mercoledì 29 agosto 2018

MARMI PREGIATI, MARMI D’AUTORE


È ancora lì, incorniciato e appeso al muro di quell’ufficietto polveroso da marmista, quel mio articolo di cinque anni fa che lo aveva tanto inorgoglito e fatto felice.
Quella mattina, prima di arrivare al Bar Centrale, come sempre, aveva girato alcune edicole della città per comprare più di cinquanta copie de “La Voce”, che aveva pubblicato il pezzo, per distribuirlo al bar, ad amici e conoscenti. 
Quando mi vide, mi venne incontro, sorridendo e assai contento, con quelle copie sotto al braccio, che lo raccontavano e lo descrivevano nel suo quotidiano. Non sapeva come esprimermi la sua soddisfazione, la sua gratitudine. E mi abbracciò.

Il buon Britannico, oggi, non c’è più. Se n’è andato il primo novembre scorso, a 88 anni, dopo una vita di lavoro e di impegno sociale e politico. Lo avevo visto un mesetto prima, assai provato, denutrito e dimagrito, nei suoi pantaloni chiari a tre quarti che, a malapena, stavano su. Mangiava poco, quasi niente - mi disse - per non gravare sul dolorante ginocchio che curava col sole e con la sabbia o nelle acque della Ficoncella.
Una persona per bene, di bell’aspetto, amabile, autentica e di profonda umanità, che tutti conoscevano e che voglio ricordare con affetto.
Un imprenditore competente e preparato, (esperto estimatore di pietre e marmi pregiati), aperto e illuminato, che sapeva unire al suo lavoro l’amore per il prossimo, per i viaggi, per il cinema, per la politica verace, vissuta con intransigenza e passione genuina. 
Per anni, tutte le mattine presto, dopo aver letto in macchina il giornale, sorseggiava al banco di Pietro il suo succo di frutta, usciva con un cornetto in mano e, in men che non si dica, i tanti piccioni, appollaiati sui cornicioni del palazzo, si alzavano in volo, lo raggiungevano e lo circondavano. E lui, come San Francesco, distribuiva i dolci bocconcini di quel cornetto, comprato apposta e sbriciolato. 
Poi, fra una battuta, un commento e tanta pungente ironia, mista a buon umore, commentava e dibatteva in scioltezza con gli altri avventori, seduti ai tavolini, i fatti della politica, della cronaca e dello sport, con la spontaneità e la viva curiosità di un ragazzino impertinente, punzecchiato con sarcasmo malizioso. Senza mai scomporsi, anzi, canzonando e rispondendo per le rime - solo contro tutti i critici da bar - al gossip quotidiano e ai pregiudizi velenosi.
In mano, sbocconcellandolo, un pezzetto di pizza bianca, appena comprato dal fornaio di fronte.
Davanti a quel bar, ora manca qualcosa e qualcuno. 
Non c’è più la Delta Blu ad aspettare i due o tre operai indiani che Britannico Patrignani accompagnava ogni giorno sul posto di lavoro, a tuffarsi nelle polveri dei marmi. 
Non ci sono più i piccioni che scendono in picchiata per fare colazione, tra le sue mani. Non ci sono più quei momenti esilaranti e quei bozzetti di vita condivisi con disinvoltura. 
Non c’è più quel teatrino popolare, profumato di caffè, che solo il buon Britannico sapeva interpretare e recitare da magico solista.
29 agosto 2018 (Alfredo Laurano)





