venerdì 19 giugno 2020

MASCHERE E CIRIOLE /2061


Gli esami di stato di questi giorni entreranno nella Storia come “la maturità al tempo del Coronavirus”: studenti e professori ben distanziati, con la mascherina sul viso, le mani ben pulite e niente abbracci e strette di mano. Nel mondo, intanto, la pandemia è ancora fortemente attiva e colpisce senza tregua Brasile, Perù, India e Stati Uniti, con migliaia di casi e decessi quotidiani. Secondo i dati dell’OMS ci sono 8,2 milioni di contagiati e 450mila morti. In Itala, situazione stabile, con qualche accenno di risalita.

Comunque, da mercoledì 17 giugno scorso, 500mila studenti italiani, che tornano a scuola per la prima volta dalla chiusura totale di marzo per l'emergenza sanitaria e rivedono i loro insegnanti, sono impegnati in questa prova atipica e un po’ surreale di esami di stato.
Ma con molte novità: tutti gli studenti del quinto anno delle scuole superiori sono stati ammessi all'esame di Maturità, le prove scritte sono state abolite - tema d'italiano, problemi di matematica e fisica e traduzione delle versioni di greco e latino - ma sostituite da un maxi-colloquio orale in cinque parti, di circa cinquanta minuti, che verterà su più materie e potrà comprendere anche esercitazioni pratiche o traduzioni nei licei: si partirà dalla presentazione da parte dei candidati di un elaborato di indirizzo (che non è la classica tesina) e la relazione sull'alternanza scuola-lavoro, nello specifico. Seguirà la parte d'italiano, poi l'analisi del materiale scelto dalla commissione. 
Le 13mila commissioni d'esame sono composte da membri interni, con il solo il presidente esterno e una attenzione particolare sarà data alle misure di sicurezza previste dal Comitato tecnico-scientifico per prevenire la diffusione del contagio. Per questo, ragazzi e commissari dovranno indossare sempre la mascherina e presentare all'ingresso nell'edificio scolastico l'autocertificazione che confermi di non aver avuto febbre nei tre giorni precedenti la prova. Le aule dovranno essere ben areate e saranno pulite e sanificate alla fine di ogni sessione. Ogni candidato potrà portare con sé un solo accompagnatore, che dovrà a sua volta rispettare le misure di prevenzione.

Per tutti i maturandi, questo esame di stato 2020 non potrà mai essere dimenticato.
Sarà una specie di prova innaturale di rinascita, di vita e di speranza, che suggellerà, forse, la fine di uno spaventoso incubo collettivo.
Ancor più di quanto non lo sia stato per ognuno di noi, a partire dalla sua nascita con la riforma Gentile nel 1923 - la più fascista della riforme, come la definì Mussolini - quale naturale sbocco di una scuola selettiva. La valutazione finale era riconosciuta globalmente dalla commissione tutta di esterni. L’obiettivo era chiaro: selezionare in modo rigoroso la futura classe dirigente: basti pensare che alla prima sessione più di tre quarti dei candidati furono bocciati.
Ognuno ricorda, più o meno, il suo, anche se lontano nel tempo. E rivive soprattutto le atmosfere e gli stati d’animo, quali espressione di vera, autentica giovinezza.
Io non faccio eccezione e conservo ancora nella memoria il mio impegnativo cimento, che, a grandi linee, e fino al 1969, era ancora quello previsto dalla riforma Gentiliana.
Si portavano tutte le materie (forse tredici), c’erano la prove scritte e la commissione era tutta esterna.
Era il tempo del Vietnam e di Carosello, dei Beatles e del Piper, di Patty Pravo, Cinquetti e della lacrima sul viso di Bobby Solo, Quasi tutti noi ragazzi suonavamo in un “complesso” che oggi si dice Band, il biglietto del tram costava 50 lire, per un soggiorno in hotel in agosto sulla costa romagnola si pagava da 1000 a 2.000 lire al giorno, una Fiat 600 costava 640.000 lire: l’equivalente di circa 8 mesi di salario di un operaio.
L’Italia, che aveva sperimentato i disastri della guerra e la povertà dell’immediato dopoguerra che voleva freneticamente lasciarsi alle spalle, scopriva il benessere e l’abitudine a nuovi consumi, che favorivano attività economiche e progressi della tecnologia. Tutti vogliono cose che non hanno mai posseduto, dalla lavatrice al televisore, dal frigorifero all’automobile: tutto si compra con le cambiali, pagando un po’ alla volta.
La musica diventa essenziale per i giovani, corredata da un look composto da stivaletti, abiti attillati e minigonne. Si scopre il turismo di massa.
La società pare incamminarsi verso una definitiva modernizzazione e un mercato di massa, dove gli Stati Uniti, ricchi e industrializzati, diventano modello e termine di paragone. La pubblicità inizia a esercitare un enorme potere e una nuova capacità di condizionare i gusti e le abitudini di individui e famiglie.

