giovedì 31 dicembre 2015

I RITI DELLA NOTTE MAGICA DI SAN SILVESTRO


Buona fine e buon principio.  Fortunato a Capodanno, fortunato tutto l'anno: tutti lo sanno, lo pensano, lo dicono.
Botti e lenticchie per attrarre fortuna, abbondanza, amore e felicità nell’­anno nuovo.
Riti magici, amuleti e talismani, credenze popolari, magie e stregonerie che si tramandano. Nelle tradizioni e nelle leggende, fin dall'antichità, la superstizione nell'interpretare segni della natura o nel prevedere il futuro, ha svolto un ruolo determinante nella vita e nei costumi popolari.

                                                                                       ORIGINI E STORIA.
Il Capodanno risale alla festa del dio romano Giano, da cui deriva il nome che diamo al primo mese dell’anno, gennaio.
Giano, nell’antica Roma, era molto venerato come protettore di ogni inizio. Con il suo aspetto bifronte esemplificava il momento di passaggio: rivolto indietro verso l’anno appena trascorso, ma allo stesso tempo teso a guardare ai giorni futuri.
Fu Giulio Cesare, nel 46 a.C. a creare il "Calendario Giuliano" che stabiliva che l'anno nuovo iniziasse il primo gennaio.
In quel giorno, i Romani usavano invitare a pranzo gli amici e scambiarsi il dono di un vaso bianco con miele, datteri e fichi, il tutto accompagnato da ramoscelli d'alloro, detti strenne, come augurio di fortuna e felicità.
Il nome strenna derivava dal fatto che i rami venivano staccati da un boschetto della via sacra ad una dea di origine sabina: Strenia, che aveva uno spazio verde a lei dedicato sul Monte Velia. La dea era apportatrice di fortuna e felicità; il termine latino "strenna", presagio fortunato, deriva probabilmente proprio dalla dea.

USANZE E COSTUMI
In Italia è noto che, alla vigilia del primo dell’anno, porta fortuna indossare un indumento di colore rosso, per le donne in particolare, biancheria intima. L'importante, per uomo o donna, è avere qualcosa di nuovo.
In Spagna l’usanza tipica è quella di mangiare l’uva, un rito propiziatorio d'abbondanza comune ad alcune regioni italiane e che comunque si è diffuso da qualche anno anche su tutte le tavole italiane nel cenone del 31 dicembre, come le tradizionali lenticchie, entrambe sinonimo di abbondanza.
In Grecia, sulla tavola si trova la Vassilopita, un dolce in cui è inserita una moneta d'oro o d'argento e che viene offerto agli ospiti: chi troverà la moneta nella propria fetta avrà la fortuna al suo fianco per l'anno nuovo.
L'usanza inglese prevede 13 candele a cerchio: saltare dentro il cerchio senza spegnere le candele sarà di buon auspicio.
Negli Stati Uniti allo scoccare della mezzanotte basterà tenere in mano una monetina per assicurarsi i soldi tutto l'anno.

Sempre in Italia esistono molti rituali propiziatori da fare a San Silvestro.
In Sicilia, la sera di capodanno nessun lavoro manuale va iniziato o deve rimanere in sospeso perché si rischia di non terminarlo o di concluderlo malamente.
Il fuoco è simbolo della luce del sole, portatrice di energia e salute, e per questo nella notte magica s’accendono fuochi. In Friuli i ragazzi saltano sui falò, purificatorio rito pagano di origine celtica, propiziatore di virilità e fecondità.

Importante è anche quello che si mangia.
Innanzi tutto, molte lenticchie perché portano soldi: senz’olio, però, dice oggi qualcuno, perché li fa scivolare. Pare, le mangiasse perfino Emmanuel Kant.
In Val d’Aosta e nelle Marche mentre scocca la mezzanotte è di buon augurio mangiare 12 acini d’uva nera, mentre in Toscana, Umbria e Romagna va bene l’uva di qualunque colore o altra frutta che si sgrana, come il melograno.
In Abruzzo, a cena, non debbono mancare 7 minestre di 7 legumi diversi, anche loro portatrici di ricchezza.
Altro elemento fondamentale del cenone dovrà essere la frutta secca, simbolo di prosperità: se in Francia la tradizione ne esige 13 tipi diversi, da noi ne bastano 7: noci, nocciole, arachidi, zibibbo, mandorle, fichi, datteri.
Indispensabile ovunque il brindisi con lo spumante che, stappato a mezzanotte esatta, faccia il botto: questo rumore, come quello di petardi e similari serve a scacciare gli spiriti maligni ed il malocchio.

