sabato 30 novembre 2019

GRECHI A PALAZZO RUSPOLI /1913

A olio, a tempera, ad acquarello e anche a china, le femmine di Carlo Grechi sono sempre uniche, affascinanti e meravigliose. 
Vivono nel chiaroscuro in una dimensione propria, fra ricordi e futuro, ma anche nelle “Memorie di un lungomare remoto", dove ritrovano la propria essenza, la propria fragilità.
Sono tristi, pensierose, sognanti, silenziose, dolci, severe, ma piene di speranza.

Anche quando indossano un asciugamano dopo il bagno a mare, o imitano, correndo a braccia alzate, il volo dei gabbiani. O quando ai loro piedi, nella fitta vegetazione che sovrasta quasi il mare - sottile linea di confine, fra sogno e realtà - scorgono una palla colorata, un pinocchio, una bicicletta, un tamburello: oggetti semplici della quotidianità, segreti e simboli di una storia personale, di un modo di essere e di amare, oltre le mode, i costumi, gli obblighi sociali.
Tutto ciò, esaltato dallo sguardo, dalla postura e da un lirico linguaggio non verbale, che comunica mistero e suggestione, che si trasforma in incanto senza tempo.

Sono fanciulle eteree che appartengono all’intimità dell’autore, che non si lasciano raggiungere e toccare, ma che non possono non essere amate.
Che non possono essere dimenticate.
 (Alfredo Laurano)






venerdì 29 novembre 2019

OMBRE NERE /1912



I nemici, quelli giurati, erano stranieri, ebrei e partigiani.
"Ad ottobre inizieranno gli addestramenti della milizia nazionalsocialista, sforneremo soldati pronti a tutto”, diceva uno dei capi.
"Io sposerei un ebreo solo per torturarlo giorno dopo giorno - le parole di un’altra - "Questi devono avere la stella di David marchiata a fuoco sulla fronte dalla nascita così non sfuggono. Le donne vanno sterilizzate, tutte quelle cagne, e gli uomini vanno castrati, questo è il metodo migliore", diceva un indagato che aggiungeva, "ammiro Hitler perchè li bruciava tutti. Sono razzista, fascista e sono felicemente omofobo". "Potremmo lanciare una molotov all'Anpi".
Questo e tanto altro il delirio degli indagati nei post e nelle intercettazioni della Digos di Enna che, dopo due anni di indagini e perquisizioni in tutta Italia, ha scovato un altro movimento neonazista: 19 accusati, con armi, esplosivi, bandiere, busti di Benito Mussolini, libri sul giudaismo e sul fascismo e materiale vario.
Secondo gli inquirenti volevano creare un movimento xenofobo e antisemita denominato "Partito nazionalsocialista italiano dei lavoratori" che si ispirava apertamente a Hitler.
In una nota ufficiale, parlano dell’esistenza di una vasta e frastagliata galassia di soggetti, residenti in diverse località, accomunati dal medesimo fanatismo ideologico ed intenzionati a ricostituire i fasti del nazismo.
Tra questi, c’è anche tale Francesca Rizzi: la "Miss Hitler" milanese con l'aquila nazista sulle spalle, che ha vinto il titolo quest'anno partecipando ad un concorso lanciato da un social network russo.
36 anni, lunghi capelli biondi tinti e tatuaggi che inneggiano al suo idolo nazista, la Miss insulta in rete la Boldrini, Liliana Segre e tutti gli ebrei senza mezzi termini: “Questi subumani devono sparire dalla faccia della terra. Con i forni ci vorrebbe troppo tempo” scrive sul suo account.
Ora è indagata con altri 18. Alle spalle una vita difficile, mamma single e lavoretti per tirare avanti: una sbandata, non solo ideologicamente.

I nazisti italiani, per farsi trovare pronti - spiega ancora la Digos siciliana - avevano già definito la struttura interna e territoriale del movimento, creato il simbolo e redatto il programma, dichiaratamente antisemita e negazionista, e avevano condotto attività di reclutamento e proselitismo pubblicando contenuti del medesimo tenore sui propri account social, anche in una chat chiusa denominata Militia, finalizzata all’addestramento dei militanti. 
Non solo social, propaganda e addestramento però: i neonazisti sembravano pronti a entrare in azione e - almeno così dicevano loro stessi - avevano disponibilità di armi ed esplosivi e avevano un contatto per comprare kalashnikov a 150 euro.
Ma, tranquilli, come molta stampa e politici vari dicono, in Italia non c’è fascismo, non c’è pericolo: sono solo quattro pupazzi che, per gioco, inneggiano al nazismo e predicano sterminio e pulizia. E, magari, facendo ricorso a qualche forno, ma non per fare certo il pane. (Alfredo Laurano)