Questo il quadro storico, questa la mia epoca al tempo della mia maturità.
Un vero tuffo nel passato e nella Storia, un nostalgico riandare con la memoria, dove irrompono antiche emozioni e riemergono sensazioni senza tempo. Dove prevale la forza dei ricordi e degli affetti.
Il più vivo e indimenticabile? Le prove scritte, le traduzioni, il pensiero cosmico leopardiano, la filosofia da Platone a Hegel, passando per Patristica e Scolastica? Gli appunti nelle tasche o nel dizionario, l’abito elegante di shantung e il cravattino?
No, niente di tutto questo, ma qualcosa di legato ad altri sensi, al gusto, agli odori e a perduti sapori.
Nel mese precedente la maturità, tutti i giorni, alle cinque e trenta (perché “il mattino ha l'oro in bocca"), ci incontravamo per studiare a lungo nei locali del terrazzo condominiale del mio amico Massimo, nei pressi di piazzale Clodio. C’era anche il caro Alberto, amico del cuore, che da tempo non è più tra noi.
Fu un periodo difficile e impegnativo, carico di sacrifici e responsabilità che, al di là delle capacità, dell’esperienza e della preparazione, fece nascere in noi una forte coscienza politica, morale, ma anche gastronomica.
Merito delle fragranti ciriole calde, piene di burro e prosciutto, che la santa e meravigliosa madre di Massimo ci portava sul terrazzo, per confortarci e sostenerci. Indimenticabili, indescrivibili!
Alla fine, l’esame fu un successo, anche, o soprattutto, per merito di quella croccante attrazione che ci conquistava e creava dipendenza. Grazie a quei mitici panini caldi, pieni di burro, prosciutto e soprattutto amore.
18 giugno 2020 (Alfredo Laurano)

L'ALTRA ITALIA /2059

Finito il lockdown, riaperte le attività e i confini regionali, non è tornata (ma in realtà non c’è mai stata) alcuna parvenza di unità nazionale, di solidarietà, di condivisione sociale e morale di sentimenti e comportamenti quotidiani – dai più e da più parti invocato - che la pandemia e la sospensione del lavoro, della quotidianità e dei rapporti umani ha determinato, al di là della gravissima crisi economica.
È come se oggi ci fossero due Italia e due categorie di italiani.
Quella di coloro che cercano di ripartire, con cautela e tante difficoltà, dopo aver sofferto a lungo l’isolamento e le privazioni, ma capito e accettato consapevolmente la situazione e le misure per contenere il virus, soprattutto quando gli ospedali scoppiavano di malati e non c’erano più posti nelle terapie intensive.
Quella dei piccoli, grandi miracoli, di lavoro estenuante e vite salvate, grazie all’impegno di medici e infermieri. Come quella, ormai famosa, fotografata in pieno “crollo”, dopo l’ennesimo turno estenuante.
Quella del direttore dello Spallanzani, emozionato per il discorso di Mattarella, che si è umanamente commosso e, con le lacrime agli occhi, ha rivolto lui stesso un appello a tutti: "Non disperdiamo i sacrifici degli italiani che hanno lavorato in questi mesi e hanno vissuto in povertà o hanno tenuto in 40mq di casa i propri figli. Noi stiamo ripartendo e non dobbiamo dimenticare le bare che uscivano dall’ospedale di Bergamo. Non facciamo polemiche attorno alla malattia, oggi dobbiamo ricostruire l’Italia”.
Quella che, per rispetto della festa del due giugno, ha visto il presidente della repubblica andare a Cologno per sottolineare e ricordare l’inizio drammatico della crisi, proprio “là dove è cominciata”.
Quella del crudo reportage “Corpo a corpo” di Piazza Pulita, che così dettagliatamente l’ha raccontata nella sua interezza, senza sconti per nessuno.

