giovedì 30 ottobre 2014

L'UNITA', TRA GOSSIP E MANGANELLI



Rifiutate le proposte della Santanchè e del banchiere Arpe, sembra che il glorioso quotidiano, fondato da Gramsci nel 1924, in liquidazione al suo novantesimo compleanno, stia per essere acquisito dall’editore Guido Veneziani, specializzato in gossip casareccio: amori, corna, tronisti, veline, calciatori e gravidanze vip.

Dopo aver portato al successo testate leggere e disinvolte come Vero, Stop, Miracoli, Rakam, e anche il diffuso catalogo Ikea, il giovane imprenditore calabrese, che vanta e racconta di un suo passato di sinistra,  è pronto a resuscitare l’Unità: “giravo con in tasca l’Unità, ma anche il Manifesto e Cuore. Ora, in questo Paese c’è ancora chi si dichiara di sinistra o di destra? O che pensa che Renzi sia di sinistra?”

Quindi, lo storico giornale tornerà in edicola. A modo suo, ovviamente.

Voglio fare un giornale popolare, nell'accezione positiva del termine e non voglio sobbarcarmi debiti. Quindi rinnovamento e snellimento: cioè tagli.
Oggi siamo tempestati di informazioni e l’approfondimento dei quotidiani lo trovo un filino noioso. Il nuovo giornale si occuperà di politica e di sociale, con un linguaggio giovane e moderno, adeguato ai tempi. Anche la cronaca, non nera, avrà un grande spazio.” E Renzi come leader da seguire.  Mi piace moltissimo. È bello, sveglio, ha una gran dialettica ed è uno dei pochi politici che si capisce quando parla.”

Dichiarazioni e programmi perfettamente in linea col clima che si respira nel Paese:
- all’Unità si cambia storia, faccia e connotati e, magari, pure la testata;
- alla stazione della Leopolda arriva l’avveniristico trenino di illuminati finanzieri che   anticipano il futuro, attentando ai diritti dei lavoratori;
- a San Giovanni sfila un “nostalgico” corteo di un milione di bandiere rosse. 

E tutti, renziani, governativi, neo-berlusconiani, neo-futuristi, minoranze del Pd, sindacati, movimenti stellati e frange di sinistra, si scambiano attacchi, insulti e pesanti accuse. Tutti divisi su temi, su metodi e proposte. Tutti separati, spaccati e in disaccordo su tutto.
E’ un teatrino ridicolo e surreale.

Il nuovo partito del renzismo, è sceso ufficialmente in campo alla Leopolda e il suo ideologo-inventore, con l’abituale arroganza del bullo sapientone, disprezza e offende chi “pretende di usare l’iPhone con il gettone telefonico” o “di mettere nella fotocamera digitale il rullino di una volta”. Sublimi metafore per ridicolizzare chi si ostina a  difendere i diritti  dei lavoratori e l’articolo diciotto (sindacato e sinistra bolscevica).
Intanto, la polizia manganella i lavoratori dell’acciaieria di Terni, licenziati dalla ThyssenKrupp.

Il nuovo editore dell’Unità troverà, quindi, questa complessa situazione e dovrà confrontarsi con posizioni diverse e contrastanti, anche nel tentativo di identificare il ruolo di una Sinistra disastrata, in perenne crisi d’identità.
Se però le intenzioni sono realmente quelle di trasformare l'Unità in un eterogeneo contenitore di chiacchiere e pettegolezzi, di finti scoop o di rivelazioni sensazionali, meglio lasciarla morire di morte naturale.

Amori, moda, bellezza e diete fai da te, nel ricordo e in onore di Antonio Gramsci.

E’ impensabile che uno storico giornale si degradi a inutile macchietta, per contendere a “Chi, Novella, Diva e Di Più” il primato del gossip alla puttanesca.
Che si riduca a fotografare le copiose chiappe della ministrella Boschi o a raccontare il tormentato menage della Moretti con Giletti, magari sotto la commovente direzione - illuminatissima - di Barbara D’Urso. 

Tanto valeva darlo alla teatrale, portatrice sana di silicone e tacco 15, Daniela Garnero, in arte, Santanchè.
Ripeto, meglio, senz’altro, una fine dignitosa.
Se non altro per lasciare un buon ricordo ai tanti che quel giornale hanno amato, hanno distribuito la domenica mattina, hanno portato in tasca, con orgoglio, come una bandiera.

