontanato. Il giovane padre assassino ha confessato, poi, dopo la cattura, di aver agito in preda a un raptus, a un momento di rabbia, perché non riusciva a dormire, anche a seguito dell’assunzione di hashish, e di aver percosso il piccolo figlio di due anni fino alla morte.
Quando gli agenti sono intervenuti nella casa in zona San Siro, occupata abusivamente, il suo corpicino era senza vita e presentava evidenti segni di violenza. Aveva i piedi fasciati, lividi vari e una ferita alla testa. In casa c’era soltanto la madre, una donna croata di 23 anni, incinta e con altri quattro figli, sicuramente vittima del degrado, dell’abbandono sociale e di un marito padrone.
Solo pochi giorni fa, a Cassino, altri verbali dell’orrore ci avevano raccontato del piccolo Gabriel, soffocato a morte a soli 28 mesi dalla mamma e, pare, anche dal padre separato, per aver innervosito, col suo pianto molesto, i genitori che in quel momento stavano consumando un rapporto sessuale in auto: un movente tanto incredibile, quanto agghiacciante.

Ma cosa siamo diventati? Peggio delle bestie più feroci che, peraltro, uccidono solo per fame o per difesa. Un animale, qualunque esso sia, protegge e cura i propri piccoli e rischia la propria vita per salvarli,
Alcuni cosiddetti esseri umani - se è lecito definirli tali - invece, ammazzano di botte i propri figli. Ma come si fa? - ci chiediamo tutti senza trovare una risposta, una ragione, un perché. Cosa può portare un uomo a compiere un gesto mostruoso e contro natura come questo? Forse la condizione sociale, economica, affettiva; sicuramente la propria educazione e cultura, la sua storia personale o, magari, solo la follia.
E' talmente orribile che non riusciamo nemmeno a immaginarlo.
Dove sbagliamo?
Perché non è normale togliere la vita a un figlio. In un momento di rabbia, si prende a pugni un armadio, un muro, si fuma un pacchetto di sigarette, si bestemmia, ci si ubriaca; ci sono tante cose che si possono fare per sfogarsi prima di uccidere di botte un figlio di due anni.
Ma, soprattutto, continuiamo a domandarci, ogni volta, come si possa evitare che questo accada ancora in futuro.
Questi genitori assassini sono peggio delle peggiori delle bestie, le sovrastano in ferocia e malvagità gratuita e non sono da annoverare tra gli esseri civili.
Bisognerebbe isolarli sempre più dalla società, buttando le chiavi della loro cella di punizione e pena. (Alfredo Laurano)

UNA BELLA NAVE CARICA DI SPERANZA


“Gli uomini passano, le idee restano e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”
E’ il modo migliore per ricordare la strage di Capaci in cui persero la vita 27 anni fa il giudice Giovanni Falcone, la moglie, il magistrato Francesca Morvillo, e gli agenti della sua scorta.
Arrivata a Palermo la Nave della legalità, con all'esterno le grandi foto di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino - due eroi, nella memoria di tutti, due esempi, nel messaggio che la scuola vuole custodire e trasmettere ai cittadini di domani -  con a bordo 1.500 studenti. 
Salpata ieri dal porto di Civitavecchia e salutata dal presidente Mattarella - che ha affermato: “Voi ragazzi assumete un compito importante. Imbarcandovi in questa Nave della legalità, compiendo la traversata, sbarcando a Palermo, lanciate un messaggio: la mafia sarà sconfitta, sarà debellata definitivamente” - dopo una notte di navigazione, è giunta nel capoluogo siciliano, per partecipare alle cerimonie in programma per l’anniversario.
Al grido di "Giovanni e Paolo" gli studenti sono scesi dalla nave. Ad attenderli sul molo molti studenti delle scuole di Palermo, Maria Falcone, sorella di Giovanni e presidente della Fondazione Falcone, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.
"Noi la mafia non la vogliamo", urlano i giovanissimi. Molti gli striscioni che gli studenti hanno appeso sulla nave: da "La giustizia è il seme della libertà, facciamola crescere con noi", a "Gli uomini passano, le idee restano" e "Sogno una nazione senza corruzione questa è l'ambizione della mia generazione".
A tutti loro, si sono unite le voci e le iniziative di oltre 70.000 ragazzi che, in tutta Italia, hanno partecipato alle iniziative contro le mafie, nell’ambito della manifestazione #PalermoChiamaItalia, promossa dal ministero dell'Istruzione e dalla Fondazione Falcone.
Un appuntamento che si rinnova ogni anno, al di là delle chiacchiere, delle polemiche e delle passerelle di politici. 23 maggio 2019 (Alfredo Laurano)