Poi, c’è l’altra Italia, quella dei no vax, dei no mask, dei negazionisti idioti e complottari vari che ancora parlano di virus inventato, che rinnegano la scienza, che si sostituiscono a virologi, infettivologi ed epidemiologi, con le loro folli affermazioni senza senso. Che blaterano di regime autoritario, di restrizioni delle libertà, di obblighi, di dittatura bianca, di dittatura sanitaria in atto. Di mascherine come bavaglio, pericolose perché provocano malattie varie e che dovrebbero essere proibite dalle leggi vigenti per chi si copre il volto.
Di quella gente che da mesi sbraita, urla, schiamazza. Che ha ripreso e continua a protestare nelle piazze, sostenendo che il Covid-19 si curi con lo yoga. O che il virus non esista proprio.
Quella che mette a rischio la salute delle persone, creando assembramenti paurosi che possono trasformarsi in tanti focolai di contagio.
La stessa dove Salvini e Meloni, avvolti in un immenso, ipocrita tricolore, si sono irresponsabilmente abbandonati a migliaia di selfie con i manifestanti, senza rispettare le distanze di sicurezza. La stessa dove sono volati i peggiori insulti a Mattarella.
Ai vari Pappalardo Aperol, Salvini, Meloni e cazzari vari, come Sgarbi, Capezzone, Giordano e tutti gli altri che li approvano, vanno dedicate queste sincere parole.
Con il dovuto disprezzo.
8 giugno 2020 (Alfredo Laurano) 

AIUTO, AFFOGO!

Vittorio Sgarbi rischia di affogare - si fa per dire, a due metri dalla riva - e la figlia lo salva.
Ma quanto ci dispiace, abbiamo rischiato di perdere il re dei pagliacci tra le impetuose onde d'Albania.
"Sto benissimo, non mi sono spaventato, ho solo perso occhiali e mutande" con queste parole Vittorio Sgarbi - raggiunto al telefono da Repubblica Tv mentre stava raggiungendo un sito archeologico in Albania - commenta sorridendo il video diffuso sui social dal suo ufficio stampa.
Le immagini - girate per caso da un bagnante presente in spiaggia, sul litorale di Palasë, nel sud dell'Albania - mostrano un il critico d'arte mentre esce dall'acqua, a pochi metri di distanza c'è la figlia, Alba. Ma poi delle violente onde lo travolgono e per alcuni istanti, Sgarbi non si vede più. Quando riemerge la figlia Alba lo aiuta a rialzarsi. "Mi ha porto la mano aiutandomi a uscire dall'acqua, è stata molto carina". E confermando di stare bene aggiunge: "Non mi sono spaventato solo che sono uscito senza occhiali e anche senza mutande, ero completamente nudo, è stato abbastanza impressionante".
Ma quanto ci dispiace. Poteva andare peggio o anche meglio. 8 giugno 2020

lunedì 8 giugno 2020

VEDI NAPOLI


Quale ennesima strumentalizzazione politica e azione propagandistica, era stato annunciato in pompa magna sui social l’incontro di Salvini con i maestri pastorai di San Gregorio Armeno, gli artigiani della strada dei presepi più famosa al mondo. Ma, quando Salvini è arrivato, nessuno degli artigiani si è presentato all’appuntamento: “Non gradiamo che nessuno possa mettere un marchio politico su San Gregorio Armeno. Che non ha niente a che spartire con la politica”.
Povero cazzaro verde, pensava di scendere a Napoli ed essere accolto come un messia. Ha finito per essere preso a fischi e pernacchie dai balconi e addirittura “paccato” dagli artigiani che voleva biecamente sfruttare.