30 ottobre 2014             (Alfredo Laurano) 

                                    

domenica 26 ottobre 2014

NEMMENO CON GLI OCCHIALI

Da una parte, un milione di persone che protestano a S. Giovanni a Roma, dall’altra, cinquanta tavoli tematici (fisco, scuola, giustizia, trasporti) che pensano, studiano, discutono, immersi nel brain storming alla Ribollita, alla Leopolda di Firenze. 
Proprio come avviene nelle agenzie pubblicitarie, dove efficientissimi Creativi inventano gli spot e la pubblicità.

Nella piazza, l’Italia vera, popolare e quotidiana, unita da un comune sentire, dal disagio, dalla precarietà, dall’insicurezza. Quell’Italia sofferente, avvilita da un’idea vaga e vacillante del concetto di lavoro e che esprime una crescente rabbia sociale che nessuno vuole più ascoltare. Che rappresenta realtà molto variegate, che non vuole annunci e promesse di futuro, ma lavoro e occupazione. Che cerca di difendere diritti e conquiste sindacali.

Nella stazione fiorentina, invece, l’intellighenzia del nuovo Paese del renzismo, il pensatoio, il decisionismo e i programmi di chi vuol tutto rottamare, a cominciare da ciò che resta di uno storico partito e dal confronto fra le sue anime diverse. 
Qualcuna, infatti, è nelle strade con la Fiom e la Cgil, con Landini, la Camusso e le bandiere rosse.
Perché “il futuro è solo l’inizio”, recita l’ermetico, ma intrigante slogan della Convention. Un sottile calembour che ha lo scopo di stupire, come i tanti e continui giochetti di parole, così cari al novello puffo fiorentino, che qualcuno, bontà sua, spiegherà, prima o poi, anche al rozzo popolo ignorante.

Nel laboratorio d’avanguardia futurista della Leopolda infuria una fumosa tempesta di cervelli, in rigorose maniche di camicie bianche. Si rinnovano simboli e scenografie, come si fa a teatro: biciclette capovolte, lavagne, televisori anni ’50, salvagenti e il garage come luogo d’eccellenza di idee e di proposte.
Tra i tavoli tondi - che qualcuno ha visto come quelli di una sala Bingo o di una cena elettorale americana per respirare l’aria del candidato - si insegue una ricercata concretezza, rispetto alla teoria. Si sceglie l’effluvio di parole e di comunicazione, si privilegia l’età e il carisma giovanilistico, a prescindere: conta l’anagrafe e l’entusiasmo, non le competenze, i meriti e i principi.

Urge lo sdoganamento di un’idea “antiquata” della sinistra verso nuovi lidi pragmatici e ultramoderni: un modello di leadership, senza bandiere e tradizioni, buono per tutte le stagioni, che guarda a Destra, al Mercato, al neoliberismo, ma non ai lavoratori.
Una prova?
Uno dei tanti amici del premier, il finanziere d’assalto Davide Serra, si fa protagonista di una sparata sull'inutilità e i costi dello sciopero: “E’ giusto limitare il diritto di sciopero fra i lavoratori pubblici”.

Alla convention che glorifica il renzismo, non solo amici, cortigiani e ancelle fedelissime, ma anche ex avversari politici, riciclati e nuovi apostoli, fulminati sulla strada di Damasco Fiorentino e soprattutto le personalità dell'alta finanza del Paese.
Tutti a sostenere un altro uomo forte, ambizioso e spregiudicato, che incarna, nel bene o nel male, il simbolo della frattura fra questo modo di intendere la politica e le attese di larga parte del mondo del lavoro: una perfetta dimostrazione dell’impronta neo- berlusconiana che investe il Paese reale e il nuovo Pd.

Le piazze della sinistra? Un’illusione ottica. Ha detto con rinnovato stile la Moretti.
Un milione di persone in corteo a S. Giovanni: un’illusione ottica!