Per sapere cosa il nuovo anno porterà in famiglia, in alcune zone della Calabria c'era la bizzarra usanza di far cadere una grossa pietra sul pavimento della cucina: se non procurava alcun danno, era buon auspicio; se scheggiava le mattonelle, prediceva accadimenti sfortunati.
Usanza tipicamente laziale era quella di lanciare fuori dalla finestra tre grossi vasi di coccio pieni dell’acqua servita in precedenza a lavare pavimenti, insieme a oggetti e panni sporchi e rotti, per gettare fuori casa tutte le magagne e le tristezze dell’anno passato.
Ma in tutto il centro-sud italiano vigeva, e ancora in parte sopravvive, la pericolosa e stupida tradizione di disfarsi, lanciandoli dalla finestra, degli oggetti vecchi e inutili: gesto simbolico che dovrebbe significare lo sbattere fuori tutti i brutti ricordi.
E persino riguardo l’amore si potevano fare previsioni: nel Lazio le nubili infilavano in 3 aghi 3 fili diversi: bianco (amore felice), nero (amore infelice) rosso (zitellaggio) - poi ne sceglievano uno a occhi chiusi.
In Puglia invece mettevano due chicchi di grano in un bicchier d’acqua: se restavano uniti, matrimonio entro l’anno.
Riti contadini quasi del tutto perduti, legati alle superstizioni che in quella civiltà erano una forma di interpretazione magica della realtà.

Infine, fate molta attenzione a cosa si farà il 1° gennaio.
Nel Bergamasco non si debbono prestare oggetti di nessun tipo, in Calabria non chiedere soldi in prestito, nelle Marche non acquistare, né pagare niente, in Liguria non litigare, in Emilia-Romagna bisogna iniziare un lavoro proficuo, in Campania fare l’amore …
Tutto questo perché, si sa, ciò che si fa il primo dell’anno si fa tutto l’anno. Cin!
31 dicembre 2015 (Alfredo Laurano)

martedì 29 dicembre 2015

PLAGIO O SON DESTO?

Siamo entrati nel vivo, non tanto dei bilanci – che pure avrebbero un senso – ma delle previsioni astrali che, puntualmente, verranno poi smentite. Oroscopi e profezie impazzano in questi giorni, come sempre, come ogni fine d’anno. 
E fanno inevitabilmente qualche danno, stavolta, senza apostrofo.
Ma non sono soltanto il regno di giornaletti colorati da due soldi che subissano le edicole, o di centinaia di pubblicazioni oscene, e anche ridicole, da ordinare on line, o di cartomanti e scalcinati ciarlatani che pontificano da rabberciate tv locali. 
Tarocchi, fondi di caffè, pendolini, palle di finto cristallo: fanno folklore, fanno divertire, a volte fanno pena, oltre che orrore per il come, per il modo e per il linguaggio primitivo e gutturale che li distingue. E che qualcuno, incredibilmente, ammira.
Sono gli oracoli fai da te dell’età moderna, gli aruspici che esaminano le frattaglie della miseria umana, per ipotizzare fortuna, lavoro, amore e tradimenti.

