giovedì 28 novembre 2013

ESPULSO! LA VERA DECADENZA


Dalle 17,45 del 27 novembre 2013, è decaduto. Berlusconi espulso dal Senato, dopo la condanna per frode fiscale, passata in giudicato, e per effetto della legge Severino.
Donne di Forza Italia in nero. Rabbia e disperazione tra i fans, con il lutto al braccio. Un comizietto di circostanza, banale e assai scontato. Qualcuno piange, per altri è festa. "Il Giornale" listato a lutto.
Dirette Tv, interviste, commenti, dibattiti, liti, insulti e aggressioni occupano, senza tregua e senza pudore, tempi e spazi di un giorno che non finisce mai
La notizia rimbalza in diretta sulla stampa e sui siti internazionali.

Ma la vera decadenza è quella del popolo italiano. E' quella a cui il “decaduto” ha costretto tutto un paese e la sua cultura. Che ha snaturato il suo carattere, i suoi costumi e il suo immaginario collettivo.
Vent'anni d'incapacità, inutili e ridicoli agli occhi del mondo, senza scopo e senza senso, in un clima di anomalo antagonismo e da continua guerra civile, dominato da pochezza intellettuale e da tanta massificata mediocrità.
Superbia, ambizione, arroganza, abuso, prepotenza, dispotismo e amoralità... le sue peculiarità. Non sempre appieno percepite, spesso subite, o apprezzate e incredibilmente condivise.

E' il momento di dire basta alla aberrazione dei valori di umanità e solidarietà, alla perversione del giudizio e del buon senso, alla folle e degenerata mentalità che riduce tutto a rapporto mercantile, dove appare assolutamente naturale che anche uomini e donne si possano vendere e comprare.
Ora, usciamo dalla palude dell'insipienza, dal degrado della ragione e dei sentimenti, dalle lusinghe e dai falsi miti del berlusconismo. Laviamo bene le nostre coscienze per liberarci delle sue scorie e disinfettiamo i nostri pensieri e le nostre speranze.
Ritroviamo e riprendiamoci la normalità.
Torniamo a pensare all'Italia, al lavoro, ai giovani, ai bisogni della gente.
Ad avere cura di noi stessi.

27 novembre 2013                                                  (Alfredo Laurano)

mercoledì 27 novembre 2013

STA DECADENDO


Mentre il Senato, con le senatrici FI vestite a lutto, sta votando la sua decadenza, mettendo fine ai suoi vent’anni di carriera politica, Berlusconi sfida il parlamento e gli italiani sulla piazza.
Davanti a palazzo Grazioli – sulla cui facciata è stato issato lo striscione “È un colpo di Stato” – è radunato il popolo di Forza Italia, con bandiere, cartelli e piccole fasce nere, distribuite fra gli altri gadget, da mettere al braccio come segno di lutto. Infatti il decadente dice: "E’ un giorno di lutto per democrazia, i giudici vogliono la sinistra al potere" e denuncia un "indegno e vergognoso boicottaggio" contro la manifestazione stessa. "Prima hanno costretto i pullman dei nostri sostenitori a parcheggiare a Cinecittà. Poi hanno spento le macchine dei biglietti e chiusi gli uffici della metro A alla fermata Cinecittà-Anagnina".

“E’ un giorno amaro, ma noi non viviamo nell’odio….Oggi brindano perché hanno portato il nemico di fronte al loro plotone di esecuzione, questo è un giorno che hanno aspettato da vent’ anni e sono euforici. …Io continuerò a combattere fuori dal Parlamento”.
”Non è la fine di un regime, dice Grillo, è la fine di un uomo banale”.
In queste ore, comunque la pensiamo, si sta scrivendo una pagina storica della nostra repubblica.
27 novembre 2013                         (Alfredo Laurano)


STORIE DI ORDINARIA NEFANDEZZA

Altri anziani maltrattati, presi a calci e schiaffi. Sono finite stamani in manette a Viterbo due donne titolari di una comunità  per anziani a Viterbo, con l'accusa di maltrattamenti aggravati e minacce agli ospiti della casa di riposo.
Solo pochi giorni fa, oltre mille ispezioni dei Nas su analoghe strutture, avevano portato al sequestro di altri due ospizi “lager”, alla chiusura di altre sedici, all’accertamento di centinaia di violazioni penali e amministrative, al sequestro di farmaci scaduti e di alimenti in cattivo stato di conservazione.