Non contento, si è recato sul luogo dove ha perso la vita Pasquale Apicella, il poliziotto di 37 anni rimasto ucciso di recente durante una rapina, la cui vedova aveva chiesto nessuna polemica e il massimo riserbo per rispettarne la memoria.
In favore di telecamere, con il solito codazzo di staff, troupe, giornalisti, ha cominciato a pregare per l’agente, in modo ostentato e osceno.
La reazione dei napoletani, anche qui, è stata grandiosa. Hanno immediatamente cominciato una contestazione spontanea talmente forte, ferma e netta, che Salvini e i suoi sono stati costretti a risalire in fretta in macchina e andarsene via: “Non si specula sulla morte di un poliziotto" hanno urlato per strada e dai balconi. "Napoli non ti vuole, non devi venire qui". “Le pagliacciate e le preghiere a mezzo stampa le puoi fare in televisione dalla D’Urso, ma non qui. Non sulla pelle di un poliziotto caduto. Non in questa città”.

Ma la ciliegina sulla torta di questa vergognosa campagna mediatica, “tocca e sfrutta”, più rapida, imbarazzante e disastrosa di queste ore, l’ha messa lo sceriffo intransigente, Vincenzo De Luca, che, alla squallida azione di Salvini, ha così risposto, senza neanche bisogno di nominarlo: “C’è gente che adotta la tecnica di fare provocazioni continue per farsi pubblicità. Anche a Napoli in questo momento c’è qualche soggetto che è un’assoluta nullità, che pensa solo a fare polemiche e istigazioni per cercare di strappare qualche articolo di giornale.
Non perderemo un minuto di tempo con soggetti che rappresentano, più che un problema politico, un problema psichiatrico”.
6 giugno 2020 (Alfredo Laurano)

CHE BELLA COPPIA DI SCHIFOSISSIMI BASTARDI


Materiale essenziale per intubare i pazienti in rianimazione durante i giorni peggiori dell'epidemia, sottratto deliberatamente ai reparti intensivi per essere rivenduto sul mercato, e ordini di acquisto ingigantiti approfittando dell'emergenza Coronavirus.
È questo quanto scoperto dai Carabinieri di Varese e dalla Gdf di Saronno che hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di una farmacista dirigente, presso l'ospedale di Saronno, e un imprenditore di Barlassina, amministratore di una società specializzata in dispositivi medici.
    Per entrambi gli arrestati il reato contestato è peculato in concorso. L'uomo dovrà rispondere anche di autoriciclaggio.
Il materiale indebitamente sottratto, o con acquisti non necessari o portando via quello presente in ospedale, che non era mai abbastanza per via dell'emergenza, veniva poi consegnato in scatoloni anonimi all'imprenditore, che li rimetteva sul mercato e li rivendeva "con regolare fattura" ad altri ignari ospedali.

La denuncia è partita dalla stessa struttura, dove era sembrato eccessivo l'ordinativo di lame e batterie per laringoscopi a firma della dirigente indagata. I militari sono infatti riusciti a pedinare la donna e a vedere che consegnava il materiale personalmente, trasportandolo in grossi scatoloni anonimi.
I due hanno continuato il proprio traffico e non si sono fermati nemmeno durante la gravissima crisi sanitaria. Alle fine, si spartivano i guadagni.
La donna arrestata, nelle telefonate con il complice, chiede insistentemente di far pagare le pile sottratte «250 euro l'una», vista la carenza. «Sì, sì dai - dice - una bella mangiata e un bel regalo, ci compriamo la borsa di Prada».
A tanto arriva la spregiudicatezza, l’avidità e il cinismo di questi sciacalli criminali, nel mezzo di una tragica crisi sanitaria. Che marciscano in galera.
7 giugno 2020 (Alfredo Laurano)