mercoledì 22 maggio 2019

IMMORTALATI IN VIDEO


Vite inutili, vite sprecate.
Vite lasciate sull’asfalto in un folle gioco, in nome di falsi miti che una certa società malata propone e una stupida cultura asseconda. 
Come ad obbedire a un ordine convenzionale, non scritto nelle leggi, nelle regole sociali o nel proprio Dna. Non obbligatorio, ma pressante e rigorosamente imposto dalla nuova etica dello sballo e delle dominanti social-dipendenze, che ridisegnano moda e costume e comprimono ogni possibilità di autonomia. Che vanificano e rinnegano il libero arbitrio e la capacità di distinguere e decidere, di scindere o smarcarsi, di scegliere liberamente come operare, secondo la comune logica e la propria volontà, con cognizione, conoscenza, giudizio e contezza di sé.

E’ sempre più difficile capire ciò che è bene e ciò che è male o valutare ciò che è giusto fare o non fare. Ciò che è abuso, illegalità, piacere effimero e autolesionismo.
Il Web e le nuove scalpitanti, irrefrenabili tecnologie hanno riesumato consuetudini tribali e diffuso comportamenti umani - selvaggi e primitivi, sotto il profilo antropologico, politico, giuridico o morale - spesso caratterizzati da disturbi maniacali e ossessioni compulsive. Ossia, da quei fenomeni patologici che si manifestano con l’insorgenza di un’idea o di una qualsiasi rappresentazione mentale, che, accompagnata da un sentimento d’ansia, si impone al soggetto in modo insopprimibile e lo trascina, pur consapevole di tale insensatezza, a compiere determinati atti o a fissarsi su determinati pensieri.

Ecco perché a Modena, sull’autostrada, si va a 220 km all'ora, in diretta Facebook.
Ecco perché due giovani, diretti a una festa techno a Rovigo, si filmano e si schiantano contro un muro e vengono poi falciati e finiti dalle auto che seguono.
"C'è la strada pulita, piove, questa Bmw è un mostro, siamo ai 220" - dicono mostrando euforici il cruscotto e allargando l'inquadratura - "Ci fermiamo in Autogrill? No, ci sta aspettando la droga e tutto il resto".
Sono le loro ultime parole che si sentono nel loro ultimo video condiviso in diretta.
Non arriveranno mai a quella festa, non li aspetteranno né musica, né donne, né droga, né niente e né nessuno. Le loro vite rimangono su quell'asfalto e in quel post appena condiviso.

Inevitabilmente, duri i commenti sui social al video postato da una delle due vittime: “Se la sono cercata e l'hanno trovata”, “Meno male che siete morti voi e non avete fanno danni ad altre persone”.
I social o la droga. Non so quale cosa faccia più male”, ha twittato Dj Aniceto, testimonial antidroga “Sono veramente sconvolto. Auspico in un futuro prossimo lo stop dei telefonini, dei social network che stanno rovinando tutti noi, rendendoci completamente idioti”.
Come non essere d’accordo? (Alfredo Laurano)