Solenni scemenze, assurde spiegazioni che pretendono di somigliare a scienza, deliranti fesserie che finiscono per attirare l'attenzione di milioni di persone deboli, trovano spazio e divulgazione oscurantista anche nei grandi network dell’impero Mediaset (Rete 4, Canale 5 e Italia uno), grazie a conduttori servili e ruffiani, venduti al mercato dell’occulto, ma anche nella Rai di Stato, dove qualche vate è pure pagato dal canone per raccontare, in base agli astri capricciosi e impertinenti, come sarà il nuovo anno.
Stranamente, però, nessun sensitivo ha mai previsto le Torri Gemelle, gli aerei esplosi in volo o le stragi in Tunisia o di Parigi. Sono grandi esperti solo di corna e affini.
Nella società del bluff, cioè la nostra - bufala più, bufala meno, non fa molta differenza, anche se non hanno significato alcuno.
E’ utile ricordare che il bisogno di credere in qualcosa e avere la possibilità di controllare il futuro sono innati nell’uomo -  vedi la nascita dei totem, dei riti propiziatori, dei sacrifici, delle conoscenze pre-scientifiche e delle religioni primitive - e qualcuno, che ben lo sa, sfrutta tale necessità e vi specula indegnamente per ricavarne un tornaconto personale.
Ciascuno, nel suo piccolo, cerca un senso alla propria condizione e ai propri limiti ma, più che altro, alle speranze e ai desideri: gli oroscopi gli vengono incontro, lo confortano, gli offrono una possibile alternativa all’ansia e alla paura.
Se a ciò aggiungiamo il forte potere della suggestione, scopriamo pure la non casuale ambiguità che permette di leggerli e interpretarli in maniera diversa e di adattarli, secondo le proprie attese, caso per caso.
Da quando è nato il mondo, ogni chimera affonda le sue radici nella grande insicurezza dell’umanità.
In effetti, ragionando in maniera razionale, è difficile credere che vi possano essere accadimenti comuni a tutti i nati in un determinato periodo, sotto lo stesso segno, lune e ascendenti compresi.
Da un punto di vista scientifico e anche da una valutazione antropologica, non c’è dubbio che l’oroscopo sia una grande sciocchezza. Ma noi, in fondo, siamo portati a credere a frottole e fandonie, a miti e leggende che non hanno alcun aggancio con la realtà: dall’ufologia al complottismo, dagli sciamani ai guaritori, dai maghi alle sibille, attraversando il vasto repertorio dei magici poteri paranormali e della negromanzia.
Per natura, dicevo prima, siamo facilmente suggestionabili e quando una qualsiasi baggianata, sparata da un cretino Otelma qualsiasi, raccoglie i nostri desideri, ci rassicura, ci aiuta a sperare del futuro - normale meccanismo compensativo della nostra psicologia - allora quell’incastro diventa ineludibile.
Per tanti, leggere l’oroscopo è una sorta di gioco, un automatismo, come lavarsi o prendere il caffè della mattina: rientra nell’antico adagio “non è vero ma ci credo”.
Sì, è un grande gioco, uno spettacolo, ma è pure un grande affare: è la parte più letta e più seguita di giornali e trasmissioni. È un aspetto ludico dell’umanità, anche, in parte, di quella più evoluta e colta. Poi ci sono i santoni e gli imbonitori veri e propri che approfittano della buona fede e della credulità delle persone e le spolpano senza pietà.
Il codice penale punisce l’abuso della credulità popolare. Dove c’è malafede si deve intervenire: maghi, veggenti, cartomanti e così via sono cialtroneria pura, rubano soldi alle persone prive di adeguati strumenti culturali di difesa, e quasi mai pagano le conseguenze.
Superstizione, magia e oroscopi sono da sempre tentativi di manipolare la realtà, di creare una religione alternativa per gestire limiti, futuro e debolezze umane.
Chi è maggiormente influenzabile vi ricorre in maniera compulsiva e ne subisce l’incanto e la malia, fino ad entrare in un meccanismo di vera dipendenza. Presagi e prodigi, amuleti e talismani ancora condizionano la vita di milioni di persone!!
Più siamo scaramantici e amplifichiamo la collezione di gesti, parole, atteggiamenti e oggetti cui attribuiamo il potere di scongiurare disgrazie e malefici e di propiziare il destino, tanto più abbiamo bisogno di qualcuno che ci dica cosa fare.
E, per non sbagliare, intanto, tocchiamo ferro.
Benvenuti nel terzo millennio.
29 dicembre 2015 (Alfredo Laurano)


CRONACHE VATICANE

Una raccomandata alla Posta di Porta Angelica è l’occasione per fare un giretto dalle parti di S. Pietro e darvene notizia.
C’è gente, soprattutto frotte di turisti con bandierine, cappellini e mazze da selfie, ma non c’è il classico pienone. 
Eppure, siamo in periodo di festa, siamo a Natale e in pieno Giubileo.
Alberghi, B&B e Case vacanze non sono affatto pieni, solo la ricettività di strutture fintamente religiose - in effetti, hotel molto cari e a tante stelle, con servizi, piscine e campi da tennis - registra l’en plein. 
Sono completi anche gli alloggi gestiti da suore e religiosi senza stelle. Il crocifisso tira e attira.
Tra gli operatori del turismo c’è molta delusione e, forse, più di tutti, odiano l’Isis e i terroristi islamici.
Si, perché è per colpa loro che molti pellegrini non son venuti nella Capitale, hanno disdetto le prenotazioni, hanno preferito attraversare la porta di casa propria, piuttosto che quella “santa” e quelle dei metal detector.
Le misure di sicurezza adottate in città e, in particolare, intorno al colonnato del Bernini, prevedono la pedonalizzazione di via della Conciliazione, lunghe file ai varchi per accedere anche alla piazza, magari solo per vedere il presepe e il grande albero, nonché alla basilica e alla porta delle indulgenze.
Nella vasta area circostante, a partire dalla Metro di Ottaviano, transenne, percorsi obbligati, controlli, perquisizioni, gabbie elettroniche per borse, persone e indumenti.