martedì 2 giugno 2020

LA DOVE TUTTO E’ COMINCIATO /2055


Un due giugno inedito, diverso da tutti gli altri, per celebrare i 74 anni della nostra repubblica e il voto legittimo alle donne.
Una data che quest’anno coincide con la vigilia della riapertura delle regioni e che presenta dunque un motivo in più per ripartire, nel ricordo delle tante vittime della pandemia e nella consapevolezza che il progressivo ritorno alla normalità merita ancora attenzione, precauzioni ed accorgimenti, per sconfiggere definitivamente un virus che ha sconvolto milioni di persone, l’Italia ed il globo intero.
L’atmosfera non è certo quella della festa, perché tutti proviamo sentimenti di incertezza e motivi di speranza, stretti tra il dolore per la tragedia che improvvisamente ci è toccato vivere e la volontà di un nuovo inizio.

Una giornata che, dal punto di vista della cronaca, ha visto, nelle prime ore del mattino, il presidente Mattarella deporre una corona all’altare della patria - stavolta non completamente solo, come accadde il 25 aprile, ma accompagnato a distanza da altre cariche dello Stato - e subito dopo raggiungere la cittadina di Codogno, “là dove tutto è cominciato”. Dal primo caso di contagio, alla prima zona rossa, all’epidemia diffusa e a lungo incontrollata.
Un momento di commossa riflessione, un’iniziativa nobile e lodevole, che ha dato un nuovo senso alla ricorrenza, pur nella sua evidente straordinarietà.
Una breve cerimonia, sentita e partecipata nel piccolo giardino del Comune, dove il sindaco, ancora incredulo, ha ricevuto e ringraziato il capo dello stato, che ha visitato anche il cimitero. Una folla rispettosa e grata lo ha a lungo applaudito nelle strade.

Niente a che vedere con l’ignobile pagliacciata che, poco dopo, si è svolta a Roma, in due momenti, diversi, ma uniti nel comune senso della non vergogna, della speculazione politica e del disprezzo delle misure di precauzione.
Prima, tra via del Corso e piazza del Popolo hanno sfilato i sovranisti della Destra ufficiale, guidati da Salvini, Meloni e Tajani, seguiti da un lungo tricolore e da fascistelli sparsi e anonimi.
Poi, nella stessa piazza, i patetici Gilet Arancioni-Anas, sobillati ancora una volta del delirante generale Pappa-Aperol.
Slogan e insulti contro Mattarella, Conte, il governo e le solite uscite da bufalari complottari: "Siamo stati costretti a vivere nelle nostre abitazioni come reclusi mentre mascalzoni vendono il nostro Paese alle potenze straniere. Chi mette la mascherina lo prendo a schiaffi. Ormai lo dicono anche i virologi che questo coronavirus è una boiata. Me li curo da solo i polmoni, già ci sono dei ricoveri per l'uso eccessivo delle mascherine".

Non sono mancate aggressioni e minacce alle troupe televisive, che documentavano le manifestazioni di questi cialtroni, molto assembrati per provocare meglio.
Come scrivevo ieri, invece della consueta parata militare, si è svolta la sfilata dei coglioni.
Ma la polizia perché non è intervenuta per multare e sanzionare, come da decreto?
2 giugno 2020 (Alfredo Laurano)