CACCIAMOLI VIA


A Ostia, pochi giorni fa, ci avevano pensato quelli di Casa Pound, a Castellaneta Marina, il blitz contro gli ambulanti l’hanno organizzato i sudditi di “Noi con Salvini”.
Una pattuglia di leghisti, con bandierine al seguito, ha organizzato una manifestazione itinerante in spiaggia, al grido di: "Le nostre spiagge le vogliamo piene di turisti e non di abusivi di giorno e stupratori di sera".
Una volta arrivati al lido La Barchetta, hanno fermato un ambulante che vendeva collane e sciarpe dicendogli di andare via dalla spiaggia perché abusivo.
A quel punto i bagnanti sono insorti contro i leghisti. "Chi siete voi per dire che questo ambulante non deve stare qui?".
Così è partito un coro contro i salviniani. "Fascisti, squadristi, razzisti, via di qui, non vi vogliamo".
La discussione accesa tra leghisti e bagnanti è finita tra gli insulti. "Siete tutti del Pd" ha gridato qualcuno della Lega all'indirizzo di alcuni bagnanti che avevano sotto braccio una copia di Repubblica. "No, non siamo del PD, siamo semplicemente cittadini che non sono razzisti", ha risposto un gruppo di signore.
Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano si dice "Orgoglioso dei miei concittadini che sanno distinguere tra la brava e la cattiva gente - scrive - E noi stiamo dalla parte della brava gente senza distinzione di razza, di religione, di nazionalità. Anche molti meridionali vivono ancora così sulle nostre spiagge. Chi si ammazza di fatica sotto il sole per guadagnare quattro soldi è per forza una persona perbene perché, altrimenti, si dedicherebbe ad altro.
Questi episodi di intolleranza e prepotenza, che si susseguono e sono ormai all’ordine del giorno, non fanno altro che alimentare il clima di odio che regna nel Paese.
Un odio che qualcuno ispira, approfittando della sua carica e del suo ruolo dominante, e che favorisce ronde e spedizioni di inutili cialtroni, che giocano a fare il giustiziere di paese.
È facile prendersela con dei poveri cristi che, anziché delinquere, rubare, spacciare, macinano chilometri sotto il sole per vendere due cianfrusaglie a pochi euro.
Non sono loro i nostri nemici, non sono loro i nostri invasori.
27 agosto 2018 (Alfredo Laurano)

CHE SACRIFICIO!


In tutto il mondo islamico martedì 21 agosto si è celebrato Id al- Adha, la festa del Sacrificio, quella che fu, per il monoteismo, la più importante prova superata da Abramo.
È per eccellenza la festa della fede e della totale e indiscussa sottomissione a Dio per i musulmani.
Il rito che la contraddistingue è il sacrificio di un montone, una pecora o un agnello che richiama espressamente di Isacco, citato sia nella Bibbia che nel Corano.
Dio mette alla prova Abramo chiedendogli di sacrificare suo figlio Isacco (o Ismaele nella tradizione araba). Abramo lega Isacco mani e piedi e sta per sgozzarlo, ma viene fermato all’ultimo momento da un angelo inviato da Dio, che aveva avuto la conferma della fedeltà assoluta di Abramo. Al posto del giovane, sarà sacrificato un montone.

Nei paesi islamici, in questa occasione, è normale trovare famiglie che condividano per qualche giorno la propria abitazione con un animale, lasciando un angolo al montone, alla capra o all’agnello prescelto fino al giorno della festa (che corrisponde alla sua fine).
È una delle ricorrenze più importanti per l’Islam, durante la quale vengono uccisi nel mondo milioni di animali.
In Italia, dove la festa interessa almeno un milione e mezzo di musulmani regolarmente residenti, oltre a quelli non censiti, che, comunque, festeggiano la ricorrenza, sono circa 500mila i capri, i montoni e gli agnelli sgozzati, spesso, anche nelle case.
La macellazione rituale islamica non prevede lo stordimento dell’animale prima dell’abbattimento. Ciò è in contrasto con le leggi sulla macellazione di alcune nazioni europee, Italia compresa.
Alcuni musulmani anche in Italia, però, non seguono le regole e i luoghi previsti per la macellazione (macelli autorizzati) e uccidono gli animali in strutture non idonee. I carabinieri forestali hanno denunciato sette persone in provincia di Firenze per macellazione non autorizzata.
La procedura islamica prevede il dissanguamento dell’animale.
La fine di questi animali, spiegano dall’associazione animalista, è atroce in quanto vengono uccisi senza stordimento e lasciati morire goccia a goccia fino al dissanguamento, provocando in loro attacchi epilettici e sofferenze atroci, in attesa del sopraggiungere della morte.
Al di là dei riti e delle tradizioni popolari e religiose, la macellazione clandestina in casa deve essere assolutamente vietata e repressa, nel rispetto di tutti gli esseri viventi e senzienti, trattandosi di vero reato.
 26 agosto 2018 (Alfredo Laurano)