NON C'È MINISTRO SENZA UN MAESTRO


Accusata di aver accostato la figura di Matteo Salvini a quella di Mussolini, una docente è stata sospesa e allontanata dalla scuola di Palermo perché non avrebbe vigilato sul lavoro dei suoi studenti 14enni.
In occasione della giornata della Memoria, avevano elaborato un video che accostava la promulgazione delle leggi razziali del 1938 al decreto sicurezza del ministro Salvini: diritti umani violati in quelle leggi, come anche, sembrerebbe, in alcuni punti dello stesso decreto. Dibattiti, riflessioni, opinioni, confronti, ma nessun intento polemico, aveva precisato la prof.
E' indubbio, scrive Antonio Sabia, giovane insegnante, precario, di 30 anni di Potenza, che l'unica bellezza possibile, per chi svolge il nostro ruolo, risieda nella capacità con la quale gli insegnanti aiutano a fare sbocciare i propri alunni, tirando fuori il meglio dalle loro capacità.
Mi chiedo cosa altro avrebbe potuto fare la collega palermitana su cui si è abbattuta la sciabola della ‘giustizia’ se non stimolare i suoi alunni a ragionare sul presente? Può mai essere considerato un reato ‘non sorvegliare’ lo sviluppo delle capacità critiche?
Se l'insegnante deve essere quel giardiniere che cura i suoi fiori in maniera tale che tutti possano sbocciare nel massimo della loro bellezza, ciò non può avvenire se si blocca la capacità di porsi continue domande, se si costringono gli alunni a non pensare o, peggio ancora, a pensare solo quello che qualcuno ha imposto loro. È un po' come se il giardiniere costringesse una pianta di gelsomino a far fiorire una rosa!

Sì, ma a scuola non si fa politica’, potrebbe obiettare qualcuno. Quando gli alunni si riuniscono in un'assemblea di classe o di istituto stanno già esercitando i presupposti di un agire politico, imparando a conoscere la democrazia sin da subito. Quando noi insegnanti di Storia spieghiamo la Grecia classica e raccontiamo dell'età di Pericle, con le sue leggi in favore dei ceti più poveri per un accesso gratuito alla cultura o della ‘retribuzione’ per chi partecipava alle assemblee cittadine, noi stiamo già facendo politica, perché è a partire da queste conoscenze che si sviluppa la coscienza politica.
Noi a scuola ‘facciamo politica’ ogni qualvolta spieghiamo il contrappasso dantesco, le conquiste di Alessandro Magno o il Principe di Machiavelli. A qualcuno sicuramente non piace, perché, come diceva Don Milani, noi stiamo formando i cittadini che in futuro cambieranno queste leggi.
Farebbero bene a ricordarsi l'etimologia della parola che li qualifica: ‘minister’, servitore, dal latino ‘minus’, cioè meno, minore rispetto al ‘magister’, maestro, da ‘magis’, ovvero più, al di sopra. Perché non può esistere nessun ministro se non ci sono maestri, o professori, che facciano bene il loro mestiere.
Cioè liberi.
21 maggio 2018 (Alfredo Laurano)

venerdì 17 maggio 2019

FENESTA CHE LUCIVE E MO' NUN LUCE


Tra blitz della polizia e autoscale dei pompieri, va ormai avanti da settimane la saga delle lenzuola, una soap opera tutta nordica e italiana, con nuove puntate ogni volta che il ministro degli Interni tiene un comizio.
Si diffonde dappertutto la protesta degli striscioni contro il prode Matteo Salvini.
Sui balconi, terrazze e finestre, si ritirano drappi, tappeti, bandiere e omaggi religiosi per esporre scritte a mano anti-Salvini.
La rimozione forzata dello striscione di Brembate da parte dei pompieri ha provocato una reazione spontanea, da nord a sud, da Verona a Catanzaro. Va osservato che il grande striscione contro Mimmo Lucano (sei il male d’Italia), posto davanti all’Università di Roma da gruppi neo-fascisti, è stato ben tollerato e non rimosso dalla polizia, ben presente.
A Firenze, hanno scritto: “portatela lunga la scala, sono al quinto piano”. E domenica a Milano s’annuncia una contestazione di massa di lenzuola contro il comizio del leghista con Marine Le Pen.
In ogni tappa del suo tour elettorale, il ministro delle felpe, delle divise e delle magliette perdute, trova questi addobbi, anche pungenti e spiritosi, di dissociazione e dissenso contro la sua persona e il suo partito e non gradisce affatto. 
Apparentemente la prende a ridere, facendo la sua solita ironia e le tipiche battute studiate a tavolino, in realtà chiede alla Digos di identificare gli espositori e allontanare poco gentilmente i disturbatori.
Anche questa è comunicazione, efficace e naturale, più di uno spot o di un insulto urlato nella piazza. 
Sono stracci che parlano una lingua facile e universale, che fanno molto male e molto arrabbiare. (Alfredo Laurano)