Nel corso dei controlli, erano emersi, in molti casi, anche scadenti stati abitativi (alloggi fatiscenti, seminterrati privi di abitabilità, umidità diffusa alle pareti), insufficienza dei requisiti igienico-sanitari, pessime condizioni di degenza, sporcizia e sudiciume e, nelle cucine, quintali  di pasta, riso, latte e conserve destinati ad aiuti umanitari e, quindi, non commerciabili.
Nel napoletano, per la cronaca, questo tipo di commercio è assai diffuso, sulla strada e sottocosto.

Incuria, trascuratezza, modi brutali e anche sevizie sono spesso le ineffabili qualità che si scoprono in queste costose residenze, all’apparenza ineccepibili.
Dimore dignitose che dovrebbero, invece,  garantire, in un clima di dolcezza e di serenità, rispetto, adeguata  assistenza e ospitalità a chi vi soggiorna, nel tempo più difficile della propria vita. Quando si è più soli e più fragili, quando non si può più scegliere o rifiutare, quando si costretti a dipendere da qualcuno.
In alcune di queste celestiali oasi della quarta età, troppo spesso non alloggia la filantropia  o la carità cristiana, ma neache l’umanità.
Regna, incontrastata, la malvagità.

26 novembre 2013                                                  
                                           AlfredoLaurano                                 

UN UOMO DISPERATO

Grazia rifiutata. Golpe in corso. Violazione di ogni principio legale. Ennesimo attacco ai magistrati.
Si è appena conclusa la conferenza stampa, dove un disperato e patetico Berlusconi, a poche ore dal voto sulla sua decadenza, scopre dal suo magico cilindro nuove carte e testimonianze da tutto il mondo che lo scagionerebbero da ogni accusa e che dovrebbero portare alla revisione del processo Mediaset.
Ci si chiede come mai non siano venute fuori in ben tre gradi di giudizio! Forse c'è voluto molto tempo per costruirle e per pagarle!

Nel prosieguo della sceneggiata, legge anche una lettera-appello-minaccia ai colleghi senatori del PD e dei Cinque Stelle, nella quale li invita a una presa di coscienza e di responsabilità, per non doversi vergognare poi con i propri figli: " Prima di prendere una decisione valutate attentamente le nuove prove che sono arrivate dopo la sentenza. Stiamo aspettando altre carte da Hong Kong, dalla Svizzera e dall'Irlanda che smontano completamente la tesi accusatoria costruita nei miei confronti".

In attesa del IV grado di giudizio, come nella trasmissione di Salvo Sottile, Berlusconi parla senza freni, a ruota libera. Con la solita arroganza nei toni, ma con la paura di chi sta per perdere ogni impunità e cerca la pietà, anche nei nemici. Teme di essere arrestato da qualche folle procuratore comunista.
Qualche "spietato" giornalista, più patetico di lui, lo mette in imbarazzo: gli chiede del Milan e se sposerà Francesca, la sua "ragazza".
Allora è proprio una commedia, anzi una farsa senza fine. Non gli è stato chiesto, però, se è vero che la mattina Dudù lo sveglia leccandogli il piede benedetto!
25 novembre 2013                          AlfredoLaurano                                                                                                                                                                         


lunedì 25 novembre 2013

LA BANALITA’ DELLA RAGIONE

Banalizzare la ragione è un tentativo dialettico, una tecnica cui si ricorre per interessi personali e di bottega o per scelta strategica, politica e informativa.
Serve per accusare gli altri di incapacità, di inefficienza e malafede, per giustificare se stessi o per dimostrare fatti e verità, attraverso tesi e antitesi utili alla propria convenienza.
Vuol dire relativizzarla, adeguarla, darla in pasto agli altri, osservando la vita e le vicende quotidiane, secondo le regole della fiction, dove è reale solo quello che accade, passa o si racconta in televisione. Cioè, una rappresentazione innaturale dell'esistenza, fantasiosa e verosimile o, a volte, epica e grottesca.
E’ una conseguenza, una contraddizione, una condizione limitativa della nuova comunicazione globale.