In quest’Italia dei selfie e dei proclami, non c’è più posto, né attenzione, né rispetto, per le piazze che contestano. Non si vedono più, nemmeno con gli occhiali o i laser ad eccimeri della chirurgia refrattiva.
Ma dietro ogni bandiera c’è una persona, con una storia personale che non si può ignorare, nemmeno alla stazione del futuro.
26 ottobre 2014                                                           (Alfredo Laurano)


venerdì 24 ottobre 2014

DALLA BEFFA ALLA TRAGEDIA

Una partita di calcio, anche se incredibile e avvilente, resta sempre una partita.
A chiunque dispiace straperdere: alla beffa si unisce la rabbia, l'umiliazione.
Ma quando scopri che un cinico destino ha spento per sempre quella rabbia, e forse un timido sorriso, sui volti di un bambino di sette anni, Christian, e del suo giovane padre Stefano che, dopo la disfatta sportiva (Roma-Bayen 1 a 7), tornavano tristi a casa per consolarsi con il loro grande amore, ti prende lo sconforto vero, il dolore vero, la rabbia vera.
Una strada maledetta ha cancellato quell'amore. Ogni commento, ogni perché, ogni speranza.
E tutto si ridimensiona, cambia i valori e il significato dei fatti e delle cose.
E ti viene da piangere sul serio.
(A. La.)   22 ottobre 2014


SETTE VOI FA 'NA RISATA AMARA

Un amico d'oltre Tevere, ricco di divertente fantasia, ha pubblicato questo splendido mantra canzonatorio. Credo sia stato lanciato da un radio laziale.
Un modo veramente spiritoso e intelligente per sfottere con garbo.
Che non offende, ma consola. Che non insulta, ma lenisce ed incoraggia.
E' sempre apprezzabile la forza dell'ironia. Da qualsiasi parte provenga.
Non posso che esclamare: Sette volte Bravo!


"Sette senti triste....Sette senti addolorato.....Sette voi sfoga'.....Sette sentivi er primo ar monno....Sette credi che nun e' vero ma e' tutto n'zogno....Sette ritorna in mente che l'hai vissuto n'antra vorta ....
Sette martella drento la testa la colonna sonora de "Li Magnifici 7 " ar posto de l'inno de Venditti.....Sette credi che e' er solito complotto ma nun po' esse perche' finisce pe' otto....Sette ritrovi a casa davanti a la tv e stai a zappigna' tra li canali pe' cerca' de spera' che e' un antro risurtato e quer telecomanno te se blocca proprio su " La 7" ....
Sette raccontavano quanno eri piccolo che le meravije de la natura erano proprio quelle, né una de piu', né una de meno.....
Sette sei fumato piu' de quarche canna e nun te ricordi piu' quanti colli ce stanno a Roma....e Sette voi cala' poi ne la Storia pe' ricordatte davero quanti Re ce so' stati ma poi te confonni co li nani de Biancaneve....
Allora sappi che tutto questo e' vero fijo mio : SEI NATO GIALLOROSSO !"
22 ottobre 2014

CHE BOTTA!

Umiliati e offesi, anche da se stessi. E nell'orgoglio.
In uno stadio pieno come un uovo, si è consumata, in breve, un'illusione.
Come avevo scritto in occasione di Brasile-Germania dell'ultimo Mondiale, tre, quattro, cinque gol in pochissimi minuti, alla fine saranno sette.
Una specie di tiro a segno o ai palloncini delle giostre. Senza difesa, senza contrasto, le armate germaniche penetravano leggere nel burro romanista di Garcia.

Un incubo cominciato presto, quasi subito, ma che non finiva mai,
Un intero popolo di tifosi, prima incredulo, poi attonito, poi ancora stordito e violentato, fra umiliazione, rabbia e incomprensione.

Ma, forse era una candid camera, uno "scherzo a parte", giocato ai poveri tifosi giallorossi da un cinico Garcia, che ha confessato di essere l'unico colpevole.
Io, aggiungerei, anche da un certo sconcertante, inguardabile Cole, numero tre, che spazzava il campo e lucidava l'erba per l'amico Robben.

Una squadra letteralmente spiazzata, ipnotizzata di fronte a tanta classe e potenza che ha chiuso presto la partita. 
I germanici del Bayern, spietati e impietosi, sono di un altro pianeta. Sono gli ufo del pianeta Eupalla. E il Brasile lo sa bene.
Più che una vittoria, quella tedesca è stata una mattanza. Una carneficina, quasi senza titolo e senza parole, che ha distrutto un sogno e un'ambizione.
Un'incredibile mazzata che nessuno si aspettava.  (A. La.)               
22 ottobre 2014


martedì 21 ottobre 2014

PIGLIATI 'NA PASTICCA!