giovedì 28 novembre 2019

UN’INGIUSTIZIA SCANDALOSA


Una vendetta politica piuttosto che un atto di giustizia.
Ahmet Altan è stato ricondotto in carcere, dove aveva già scontato 1138 giorni.
Ne era appena uscito una settimana prima.
Romanziere e saggista dissidente era stato incarcerato con l'accusa di aver sostenuto e ispirato il fallito golpe del 2016 contro Erdogan, anche con "messaggi subliminali".
Le prove a suo carico sarebbero sempre le stesse e, secondo gli osservatori internazionali e le organizzazioni per la libertà di stampa firmatarie di un appello, sarebbero del tutto inconsistenti. Ma, per il sistema processuale turco, quelle prove sono bastate a imbastire due processi e a giustificare il riarresto di Ahmet Altan, che era stato inizialmente imprigionato il 10 settembre 2016, sulla base di alcune dichiarazioni rilasciate durante un'intervista televisiva.
Un primo processo, una condanna all'ergastolo poi cancellata, un altro processo con imputazioni diverse, ma sulla base delle stesse prove, oltre tre anni di carcerazione preventiva, un'altra condanna stavolta a dieci anni e mezzo di carcere, il rilascio su cauzione e infine, il 12 novembre scorso, dopo appena una settimana, di nuovo l'arresto “per timore di fuga”.
Una vera tortura psicologica. Quella che le organizzazioni internazionali definiscono “una persecuzione giudiziaria” colpisce uno dei personaggi di spicco della cultura turca, conosciuto a livello internazionale.
Al momento della provvisoria scarcerazione - considerata la pena già scontata e in attesa della sentenza definitiva della Cassazione - ad accoglierlo, fuori dalle mura carcerarie, si era scatenato l’entusiasmo di amici e parenti, fra tanti abbracci che significavano libertà. Una scena commovente che aveva fatto il giro del mondo e puntato l'attenzione dei media internazionali sulla repressione in atto in Turchia dal 2015, nei confronti di scrittori e giornalisti e che, qualche mese fa, ha portato all'annuncio della distruzione di migliaia di libri, dopo le decine di migliaia di arresti e di epurazioni dalle pubbliche amministrazioni.
La libertà vigilata di Altan è quindi durata appena pochissimi giorni, il tempo di consentire a Trump di ricevere alla Casa Bianca il massacratore di curdi Erdogan, di cui ha dichiarato essere “un grande fan”, mentre un editoriale del New York Times affermava che Erdogan è semplicemente un “tiranno”. (Alfredo Laurano)



mercoledì 27 novembre 2019

EPPUR BISOGNA ANDAR /1910


Tra una lite e l’altra nel governo giallo-rosa, 19.000 mila teste votano nella piattaforma Rousseau di candidare propri esponenti nelle regionali di Emilia-Romagna e Calabria, nel prossimo gennaio. E lo fanno contro la scelta di Di Maio, che voleva rinunciare, e ben sapendo che i risultati avranno percentuali da prefisso telefonico.
Lo dicono i sondaggi, la logica e la precaria condizione del Movimento che non ha e non ha mai avuto un’anima, un’identità precisa, soprattutto negli ultimi tempi: autolesionismo, masochismo, voglia di soffrire e farsi del male, fino alla possibile, se non probabile estinzione.

La prima grande botta, come sostiene Paolo Flores d'Arcais, l’hanno presa quando hanno scelto l’accordo di governo con Matteo Salvini. Fino a quel momento, grazie al grido di “onestà” e nella sua ambiguità di essere “oltre”, il M5S si appiattiva su una forza coerente, appunto la Lega, con il suo essere “né carne, né pesce”.
Con una campagna elettorale scandita da quella invocazione, fattasi bandiera, incentrata sulla lotta alle diseguaglianze, alla corruzione, alle mafie, alla spartizione partitocratica di Rai e altri enti a nomina politica, otteneva quasi undici milioni di suffragi, il 32,68% alla Camera e il 32,22% al Senato.
Ma, contro ogni logica e ogni decenza, contro le attese dei suoi tanti delusi elettori di Sinistra, Di Maio si accordava con Salvini in un’alleanza obbligata e fatale, per spartirsi le poltrone nel governo Conte (1 giugno 2018), e, un mese dopo, un sondaggio Ipsos dava la Lega già sopra il M5S, che rapidamente sarebbe tracollato perdendo un elettore su due (17,2% alle europee del maggio 2019). Era ovvio, prevedibile e scontato.

Conclusa al Papeete l’esperienza abominevole, per volontà suicida di Salvini, Di Maio, per assoluta e sola necessità - evitare il voto che avrebbe incoronato lo stesso Salvini, Imperatore - ruota il timone dallo strapotere del capitano leghista al sorridente e pacioso Zingaretti, con il nuovo governo Conte due. Risultato delle elezioni in Umbria: il M5S al 7,4: mai più candidati comuni alle Regionali, in Emilia-Romagna e in Calabria andiamo da soli, anzi non ci andiamo per niente.
Ma, come già detto, Rousseau non è d’accordo.