Ma la ragione non è mai banale. Se lo fosse, dovremmo ripudiare i principi fondamentali dell’Illuminismo: la luce della ragione libera dal buio dell’ignoranza.
E’ banale, invece, nel senso di stupido, comune, piatto e meschino, l’ assenza della ragione, il suo abbandono.
Come è vano il rifiuto della logica della causa-effetto che è alla base delle leggi della fisica, ma anche delle scelte e delle azioni di ciascuno.
A dispetto della liberazione dalle tenebre dell’ignoranza, le nostre menti non sarebbero “rischiarate” da quella luce, dai lumi della scienza e della conoscenza: prevarrebbero l’oscurantismo, la superstizione, l’intolleranza, le false credenze. Atteggiamenti, questi, largamente elargiti e diffusi nel popolo da chi detiene il potere, per dominare e orientare le coscienze.
L'emancipazione intellettuale è, quindi, anche emancipazione politica.

“Il sonno della ragione genera i mostri” era il titolo del famoso quadro di Francisco Goya. Quei mostri non sono solo le ansie e le paure della nostra coscienza, ma anche la violenza, la guerra, l’orrore di cui è capace l’uomo quando lascia dormire la ragione.

24 novembre 2013                                       
                                AlfredoLaurano                                                                                                                                                                         

sabato 23 novembre 2013

INFERNO FILIPPINE

Non so quanti abbiano visto queste immagini o quanti vogliano vederle. Fanno male agli occhi e all'anima, prendono allo stomaco. Morte, dolore, sofferenza, devastazione: una grandissima tragedia umanitaria che tocca quattro milioni di persone.
Come dicono gli avvisi, con ipocrita eufemismo: "Potrebbero urtare la vostra sensibilità". Come se il problema fosse in chi le guarda e non in ciò che quelle immagini raccontano. Meglio ignorarle, allora.


Meglio non sapere, non disturbare, non vedere e lasciar dormir serena la coscienza e incentivare l'indifferenza. Come si fa con i bambini, per tutelare la loro fragile innocenza.


Dopo il tifone Haiyan che ha distrutto il paese, le persone, gli animali, le case e le cose resta la disperazione di chi è sopravvissuto. La fame, la miseria, l'anarchia.

Casette crollate, tetti volati, macerie ovunque: la gente si muove nel fango e nell'acqua, tra montagne di detriti. Si saccheggia quel che resta nei negozi alimentari, gli aiuti umanitari tardano ad arrivare e sono insufficienti.


Per evitare epidemie, si seppelliscono i cadaveri in fosse comuni per riesumarli e identificarli in un secondo tempo. Tanti bambini sono soli e abbandonati, qualche sconosciuto, a volte, se ne prende cura.

E' un'incredibile inferno di dolore.      
                   
14 novembre 2013   (Alfredo Laurano)

MAGARI SUBITO!

Quanto stupore e quanta sorpresa per la vicenda delle ragazzine che si prostituivano ai Parioli! E soprattutto quante chiacchiere, inchieste, talk show, interviste ai parenti ed ai vicini. Quanti esperti che spiegano e pontificano. Come fosse un caso più unico e raro. Come se non si sapesse che il fenomeno è assai diffuso in tutta italia, che sul Web e nei bagni delle scuole e delle discoteche lo fanno per pochi spiccioli o per una ricarica telefonica.

Nella reazione indignata di tanti moralisti da salotto, che commentano e condannano, c’è tutta l’ipocrisia di un paese e di una società fondata sui valori del profitto e del denaro. Che  finge sempre di non vedere e non sapere, salvo scoprire il caso, con effetto assai “meravigliao”, quando è sotto la luce dei riflettori e delle telecamere. Che non si interroga sui perché e non ha il coraggio di risalire alle cause di tanta promiscuità e scadimento. Questo è il vero scandalo.
Basterebbe uscire, ogni tanto o per un attimo, dalla assuefazione quotidiana - cui i media ci hanno abituato - che ci fa accettare tutto come “normalità”, più presunta che reale, per tornare a distinguere fra bene e male, fra giusto e sbagliato, tra vizio e virtù.
Scopriremmo che la scelta di vendere il proprio corpo per una adolescente di oggi, specie se cresciuta in una periferia o nella provincia, dal suo punto di vista e per la sua formazione, è un fatto comune, banale e giustificato in tutta la sua crudezza.