ANTICHI SAPORI

Immaginate un luogo verde e immerso nel silenzio, lontano dal traffico, dai rumori, dal chiasso prodotto dagli umani.
Immaginate un pezzo di campagna che, nel rispetto dei cicli stagionali, si nutre e si ammanta dei mille colori della terra; che segue ritmi naturali che abbiamo dimenticato, sopraffatti dalla civiltà del possesso, delle macchine, dei centri commerciali, della tecnologia.
Immaginate un luogo magico dove le bianche gallinelle livornesi si svegliano all'alba, aprono la porta del loro residence, escono di corsa verso un grande spazio all'aperto, dove razzolano, beccano gli insetti, cercano i sassolini ricchi di calcare, mangiano l'erba e i semi. Che felici depongono le uova e rientrano al tramonto, per il riposo notturno, appollaiate tutte in fila sui bastoni di legno.
Immaginate un minuscolo spicchio di mondo, dove vivere significa “ascoltare ogni giorno il respiro della nostra madre terra ed assistere continuamente al miracolo della vita e della rinascita”.
Tutto questo, che state immaginando, è il riassunto di una piccola azienda agricola, a conduzione familiare, che, grazie al clima favorevole e al terreno di origine vulcanica, ricco di ferro, coltiva prodotti ortofrutticoli di qualità, per consumo proprio e per la vendita. Senza diserbanti, fertilizzanti chimici e pesticidi, ma con l’aggiunta di solo concime organico naturale e sostanze consentite in agricoltura biologica.

Siamo a Cerveteri, in terra etrusca, a pochi passi dall’Aurelia, nel regno dei sapori di Tiziana e Laura che offrono bontà appena raccolta e prelibatezze rurali, in un punto vendita accogliente e molto familiare, dove è possibile anche degustare piatti e proposte gastronomiche, preparati per l’occasione e solo su prenotazione.
Ma non è un ristorante nel senso classico della parola. Si mangia in una bella sala da pranzo di famiglia, come quella delle nostre case, degli amici o della nonna.

Antipasti sfiziosi con calzoncelli, frittate, formaggi freschi e caciottine, salse allo yogurt, humus, crema di piselli e maionese casareccia.

A seguire, paste fresche con verdure, lasagne ai carciofi pollo alla cacciatora, polpette vegetali, patate al forno, "misticanza" (un mix di erbe: borragine, bieta, broccoletto selvatico, cicoria).
Tra i tanti altri prodotti, che si possono acquistare, uova, pomodori, zucchine, peperoni, fagiolini, melanzane, insalate, finocchi, broccoli, cavolfiori, cipolle insieme alla squisita frutta estiva: pesche, albicocche, prugne, fichi, meloni, cocomeri. Ma anche marmellate crostate, ciambelloni, ciambelline, focacce, pane, biscotti e molto di più.

Un ricco mix di benessere e genuinità, dal gusto forte, deciso e inconfondibile, che ci riporta indietro nel tempo ai sapori e ai profumi della nostra fanciullezza. Un tuffo nel passato, un’esperienza emotiva e sensoriale da provare e assaporare, con mistico candore. 
(Alfredo Laurano)

Antichi Sapori Via Fosso della Cerqueta 00052 Cerveteri    Tel. 334 228 5544





ERA ORA!


CasaPound e Forza Nuova, 65 indagati a Roma per i disordini a Casal Bruciato e Torre Maura.
La Procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati 24 persone, appartenenti ai movimenti di estrema destra Casapound e Forza Nuova, in relazione ai disordini scoppiati nella zona di Casal Bruciato, periferia est della Capitale, per l’assegnazione ad una famiglia rom di una casa popolare.
Altre 41 persone, tutte appartenenti ai due movimenti, sono indagate per gli episodi quasi identici di Torre Maura, altra zona orientale di Roma, avvenuti il 2 aprile. In quel caso “si protestava” contro il trasferimento in una struttura di accoglienza di alcune famiglie rom.
In tutt’e due le vicende, alla luce di una informativa Digos si contestano, a vario titolo, i reati di istigazione all’odio razziale, violenza privata, minacce, adunata sediziosa, apologia di fascismo. Nel caso di Torre Maura, invece, viene contestato anche il reato di rapina in relazione ai panini, sottratti e calpestati, che erano destinati al centro di accoglienza, nel corso dei disordini.
Per Casal Bruciato è indagato anche l’uomo che gridò “troia ti stupro” nei confronti di una delle assegnatarie dell’alloggio, che aveva una bambina in braccio. 