lunedì 1 giugno 2020

CHE TEMPI /2054

Prima del Coronavirus e del Governo Conte si stava benissimo.
Eravamo il Paese più ricco del mondo, dalla Svizzera i frontalieri venivano in Italia a lavorare. I bar guadagnavano 200.000 euro al mese e i ristoratori non facevano in tempo a contare i soldi. Tutti pagavano le tasse e non c’era quasi debito pubblico.
Non c'era la disoccupazione, nascevi, crescevi e ti veniva assegnato un lavoro.
Si andava in pensione quando volevi tu.
La mafia era stata eliminata da Berlusconi e tutti i mafiosi erano in carcere. Ma Silvio aveva abolito anche il bollo auto, il canone Rai, l'Imu, l'Irpef, l'Iva, l'alopecia e il captcha, cioè il "Test di Turing pubblico e automatico, per determinare se l'utente fosse un umano e non un computer o, più precisamente, un robot.
Renzi si era quasi dimesso, dopo la sconfitta nel Referendum. Anche se oggi, resiste ancora al 2% in Italia (quasi) Viva.
Non c'erano suicidi, non c'era più la povertà, perché essere povero era illegale.
La benzina, grazie alla cancellazione voluta da Salvini delle diciassette accise, era praticamente gratis a giorni alterni e il sabato si vincevano ricchi premi e cotillons.
La domenica, la Madonnina di Medjugorje era ospite di Madonna D’Urso e appariva in piena luce antirughe, sottraendola a Carmela.
La lega cantava “O surdato 'nnammurato” e offriva mojito a tutti sulle spiagge.
Lo Stato era sempre presente, lo chiamavi al telefono e ti rispondeva lo Stato in persona. Quando poteva e riusciva, veniva a casa tua, perché anche la burocrazia era stata abolita.
Tutti i problemi del mondo li risolvevano Calenda, la Meloni, Brunetta, la Boschi e la Santanchè, dopo aver consultato il comitato tecnico di pagliacci, costituito da Sgarbi, Porro, Giordano, Cruciani, Mentana, Senaldi e Capezzone.
Gli Italiani andavano in vacanza e al ristorante tutti i giorni, nei centri estetici e casinò. Quasi tutti avevano la Ferrari e un paio di case al mare.
Ci prendevamo tutti per mano e facevamo il girotondo intorno al mondo.
Che tempi!

Poi, con la scoperta di un coronavirus, incubato dai pipistrelli del mercato di animali vivi e selvatici di Wuhan, arrivò la pandemia, che infettò oltre sei milioni di persone e provocò circa 400mila morti. Ancora oggi, in sud America, ci sono 52mila casi in un solo giorno per oltre 50mila decessi.
Trump, Bolsonaro e Putin che avevano negato a lungo l’epidemia, adesso si ritrovarono a guidare i paesi più colpiti al mondo, con decine di migliaia di morti sulle spalle. Boris Johnson che, inizialmente, non voleva chiudere nessuna attività, puntando sull’immunità di gregge, è finito in terapia intensiva, a un passo dalla morte.
In Italia, ci fu una strage silenziosa di ventimila anziani, lasciati morire nelle case di riposo, oltre quelli negli ospedali, nelle terapie intensive e nelle proprie abitazioni.

Dopo quasi tre mesi di emergenza, di quarantena e limitazioni, la nostra vita è cambiata. Profondamente. Pervasa e costretta da un senso di insicurezza diffuso.
Il primario del San Raffaele di Milano, Alberto Zangrillo, medico personale di Berlusconi, afferma candidamente che il virus clinicamente non esiste più, scatenando l’ira di virologi e infettivologi, che invitano alla massima prudenza, soprattutto in questa fase di riapertura.
Il modello Lombardia è stato un fallimento, ma non si può dire, se no si incazzano i leghisti e Chicco Mentana. Quella efficientissima regione ha speso più di venti milioni di euro per fare un grottesco spot alla sua giunta di incapaci, costruendo un ospedale che finora ha ospitato, in tutto, 25 persone e che a giorni verrà smantellato. E’ tuttora la regione con il più alto numero di nuovi malati di Covid e di decessi. Numeri che, secondo la fondazione Gimbe, sono ampiamente “aggiustati” in modo da far sembrare la situazione meno grave di quanto in effetti non sia.
Intanto, in America, non cessa il razzismo: i sadici poliziotti bianchi continuano ad uccidere neri indifesi e disarmati, senza motivo, scatenando l’ira degli afroamericani, che mettono a fuoco e fiamme le città.
Da noi, sono spuntati e si sono riprodotti come conigli i complottisti e i negazionisti, variamente camuffati e colorati, uniti dal comune dal grido: “Il virus non esiste, è tutto un disegno politico, economico e sociale perché vogliono venderci alla Cina facendoci fare il vaccino e schedandoci tutti.
Travestiti da lavoratori Anas, i Gilet Arancioni, aizzati dal generale Aperol-Pappalardo (quello che voleva arrestare l’usurpatore Mattarella), vestito come Nino Frassica ai tempi di “Indietro Tutta”, sono scesi in piazza ieri, insieme a Casa Pound e ai Marci su Roma (altro manipolo di fascisti) al solo scopo di demolire il governo e le sue scelte, vaneggiando di lira italica, di Soros, di Bill Gates che vuole iniettare i microchip a tutti, di 5G, di vaccini che fanno diventare autistici e virus che non esistono o si curano con lo Yoga.