Ma chi ha indotto i cittadini, le famiglie, i genitori di queste fanciulle a credere che la  felicità al mondo stia nel denaro, nel benessere, nella fama? O nel fare la velina, il calendario o la comparsata in televisione?
Chi ha sdoganato, come  modello di riferimento, l’immagine della giovane rampante che si offre al potente per ottenere vantaggi, carriere, candidature, consigli regionali o posti di prestigio e ben remunerati? Chi ha convinto queste ragazze che comprare abiti firmati e scarpe da mille euro sia il massimo del piacere?
Vendere il proprio corpo per mangiare è un conto, venderlo per avere la borsa di Vuitton è un’aberrazione educativa, una deviazione dalla logica e dal buon senso.

Ma tale mistificazione della realtà nasce lontano e cresce nel tempo. Da quando - ancor  bambini, e spesso con la complicità dei genitori che vivono la precarietà del quotidiano -  si comincia a scoprire quel mondo facile, futile e finto, dove tutto si può ottenere senza sforzo, senza studio e senza limiti morali.

I benpensanti si indignano per le baby escort, ma non si rendono conto che i messaggi che passano sono proprio questi e vengono dall’alto? Che qualcuno ha normalizzato e giustificato certi comportamenti, diciamo disinvolti, organizzando un personale “sistema prostitutivo” – come dice la sentenza del processo Ruby – fatto di festini, attricette ed olgettine, lautamente compensate? Che un parlamento intero ha proclamato, con il voto, Ruby, nipote di Mubarack, per coprire vizi e capricci dell’allora premier, sputtanando le istituzioni e facendo ridere il mondo intero? 
Queste  ragazzine sono il frutto di quello sdoganamento, di quella mentalità corrente che pone il sesso fra i beni di consumo: una merce che si compra e che si vende, a qualsiasi età.

E’ il modello culturale creato dal berlusconismo di ritorno che, in forma moderna e rivisitata, rinnova il  mito del Luna Park delle attrazioni, con lustrini, lusinghe e chimere. Dove non si spende nulla e si guadagna solo, cullando ambiziosi sogni di riscatto sociale, di successo e di ricchezza.
Un po’ come faceva il Marchese del Grillo che sfruttava la miseria della madre per farsi la figlia. Poi, ossequiato e ringraziato, lasciava quattro soldi di generosità.
Ricordate il caso Noemi? Quanta gente, madri e padri, alla domanda dei giornalisti "lei manderebbe sua figlia da Berlusconi?" rispondevano: Magari, subito!

22 novembre 2013                                            
                             AlfredoLaurano                                                                                                                                                                         


ENDORSEMENT, L'AIUTINO INVOLONTARIO

Forza Italia è stata ufficialmente riesumata, il PDL archiviato e cancellato, la scissione si è contestualmente consumata, la ministra Cancellieri salvata da Letta e da Napolitano. Risultato? Il governo si è rafforzato: numericamente è meno consistente, ma politicamente più forte. Non può più essere ricattato o condizionato dagli umori quotidiani e dalle vicende personali e giudiziarie dell’ancora cavaliere, che presto passerà all’opposizione.

Dopo la farsa-pagliacciata del 2 ottobre scorso, con la mossa a sorpresa di Berlusconi che annunciava, in zona Cesarini, la fiducia al governo, con “travaglio e sofferenza”- per far finta di contare ancora e per trattenere la fronda dei dissidenti, pronta a formare un nuovo gruppo - appariva piuttosto chiaro che la frattura era insanabile. Di fatto, ne anticipava il divorzio, rinviandolo solo di poche settimane.
Dalle ceneri di quel PDL e dalla costituzione del Nuovo Centro Destra è arrivato oggi, nei fatti e nelle cose, un naturale ed inatteso endorsement, “fatto in casa” a favore dell’attuale esecutivo. Oggi si dice così - ed io mi adeguo per non sembrare antiquato e demodé - quando si vuole indicare l’appoggio a un’idea, ad una azione o il sostegno politico a favore di qualcuno. Molto più del terribile “aiutino”e, per giunta, inaspettato!