domenica 12 maggio 2019

DAL SALONE DI TORINO A CASALBRUCIATO: E' ORA DI SGOMBRARE


Una logica, naturale, inevitabile riflessione.
Al Salone del Libro di Torino, la polemica sull’ ospite sgradito - la casa editrice Altaforte di  Francesco Polacchi, contestato per le sue personali vicende che lo qualificano come referente di Casa Pound, gruppo politico che inneggia al fascismo, ma più noto alle cronache giudiziarie per attività di accoltellamenti e pestaggi in manifestazioni varie, nonché reso famoso dal regalo di Salvini che lo ha scelto per pubblicare il suo libro-intervista - si è conclusa, giustamente, con l’ allontanamento della stessa, per indegnità e per non aver titolo democratico a partecipare. Anche per le pressioni e le denunce del governatore Chiamparino, della sindaca Appendino e del Museo della Shoah: "Non si può chiedere ai sopravvissuti di condividere lo spazio con chi mette in discussione i fatti storici che hanno portato all'Olocausto, con chi ripropone un'idea fascista della società”.
A Casal Bruciato, invece, una famiglia rom di 14 persone, con bimbi piccoli, che ha regolarmente ottenuto una casa popolare è stata assediata e ferocemente minacciata di stupri, incendi, bombe e spedizioni punitive, per giorni, da una teppaglia fascistoide, che nessuno ha cacciato, arrestato o portato via. Che nessuno ha disperso o caricato.
Ma - si chiede anche Travaglio - dov’era lo Stato, il ministro dell’Interno, il prefetto, il questore, la polizia, che opportunamente scorta e protegge la Raggi, ma non colpisce chi minaccia persone inermi e indifese?
Perché si consente a questi gruppi neo fascisti e mafiosi che proliferano in molte periferie romane, come Tor Bella Monaca, Torre Maura, Ostia e tante altre, abbandonate dallo Stato da decenni, di pescare nel torbido, di farla da padrone del territorio?
Famiglie che legittimamente hanno ottenuto la casa, ma che non possono entrare, che - lo hanno stabilito le competenti autorità - non hanno alcuna responsabilità, né vicinanza con quei nomadi che rubano, intimidiscono o sporcano, e non possono essere perseguite o discriminate sulla base di un'appartenenza etnica.
Una provocazione inaccettabile, fatta da un piccolo manipolo di avanguardisti, che spadroneggiano e dettano legge. Che allestiscono gazebo e banchetti con simboli, vessilli e bandiere, che nessuno rimuove; che soffiano sul fuoco e fomentano la rabbia e l’odio di altri abitanti del quartiere; che non distinguono i problemi e le diverse situazioni che accompagnano da decenni la questione dei rom - in primo luogo storie di furti, borseggi e paure - e diventano oggetto di facile propaganda o mistificazione: "prima gli italiani", "quelli rubano e gli danno la casa, e a noi niente".
E’ ora che lo Stato democratico si ricordi che non ha ceduto in appalto a Casapound il controllo etnico delle borgate e delle case popolari.
(Alfredo Laurano)