I PONTI PIÙ SPAVENTOSI DEL PIANETA

Il ponte è una struttura utilizzata per superare un ostacolo, naturale o artificiale, che si antepone alla continuità di una via di comunicazione. 
I ponti uniscono, avvicinano i luoghi e le persone e sono anche simbolo indiscusso di unione e legame tra i popoli e le genti 
Ma, a volte, fanno paura, per le dimensioni e per le altezze. 
Altre volte, crollano per incapacità umana. 

Vediamone alcuni, tra i più incredibili e spaventosi del mondo.


- Il Royal Gorge Bridge è il ponte sospeso più alto degli Stati Uniti. Si trova nello stato del Colorado, vicino Canyon City, con i suoi 291 metri di altezza.
- Il ponte Eshima Ohashi (Giappone) sembra una montagna russa, ma è una via che collega la città di Matsue con quella di Sakaiminato in Giappone. È quanto mai d’obbligo allacciare la cintura di sicurezza durante l’attraversamento. 

- Il Ponte del Trift (Svizzera) nel cuore delle Alpi, sospeso e pedonale, è uno dei più spettacolari al mondo. Sovrasta un ghiacciaio a 100m di altezza e per accedere, bisogna prendere la teleferica. 
- Langkawi Sky Bridge (Malesia). Accessibile solo a piedi, a chi non soffre di vertigini, è il ponte più alto del mondo e si trova sospeso a 700 metri di altezza sulla lussureggiante giungla malese. Ideale per chi non ha paura del vuoto guardando in basso!

- Il ponte Beipanjiang (Cina) collega due città che si trovano su due diverse catene montuose. E’ il più alto del pianeta, accessibile alle auto, situato a 5065 metri. 
- Il Ponte di vetro del Parco di Shiniuzhai (Cina): brividi garantiti su questa passerella di vetro nella provincia cinese di Hunan. A 180 metri di altezza, i turisti avanzano sulle lastre di vetro coraggiosamente, e senza chiudere gli occhi. 

- Capilano Suspension Bridge (Canada): ci vuole una bella dose di coraggio per attraversare questo ponte di corda e i suoi 140 metri di lunghezza. Sono in molti ad andare in Canada per provare questa esperienza. 

- Il Ponte Mackinac del Michigan (Usa). Con i suoi 8km, è il secondo ponte sospeso più lungo del mondo. Collega la parte nord del Michigan a quella del sud; la sua traversata fa talmente paura che l’amministrazione del ponte propone un servizio di autisti che prendono il posto del conducente durante la traversata. 

- Il Sidu River Bridge (Cina). Ancora una volta, un ponte da record che si trova in Cina. È il secondo ponte più alto del mondo, detronizzato dal ponte di Beipanjiang nel 2016, e misura 496 metri. 
- Seven Mile Bridge, Florida (Usa). Protagonista di molti film d’azione, il mitico ponte Seven Mile Bridge è uno dei ponti più belli del pianeta. Circondato dalle acque turchesi del Golfo del Messico, permette di collegare due le isole Keys, un’arcipelago molto turistico in Florida. 

- Carrick-a-Rede Rope Bridge (Irlanda del Nord). Questo ponte di corda nella Contea di Antrim, in Irlanda del Nord, non è lunghissimo, ma si trova sospeso a 30 metri sul mare. 

Idealmente il ponte infonde sicurezza, è una “mano tesa” verso l’altra sponda, un aiuto reciproco tra due parti, affinché si possano congiungere. 
Ma proprio per questa sua prerogativa di unire, il ponte, forte e maestoso può diventare vulnerabile e indifeso in quanto rappresenta, tra realtà e metafora, un pericolo per coloro che vogliono isolare e dividere, per coloro che facendone il primo bersaglio di guerra distruggono e interrompono ogni punto di contatto. 
Quello di Genova non ha avuto bisogno di essere bombardato. Si è suicidato pochi giorni fa. 
25 agosto 2018 
(Alfredo Laurano) 