Sull’altra sponda, il PD aveva provato ad alzare la voce sulla Cancellieri, ma poi si è adeguato e ha fatto  marcia indietro, in ossequio al manovratore.
Epifani ondeggia e si destreggia. Renzi scalpita, ma abbozza. A briglia sciolta, invade i palinsesti delle TV e - mi perdonino gli amici sardi, allagati veramente e in grande sofferenza - li alluviona con fiumi di parole, spesso vuote. 
Gli altri candidati alla segreteria litigano, tra smentite, programmi e tessere gonfiate.

In attesa della decadenza di Berlusconi, ormai imminente, Alfano e le sue colombe governiste - insultate, derise e minacciate - prendono le distanze da falchi, falchetti, pitoni e lealisti, ma non da lui, che rimane pur sempre il loro padre putativo.
Non lo rinnegano, ma distinguono, con estremo sacrificio, la sua personale condizione di condannato, di fatto fuori dalle istituzioni, dalla sopravvivenza di un governo dalle “un po’ meno larghe, ma sicure intese.”  Non per attacchi personali, ma per approccio politico diverso e per costruire il futuro di quell’area. Per il bene del Paese.

Ma, anche perché i Cicchitto, i Formigoni, i Lupi e i Quagliariello sanno bene che per sei anni, e quindi mai più (per motivi anagrafici, avrebbe 84 anni), Silvio sarà premier o candidato ad alcuna carica nelle Istituzioni.
Potrà operare, decidere, agire, intervenire, trafficare dall’esterno, ma il suo nome non comparirà più sulle liste elettorali.

Poi, dovranno occuparsi anche di raccogliere e radunare, nel clan dei moderati, i costumati centristi residuali della traballante Scelta Civica, in fase di annunciato dissolvimento.
Sanno di essere il futuro di quel polo, ma sanno anche che devono freudianamente “uccidere il padre”, se vogliono crescere e superare Edipo.

21 novembre 2013                                                              
                                          AlfredoLaurano                                                                                                                                                                         


CHI HA UCCISO KENNEDY?

A cinquant'anni dall'assassinio di Kennedy (22 novembre 1963), sono state contate una quarantina di diverse teorie del complotto, con un'ottantina di possibili assassini.
Sono stati chiamati in causa quali responsabili del complotto, singolarmente e in combinazioni, la CIA e l'FBI, la mafia e i petrolieri, i castristi e gli anticastristi, i comunisti e gli anticomunisti, i segregazionisti del Sud e gli industriali dell'acciaio, e perfino il vice presidente Lyndon Johnson che temeva di non essere prescelto per le elezioni del 1964. 

Oltre alle tantissime indagini e commissioni che hanno studiato e analizzato l'attentato, anche il cinema e la letteratura, negli anni, hanno dato la loro interpretazione, presumendo di avere trovato la verità.
Nessuna teoria è stata provata anche se tutte le ipotesi contengono qualche motivazione che può essere presa per reale.
Sembra, tuttavia, difficile o improbabile che a sparare sia stato il solo Oswald.

Secondo Fidel Castro, non fu Lee Oswald a uccidere Kennedy. Un giornalista Usa della rivista The Atlantic, Jeffrey Goldberg, rivela il pensiero del Lider maximo in un’intervista che per 3 anni ha tenuto nel cassetto. Cosa pensa Castro sulla morte di Jfk è ovviamente rilevante, visto che è stato più volte accusato di esser quantomeno corresponsabile del “presidenticidio”. 

Quell’omicidio - ha detto il leader cubano a Goldberg - è stato “una cosa tristissima. Un giorno che non dimenticherò mai. Come sentimmo la notizia, ci attaccammo alla radio”. Ha poi raccontato che dopo l’assassinio ordinò di condurre un esperimento per verificare se fosse possibile colpire Kennedy nel modo in cui si diceva fosse avvenuto: “Durante la Rivoluzione avevamo addestrato i nostri uomini nelle montagne a sparare cosi’. Abbiamo cercato di ricrearlo e ci siamo convinti che non poteva esserci stato un unico assassino: quel fucile italiano non avrebbe potuto sparare tre colpi cosi’ rapidamente”.
Quella dell’unico sparatore, convalidata dalla Commissione Warren nel 1964, sarebbe stata dunque, a giudizio di Fidel, una storia creata ad arte per “ingannare la gente”. 
I sospetti di Castro crebbero dopo che Jack Ruby ferì Oswald a morte: “Una favola incredibile: si sarebbe commosso per la morte di Kennedy al punto da uccidere Oswald con le proprie mani”. 
Ruby, personaggio sopra le righe, si giustificò sempre dicendo "ha ucciso il mio presidente, dovreste darmi una medaglia". Morì di cancro in carcere nel 1967.