La dissoluzione e l’estinzione del M5S è in corso e non può essere fermata. Perché le sue ragioni strutturali, pur quando il MoVimento mieteva i suoi primi successi, non avevano sostegno, né speranza: l’assurda pretesa di non essere né di Destra né di Sinistra, né di avere una riconoscibilità chiara ed immediata, non sono solo un vezzo ideologico, che quasi tutti ritengono superato e antico, ma sono prerogative sostanziali dei valori e degli interessi di riferimento, in uno schieramento-contrapposizione che, da una parte, difende privilegi e promuove illibertà (Salvini, Meloni, Berlusconi e l’ambiguo Renzi, in versione equidistante), dall’altra promuove eguaglianza, diritti e libertà.
Ogni politica fa pendere la bilancia su uno dei due versanti. Non esiste l’interesse e il bene generale che accontenta tutti: il mantello sociale serve a proteggere i privilegi indirizzando la rabbia popolare su capri espiatori - migranti, ebrei, diversi e non garantiti - anziché sulle vere radici di classe.

Solo se oggi riuscisse a convertirsi nell’unica forza socialista di giustizia e libertà, che manca nella geografia della politica organizzata, il M5S potrebbe avere un futuro, essendo tutti gli altri spazi compiutamente occupati e sovrapposti.
Ma sarà difficile, perché non si fa politica sana senza una tradizione e una continuità storica, senza una coscienza di classe e ambientalista, senza un impegno quotidiano e integrale nella società civile.
Non si fa sfruttando i riflessi di una cultura basata sui social, sulle polemiche e le ripicche, sugli slogan, sui like e sui pochissimi numeri della magica roulette di Rousseau.
Ma, magari, per smentirmi, lo farà Di Battista, El Che fatto in casa che amava il legno e il Guatemala. E, forse, anche i Beatles e i Rolling Stones.
 (Alfredo Laurano)

E QUI COMANDO IO /1909

Una bella notizia. Per la società, per i cittadini per bene, per le persone che lavorano onestamente e si sacrificano per farlo.
E’ stato condannato a sei anni di carcere, dalla Corte d'Appello di Roma, Antonio Casamonica, imputato per l'aggressione al "Roxy Bar" della Romanina, compiuta ad aprile dello scorso anno. La pena è stata ridotta di un anno, ma l’aggravante mafiosa è stata confermata e riconosciuta anche in secondo grado.
Per la stessa vicenda sono stati già condannati i due fratelli Di Silvio e il nonno Enrico, con rito abbreviato, giunto alla sentenza di appello nel maggio scorso, che ha riconosciuto il metodo mafioso come aggravante dei reati contestati. Inflitti 4 anni e 10 mesi di carcere ad Alfredo Di Silvio, 4 anni e 8 mesi al fratello, Vincenzo, e 3 anni e due mesi al nonno dei due, Enrico. I tre erano accusati a vario titolo di lesioni, danneggiamento, minacce e violenza privata, aggravati da metodo mafioso.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Antonio Casamonica e il cugino Alfredo Di Silvio sono entrati nel locale con la pretesa di passare avanti ad altri clienti e hanno insultato il titolare, urlandogli "rumeno di merda". In fila con loro c'era la donna, picchiata per prima per aver risposto agli insulti dicendo loro che "se non apprezzavano il servizio potevano cambiare bar".
I due le hanno strappato e rotto gli occhiali, poi l'hanno spinta contro un muro e colpita con ferocia, armati di una cintura, mentre lei implorava pietà e gli altri presenti non reagivano, pietrificati dal terrore. Prima di lasciare il locale altre urla contro la vittima: "Se chiami la polizia ti ammazziamo".
Dopo mezz'ora Alfredo Di Silvio è tornato in compagnia del fratello Vincenzo: i due hanno aggredito a colpi di bottiglia il barista 'colpevole' di non essersi occupato con solerzia di loro. Hanno devastato il bar, intimando al titolare di chiudere e gridando: "Qui comandiamo noi, fai quello che ti diciamo o ti ammazziamo!"

Questa sentenza, che riconosce la responsabilità penale e soprattutto il metodo mafioso che esiste in alcuni luoghi di questa città, gestiti e controllati da una criminalità organizzata, dimostra ancora una volta la gravità del fenomeno nella Capitale e la differenza tra quell’aggressione di vera mafia e una semplice lite in un bar.
Ora, comunque, i Casamonica comandano e spadroneggiano un po’ meno.
 (Alfredo Laurano)