venerdì 24 agosto 2018

ADESSO BASTA


Sarebbe una vera farsa, se non fosse in effetti un dramma, dopo aver rischiato di essere l’ennesima tragedia del mare.
Un Paese come l’Italia, una Comunità come quella europea non riescono a sistemare 170 migranti, fermi da giorni nel porto di Catania. 
Sono prigionieri a bordo, non possono sbarcare, possono solo pregare sul ponte di quella nave italiana della Guardia Costiera, che si chiama Diciotti. Così vuole il governo, così ha deciso il vice-premier ministro dell’Interno, che da bullo sfida i giudici inquirenti ad arrestarlo.

Non si può sequestrare una nave, non si può sequestrare un equipaggio, non si possono sequestrare naufraghi: è contro il nostro ordinamento, è contro la nostra costituzione e contro la convenzione di Ginevra, quella dei diritti dell'uomo e straccia decenni di cultura giuridica.

"Però adesso basta", afferma Marco Travaglio, "è uno stallo vergognoso. Spetta al premier Giuseppe Conte, responsabile dell'indirizzo generale del Governo, senza attendere i moniti di Mattarella, spiegare al suo vice premier e ministro dell'Interno Matteo Salvini che il tempo per le ostentazioni muscolari è ampiamente scaduto. Anche perché nemmeno il sadico più efferato può pensare di lasciare quei poveretti su una nave, non certo da crociera, per altri giorni o settimane".

Tutti sappiamo delle responsabilità di Malta, della Libia, dell'Europa, che continua a essere soltanto un'espressione geografica e linguistica, ma di tutto questo i 177 eritrei ridotti a larve, dopo settimane di navigazione, non hanno alcuna colpa e la responsabilità della loro vita ricade sul nostro Paese.
Non possiamo accettare lezioni di accoglienza da nessuno, ma proprio per questo non possiamo e non dobbiamo metterci nelle condizioni di riceverne.
Salvini, finiscila di giocare la tua partita con cinismo e spregiudicatezza. Finiscila di usare l'arma di distrazione di massa di un'emergenza finta, per riprenderti la scena rubata dai Cinque Stelle sui Vitalizi, sul decreto Dignità e sul caso Autostrade. Finiscila di distrarre l'attenzione dalle vere emergenze nazionali. 
Finiscila di fare il buffone!  (Alfredo Laurano)

giovedì 23 agosto 2018

STORIE DI GRANDE CINEMA E PASSIONI

Qualche giorno fa, sono stato nei luoghi rosselliniani di S. Marinella. 
Un posto magnifico e suggestivo, al chilometro 58 della Via Aurelia, che fu il buen retiro, a picco sugli scogli, della storia d’amore Bergman-Rossellini. 
E ho ripensato, inevitabilmente, a quel susseguirsi di passioni e tradimenti, di gioie e sofferenze, vissute nella realtà dai protagonisti e non nella fiction cinematografica, che pur fece da sfondo e da contorno.
Nel 1948, Ingrid Bergman, folgorata da Roma Città Aperta, ebbe l'ardire di proporsi per lettera al regista del film: «Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi capire in francese e in italiano sa dire solo ti amo, sono pronta a venire in Italia per lavorare con Lei».
Rossellini - che, ancora legalmente sposato con la costumista Marcella De Marchis, madre di due dei suoi figli, stava con l’attrice Anna Magnani, monumento nazionale e parte integrante anche del successo del suo cinema - si accingeva a lavorare a un progetto, “Stromboli terra di Dio”. 
Preparò il film di nascosto dalla Magnani e lo offrì subito alla Bergman. La grande attrice romana si vide portare via così, in un soffio, l’uomo e il lavoro.
Anche Ingrid era sposata e aveva una figlia ma, racconterà poi, era infelice. 
Quando le arriva la proposta del regista italiano, per lei è un’occasione per cambiare una vita che le sta stretta. Rossellini vola in America per incontrarla e la scintilla, scocca. 
Il resto è storia: “Stromboli”, vedrà protagonista la bionda perticona svedese che ormai ha scelto la sua strada, non solo professionale, e una nuova vita a Roma.