Ma non è finita qui. 
Domani è il due giugno e, invece della parata militare, ci sarà la sfilata dei coglioni. Di tutti questi, insieme al cazzaro verde, alla donna italiana e cristiana Giorgia, al Tajani delegato da Berlusca, che soggiorna beato in Costa Azzurra.
Tutti, con tanto di mascherina tricolore.
 1 giugno 2020 (Alfredo Laurano)


IL GENERALE APEROL-PAPPAGONE /2053


A me ricorda, in negativo e forse per assonanza, il “Pappagone” di Peppino De Filippo, l’ultimo respiro della Commedia dell’Arte, recitata a braccio, senza copione e con eccellenti doti mimiche, una buona parlantina e un'essenziale fantasia.
Un personaggio farsesco e dallo spirito bizzarro e popolare, una maschera italiana piena di vita, una caricatura scaltra e goffa, dietro la quale si legge tutta la furbizia della gente di strada, che crea una propria filosofia e si esprime in un linguaggio gutturale e primitivo, tessuto di mille sfumature, colori e neologismi, in vernacolo italianizzato.
Ma senza arroganza e cattiveria, senza secondi fini o strategie politiche e di potere.

Come dice Leonardo Cecchi, nel suo ritratto impietoso e intransigente, ci stiamo facendo il mazzo per non ripiombare nell'emergenza, da cui siamo in parte usciti con le ossa rotte e oltre trentatremila morti (dati ufficiali, ma molto lontani da quelli effettivi). E cosa fa questo "signore" qui?
Nella regione più colpita d'Europa, dove a portare via i troppi morti erano camion militari in corteo, organizza una manifestazione contro il governo, senza mascherine e creando il più grande assembramento degli ultimi mesi.
Un gesto vergognoso, imbarazzante. Oltre che pericolosissimo.
Che peggiora ancora di più nel momento in cui ci rendiamo conto che chi l'ha organizzato si chiama Antonio Pappalardo, un ex servitore dello Stato, addirittura ex generale dell'Arma dei Carabinieri.
Un individuo che dovrebbe avere un briciolo di responsabilità. Altro che il povero, innocente Pappagone!
Ma d'altronde ormai siamo abituati a uomini come questo. A gente che ha insozzato le Istituzioni negli anni, rendendo volgari e barbarici questi tempi, avviandoci davvero verso un tramonto culturale che non si vedeva da tempo.
Antonio Pappalardo, un condannato per diffamazione.
Ha girato grossomodo vari partiti, spaziando dalla sinistra alla destra con tanto di capatina al centro. Sottosegretario per il PSDI, si è infatti poi magicamente ritrovato candidato con Alleanza Nazionale.
Nel 2016 è diventato uno dei “dodici saggi” (roba da matti) del cosiddetto “Movimento Liberazione Italia”, che faceva riferimento al movimento dei “Forconi”.
In tal veste, si permise di recarsi al Quirinale per notificare a Sergio Mattarella un verbale d’arresto. Perché il Presidente veniva da lui ritenuto un “usurpatore politico”. Per questa pagliacciata, è stato rinviato a giudizio per vilipendio al Capo dello Stato.
Tra le sue posizioni più note vi è quella di essere contrario ai vaccini, di voler stampare moneta e che il Covid-19 si possa guarire facendo yoga.
In un qualunque paese civile questo individuo non avrebbe titolo a parlare neanche al bar sotto casa. Tanto meno, ancor più indegnamente, negli sketch televisivi del suo alter ego, il rimpianto Pappagone, pur senza i suoi "piriché", "eque qua", "anzio" e "tante esequie", di grande effetto comico, che andavano a formare un nuovo dizionario del nonsense, sostituito dal prode generale con un linguaggio alla rovescia, ancor più spassoso e esilarante, fatto però di ipocrisia, falsità e opportunismo.
Da noi, chiunque può mettersi una giacca arancione-aperol, inforcare un megafono e creare il più grande assembramento da inizio pandemia mettendo a rischio la vita di decine di migliaia di persone. Davvero un bel ritratto, dipinto di accesissimo colore.
 31 maggio 2020 (Alfredo Laurano)