E poi, c’è l’esercito. Giovani uomini e belle donne in mimetica, con camionette e mitra in braccio, soprattutto esposti come deterrente, perché pare non siano affatto addestrati all’ordine pubblico e a sparare tra la folla, in caso di necessità, con la dovuta perizia. E ancora, carabinieri, finanza, polizia, anche in borghese, digos e volontari.
Se tutti questi addetti non sono più dei viandanti penitenti, poco ci manca.
Perché Alfano, ci ama e ci protegge. 
Quasi come il papa.
28 dicembre 2015 (Alfredo Laurano)




TE PIACE 'O PRESEPE?

Presepe di Santino Romani
Al di là del suo attuale significato commerciale e di quello religioso, dimenticato e sopraffatto, Natale è il momento rituale dei ricordi, il calendario che segna le tappe della nostra vita. Di quello che abbiamo avuto, desiderato, provato, sentito, dall'infanzia alla maturità.
Ci spoglia dagli abiti dell'arroganza e dell'indifferenza, assopisce l’ipocrisia e l’egoismo, mette a nudo la coscienza. E, qualche volta, riscatta la miseria d’animo che ci segna.
Capanne e villaggi, fiumiciattoli e montagne, madonne e bambinelli, pecore e pastori, angeli e stelle rappresentano il nostro presepe personale, i luoghi, le figure, i personaggi della nostra storia. L’allegoria dell’esistenza, rivisitata nel tempo che scorre e nei modi che mutano veloci.
Poi, dopo la festa, tutto torna nello scatolone, in attesa che qualcuno – alla prossima scadenza della tradizione – lo ritiri fuori e lo faccia vivere di nuovo, ricordandosi di noi.
Presepe di Santino Romani
Il Natale è una metafora che ci racconta e ci ricorda ciò che abbiamo vissuto e condiviso. Le persone che abbiamo amato e perduto e che ci hanno accompagnato per lunghi tratti della nostra strada.
Le sensazioni e i pensieri che non ci abbandonano mai, le gioie e i dolori che combattono in noi, rinnovando le nostre contraddizioni e il mistero della vita.
E’ un inno alla nostalgia, alla fanciullezza, ai tempi e alle cose perdute, a ciò che non ritorna, ma rimane nel cuore.
Tutto questo esalta i sentimenti, ma li ammanta di tristezza.
(Alfredo Laurano)

sabato 26 dicembre 2015

OSTRICHE E COCOMERO

Anche quest’anno, per alcuni, Capodanno significherà cenone e veglione in locali prestigiosi.
Voglio subito premettere che non scrivo queste righe per invidia o per represso desiderio: giuro che non sono affatto interessato e che non ci andrei neanche come invitato. Solo in gioventù, ho partecipato varie volte in qualità di musicista e, quindi, per lavoro.
Cominciamo dai prezzi.
Per un menù stellato, si va dai 2-300 euro di Cannavacciuolo, di Casa Vissani di Baschi e del Savini di Milano, ai 1.300 della Pergola dell’Hilton del “divino” Heinz Beck, vista panoramica su Roma inclusa.
Fa eccezione l’unica proposta a Ragusa dello chef siciliano Ciccio Sultano, a base di crostacei e carciofi con emulsione al mandarino, timballino di pesce spada affumicato e salmoriglio rosso, maialino nero farcito con salsa di castagne e lenticchie all’incredibile cifra di 60 miseri euro.
Nel ristorante romano Le Jardin de Russie, la spesa a persona è di 550 euro,ma con una selezione di grandi vini e champagne inclusa. Un vero affare.
Sempre nella Capitale, dieci portate a 945 euro, ma bevande escluse, al ristorante panoramico Imago presso l'Hotel Hassler con vista su Piazza di Spagna, 1 stella Michelin. Il cenone prevede, tra l'altro un percorso di foie gras e frutta secca, fettuccine all'uovo ristretto di quaglia con tartufo bianco e oro, fluido di parmigiano e balsamico stravecchio con fragoline di bosco.
Al ristorante dell'Hotel Danieli, a Venezia, cenone a 650 euro, vini esclusi, ma con musica dal vivo: tutto esaurito ormai da mesi.