L'ARTE DELL'ODIO

È molto facile, oggi, far passare per arte qualsiasi invenzione della mente. Anche una presunta opera, una rappresentazione grottesca e ingiustificata di un fatto o di un’azione che va oltre i confini di una realtà, impropriamente alterata, un’immagine maligna che veicola un messaggio sbagliato in tutti i sensi, che alimenta l’odio e istiga alla violenza.
Come la scultura di Matteo Salvini, armato di pistola, che spara a due africani in versione zombie, opera di Salvatore Scuotto, esposta a Napoli nella mostra collettiva 'Virginem-Partena' nella galleria Nabi Interior Design.
Criticare, censurare, condannare una scelta dura, un modo di fare politica, di pensare e di agire nei confronti di un problema difficile e articolato come quello dei migranti, non può trasformarsi in una parodia cruenta di una pur sacrosanta opposizione di principio a quelle teorie. Né, tanto meno, quando si ricorre a un mantello artistico che dovrebbe legittimarla e giustificarla. Soprattutto quando quell’etichetta diventa plastica rappresentazione di un espediente volgare, pensato solo per finalità commerciali e autopromozionali.
L'ex ministro replica con decisione: "Cosa non si fa, per farsi un po’ di pubblicità, che squallore! La "scultura" che mi raffigura mentre sparo agli immigrati è una vera schifezza, altro che arte. Non fa ridere. È istigazione all'odio e alla violenza. È qualcosa di demenziale e criminale e poi trovi qualcuno che pensa davvero che Salvini sia così”.
L’autore si giustifica così: “ho voluto rappresentarlo come un bambinone che gioca ad un videogame popolato da fantasmi, come si vede dai dettagli della pistola che è intenzionalmente sproporzionata. Dico che il suo messaggio politico è infantile, come una costante Playstation in cui bisogna individuare il nemico e abbatterlo".
Comunque la si pensi, nella città dei presepi, dei manufatti in terracotta famosi in tutto il mondo, questo piccolo "monumento all'odio", appare proprio stonato e fuori posto e offende quel sentimento di tolleranza, che la tradizione ancora interpreta. (Alfredo Laurano)

venerdì 22 novembre 2019

CHE PAPA “STRANO” /1907


Incurante delle recenti accuse di “atti sacrileghi”, da parte di oltranzisti cattolici, secondo i quali si sarebbe macchiato di "gravi peccati", rischiando la dannazione eterna, Bergoglio continua nella sua opera di avvicinamento della Chiesa ai più poveri. 
Agli homeless della zona, un esercito di invisibili che aumenta sempre di più e che di notte, accampati e infreddoliti, dormono sotto cumuli di cartoni per proteggersi dal freddo, il Papa “strano” ha donato un palazzo antico e di pregio, con volte affrescate e stucchi decò, a fianco della chiesa degli Olandesi, a via di Borgo Santo Spirito.
Palazzo Migliori era destinato a diventare un hotel a 5 stelle. L’edificio dell’800, a due passi dal Colonnato di San Pietro, è alto 4 piani ed ha una superficie di 2 mila metri quadrati. 
Ora, questo storico palazzo è un dormitorio destinato ai senza fissa dimora: la casa per poveri bisognosi. Sarà amministrato dall’Elemosineria apostolica e gestito dalla Comunità Sant’Egidio.

Il centro di accoglienza è sia diurno che notturno e il numero di posti letto è destinato ad aumentare con l’arrivo dell’inverno.
I poveri che occuperanno le stanze del palazzo potranno anche fruire della prima colazione e della cena. Le cucine, infatti, sono in grado di preparare fino a 250 pasti caldi. Palazzo Migliori, di proprietà vaticana dagli anni ‘30, ha anche un ascensore per persone con ridotta mobilità. I primi due piani sono invece riservati ai servizi diurni, con sale per l’ascolto, la lettura e l’uso di internet.

In occasione dell’inaugurazione, Francesco ha visitato anche il presidio sanitario di Piazza San Pietro, attivo da una settimana, in cui sono in funzione dal mattino alla sera gli studi medici gratuiti, aperti a tutti i bisognosi. Un mini ospedale temporaneo nel quale Francesco si è fermato a parlare con il personale, i volontari e i malati che erano in fila per visite specialistiche o per fare analisi.  A breve, partirà anche un presidio itinerante che andrà ad eseguire per tutta Roma ai bisognosi test hiv, tbc, epatite.
Un altro segno tangibile, da parte di questo bistrattato e “strano papa”, per aiutare concretamente chi non ha un tetto.

Ma quanti lo sapevano, quanti giornali e TG l’hanno fatto sapere alla pubblica opinione, quanti siti web hanno diffuso la notizia?
Meglio e molto più facile e utile attaccare Bergoglio per la sua scarsa ortodossia e per non accettare integralmente le dottrine religiose, affermate come vere da una determinata Chiesa.
Non è la prima volta che finisce nel mirino dello scetticismo, di matrice laica o cattolica, di quanti si oppongono al suo approccio a quella Chiesa, ostili alle aperture pastorali di Francesco sulla famiglia.
Pochi mesi fa, ad esempio, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, forse deluso nelle sue ambizioni a diventare papa, era arrivato a chiederne le dimissioni.
22 novembre 2019 (Alfredo Laurano)



LIBRI, SARDINE E GATTINI

Cavalcando l'onda del consenso leghista, il furbo marchettaro Bruno Vespa ha appena presentato il suo ennesimo libro di Natale, “Perché l’Italia diventò fascista (e perché il fascismo non può tornare)”, con il patrocinio di Matteo Salvini (seduto accanto), che, a sua volta, ha pubblicato la foto dei suoi gattini che mangiano le sardine. Che sottile metafora!
Ma i suoi fans la capiranno?
Non importa.
Intanto, grazie a questa ennesima operazione di collaudato marketing, compreranno la strenna vespiana, sponsorizzata dal loro indiscusso leader.
Anche questa è l'Italia.
20 novembre 2019 (Alfredo Laurano)