Una dettagliata inchiesta dell’Espresso ci offre una serie di utili riflessioni, in tema di sonno e di riposo.
Dormire aiuta a mantenere il cervello in salute. Sempre che si tratti di sonno sano, naturale, senza l’aiuto esagerato della chimica.
Lo dicono i molti studi che da tempo indagano lo stretto legame tra la qualità del riposo notturno e la protezione delle funzioni cognitive. 
E lo dicono anche quelle ricerche che dimostrano che chi dorme male ha un rischio superiore di sviluppare demenze in tarda età.
Se non si raggiungono le circa sette ore di sonno, possono comparire i primi segnali di un declino delle funzioni cognitive. Si comincia con la memoria: piccole dimenticanze, parole che abbiamo sulla punta della lingua ma che non si decidono a uscire, ricordi recenti che si perdono nei meandri della mente. 

Ma questo è il meno. Perché, come avvertono i ricercatori dell’Università della California, una cronica carenza di riposo notturno può anche aumentare il rischio di sviluppare forme più gravi di demenza, fino ad arrivare alla malattia di Alzheimer.

 PULIZIA, RIFIUTI E RICORDI
In assenza di una quantità adeguata di riposo il cervello soffre, probabilmente perché non si generano quei meccanismi di “pulizia” delle cellule cerebrali che consentono la loro ottimale funzione. Senza il giusto riposo, nel cervello si accumulano rifiuti, che possono avere effetti potenzialmente pericolosi nel tempo.
Durante il sonno la memoria si consolida, ma il cervello non “dorme” in modo omogeneo, e alcune aree dormono più intensamente di altre.
Il sonno, infatti, è più profondo in quelle regioni che nel corso della giornata sono state più attive e che, dunque, devono recuperare nel corso della notte. 

Se per esempio durante le ore di veglia ripetiamo a lungo un esercizio con le mani, nel corso della notte a riposare di più saranno proprio quelle strutture cerebrali deputate al controllo del movimento degli arti.
E proprio durante il sonno profondo avviene quella rimodulazione sinaptica che consente ai ricordi di consolidarsi.
In caso contrario, l’insufficiente o cattivo riposo altera le capacità mnemoniche. 
Chi dorme meno di cinque ore per notte potrebbe, addirittura, crearsi falsi ricordi, inserendo nella propria memoria eventi che non sono mai accaduti. 

Un italiano su tre dorme poco e male.
La fase più delicata per le donne è quella della menopausa e dopo i 65 anni. Negli uomini, invece, dopo un primo picco del fenomeno in età giovanile, tra i 24 e i 34 anni, si produce negli over 65.
Con l’avanzare dell’età generalmente si assiste a una riduzione della percentuale di sonno profondo, quello che davvero rilassa l’organismo, con un aumento della fase Rem, quella in cui si sogna. 
Per questo quando si hanno i capelli bianchi ci si sveglia di più e si percepisce un sogno poco riposante.
In tutto si contano quattro milioni di insonni cronici in Italia e oltre 2,5 milioni di questi usano farmaci ipnotici da oltre un anno.

PILLOLE E PASTICCHE
Gli stessi studi, però, mettono anche in guardia coloro che, per dormire bene, ricorrono spesso e troppo a lungo alle scorciatoie farmacologiche, rischiando così di ottenere l’effetto opposto: anziché proteggere il cervello, si spiana la strada a malattie gravi come l’Alzheimer. 
Un uso eccessivo o prolungato di benzodiazepine, i farmaci comunemente usati proprio per contrastare l’insonnia, può aumentare (fino al 51% in più) il rischio di sviluppare il morbo.

Gli specialisti non demonizzano le benzodiazepine, che hanno un loro ruolo importante soprattutto nei casi di insonnia grave, ma sottolineano che questi medicinali hanno tra i loro effetti collaterali proprio la riduzione del sonno profondo, cioè quello più importante ai fini della “ricarica” del cervello.