Per chi volesse aggiungere anche un pizzico di esterofilia al proprio cenone, non sono da meno i menù proposti dai grandi chef a Parigi, dove Alain Ducasse ha ideato un menù da 1.500 euro, bevande incluse presso il Plaza Athenee; a Londra, dove, volendo, si può aspettare il nuovo anno nel ristorante della star televisiva Gordon Ramsey, con dodici portate, tra cui ostriche con cocomero, a 275 sterline. A New York serata di San Silvestro all'insegna del numero otto al Jean-Georges come anche il conto: 888 dollari.

Conti salati, chef stellati, piatti speciali e vini pregiati.
Se dalla tredicesima vi è rimasto qualcosa, non perdete l’occasione di provare ricette della cucina molecolare o quelle rivisitate della tradizione, riproposte in chiave contemporanea, combinando i sapori e giocando sui contrasti, come tutti facciamo nelle nostre case a mezzogiorno. Anche se ieri, avevo finito le alici per lo strudel.
Tra gusto di fresco, punte di acido, vene sgrassanti, retrogusti amari e note croccanti (e pacchi di euro), scoprirete una gastronomia “cerebrale e di cuore”, un atto d’amore basato sul rispetto per il cibo, perché "la ricerca costante non si separa mai dalle emozioni gustative". Così declama l'altro stellatissimo Carlo Crocco che, però, sono spiacente, è chiuso per festività.
Alla faccia di Proust e del suo tempo perduto.
(Alfredo Laurano) 


P.S. Intanto, nel giorno di Natale, la comunità di Sant'Egidio ha organizzato il tradizionale pranzo nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, a Roma, con circa 600 bisognosi.
Come ogni anno dal 1982, Sant'Egidio offre il pranzo del 25 dicembre ad anziani soli, senza tetto, immigrati e italiani in difficoltà.
Manca il caviale e il millesimato, ma si spende poco. Anzi, niente.

giovedì 24 dicembre 2015

BRACCATI

E’ vero, il Clan dei Ciontoli è ancora a piede libero.
Festeggerà o trascorrerà il Natale - non so come, dove, con chi e, soprattutto, con quale carico sulle spalle - come normalissime persone, come tanti comuni cittadini.
Magari, si scambieranno auguri e promesse con qualcuno, con parenti e amici che non li hanno abbandonati. Di auguri, ne hanno certo bisogno per quello che loro succederà.
Sicuramente, vivono già un tormento. E non da poco.
Prima che la Giustizia faccia il suo corso, stanno già scontando una durissima condanna: mezza Italia li odia e li disprezza, li insulta tutti i giorni e auspica per loro ogni pena e ogni sciagura. Basti leggere gli infiniti, eloquenti e pesantissimi commenti sul Web o alle TV per rendersene conto.

Si è compattato, spontaneamente, un vasto immaginario collettivo che accusa e non perdona. Perché non c’è nulla da perdonare, se non per coloro che nel perdono credono perché hanno fede e carità cristiana. Non è il mio caso.
Ferme le evidenti colpe e le responsabilità per cui dovranno giustamente pagare, mi domando: ma come si può vivere nel disprezzo di una intera comunità, come si possono affrontare o respingere invettive e maledizioni, come si può convivere con tanta emarginazione sociale e morale?

Anche la peggiore faccia tosta, l’arroganza e la spudoratezza di chi ha scarsa sensibilità e abbondante menefreghismo può resistere a tanta pubblica esecrazione, a quel livore sociale che ti accompagna in ogni ora del giorno e della notte, che si sente addosso, che si materializza e si percepisce anche nell’aria e con il tatto. Sono come quella selvaggina che viene stanata, inseguita, braccata e circoscritta in un’area, per spingerla verso i cacciatori.