Ben più credibile, secondo il leader cubano, resta la tesi di Oliver Stone (JFK 1991): che un gruppo di esuli cubani anti-castristi avrebbero complottato per uccidere il presidente. “E’ molto probabile. Penso che sia successo proprio questo. C’era tanta gente dentro il governo americano che considerava Kennedy un traditore perché non aveva invaso Cuba quando ne aveva avuto la possibilità. Non fu mai perdonato per questo”.

Secondo l'ipotesi del procuratore distrettuale Garrison, il complotto sarebbe stato studiato e pianificato dai più alti vertici dei servizi segreti statunitensi, con la complicità dell'FBI, delle forze armate, in collaborazione con la mafia americana e con l'avallo dell'allora vicepresidente in carica Lyndon B. Johnson, allo scopo di poter proseguire la guerra del Vietnam a vantaggio delle gerarchie militari e dei fornitori di armi.

lunedì 18 novembre 2013

RISATE STONATE


Capisco che un politico, un governatore di regione debba avere contatti, anche cortesi, con gli industriali. Fa parte del gioco e della  “ragion di stato”.
Capisco che tali rapporti sono utili e necessari a discutere e risolvere  problemi di lavoro e di inquinamento ambientale, e che più sono amichevoli, più possono produrre risultati. 
Capisco, anche, che l’Ilva è una realtà industriale e occupazionale molto complessa con cui è difficile confrontarsi: da una parte bisogna tutelare l’interesse dei lavoratori che rischiano di ritrovarsi in mezzo alla  strada, con le proprie famiglie, dall’altra la necessità di adeguare gli impianti per l’abbattimento delle sostanze inquinanti. Serve una buona e distesa mediazione politica.
Se c'è una persona in Italia, capace di mettere in sicurezza l'Ilva e contemporaneamente conservare i ventimila posti di lavoro, questa persona è sicuramente Vendola.
Una persona che ha sempre fatto battaglie per il lavoro e cercato provvedimenti normativi per la salute dei lavoratori.

Ma non so perché o per come, stavolta Nichi ha sbagliato.
Non ha commesso un reato, ma si è macchiato di una grave responsabilità morale nei confronti dei cittadini, degli operai, di tutti quelli che lo hanno sempre stimato e delle idee che rappresenta e porta avanti.
Ha fatto una stupida telefonata, tre anni fa, che oggi ha compromesso la sua immagine di uomo di sinistra, puro e coerente, sensibile ai temi dell’ecologia e dell’inquinamento ambientale. Che fa dimenticare tutto quel che di buono ha fatto fino ad oggi per Taranto e per la Puglia (continui monitoraggi sulle sostanze inquinanti, negli allevamenti e sulla popolazione, limiti stringenti su valori antidiossina, potenziamento dell’Arpa…).

Una banale telefonata al responsabile relazioni esterne dell’Ilva a cui racconta, ridendo, di averlo  visto in un filmato strappare il microfono, con “scatto felino” a un giornalista che, meschino, cercava di intervistare Riva sulle morti per tumore.
Risate, forse di circostanza, ma stonate e fuori luogo, soprattutto nei confronti dell’inviato e dell’argomento. Anche se aggiunge: “…con quella faccia da provocatore…gente che si improvvisa…per me che le ho fatte veramente le battaglie per la difesa della vita e della salute..”
Di fronte a un tale atto di arroganza, un uomo, che quelle “battaglie ha fatto”, avrebbe dovuto indignarsi, non ridere come un idiota.