La pillola per dormire è spesso un rimedio “fai da te”, che sfugge al controllo medico e si protrae per tempi eccessivi. Anche perché a scegliere la chimica per assicurarsi un buon riposo sono in tanti: ogni giorno ansiolitici, ipnotici, sedativi e antidepressivi, usati per favorire il sonno, sono la scelta di quasi 40 italiani su mille. Tutto questo impasticcarsi costa, tra l’altro, centinaia di milioni di euro l’anno.

DEMENZE E DIPENDENZE
La demenza è uno dei maggiori problemi di salute pubblica e riguarda, nel mondo, 36 milioni di persone. Si stima che, con l’invecchiamento della popolazione, il numero delle persone affette da demenza raddoppierà ogni venti anni, con aumento dei costi sociali e della sofferenza che la demenza produce, nei pazienti e nei loro familiari. 

L’aumento, scientificamente documentato, del rischio degli psicofarmaci di indurre dipendenza e favorire forme di demenza indica chiaramente che bisogna limitarne le prescrizioni e l’uso, in particolare negli anziani. 
Per inciso, è utile ricordare anche che, nelle persone anziane, tutti i farmaci sedativi aumentano anche il rischio di cadute accidentali e di fratture.
Sono utili, ma da usare pesando sempre, in tutti i pazienti, rischi e benefici. 
In ogni caso si raccomanda di non usare benzodiazepine per più di tre mesi e, se prescritte per linsonnia, evitare la loro assunzione per più di tre giorni a settimana. 
La loro sospensione deve essere, in tutti i casi, graduale. 

INSONNIA, COSA FARE?
Per combattere l’insonnia, bisognerebbe mettere in atto alcune norme comportamentali:
- andare a letto ai primi segni di stanchezza e possibilmente sempre alla stessa ora;
- evitare di assumere bevande eccitanti come il tè o il caffè nel tardo pomeriggio;
- evitare di guardare tv e tablet a letto, prima di dormire;
- non fare la siesta dopo pranzo;
- evitare di praticare un’attività sportiva intensa la sera e attività intellettuali impegnative subito prima di dormire;
- non dormire in stanze troppo calde o troppo fredde.
Infine, se non si riesce ad addormentarsi o ci si sveglia durante la notte, conviene alzarsi dal letto e tornarci quando si sente di avere di nuovo sonno.
Insomma, se non dormi ti ammali, ma se ti impasticchi fai peggio.
 (Alfredo Laurano)                                                                                                                                                                        

MANCO FOSSE BERLUSCONI!

L'uomo del fare: senza giacca, camicia bianca, maniche arrotolate come si addice a chi ostenta efficienza,dinamismo e sicurezza.
Spunta dalle quinte dello studio, stringe mani e dispensa sorrisi a tutti.
Il puffo Renzi è da madonna D’Urso, a Domenica Live, per la terza volta in poco tempo, a caccia di consensi.
Nostra Signora delle Faccette lo asseconda con passione, fra luci innaturali e battutine insulse e imbarazzanti, nella vetrina pubblicitaria dell'ipocrisia. Squallor!
20 ottobre 2014         (Alfredo Laurano)

CE MANCAVA!

“Me lo chiedono in tanti, c'è bisogno di me".
Dopo il probabile impegno nella cosa pubblica di Diego Della Valle, eccone un altro.
Ci mancava proprio!
Ancora una volta, chissà perché, chi si butta in politica non lo fa per sé e per ambizione personale, ma solo perché lo vogliono gli altri, per puro spirito di sacrificio, per adempiere a un dovere morale. Per la patria e la nazione. “Non lo fo per piacer mio, ma per dare….” , come dicevano le donne sante e virtuose di una volta.

Claudio Lotito, presidente della Laziese da dieci anni, è pronto a scendere in campo. "Io sono pronto per mettere a disposizione la mia esperienza. Ho dimostrato di saper fare, io sono un uomo del fare. Sono capace ad amministrare. L’Italia, più che di politicanti, ha bisogno di buoni amministratori e di persone perbene. Perché chi fa politica dev’essere pronto ad indossare anche il saio, e io non avrei problemi.”
Il torrenziale presidente, fra citazioni latine e battute in romanesco, vanta di avere buone relazioni con tutti, non solo con Silvio Berlusconi e confessa che sono in molti a chiedergli di fare il grande passo ed entrare nella politica: “Claudio puoi essere utile, Claudio dai, Claudio deciditi..."