Un vero scandalo nell'Italia bacchettona degli anni Cinquanta, con i due, entrambi sposati, travolti da passione nel mare di Stromboli, quindi a nozze messicane per regolarizzare la nascita del loro primo figlio, Robertino, seguito dalle gemelle Isabella e Isotta.
Una storia di amore e tradimento che si consumò nel 1949, all’ombra dei vulcani delle isole Eolie. “Una guerra” senza sconti che appassionò i lettori e gli ammiratori dell’epoca dei protagonisti, tra un uomo e una donna e tra due donne che, pare, non si incontreranno mai in vita loro.

Tre mostri sacri del cinema mondiale. 
Lui, l’uomo conteso, uno dei registi italiani più famosi ed apprezzati, che ha inventato il neorealismo e raccontato storie vere utilizzando i poveri materiali che aveva a disposizione negli anni a ridosso della guerra: la strada e gli attori che quella gli procurava.
Lei è un’attrice di talento e temperamento, Anna Magnani, che proprio l’amato Rossellini ha reso più di un’attrice, un’icona, facendole urlare il nome del suo uomo in una corsa disperata che finisce in tragica caduta e che racchiude tutto il senso di quel capolavoro, unanimemente riconosciuto, che fu Roma Città Aperta. Proprio su quel set nacque l’amore tra due caratteri forti e sanguigni.
Leggenda vuole che, quando la Magnani venne a sapere che il suo amato (che, tra l’altro, aveva sulla carta anche una moglie) si era invaghito dell’irresistibile svedese, reagì a modo suo e gli scodellò una fumante cofana di pasta in testa.
L’ altra, una superstar svedese, bellissima e magnetica, ricercatissima e famosissima che ha stregato tutta Hollywood, che ha girato film che passeranno alla storia del cinema: da Notorius, a Per Chi Suona La Campana, a Casablanca.
“Un misto di bellezza eccitante e di fresca purezza”, annoverata, con Audrey Hepburn della quale fu amica, tra i durevoli simboli di un eros estetico, più nobile che carnale.
 
Una diva formato famiglia, affacciata al balcone, in prendisole, o inginocchiata davanti a Robertino in bicicletta, nelle estati glamour di Santa Marinella, in quegli anni borghesi dell'Italia uscita dalla guerra, che punta sulla domesticità di una bella villa, accanto alla quale il regista aveva fatto costruire una ricca dependance per ospitare amici e attori internazionali 
(per esempio, Gregory Peck, di passaggio mentre girava Vacanze romane) e un muro lungo il pontile, per impedire l'appostamento dei paparazzi. 
Intanto, Rossellini andava a Civitavecchia in giardinetta, a comprare pomodori. 
Tra quelle palme e quel mare dentro, resta ancora uno spicchio di magia, legato a quella storia di impeto e passioni che proprio quel grande cinema non ha mai raccontato. 
Oggi, ne avrebbero fatto una fiction di successo, in cento e più puntate. (Alfredo Laurano)





mercoledì 22 agosto 2018

ASIA CONTRO IL MONDO


Asia non va con i minorenni. Non è pedofila. Non molesta i ragazzini.
«Nego e respingo il contenuto dell’articolo pubblicato dal New York Times che sta circolando nei media internazionali. Sono profondamente scioccata e colpita leggendo notizie che sono assolutamente false. Non ho mai avuto alcuna relazione sessuale con Bennett». Lo afferma Asia Argento in una nota nella quale parla esplicitamente di «una persecuzione».