E’ un acconto di pena, forse la tortura peggiore, da pagare fra l’attesa e l’incertezza di una punizione che inevitabilmente arriverà. Penso che tutto ciò sia devastante e insopportabile e non lo auguro al peggior nemico.
Auguro invece a Marina e Valerio tanta forza per sopravvivere al loro dolore, in questo primo Natale senza il loro adorato Bambinello. In tanti siamo loro vicini.
E un pensiero a Marco che tutti ormai amiamo come un figlio.
24 dicembre 2015 (Alfredo Laurano)

(Rif. Omicidio Marco Vannini - Ladispoli 17.5.2o15)


L’ABITO FA IL MONACO

In perfetta continuità col suo ispiratore modello di riferimento, nonché predecessore Silvio da Arcore, Matteo, il puffo di Rignano, è atterrato a Beirut per una visita istituzionale in Libano e ha raggiunto in elicottero la sede il comando italiano. 
Jeans e giacca mimetica: abbigliamento ovvio e consono all’evento.
A Cuba, di recente, era in maglietta e calzoncini per fare footing. Ma Fidel non l'ha... (diciamo) gradito.
Perché ridete? Che c’è di strano?
E’ normale che quando uno va a visitare un ospedale, indossi il camice bianco, in tribunale mette la toga, tra i frati in convento, saio, sandali e cordone.
In una miniera, tuta e caschetto, allo stadio, la divisa da calciatore, in un allevamento di bufale si traveste da cow boy e in Vaticano, come minimo, la tunica rossa da cardinale o da chierichetto, con naturale nonchalance. 
Sono quasi certo che quando andrà a “La Sette”, si travestirà da Crozza! Per vincere il confronto.
Dimenticavo, quando visiterà il prossimo Circo, ha promesso che vestirà, ovviamente, il costume da pagliaccio.
23 12.2015 (Alfredo Laurano)





mercoledì 23 dicembre 2015

MA NON MI DIRE!

Proprio adesso, no! Non ci voleva proprio!
E’ una delle notizie peggiori per le famiglie italiane, a due giorni da Natale, quando molti stanno facendo la spesa per il cenone e comprando pensierini da cinesi e bancarelle salvacrisi. E' sparita la tredicesima? Hanno rapito il Bambinello? Babbo Natale ha infrociato con la slitta e con le renne? Renzi si è dimesso e, dopo la mimetica, si vestito da pupazzo di neve?

Non è ancora proprio ufficiale, ma la coppia più social del momento, Belen e Stefano, si sono lasciati. Lo ha annunciato in conferenza stampa (come si fa per le cose di grande interesse pubblico) l’avvocato della showgirl argentina, precisando che "naturalmente resteranno immutati la stima e l'affetto reciproci e la comune volontà di mantenere un rapporto sereno, anche nell'interesse del figlio".

E già questo ci rincuora moltoe ci avvicina al panettone della pace.
Resta comunque assai turbato tutto il mondo del gossip, dei salotti mediatici e della stampa specializzata in isole e grandi fratelli.
L’immaginario collettivo di fans e devoti, di aspiranti veline e parrucchiere vive tremante l’ansia e gli effetti depressivi di tale sconvolgente notizia, anche perché non si conoscono i reali motivi che hanno portato alla rottura.

Tranquilli, ci penserà madonna Barbara D’Urso, nei suoi pomeriggi ad alto tasso culturale e con i suoi opinionisti intellettuali da discount, ad indagare, a scoprire “in esclusiva” segreti, rumori, indiscrezioni e corna che hanno spinto Belen e Stefano a troncare definitivamente il matrimonio.
In realtà, qui lo dico e qui lo nego, fonti ufficiali e segrete, quasi come quelle del Vatileaks, già da qualche settimana facevano circolare, sul web delle gossip news, voci di crisi e tradimenti. 
Che Natale amaro!

23 dicembre 201 (Alfredo Laurano)

martedì 22 dicembre 2015

GLI ATTI-CI DEGLI APOSTOLI

Non so quanti conoscano Don Paolo Farinella, prete di Genova.
Né, so quanti abbiano mai letto il suo Blog e le sue severe riflessioni sui mali della Chiesa e della politica. O le sue invettive feroci e senza sconti contro Berlusconi, contro gli scandali e la corruzione, contro l’arroganza del potere.
Sono un capolavoro di libero, o se preferite, anarchico pensiero, non allineato e anticonformista, assai inviso alla stessa Chiesa dei cardinali e dei privilegi.
E’ un prete da strada, un eretico, un prete “contro”, molto di più di quanto lo fosse il mitico Don Gallo - che, come lui e nella stessa Genova, si occupava di poveri, di emarginati, di “ultimi” e di prostitute - al cui confronto, però, appariva misurato e moderato, quasi una colomba.
Gli scritti e le orazioni di Farinella sono oltremodo chiari, duri, precisi e non risparmiano attacchi diretti. Sono filippiche, atti di accusa, di critica e denuncia che vanno al cuore del problema e del personaggio che lo rappresenta.