IN MARCIA SU ROMA E MILANO /2052

Sale la tensione in piazza in Europa. L’allarme per le proteste di gruppi estremisti che sfidano i governi e le regole sanitarie è ormai diffuso in molti Paesi, dalla Germania alla Francia, dal Belgio all’Olanda.
In Italia, si riaprono i confini, si riapre tutto - meno le scuole - e si riaprono casualmente le porte dei neofascisti, variamente colorati o camuffati, con striscioni e bandierine, ma senza forconi.
Oggi, a Bologna e, soprattutto a Milano, sono tornati i “gilet arancioni”, guidati dall’ambiguo e pittoresco ex generale dei Carabinieri, Antonio Pappalardo.
Qualche centinaio di persone si sono radunate in Piazza Duomo per protestare contro le scelte governative e chiedendo, tra l'altro, il ritorno alla «lira italica» e un «governo votato dal popolo». La maggioranza dei partecipanti non ha rispettato le distanze di sicurezza per l'emergenza Covid e si sono verificati di fatto alcuni assembramenti anche attorno ai rappresentanti del movimento che parlavano al microfono, dopo aver steso striscioni a terra.

"Il virus, non esiste, è un trucco per inventare la crisi. Ci stanno facendo fallire, vogliono rifare le regole sociali, urlavano, nello stesso momento, altri manifestanti a Roma, in piazza contro le politiche sanitarie ed economiche del governo. La protesta è stata organizzata da un gruppo nato sui social chiamato "Marcia su Roma", insieme a Casapound.
Forte tensione tra via del Corso e piazza Venezia che sono state chiuse al traffico per la presenza di alcune centinaia di manifestanti, seduti a terra, ai quali l’ingente la presenza di mezzi blindati, con le forze dell'ordine schierate in assetto antisommossa hanno impedito l'afflusso verso Palazzo Chigi e Montecitorio.
"Noi da qui non ce ne andiamo", hanno gridato i manifestanti con i megafoni, scandendo anche diversi "traditori" e insulti vari verso il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Poi, con le braccia alzate, si sono avvicinati al cordone di polizia e carabinieri che gli sbarrava la strada urlando: "Qui c'è gente che non mangia. C'è gente che non prende lo stipendio da 4 mesi. Abbiamo fame. "Ci hanno fatto morire.
Il coronavirus è tutto un disegno politico, economico e sociale perché vogliono venderci alla Cina, Di Maio prima di tutti - proseguono - facendoci fare il vaccino e schedandoci tutti. Il virus non esiste, per questo non mettiamo le mascherine e intanto la gente muore di fame".
Qualcuno, imperterrito e spavaldo, continua a intonare l'inno italiano e a gridare Libertà.

Sarà un caso che Gilet Arancioni, Casa Pound e Marciatori manifestino lo stesso giorno in contemporanea in diverse città italiane? C’è qualcuno che vuole il ritorno della strategia della tensione, in un momento così drammatico come quello che stiamo vivendo da mesi?
A Milano, gli Arancioni alimentano odio con idee senza senso, come il ritorno alla lira. A Roma, i neo fascisti soffiano sul fuoco della disperazione delle persone.
“Non so - dice il capogruppo regionale di Leu - se le due manifestazioni siano legate dietro un unico obiettivo, ma è certo che i rigurgiti fascisti vanno fermati sul nascere.
Mi sembra una strategia in salsa populista, con personaggi inquietanti come Pappalardo".
 30 maggio 2020 (Alfredo Laurano)

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