Era attesa e con grande puntualità è arrivata la reazione degli avvocati di Harvey Weinstein. Da “La Stampa”: “è un atto di accusa: queste rivelazioni dimostrano l'alto livello di ipocrisia di Asia Argento - scrive, uno dei legali - quel che è ancora più stupefacente è che mentre la signora Argento stava lavorando segretamente per accordarsi in un caso di abusi su un minore, in pubblico faceva di se stessa una delle voci più violente dell’accusa contro Weinstein, nonostante il fatto che la loro fosse una relazione tra due adulti consenzienti, durata quattro anni”.
Le accuse del pool di avvocati del produttore americano non si fermano: «La cristallina doppiezza della sua condotta è davvero straordinaria e dovrebbe almeno servire a dimostrare a tutti con quanta superficialità le accuse contro il signor Weinstein siano state verificate e di conseguenza lasciare spazio a un giusto ed equo processo e non a una condanna preventiva fondata sulla disonestà».
La guerra continua, tra accuse, smentite, tra falsi, bugiardi e feriti, ricordando che Asia non è solo un continente, ma anche una gran signora. (Alfredo Laurano)

SCRIVERE SENZA MALINCONIA

Non c’è molta differenza fra scrivere su carta - libri, giornali, Tivù - oppure on line. 
Non cambia lo stile e il modo di esporre e di pensare, non cambiano i temi, le idee e i contenuti: cambia solo il ritmo e il mezzo che, poi, per Mc Luhan, è il messaggio. E questo è assolutamente vero, soprattutto nel senso che il tipo di strumento che lo veicola si sovrappone e si identifica col messaggio stesso, fino a dargli una diversa percezione in chi lo legge o lo riceve. 
Basti cogliere le tante sfumature, i commenti e le risposte degli utenti, che variano in virtù di questo: le reazioni sono diverse, cambiano, si adeguano al campo di quella specie di disfida: on line, insulti, offese e parolacce sono pane quotidiano per chiunque esprima una posizione propria, autonoma e, spesso, impopolare nei confronti di un esercito di odiatori fai da te (haters), di nemici a prescindere, uniformati e conformisti, protetti dalla corazza di un presunto anonimato e dalla assolvente reazione di massa, apparentemente più innocua e tollerata. Ma non sanno costoro che è come mettere le mani addosso, come prendere a calci e pugni chi non la pensa come loro. 
Al di là di tutto questo, la cosa importante per chi scrive - ovunque lo faccia - è la scelta di trattare le cose che interessano maggiormente, che colpiscono, che feriscono o che ancora sorprendono, per fornire un valore aggiunto alla discussione pubblica, senza far troppo rumore. 
Perché scrivere è riflettere, rispondere alla propria coscienza, parlare agli altri, ma anche a se stessi, penetrare nei fatti e nelle notizie, fermare un pensiero, prima che scivoli nel nulla e nell’indifferenza. 
Per queste ragioni, scrivo sul web e sul mio blog da oltre dieci anni, dopo averlo fatto a lungo su stampa e TV. Collaboro ancora con qualche giornale. 

La voglia o la presunzione di dire sempre qualcosa di intelligente, di utile e di qualità, fin quasi all’ossessione, è l’obiettivo non dichiarato, ma reale. 
Se non hai da comunicare qualcosa che serve a qualcuno o a qualcosa, forse è meglio tacere e non dire nulla. 
Ma il dibattito è aperto: scrivere sempre per essere visibili o scrivere solo quando si ha qualcosa di interessante da dire? 
E se invece di scrivere per una qualsiasi utilità, si scrivesse solo per il gusto di farlo e basta? Per il semplice desiderio di esprimere se stessi ed i propri pensieri, alla ricerca di un eventuale e sano confronto, e non per compiacere gli altri? 
Quello che importa è che, usando la penna, anche digitale, si mettono in ordine le proprie idee ed i propri concetti, si chiariscono e si approfondiscono le proprie convinzioni. 