EMERGENZA CLIMA /1905


L’acqua alta che ha sommerso Venezia nella notte del 12 novembre – la seconda più alta di sempre, dopo la cosiddetta acqua granda del 1966 – è un sintomo emblematico di quanto la crisi climatica stia incidendo sulla fisionomia dell’Italia.
Provocata da un vortice di venti che ha assunto una velocità eccezionale e ha sospinto grandi masse d’acqua verso la laguna, la marea ha raggiunto i 187 centimetri e ha sommerso l’85 per cento della città.
Ma Venezia è uno specchio di quello che sta succedendo in tutto il Paese: non passa giorno senza che un territorio si trovi colpito da un evento meteorologico straordinario, sia esso un vento di velocità inconsueta, una grandinata fortissima o una pioggia che fa esondare fiumi e torrenti.
Negli stessi momenti in cui Venezia finiva sotto l’acqua, il centro di Matera veniva sommerso da un fiume di fango provocato da un temporale di intensità inaudita, e una tromba d’aria si abbatteva sulle coste di Porto Cesareo, in Puglia, facendo letteralmente volare le barche ormeggiate al molo. A Catania e nel Salento, molte strade sono diventate fiumi, molti torrenti sono esondati
Un ripetersi di eventi estremi che stanno flagellando il Paese, distruggendo territori, fiaccando comunità intere. È passato poco più di un anno da quando la tempesta Vaia ha cancellato una parte rilevante dei boschi nel nordest dell’Italia. Venti con una velocità superiore ai 200 chilometri orari hanno divelto in poche ore milioni di alberi.

In Italia, come afferma una prestigiosa rivista, l’evento straordinario sta ormai diventando ordinario.
Secondo un database, che registra tutti gli eventi estremi – tornado, piogge torrenziali, grandinate eccezionali, tempeste di neve, valanghe –, dall’inizio del 2019 si sono verificati 1.543 eventi di questo tipo in Italia. Circa cinque al giorno.
Un dato preoccupante, che assume una valenza ancora più inquietante se lo si confronta con quello di paesi come la Spagna, che nello stesso periodo ne ha avuti 248, o il Regno Unito, che ne ha avuti 190. Questo vuol dire che nel nostro Paese il fenomeno cresce velocemente.
Per la sua particolare posizione geografica, in mezzo al mar Mediterraneo, l’Italia è da considerarsi uno hot spot climatico, un luogo cioè dove il cambiamento climatico è più rapido. Gli esperti prevedono che da qui al 2100 ci sarà un aumento del livello del mare di almeno un metro. Il che libera più energia nel sistema atmosfera-mare e rende più probabile i fenomeni estremi.

Che fare di fronte a questa serie di disastri?
La nostra generazione è la prima a sperimentare il rapido aumento delle temperature in tutto il mondo e probabilmente l'ultima che effettivamente possa combattere l'imminente crisi climatica globale. Serve una rivoluzione culturale, sociale, economica e politica. Un cambio di stili di vita, di abitudini e di produzioni industriali.
Dobbiamo smettere di pensare solo a noi stessi e ai nostri bisogni immediati.
Forse per prima cosa sarebbe il caso di cambiare prospettiva e dotarci di strumenti e azioni, i più efficaci possibili, per affrontare quella che presumibilmente non sarà un’emergenza inaspettata, ma una nuova normalità in tutto il pianeta.
E, soprattutto, smetterla di perculare la povera Greta.
21 novembre 2019 (Alfredo Laurano)


mercoledì 20 novembre 2019

NEONATI IN CRISI DI ASTINENZA /1904

Allarme ambiente, allarme sociale, allarme economico, allarme sicurezza e terrorismo. Ma anche allarme nascite, e non solo demografico: sempre più neonati, positivi alla cocaina, vengono al mondo già in crisi d’astinenza. Una delle drammatiche conseguenze della grande diffusione della droga, la cui assunzione non si arresta nemmeno durante la gravidanza.
Casi sempre più frequenti negli ospedali di tutta la penisola, accompagnati da un dato preoccupante: da gennaio, nei porti italiani sono state sequestrate 5 tonnellate di cocaina, il 168% in più del 2018. 
Lo confermano anche le analisi sui fiumi: il Tevere, ma non solo, è pieno e i pesci, “drogati” dalla presenza della sostanza sono a rischio sopravvivenza. In particolare, le anguille, già in pericolo di estinzione e dalle carni molto grasse, un fattore che favorisce l’accumulo della droga.