Ma quello che colpisce è il tono troppo ossequioso e compiacente e la quasi sudditanza nei confronti del potere economico dell’Ilva.
Quasi una captatio benevolentiae, politicamente grave per uno che, ancorchè mediatore, rappresenta la Sinistra e i suoi valori.

Una telefonata, a volte, distrugge una vita o una reputazione, anche se, in un vecchio spot della Tim, la vita la salvava!
16 novembre 2013                                                    AlfredoLaurano                                                                                                                                           
                              


IL COLORE DI ROBERTO

Dopo aver visitato, ieri sera, la mostra di Roberto Gabrieli, confermo le impressioni avute qualche tempo fa, guardando solo qualche foto delle sue opere: originali e ricche di espressività, trattate in un sapiente trionfo di colori forti e decisi che accendono i sensi e la fantasia! Dal vivo, questa percezione è ancora più tangibile ed evidente.

E’ proprio l’uso intenso e luminoso del colore che accomuna le diverse realtà che rappresenta: tetti, paesaggi, fiori, figure umane. Senza spiccate preferenze.

Sono temi, ambienti e situazioni visti con l’occhio compiaciuto e ammirato dell’artista che coglie, in quel momento, un frammento di natura e di esistenza.
Uomini e donne romanticamente carnali, a volte allucinati, quasi scolpiti, che mostrano ansia, paure o lo stupore di vivere nell’affascinante mistero dell’amore e della sessualità.
Tutto è condito da luce piena e viva, da tinte spregiudicate, da tratti essenziali e da una velata nota di naif.

Gabrieli racconta sogni, ricordi e quotidianità con la schiettezza di chi ama gli altri e rispetta la vita e i suoi valori. Con animo buono e sguardo pulito.
Comunica le sue emozioni con disarmante e genuina semplicità, senza falsi turbamenti, atteggiamenti formali o formule rituali.

Ho conosciuto un eccellente artista e una magnifica persona.


15 novembre 2013                                                    (Alfredo Laurano)



mercoledì 13 novembre 2013

DUE PERSONAGGI IN CERCA DI AUTORE




Smorfie, corna, boccacce, battute, frizzi, lazzi e cotillons. E' il suo vasto repertorio, esibito alle spalle dell'inviato di turno, cui rubava un po' di spazio e di mediatica attenzione.

L'idiota presenzialista-disturbatore Gabriele Paolini è stato arrestato per induzione alla prostituzione minorile. Ora esprime la sua mimica e la raffinata gestualità dell'artista di strada, dietro le sbarre di Rebibbia. Coerente e fedele al suo personaggio: sempre dietro qualcuno o qualcosa. Mai davanti.

Malato cronico di esibizionismo, dall'indole deviata, lascia la scena all'altro onnipresente idiota Mauro Fortini - quello con la bic in bocca - che trascorre la sua inutile vita fuori dai palazzi della politica. Correndo, inseguendo e fingendo di essere una macchietta di giornalista che registra le dichiarazioni dei politici, con improbabili radioline, vecchi cellulari o su un piccolo taccuino sempre bianco.
A tutte le ore e in ogni luogo. In diretta o nei TG. 

Migliaia di ridicole comparsate per bisogno urgente e patologico di protagonismo, per dare un senso a un'insulsa e anonima esistenza e con l'obiettivo di entrare nel guinness dei primati.
Come campano, non si sa. Cosa sono e cosa rappresentano? 
Figuranti del vuoto e del nulla. Prodotti scaduti e avariati della società dell'immagine, che confonde l'essere con l'apparire.
In altre parole: due poveracci in cerca d'identità che ....che ringraziano Basaglia!

12 novembre 2013                                                 (Alfredo Laurano)

Guarda il video.Paolini preso calci da Frajese: http://www.youtube.com/watch?v=MjoNSscfT3E

TRAGICO TEATRINO


Mentre nel teatrino quotidiano della commedia politica "all'italiana" Silvio rimbrotta "i governisti" del suo partito, minacciandoli di fare la fine di Fini (in perfetto stile mafioso) e falchi, colombe e serpentelli vari si insultano brutalmente fra di loro, nelle Filippine si consuma l'ennesima tragedia umanitaria, fra migliaia di morti e distruzione.
E noi, la stampa, la TV e tutti i media, ancora parliamo - tutti i giorni, a tutte le ore - delle farneticazioni, dei ricatti, delle intimidazioni e dell'arroganza di un condannato, tuttora a piede libero, che condiziona la nostra vita quotidiana. Tutto questo non è più cronaca politica, ma un inconsapevole desiderio di masochismo, indotto dallo strapotere di qualcuno.
Scacciamo il demone che si è insinuato in noi.
Chiamate l'esorcista!