Perché scrivere, comunque, è una passione e un piacere: è come amare, godere, bere o mangiare o digerire; è come osservare il bello e il brutto del mondo o l’incessante stupore della natura o la capacità di cogliere un senso comunque e ovunque, anche quando ciò, come oggi, è del tutto scontato e gratuito. 
Tutti tendiamo a pendere dalle labbra dell’attualità, del quotidiano, del “tempo reale”. 
Quando c’è una notizia che fa opinione, appaiono in Rete e sui social, prima di subito, centinaia di post, a cascata, spesso uniformi in modo stucchevole. Si alza un muro di slogan e commenti banali e indifferenziati che provengono da illustri sconosciuti. A molti, andrebbe assegnato l'oscar della stupidità, per quanto sono ridicoli e al tempo stesso inutili. 
È la corsa al click, già pochi minuti dopo la prima agenzia che ne parla. 
Sono poco più che fotografie dell’accaduto, senza analisi, anche se ciò è del tutto naturale e largamente comprensibile, in questa sterminata valle della comunicazione globale: si fa per poter essere rilanciati per primi online, per costruirsi una propria popolarità, per poter dire di aver dato la notizia, prima del grande giornale che ne parla in modo più diffuso poco dopo. 
Perché commentare, parafrasando ironicamente Gaber, non è stare sopra un albero e neanche il volo di un moscone, è libertà e partecipazione. Almeno in apparenza. 
Indubbiamente, di fronte ad un eccesso di fatti e di notizie, ci ritroviamo a dover fare i conti con la nostra propria vita e non con i riti e i miti ipertecnologici che danno assuefazione e dipendenza e non risposte esistenziali. 
Non dimentichiamo che scrivere è anche e soprattutto trasmissione del sapere, non solo una mano di vernice superficiale dell’informazione. 
 (Alfredo Laurano)

domenica 19 agosto 2018

LA COMUNE DEI VECCHI FIGLI DEI FIORI

La vecchiaia fa paura. Anche se pochi sanno di essere vecchi. 
Fa paura la malattia, l’idea di perdere progressivamente le forze, la memoria e l’autonomia. Fa paura la possibile, se non probabile, dipendenza da qualcuno (figli, nipoti, badanti, assistenti sociali), la rinuncia forzata ai piaceri, alle scelte, ai sentimenti, alle funzioni intellettive. 
Fa paura e crea ansia la prospettiva, il futuro prossimo, l’incertezza, il mistero della fine. 
Prima o poi, tutti ci interroghiamo con timore: che sarà di noi, cosa ci aspetta, come e dove finiremo? In una casa di riposo? Soli, emarginati, dimenticati? 
La solitudine terrorizza. Restare senza un antico affetto, una necessaria compagnia, una condivisione delle cose quotidiane è qualcosa che sconvolge. 
Anche se Cicerone e Bobbio, nei loro rispettivi “De senectute”, sostengono che la vecchiaia non è scissa dal resto della vita precedente, ma è la continuazione dell’adolescenza, della giovinezza e della maturità, la visione della vita, e l’atteggiamento verso di essa, cambia a seconda di come ognuno l’ha concepita quella propria vita: come una montagna impervia da scalare, o come una fiumana in cui sei immerso, o come una selva in cui ti aggiri incerto sulla via da seguire. 
Ma quand’è che si diventa anziani? Quand’è che si passa dallo sviluppo, dalla crescita all’invecchiamento? 
Non lo sappiamo, anche perché non c’è un interruttore, un momento preciso, una data, un segnale certo che ce lo riveli. È un processo lento e inconsapevole di graduale adattamento culturale e fisiologico, che elude la nostra vigilanza. 
Il mondo di tutti i vecchi, alla fine, è il mondo della memoria: tu sei quello che hai pensato, amato, compiuto. E quello che ricordi. 
E quei tuoi ricordi sono la tua vera ricchezza, che hai conservato con fierezza, che non hai lasciato cancellare e di cui sei rimasto il solo custode. 
E che temi di perdere, all’improvviso, nel momento più difficile. 