A chi lo prende in giro sul Web, risponde: “È tutta invidia, vengo dal nulla, sono di successo, dormo tre ore a notte, parlo in latino, so’ colto. Anche a scuola: studiavo, prendevo voti alti. È una colpa essere bravi?”
Un altro uomo del “fare”, col saio, il latinorum e l’aquila laziale. Che si sacrifica per noi, al grido crociato di “Dio lo vuole!”

Quante disgrazie ha ‘sto Paese!
Ma quanto male ha fatto?
19 ottobre 2014                                (Alfredo Laurano)

"AGIRE IN AFRICA o arriverà in Europa con voli business class”

"L’Ebola arriverà da voi se non lo fermiamo subito qui in Africa. E non arriverà attraverso i barconi, ma attraverso i voli in business class”. A dirlo è Gino Strada, che è partito per la Sierra Leone per aiutare i malati africani che aumentano di giorno in giorno. Dice di non leggere i giornali, non ha tempo e modo di farlo, ma è critico sull’allarmismo di casa nostra: “Sono tutti preoccupati soltanto dal fatto che prima o poi l’Ebola arrivi da noi, ci si chiede se siamo pronti e cosa succederà nel caso in cui bisognerà affrontare l’emergenza, ma intanto qui stanno morendo migliaia di persone”.

Qual è la situazione sul campo?
Siamo di fronte alla più grande epidemia di Ebola nella storia. E’ questa la situazione. Ed è diversa dalle precedenti perché si sta diffondendo da un paese all’altro. Qui in Sierra Leone la struttura sanitaria è estremamente fragile, non dimentichiamoci che è un paese che è uscito da anni e anni di guerra. Gli ospedali sono strapieni. Da metà settembre abbiamo un nuovo centro, a Lakka non lontano dalla capitale Freetown, con 22 nuovi posti letto ma non bastano, ci sono persone che rimangono fuori. Adesso gli ingegneri dell’esercito britannico costruiranno un nuovo ospedale che poi gestiremo noi, sarà pronto, speriamo, dalla seconda metà di novembre.

Come si svolge una giornata tipo con i malati?
E’ difficile e faticoso, ci sono tra gli ottanta e i novanta nuovi casi al giorno e non ci sono letti sufficienti. Un operatore in un’ora di trattamento a un paziente perde due chili e si indebolisce e così è più esposto. Qui c’è una temperatura oltre i trenta gradi e questo certo non aiuta. 

Cosa può fare concretamente l’Occidente? Chi vi aiuta?
L’Occidente può fare tanto, con risorse economiche ma anche umane. Questa è un’epidemia che se non viene fermata diventerà come l’Aids. Per il momento la cooperazione inglese ci sta aiutando molto e anche il governo della Sierra Leone collabora anche se con le sue limitate possibilità. Ma ci vorrebbe molto di più. Ripeto, siamo focalizzati solo sull’arrivo di Ebola nel nord del mondo e questo non mi sembra un ragionamento etico. Ci sono stime che calcolano l’avanzata dell’Ebola in centinaia di migliaia di nuove vittime. E’ il momento di agire, questo lo dicono tutti, ma va fatto subito e con la coscienza che sarà uno sforzo enorme. 
C’è personale medico italiano impegnato accanto a voi?
Questo è un paradosso, ci sono 15 persone pronte a partire dall’Italia, non parlo di volontari ma di medici e personale specializzato delle strutture sanitarie pubbliche. Ma non possono perché gli ospedali non hanno gli strumenti legali per lasciarli partire. In pratica finché il governo non dichiara lo stato di emergenza, come era stato per lo Tsunami, queste persone, che ci servono davvero, non possono partire. Questo vale per i dipendenti pubblici mentre per i privati è una contrattazione individuale. E’ una situazione che si deve sbloccare subito perché siamo già in ritardo.
Come trattate i pazienti dal momento che non esiste una cura?