12 novembre 2013                              (Alfredo Laurano)



sabato 9 novembre 2013

COS'È LA SINISTRA?

L’amico Antonino mi  rivolge una domanda impegnativa.

Che cos’è la Destra, che cos’è la Sinistra?” cantava Gaber con sottile ironia.
Non credo esista una definizione assoluta ed esauriente di Sinistra.

Per me è, innanzitutto, il contrario dell’indifferenza. Ricordando Gramsci.
E’ una condizione dello spirito e della ragione che nasce dalla propria formazione morale e culturale e si realizza in una spinta ideologica - oggi, da molti avidi, “pragmatici” fautori dell’edonismo mercantile, relegata a rango di vetusta parolaccia da bordello - verso quei valori universali, come uguaglianza, giustizia, diritti e libertà, che tutti conoscono, ma che non tutti rispettano e condividono.

Vuol dire guardare il mondo dalla parte dei più deboli, degli emarginati e degli invisibili, senza differenze di classi, di lingua, di religione, di sesso, di razza e di colore.
Vuol dire battersi per  abolire le distanze economiche create dalla società e dal capitalismo, il cui potere favorisce forti squilibri sociali e inevitabili discriminazioni.
Vuol dire odiare soprusi e privilegi e mettere sempre la persona, e non il liberismo e il suo dio mercato, al centro delle cose, rispettando le diversità degli individui
“Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i sui bisogni” (K. Marx).

Vuol dire, infine, confrontarsi sempre con il proprio egoismo e con la propria coscienza, credere nell’umanità e riconoscere a tutti il diritto all’esistenza e alla dignità.
Il sogno è di sinistra!
Il bagno è sempre…in fondo…a destra

9 novembre 2013                                                            
                                                                                    AlfredoLaurano                                                                                                                                                                         


venerdì 8 novembre 2013

POI DICE CHE VOTANO GRILLO!

Ne abbiamo tante, forse troppe, nelle nostre tasche. 
Da quella sanitaria a quella bancomat, passando per quella d’identità, della metro, del supermercato, dello stadio, del teatro…
Anche i più bisognosi e i più indigenti ne hanno almeno una: quella di povertà, che oggi si chiama social card. Questa, però, di solito, è unica e sola.
Ma, magari, ci manca proprio quella del PD! Difficile, ma può capitare.
Qualche bravo e solerte segretario di sezione ce la fornirà senza farne la richiesta, ad libitum. Tanto per alzare l’audience!

Una volta c’era quella, obbligatoria, per il pane e la farina che permetteva di mangiare. Quella del partito che ci faceva sperare nel sol dell’avvenir e in un mondo migliore. Quella della P2 che garantiva protezione, aiuti ed amicizie importanti.
Ognuna, comunque, soprattutto oggi, è simbolo di appartenenza, di fedeltà e di adesione a un gruppo o ad un progetto. Uno strumento di democrazia che si sceglie liberamente perché si crede in un’idea.
La tessera ha un valore fortemente rappresentativo e distintivo che non può essere svilito da irregolarità, scambi da mercato e trame congressuali, soprattutto agli occhi di chi ancora crede nella buona politica e sostiene con passione e con fierezza – com’ era ai tempi del PCI – le proprie convinzioni. C’era qualcuno che la tessera del PCI la esibiva con orgoglio anche al seggio o in farmacia.

Queste vergognose risse, polemiche e sospetti sulle tessere gonfiate del PD sono la naturale conseguenza delle divisioni e dello scontro in atto fra le diverse anime di quel partito, costrette a confrontarsi in un multi-contenitore, promiscuo ed eterogeneo, degno della peggiore DC delle correnti, di  cinquant’anni fa.
Con buona pace di chi rimpiange e ha nostalgia di Berlinguer.


8 novembre 2013                                                     (Alfredo Laurano)