Di recente, quattro casi al Policlinico Casilino di Roma; all'ospedale Misericordia di Grosseto tre bambini negli ultimi giorni sono nati positivi alla cocaina; a Milano, trattati in ospedale sei neonati in crisi di astinenza da cannabinoidi o metadone. Altri casi al Careggi a Firenze e in altre in città. Sono centinaia, ogni anno, i bambini positivi alle sostanze stupefacenti, con picchi di ricoveri come in questo momento.
La sindrome di astinenza neonatale inizia dopo un po’: i bambini tremano, piangono, si agitano, sono irritabili, hanno tachicardia, mostrano sudorazioni o pallori improvvisi e bisogna usare barbiturici per sedarli.

Nelle maternità dei grandi ospedali italiani, quando si hanno sospetti sui genitori si richiede un esame delle urine. Se si trovano cocaina, metadone e oppiacei, si avvia un percorso che può portare a una segnalazione al Tribunale dei minori che fa partire l’iter per nominare un tutore.
La nascita è di per sé una crisi, ma ereditare la dipendenza dai genitori significa per i neonati patire una sofferenza drammatica ed essere esposti a rischi gravi.
Ad aggravare la situazione c’è spesso l’omertà, senz’altro colpevole, nel suo cinismo, delle madri: confessare di fare uso di droga in gravidanza è fonte di vergogna, soprattutto quando si arriva in sala parto.
E così, il mondo dei bimbi nati già tossicodipendenti diventa una realtà, non solo un’innegabile evidenza clinica. Una nuova piaga umana che fa riflettere e segnala il sempre più capillare e normale abuso di sostanze stupefacenti nel mondo degli adulti e dei giovani.
La droga non è più relegata ai ghetti di un’umanità border line o della gioventù perduta; non è neppure più solo il vizio di certi vip, come ai tempi di Dolicocefala bionda di Pitigrilli.  La droga abita nel salotto di casa, nella cameretta degli adolescenti, davanti alle scuole e, come estrema, ma implicita conseguenza, è arrivata a bussare alla porta dei reparti di ostetricia e neonatologia. Come un veleno infiltrato e bevuto dalle radici, si è propagato fino alle gemme.

Non è affatto esagerato affermare che la vera invasione di cui è oggetto la nostra penisola è quella che immette fiumi di cocaina per le nostre strade: Italia ed Europa ne sono sommerse. Sempre, costantemente, e non solo in certi casi, pur gravissimi, come l’acqua alta a Venezia. Questa è la vera invasione, altro che maree e migranti:
Mentre la politica e l’opinione pubblica si concentrano sugli sbarchi dei migranti, i carichi di cocaina hanno fatto segnare un aumento senza precedenti.
Se, secondo la legge su domanda e offerta, il prodotto arriva dove è richiesto in modo direttamente proporzionale al bisogno, c’è da chiedersi: quale voragine di vuoto esistenziale è insita ed intrinseca nella nostra società, quando c’è una dipendenza così clamorosa dalle droghe? (Alfredo Laurano)


lunedì 18 novembre 2019

VIVA QUELLA RAI


Dal Musichiere a Studio Uno, da Canzonissima a Milleluci: tutti programmi RAI, che per decenni, in Italia, sono stati sinonimo di televisione e che hanno segnato un’epoca. Della televisione in bianco e nero degli anni sessanta che ebbe un alto gradimento del pubblico.
Della televisione di Antonello Falqui - appena scomparso - pioniere di un mondo allora ancora tutto da inventare e, soprattutto, padre del varietà all'italiana e artefice del successo di tanti grandi personaggi dello spettacolo, da Mina a Walter Chiari, da Paolo Panelli a Bice Valori, da Corrado a Franca Valeri, dalle gemelle Kessler alle Bluebell, da Don Lurio a Mac Ronay, dal Quartetto Cetra a Rita Pavone.

Regista, autore, ideatore, genio dell’intuizione, Falqui è entrato nell'immaginario collettivo come prototipo dello spettacolo di intrattenimento "leggero", popolare e familiare, che arrivò subito al successo, in virtù di uno stile innovativo, fatto di genuinità e semplicità: niente scenografie sfarzose e ridondanti, ma la semplicità di ampi spazi, con moduli essenziali e con movimenti e cambi di scena a vista (strumenti di ripresa e microfoni a giraffa inclusi) per favorire la partecipazione degli ospiti d'onore e l'esecuzione di spettacolari balletti.
Irripetibile inventore di luci, scenografie e tecniche di ripresa, Falqui è sicuramente il simbolo di una stagione magnifica del spettacolo televisivo.

Un’epoca lontana, come ricorda Debora Ergas, dove gli arredi erano in formica, i tecnici indossavano un camice come i medici, le sarte avevano una borsetta di stoffa con aghi già infilati con i fili di tutti i colori...
Era la TV sobria, senza il colore, senza trucchi, senza effetti speciali e senza filtri.
Se avevi le rughe, i brufoli o la cellulite, bisognava arrangiarsi. Un carrello da supermercato diventava un dolly. Un collant trasparente sull'obiettivo era il primo Photoshop. Un vetrino colorato di celeste rendeva il cielo più sereno.