sabato 11 maggio 2019

QUEL NOVE MAGGIO


E’ doveroso ricordare il sacrificio di Aldo Moro.
Quarantuno anni fa, il 9 maggio 1978, veniva ritrovato il suo corpo nel bagagliaio di una Renault 4, rossa, abbandonata in via Caetani, a Roma, ucciso dalle Brigate rosse dopo 55 giorni di prigionia.
Il suo assassinio sconvolse non solo l’Italia e il suo intero popolo.
Ma quel 9 maggio fu anche il giorno della morte di Peppino Impastato, il trentenne giornalista e attivista siciliano, fatto saltare col tritolo sui binari della ferrovia Palermo-Trapani per far credere che si trattasse di un attentato terroristico suicida. In realtà, fu ucciso dalla mafia, a Cinisi, per ordine del boss Gaetano Badalamenti.
Peppino, però, ebbe il torto di farsi ammazzare proprio il giorno del ritrovamento del corpo di Moro e, quindi, fu quasi ignorato dalla grande macchina mediatica, che oscurò completamente la notizia di quell’omicidio di provincia.
Ricordare quel giorno, quel 9 maggio di tanto tempo fa, e queste due figure epiche e leggendarie, nei rispettivi ruoli e nella opportuna dimensione etica e valoriale, genera una certa emozione, soprattutto a chi ha vissuto gli eventi di quel tempo.
Le nuove generazioni hanno bisogno di conoscere queste storie che, al di là dell’omaggio alla memoria, dell’emotività narrativa, del possibile rischio didascalico o retorico, trasmettono messaggi educativi, rilanciano ideali popolari e sensibilità sociali, spesso dimenticati.
Il futuro si può costruire anche in questo modo, perché la mafia e il terrorismo uccidono e il silenzio e l’oblio pure. (Alfredo Laurano)

UNA FORZA DA SINDACA


“Schifosa, portali a casa tua”, le hanno urlato. Come sempre, come è ormai normale, come da copione.  E lo hanno fatto, dopo aver a lungo minacciato la famiglia bosniaca di quattordici persone, assegnataria dell’alloggio popolare di Casal Bruciato: "vi impicchiamo", “vi bruciamo” e soprattutto "ti stupriamo", rivolto ad quella mamma con la bimba in braccio. 
Bisogna darle atto di aver avuto coraggio, di aver preso la decisione giusta, di sicuro quella meno facile.
Momenti di forte tensione quando Virginia Raggi, letteralmente scortata da due cordoni del reparto mobile della polizia, è arrivata nel piazzale condominiale, presidiato da residenti che protestano e Casa Pound che soffia sul fuoco.
"Questa famiglia risulta legittima assegnataria di un alloggio. Ha diritto di entrare e la legge si rispetta. Siamo andati a conoscerli e sono terrorizzati. Abbiamo avuto modo di farla conoscere ad alcuni condomini. Chi insulta i bambini e minaccia di stuprare le donne forse dovrebbe farsi un esame di coscienza. Non è questa una società in cui si può continuare a vivere".
La visita di Virginia Raggi - che già un mese fa si trovò nella stessa situazione a Torre Maura, dove evitò la forzatura del blitz e fece marcia indietro per evitare ulteriori tensioni - non è stata da tutti molto apprezzata.

Un brutto spettacolo, per alcuni, in cui una questione serissima, come quella della convivenza di popoli e persone nello stesso habitat, è stata ridotta da una parte a teatrino e dall’altra parte a monumento dell’irresponsabilità.
Non è tollerabile impedire a un’autorità pubblica, qual è un sindaco, di far rispettare una norma legittima e chi si oppone a questo è condannabile, specie se accompagna la sua contestazione con insulti, minacce e volgarità. Il punto, semmai, è che la scelta della Raggi si è rivelata una forzatura mediatica. La presunzione di stare nel giusto a dispetto di tutto.
Ma un sindaco non è nel giusto quando non sa cogliere gli umori della popolazione e attizza le rabbie invece di risolverle, ha fornito materiale incendiario in una situazione già molto pericolosa.

Ma cosa significano queste critiche?
Significano che l’'emergenza abitativa e il clima di intolleranza che si respira in tutto il paese non vanno affrontati con l'obiettivo dell'inclusione e garantendo a tutti i legittimi diritti e una tutela dalle aggressioni neofasciste. 
Significano che bisogna accettare la violenza, le intimidazioni, le minacce, le azioni di stampo razzista e xenofobo che a quei gruppi vengono concesse.
Al di là dei valori di giustizia ed uguaglianza sanciti nella nostra Costituzione.
9 maggio 2919 (Alfredo Laurano)