Forniamo una terapia di supporto, principalmente con l’infusione di liquidi. Ora stiamo portando avanti un studio clinico perché è vero che si studiano i vaccini ma concretamente, anche se venisse scoperto, quanto ci metterebbe ad arrivare in Africa? Stiamo sperimentando l’impiego di un farmaco di uso comune in cardiologia. In laboratorio limita la penetrazione del virus, ora bisogna capire se funziona sul paziente. E’ difficile ma bisogna provare. Sono ricerche che portiamo avanti con l’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia e l’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma. Per ora è questo che possiamo fare ma ci serve aiuto. (da Il Fatto Quotidiano del 16 ottobre 2014)


La vestizione e la svestizione degli operatori che si occupano dei malati di Ebola sono momenti estremamente delicati. Anche una piccola distrazione può vanificare la fatica di ore passate sotto le protezioni individuali.
Per questo, la svestizione avviene sotto gli occhi di un altro operatore che guida il collega e controlla il rispetto delle procedure.

Dal Centro di EMERGENCY per i malati di #Ebola in Sierra Leone.

venerdì 17 ottobre 2014

L'OSTERIA SOTTO CASA


La serata all'Osteria della Ricciotta, promossa da Slow Food, si è svolta ieri con successo.
Come già detto nell’invito, l’osteria evoca da sempre l’idea di un luogo in cui si sta bene, ci si sente a proprio agio: quel senso di ospitalità che l’etimologia del nome stesso richiama.
E proprio la qualità dell’accoglienza identifica la vera osteria, in cui il cibo è sostanza e si basa sulla scelta dei prodotti utilizzati, sulla ricerca dei sapori, sulla valorizzazione delle ricette e della tradizione.


 Nell’accogliente clima conviviale, si sono assaporati alcuni piatti della cucina tradizionale romana: una cucina semplice, basata su ingredienti popolari, sapida, corposa e autentica: “Pesce finto” e alice imbottita, Mezze maniche all’amatriciana, Picchiapò con cicoria ripassata, Crostata con ricotta e visciole. In abbinamento: Effatà e Tallitakum.
Tra una portata e l’altra, i rappresentanti di Slow Food, Nicoletta Laurano e Roberto Muzi, hanno intrattenuto gli ospiti illustrando le attività, le finalità e la filosofia dell’associazione.
 Ecco alcune note.

Fondata da Carlo Petrini nel 1986, Slow Food è un’associazione internazionale senza fini di lucro. 
Nata a Bra, oggi conta 100.000 iscritti, con sedi in Italia e nel mondo.
Si propone di diffondere la cultura alimentare, di sviluppare l’educazione sensoriale e del gusto, di tutelare le biodiversità e le produzioni di piccola scala, di promuovere la qualità del cibo buono per il palato, buono per l’ambiente e buono per chi lo produce. In altre parole, “Buono, Pulito e Giusto”.

Il cibo racconta un volto, una cultura, un territorio. Ha una storia e un’identità.
I disastri ecologici sono all’ordine del giorno e spesso rivelano un atteggiamento irresponsabile e criminale nei confronti dell’ambiente.
Per frenare il saccheggio della natura, Slow Food tutela la biodiversità, che non è un concetto astratto, ma la vita stessa dei popoli, della natura, del nostro pianeta. 
E’ fatta di piante, uomini e animali. 
Di lingue, di culture e di cibo. 
 I suoi migliori custodi - contadini, pastori, pescatori - rischiano di essere cancellati dalle regole del mercato globale, dall’industria e dall’agricoltura di massa.

Per questo è necessario rafforzare la comunità dei piccoli produttori, custodire i cibi della tradizione e valorizzare i territori, creando nuovi modelli economici.

Slow Food significa anche dare la giusta importanza al piacere legato al cibo, imparando a godere della diversità delle ricette e dei sapori, a riconoscere la varietà dei luoghi di produzione e degli artefici, a rispettare i ritmi delle stagioni e del convivio.

Slow Food afferma la necessità dell'educazione del gusto come migliore difesa contro la cattiva qualità e le frodi e contro l'omologazione dei nostri pasti; opera per la salvaguardia delle cucine locali, delle produzioni tradizionali, delle specie vegetali e animali a rischio di estinzione; sostiene un nuovo modello di agricoltura, meno intensivo e più pulito.
Slow Food, difende i diritti dei popoli alla sovranità alimentare.
16 ottobre 2014  (A. La.)