Come risposta a queste domande esistenziali, a questi dubbi di tutti e di ciascuno, si sta facendo strada nel Nord Europa, in particolare in Danimarca, un nuovo modello residenziale di invecchiamento comune, una tendenza che mira a scongiurare le paure della solitudine e dell’abbandono, in uno delle fasi più delicate, l’ultima, della propria vita: la convivenza, una soluzione, finora, poco presa in considerazione, soprattutto in Italia. Anche se, personalmente, ho sempre considerato questa ipotesi, lanciando numerosi segnali, mai raccolti da amici e fratelli, se non addirittura derisi o coperti da un abbondante velo d’ironia. 
Un modello che pone l’accento sull’importanza dell’amicizia, che si crea o si fortifica in una sorta di villaggio privato in cui ciascun abitante o coppia ha la propria casa, ma può usufruire di molti spazi comuni, in cui socializzare e trascorrere il tempo libero in compagnia. Inoltre, grazie alla convivenza con altre persone, è possibile risolvere con più facilità alcuni problemi assistenziali e di routine. 
Di fronte a un progressivo invecchiamento della popolazione, con tutte le conseguenze sociali che esso comporta, la risposta è dunque una “comunità” in cui gli anziani abitanti possano essere parte attiva del proprio villaggio, mantenendone le redini attraverso manutenzione e gestione. Le attività interne non devono generare reddito, ma servire soltanto i residenti. 
Niente più casa di riposo, niente più ospizi lager, niente più assistenti aguzzini che picchiano gli anziani: la nuova tendenza è invecchiare con i propri amici e avere una buona qualità della vita che ci resta. 
Sempre meno solitudine, quindi, sempre più compagni di merenda e di giornata, anche nella vecchiaia: soluzioni che, forse, a breve sarà necessario adottare. 
Non serve a nulla dichiarare banalmente al mondo di sentirsi giovani dentro - come si dice per prendersi gioco di se stessi e per sublimare l’idea della fine - perché si invecchia in tutti i sensi, pur senza abbandonare la forza del pensiero: la decadenza fisica e i problemi di salute ne sono la più ampia prova. 
Ogni tempo della vita ha bisogno di semplici emozioni che appaghino e gratifichino: dal caffè con gli amici, alla voglia di leggere e sapere, dallo scambio di idee e sentimenti, al piacere della buona musica, del gioco e del mangiare, dal rispetto di chiunque, al diritto di contare. 
Anche nella tarda età, che ci fa tornar fanciulli. 
(Alfredo Laurano)

INVITO ALL’OZIO

Una giornata diversa di mezza estate, sotto le fresche fronde, a rimirar uno specchio d’acqua piatta e cristallina: niente spiagge affollate, sole ustionante, caldo asfissiante, sabbia bollente. 
Certo, rispetto agli altri laghi del Lazio e al Trasimeno e, soprattutto, a quelli del nord Italia, di Como, Maggiore, di Garda, è poco più di un laghetto artificiale o di quello di Villa Borghese. 
Tra Ronciglione e Caprarola, incastonato tra i monti Cimini, il Lago di Vico, di origine vulcanica, si specchia silenzioso tra i boschi e le colline. Con i suoi 507 metri s.l.m., vanta il primato di altitudine tra i laghi italiani. 
Piccolo e bello, a misura d’uomo, offre un panorama incantevole, un’oasi naturale di tranquillità e pace, adatta a tutti e alle famiglie. 

Qui, non c’è fretta, si dimentica il caos e il rumore della città. 
C’è un servizio spiaggia ben attrezzato ed il fresco del boschetto alle spalle, ideale nelle calde giornate estive, quando il solleone si fa sentire forte e prepotente. 
Totale relax su quel prato, luogo adorabile, un pezzo di azzurro, in mezzo a un verde quasi incontaminato. 
Si può scegliere l’area libera, oziare, sonnecchiare, fare il bagno, andare in pedalò, o scegliere un percorso di trekking o di canoa. Insomma ce n’è per tutti i gusti. 
Tutto, intorno, è pulito ed ordinato, l’erba tagliata nei prati adiacenti alla spiaggia, vialetti, panchine, cestini. Non mancano strutture e servizi di ospitalità e confort: un elegante hotel-ristorante, la Bella Venere, che prende il nome dal profilo del monte sul lago, con magnifica terrazza fiorita, un bar-pinseria con tavoli e cucina più essenziale, un chiosco a capanna per caffè e gelati, proprio accanto al lago. 
Semplicità e tranquillità in questi spazi freschissimi, sull’erba e sotto gli alberi, ideali anche per un ottimo picnic, lontano dalla folla delle spiagge marine. 
La luce cambia durante il giorno e il sole, al tramonto, colora acqua, monti e natura.
La bocca del vulcano inghiotte lentamente riflessi e bagliori e induce a sognare, fino alle ombre e al buio della sera. 
18 agosto 2018 (Alfredo Laurano)