In quel contenitore di emozioni vere, si respirava un'atmosfera magica. Da pionieri del futuro.
Pochi mezzi, ma tanto ingegno: dalla star all'elettricista, tutti si sentivano parte della grande macchina dello spettacolo. Chi non sapeva il mestiere aveva sete di conoscenza, studiava e si applicava, con umiltà e senza un filo di arroganza e presunzione.
E poi si imparava e si insegnava. E soprattutto si sognava...
Se tornasse la modestia di quei pionieri degli anni '60, forse, tornerebbe anche la bella TV. (Alfredo Laurano)








giovedì 14 novembre 2019

QUANDO E PERCHÉ SI VERIFICA L’ACQUA ALTA A VENEZIA?

Per saperne di più.

Venezia allagata, danni incalcolabili e proteste. Tutta la cripta della basilica di S. Marco è stata sommersa e dentro la basilica, nel momento di picco di marea (187 cm), si misurava dalla pavimentazione quasi un metro e 10 di acqua. Stato d'emergenza.
Piazza San Marco è la prima ad essere allagata in caso di acqua alta.
La bellissima ed affascinante città, con il suo passato glorioso, il suo immenso patrimonio storico, artistico ed architettonico, e la sua famosa peculiarità urbanistica, attira milioni di visitatori da tutto il mondo. Costruita sugli isolotti di una laguna, conserva ancora oggi la sua peculiarità di “città sull'acqua”, che ne fa un centro abitato unico al mondo.
Un aspetto ben noto e che affascina i visitatori di questa città, ma forse un po’ meno chi nella città ci vive, è il fenomeno dell’acqua alta. In determinati giorni dell’anno il livello della laguna di Venezia sale, inondando alcune aree transitabili della città e creando disagi alla viabilità. In queste occasioni vengono montate delle passerelle per permettere ai pedoni di muoversi da un lato all'altro della città senza bagnarsi.

Perché l’acqua alta a Venezia?
L’acqua alta si verifica per il sommarsi di una serie fattori, che possiamo riunire in due grandi categorie: meteorologici ed astronomici. Iniziamo dai primi.
La laguna di Venezia si trova all'estremità settentrionale del Mar Adriatico. Quando sul bacino Adriatico soffia a lungo un forte vento con direzione proveniente da sud (lo scirocco, con provenienza sud-est), masse di acqua marina vengono trasportate verso nord. Quando esse trovano l’imbocco della laguna, vi entrano attraverso le bocche che si aprono fra i cordoni sabbiosi. Il vento deve soffiare impetuoso e in maniera prolungata affinché si verifichi questa condizione. Anche il forte vento di bora, di provenienza nord/nord-est, può causare alte maree a Venezia, a maggior ragione se si scontra con il vento di scirocco. In sostanza quindi, il vento spinge le masse d’acqua marina dentro la laguna.
Altro fenomeno meteorologico che provoca l’acqua alta a Venezia è legato alle grandi perturbazioni atmosferiche. Una zona di bassa pressione sull'alto Adriatico e di alta pressione sull'Adriatico meridionale, fa sì che l’acqua si sposti verso il nord del bacino, con aumento del livello di diversi centimetri. Le oscillazioni del livello dell’Adriatico, conosciute in idrologia come sesse, hanno grande influenza sulle alte maree nella laguna.

Passando invece ai fattori astronomici, c’è da dire che nel Mediterraneo le maree astronomiche (legate in primis alla Luna) sono molto meno pronunciate che nell'Oceano, ma non per questo assenti. In certe situazioni, quanto l’alta marea astronomica si somma alle condizioni meteorologiche esposte prima, si possono avere alte maree più importanti. Ma non sempre l’alta marea astronomica coincide con il verificarsi dei fattori meteorologici che originano l’alta marea.
Nel verificarsi dell’acqua alta a Venezia entrano poi anche fattori geologici e climatici. Venezia è soggetta a una forte subsidenza, cioè abbassamento del suolo. Questo fenomeno è stato causato soprattutto dall'intervento umano, ad esempio con gli emungimenti di acqua di falda e l’industrializzazione del territorio costiero negli ultimi decenni (vedi Porto Marghera). L’eustatismo è invece legato ai cambiamenti climatici, anch'essi causati dall'attività antropica, e consiste nell'innalzamento del livello marino per via del progressivo scioglimento delle aree ghiacciate.
Quando si verifica l’acqua alta a Venezia?
Soprattutto in autunno e inverno, le stagioni in cui più spesso si possono sommare i fenomeni sopra descritti (scirocco, perturbazioni con formazione di nuclei di bassa pressione). Ciò non esclude che si verifichino anche in altre stagioni.
In estate si possono verificare invece episodi opposti, con un livello dell’acqua molto più basso della norma.