Un esempio recentissimo di ciò è la spietata lettera rivolta ieri al cardinal Bertone.
Ne propongo alcuni significativi passaggi.

Sig. cardinale Tarcisio Bertone,
che lei sia sempre stato inadeguato ai ruoli e compiti che ha svolto, è davanti agli occhi di tutti: da Vercelli, dove lasciò lo scandalo dei candelieri e della casa dei suoi, con contributi pubblici, a Genova, dove non lasciò alcuna traccia significativa, ma scelse come plenipotenziario del Galliera, il prof. Giuseppe Profiti, al centro di ogni ben di Dio. Da segretario di Stato dove ha distrutto la credibilità della Chiesa, con la sua incapacità di governo, privo di qualsiasi discernimento, ma dedito a costruire una rete di fedelissimi per perpetuare il suo potere, anche da pensionato e da morto.

Infine, da cardinale in pensione con il miserevole attico e appartamento di 296 mq dove vive con tre suore e magari si rilassa, giocando a golf negli appropriati corridoi. Mi piacerebbe sapere se le suore hanno anche il compito di raccattapalle.
Leggo sui giornali di oggi che lei ha deciso «ex abundantia cordis» di donare all’ospedale “Bambin Gesù” un contributo di 150 mila euro, attinti come da lei dichiarato, “dai miei risparmi e dai vari contributi di beneficenza ricevuti negli anni per finalità caritative”, cioè non per lei, ma perché lei li desse per opere di carità.
Invece lei li usa per pagare il suo appartamento. Mi perdoni, quando pensava di darli in beneficenza, alla sua morte per testamento?
La sua maldestra difesa aggrava ancora di più la sua posizione che l’espone al ludibrio della gente perbene che vede nei suoi comportamenti una miserabile attitudine alla superficialità, colpa ancora più grande della delinquenza di persone come lei che dicono di volere rappresentare quel Dio che accusa chi veste di porpora di essere soci della casta del potere.

Lei ha rubato due volte ai poveri: la prima volta trattenendo questi denari non suoi e la seconda volta facendosi bello con l’ospedale «Bambin Gesù» dando soldi non suoi, ma della beneficenza. Complimenti, esimio cardinale!
La rovina dei preti sono sempre i soldi. Per questo sproloquiate di celibato perché così siete più liberi di amare, fornicando giorno e notte, senza essere visti da alcuno.
Se il tempo che dedicate a difendere il celibato dei preti o a condannare i gay laici – visto che preti, vescovi, monsignori e cardinali lo sono ad abundantiam – o a sproloquiare di separati e divorziati, lo dedicaste a proibire ai preti di gestire denaro, fareste una cosa preziosa per il mondo e per la Chiesa. Anche se, sicuramente due terzi del clero lascerebbe la Chiesa, ma con il terzo che resta saremmo capaci di rivoluzionare il Vaticano, covo di malaffare e di depravazione senza misura. 
Se Lei fosse veramente salesiano, come dice, avrebbe agito come il cardinal Martini, il quale, date le dimissioni, si è ritirò in una casa di Gesuiti abitando in una stanza sei per quattro, con letto, tavolo, armadio, servizi e un assistente personale perché malato.
Scegliendo di ristrutturare il suo attico con i soldi della beneficenza, lei ha dimostrato non solo di non credere in Dio, ma di dare un pugno nello stomaco a Papa Francesco che sta provando a dire ai cardinali, ai vescovi e ai preti che c’è anche un piccolo libretto che si chiama Vangelo.
A lei, di sicuro, non interessa, perché come i fatti dimostrano, lei legge solo «Gli Atti-ci degli Apostoli».
Con profonda disistima. Paolo Farinella, prete.

Non so se si comprende tale ermetica esposizione, così oscura, così vaga, ambigua e impenetrabile, ma, comunque, non mi permetto di aggiungere una virgola.
21 dicembre 2015 (Alfredo Laurano)



lunedì 21 dicembre 2015

RAMBO, NO

Scrive giustamente una mia amica: "la cosa triste è che certe pagine nate sul web per solidarietà, si trasformino in luoghi di accusa e guerra spietata contro l'altro... Ancora più triste è vedere che diventano un secchio di spazzatura, dove riversare le proprie frustrazioni, la propria rabbia, il proprio odio, malcelati da pseudo sentimenti di amore e vicinanza".