Quante volte in un anno si verifica l’acqua alta a Venezia?
Per rispondere a questa domanda bisogna prima stabilire un punto di riferimento ed una grandezza per ogni fenomeno di acqua alta. Non tutti gli episodi sono uguali: alcuni sono maggiori, altri minori.
Il livello zero mareografico da cui misurare gli episodi di acqua alta a Venezia è stato scelto convenzionalmente si trova a Punta della Salute.
Si considera eccezionale una marea uguale o superiore ai 140 centimetri sopra lo zero mareografico di Punta della Salute. Questo accade in media una volta ogni tre anni.
Le maree eccezionali sopra i 140 cm portano ad un allagamento di circa il 59% della città, secondo i dati del Comune di Venezia.
In questo caso scatta in città il codice di allerta rosso. Le sirene suonano ed allertano cittadini e turisti della situazione di allarme.
L’alta marea eccezionale del 4 novembre 1966, che avvenne in contemporanea con la drammatica alluvione di Firenze, superò i 190 cm, il che comportò un allagamento di circa il 90% delle vie di Venezia.

Da anni sono in corso i lavori per la costruzione del MOSE (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico), una serie di paratoie mobili a scomparsa collocate alle bocche della laguna, con l'obiettivo di bloccare l'ingresso delle masse d'acqua provenienti dall'Adriatico. Su questa grande opera ci sono state controversie e critiche politiche e tecniche.
Il sistema, eterna incompiuta, è costato 5,5 miliardi ed è fermo al 94% dei lavori: 200 milioni bloccati dai cavilli burocratici. Ma ingegneri e ambientalisti ora accusano: opera insufficiente a fronteggiare la nuova situazione climatica.
14 novembre 2019 (Alfredo Laurano, fonte: il meteo.net)


martedì 12 novembre 2019

BELLO, ONESTO EMIGRATO PORTOGALLO… /1877


Anche gli italiani emigrano, a tutt’oggi, senza barconi o carrette del mare.
Non lo facevano solo quelli della metà del secolo scorso, che partivano con le valigette di cartone, legate con lo spago, per cercare lavoro in Svizzera, in Belgio, in Germania o nelle Americhe. 
Oggi, lo fanno i pensionati, non più per cercare lavoro, ma per godersi la pensione.
E’ il sogno di tutti passare la terza o quarta età in riva al mare, sotto il sole, godendosi l’ultima fase della vita dopo tanti anni di dure fatiche.
Ogni anno l’Inps eroga circa 400mila trattamenti pensionistici all’estero. Verrebbe da pensare che la maggior parte dei pensionati italiani preferisca mete dal fascino caldo ed esotico, come l’Argentina, o luoghi ricchi di natura incontaminata, come il Canada, ma non è così. All’italiano che ha raggiunto la soglia della tanto agognata pensione piace l’Europa. Negli ultimi anni, i pensionati italiani emigrati verso altri paesi europei sono aumentati del 108%. Il Portogallo, in particolare, sembra essere diventato una sorta di Eldorado per i pensionati, soprattutto italiani.
Il perché è presto detto: il guadagno per chi decide di emigrare è sostanziale e vale il taglio dell’Irpef. Il tutto grazie a un accordo bilaterale sottoscritto da Portogallo e altri paesi europei, tra cui l’Italia. Tutto legale al 100%, dunque.

Per accedere alla defiscalizzazione bisogna risiedere in Portogallo per almeno 6 mesi e 1 giorno l’anno, il vantaggio fiscale dura 10 anni e vale solo per i dipendenti privati; quelli pubblici, quindi, sono esclusi. Il guadagno per chi decide di partire è elevato, soprattutto per chi ha una pensione alta, come gli ex manager.
L’Irpef, infatti, essendo un’imposta progressiva, si calcola in base alla fascia reddituale e oscilla da un minimo del 23% per chi prende fino a 15.000 euro l’anno a un massimo del 43% per chi guadagna oltre 75.000 euro.
La pensione in Portogallo si rivaluta in modo significativo. Chi è già benestante riesce ad avere un risparmio molto importante, ma il taglio dell’Irpef fa la differenza anche per chi prende una pensione più modesta, che con la somma messa da parte riesce a pagare la casa e la spesa quotidiana.
Qui il costo della vita è più basso. Cibo e affitto costano meno: un attico ai piani alti, con vista panoramica sul mare, si può trovare a 700 euro, anche se con l’arrivo dei tanti pensionati, negli ultimi anni sono gradualmente saliti.
L’atmosfera è comunque più rilassata e vivace e si può andare a mangiare nei ristoranti sul mare a prezzi contenuti, senza spendere un patrimonio.
Adottando la politica di defiscalizzazione sulle pensioni degli stranieri, il Portogallo ha attirato un’immigrazione ricca.
La strategia, quindi, non è quella di guadagnare sulle tasse delle pensioni estere, ma di rimettere in circolo l’economia spingendo in su la leva dei consumi. Una scelta mirata.
Se l’Italia adottasse la stessa politica, quale cittadino europeo non verrebbe a godersi la pensione esentasse, sotto il sole e circondato da tanta bellezza, storia e cultura?
Anche perché, come dice un migrante pensionato, “la vita è bella, ma la bella vita è più bella”.
12.11.2019 (Alfredo Laurano)