Sono perfettamente d'accordo.
Un gruppo di solidarietà o una virtuale pagina collettiva non sono e non devono essere una vetrina per mettere in mostra le nostre specialità, i nostri tormenti e limiti o le nostre manie di protagonismo. Né, sono l’occasione e il pretesto per appagare il narcisismo e le gesta di qualche esaltato rambo, acqua e farina, in missione all’isola dei famosi.
Non siamo noi che ci dobbiamo esibire, ma i sentimenti e i pensieri che ci accomunano e in cui ci riconosciamo, nella dignità di persone solidali.

In varie occasioni, per invitare alla riflessione e al controllo dei propri impulsi, anch’io ho sempre sostenuto e scritto che lo sdegno, la collera, il furore, l’eventuale disprezzo e la condanna morale nei confronti di qualcuno, e per qualsiasi ragione, vanno sempre espressi con forza e determinazione, ma senza ricorrere mai alla volgarità e agli insulti e senza, soprattutto, alimentare odio e insani sentimenti di vendetta.
Senza minacciare o diffamare, senza farneticare e auspicare forme di giustizialismo della notte, omicidi collettivi o istigazioni al suicidio. Senza perseguitare, senza invocare pene, propositi e auguri di morte e sofferenza.
Tutto questo si chiama razzismo e integralismo, barbarie e intolleranza e non deve appartenerci.
Altrimenti, ci poniamo sullo stesso piano di coloro che vogliamo criticare e condannare, anzi peggio. Rischiamo di tornare al “homo homini lupus”, alla faccia della presunta civiltà giuridica e democratica, a lungo e con fatica, conquistate, almeno sulla carta.

Ben venga la polemica, lo scambio di opinioni, il confronto utile e pulito che aiuti a capire meglio e di più. Che faccia parlare chi non ha voce o sia stato ridotto al silenzio, che porti solidarietà e vicinanza a chi soffre.
Perché squalificare un ambizioso progetto di tanta utilità sociale e psicologica che esalta sentimenti di amicizia e umanità?

Mettiamo da parte la rabbia, la sete di vendetta e il giustizialismo fuori luogo e senza senso, usiamo la ragione e la coscienza, anche se una tastiera induce facilmente l’aggressività protetta e un click del mouse ci fa abusare del diritto a sentenziare come nel Far West: non basta un albero e il cappio a una corda per fare giustizia.

21 dicembre 2015 (Alfredo Laurano)

(Rif. Omicidio Marco Vannini - Ladispoli 17.5.2o15)

UNA NUOVA SPAGNA

POPOLARI (PP) 123 SEGGI  28,7%  SOCIALISTI (PSOE)  90 SEGGI 22,0 %  PODEMOS  69 SEGGI 20,7 %  
CIUDADANOS (C'S)  40 SEGGI 13,9 %  UNITÀ POPOLARE (UP)  SEGGI 3,7%

Non proprio prodotti da marketing”, come aveva detto, di Iglesias (Podemos) e di Rivera (Ciudadanos), l'anziano leader popolare Mariano Rajoy.
La Spagna cambia.
Era esattamente previsto dai sondaggi che lì non sbagliano. Almeno, pare.
Con queste elezioni, finisce il bipartitismo e il sistema dell’alternanza fra Popolari e Socialisti, per l’affermazione significativa delle due nuove formazioni anticasta, da sinistra e da destra, che entrano in parlamento con 109 deputati su 350. In particolare, straordinario successo di Podemos di Pablo Iglesias, come è stato per Tsipras e Syriza in Grecia, che sfiora il 21%: Pablo Iglesias soddisfatto annuncia la nascita di una “nuova Spagna”.  
I numeri dicono: Partido Popular quasi il 29% dei consensi (123 seggi), il Psoe al 22% (90 seggi), Podemos, il 20,7%, Ciudadanos, sotto il 14% (40 seggi). Difficile la governabilità.
All’orizzonte, si profila una grosse-koalition alla tedesca fra Pp e Psoe, unica possibile sulla carta. Podemos, comunque, sarà un strumento politico fondamentale perché in Spagna si chiuda la porta della corruzione e della diseguaglianza.
Intanto a Madrid e Barcellona, da qualche mese, governano due “Sindache” di Podemos che dimostrano che questa nuova sinistra, può governare oltre che prender voti di protesta.
Un bel segnale anche per don Matteo da Rignano.

21 dicembre 2012 (Alfredo Laurano)