venerdì 31 gennaio 2020

LA NIPOTINA SCIOCCA/1955


"Con il suo atteggiamento fomenta l'odio e il pregiudizio contro il fascismo. Se va avanti così, la nonnina rischia di diventare la strega di Biancaneve."
Lo ha detto la vaiassa Alessandra Mussolini di Liliana Segre.
Lo ha detto la nipotina del duce che ha distrutto l’Italia e gli italiani.
E si è permessa di dirlo a una sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz e allo sterminio della Shoah, senza ascoltare, con umiltà e rispetto, le sue parole e recepire i messaggi che, come vittima del nazifascismo, ha inviato in tutti questi anni, con incredibile dignità e consapevolezza. Il suo prezioso lavoro di memoria, contro l’odio razziale e la xenofobia, è un valore fondamentale, che dovrebbe essere sostenuto da tutti.
Lo ha detto alla bambina che fu cacciata dalla scuola pubblica perché ebrea e poi insultata e disprezzata perché ebrea e poi incarcerata a San Vittore perché ebrea e poi deportata ad Auschwitz perché ebrea. A tredici anni.
A una donna straordinaria che per 30 anni ha cercato di fare il suo dovere di testimone della Storia, soprattutto a livello pedagogico, nel ripudio di ogni discriminazione. "Siate farfalle che volano sopra i fili spinati", questo è un semplicissimo messaggio da nonna che vorrei lasciare ai miei futuri nipoti ideali”, ha detto ieri al Parlamento Europeo.
A una nonna che, in vecchiaia, dopo tutto quello che ha passato, è ancora sottoposta alla gogna degli insulti e delle minacce sui social, in un crescendo di orrori e di violenze verbali che ricorda, non a caso, quei tempi e quel clima vergognoso delle persecuzioni. Tanto da dover vivere sotto scorta, a novant’anni.

 “L’anniversario dell’indicibile crudeltà che l’umanità scoprì settantacinque anni fa sia un richiamo a fermarci, a stare in silenzio e fare memoria. Ci serve, per non diventare indifferenti. Se perdiamo la memoria, annientiamo il futuro”. Così Papa Francesco.
“Mi batto da tanti anni affinché nulla vada perduto di tutto il dolore di così tante vittime. Perché nulla vada dimenticato di quei fatti orribili e indicibili. Per questo, credo che sia molto importante lo studio della storia, che va d'accordo con la memoria, perché senza storia non c'è memoria. E quindi, modestamente, faccio mie queste parole del Papa, pur non avendone l’autorità. E’ il segno della memoria collettiva di un popolo. Perché un popolo che smarrisce la memoria ha già perso”.

E secondo la sguaiata erede di Benito, dichiaratamente nostalgica, sarebbe lei, Liliana Segre, a fomentare l’odio contro il fascismo! E ha osato parlare di pregiudizio - come se il fascismo fosse una sgradevole e insana opzione - a una che quel “pregiudizio” e quell’odio li ha vissuti sulla nuda carne.
Ma ripugnare il fascismo non è affatto un preconcetto o un’opinione. È una posizione chiara e profonda di rifiuto. E’ un dovere storico, etico e sociale.
E tu, arrogante nipotina da talk show, non nominare Liliana Segre, né come persona, né come nonnina, né come strega. Occupati delle tue belle labbra a canotto, dei tuoi aiutini chirurgici, della tua tomba di famiglia a Predappio e di tuo marito pedofilo che andava con le minorenni.
29 gennaio 2020 (Alfredo Laurano)



mercoledì 29 gennaio 2020

ANCORA ESISTONO LE BELVE UMANE /1954


Non ci sono più parole per descrivere l’orrore nazifascista raggiunto nella seconda guerra mondiale. Non, almeno, per le persone che coltivano nel loro cuore anche un pallido barlume di significato del concetto di “umanità”.
A settantacinque anni dall’Olocausto, dalle persecuzioni di un popolo e dei diversi, dalle deportazioni, dagli orrori dei campi di sterminio e distruzione, dalle leggi razziali del 1938, c’è ancora qualche infame che inneggia a quel sistema, a quell’ideologia della strage e della distruzione, a quelle camere a gas. Che giustifica il massacro, l’eccidio di Stato e di un potere, il genocidio compiuto da un popolo di assassini, guidati dal suo Fuhrer.
Sappiamo tutti che, oltre ai miserabili negazionisti di mestiere, che contraddicono ogni evidenza non solo storica, esistono in Italia, in Europa e nel mondo tanti gruppi e movimenti di naziskin e skinhead di assoluta fede fascista e neonazista, che coltivano quella forma di subcultura razzista e antisemita, che si esaltano in quei miti orribili, che usano simboli e metodi violenti e intimidatori, in particolare verso le minoranze etniche e religiose, gli omosessuali e i diversi in genere. Alcuni sono detti "teste d'osso" o "teste vuote".
O teste di cazzo, come quei bastardi schifosi che fuori da una sede del Pd, a Torrebelvicino, in provincia di Vicenza, hanno appeso un foglio con la scritta: "27 gennaio giornata della memoria, ricordiamoci di riaprire i forni: ebrei, rom, sinti, froci, negri, comunisti ingresso libero". Sotto una svastica e la sigla "SS VI", che sta per la milizia speciale tedesca di Verona.
Una scritta elaborata, più raffinata, nella sua efferatezza, rispetto a quelle apparse nei giorni scorsi a Mondovì (“qui abita un giudeo”), a Brescia e in altri luoghi, quali altri episodi di antisemitismo. Chi l'ha pensata sapeva chi veniva rinchiuso nei campi di concentramento nazista, oltre agli ebrei. Anche la grafia ripropone il gotico, a richiamare la fascinazione per il retaggio nazista.
La coalizione civica Schio ha commentato: "Stücke. Pezzi. Così i nazisti chiamavano chi veniva prelevato e rinchiuso nei campi di concentramento. Un pezzo è un oggetto. Essendo un oggetto puoi farci quello che vuoi e quando hai finito di usarlo, lo puoi pure bruciare buttandolo in un forno. La violenza passa attraverso una lenta deumanizzazione. Fa inorridire. Quando non si riconosce la dignità umana altrui si mette in discussione pure la propria”
“Crepa sporca ebrea”, hanno scritto altre immondi carogne sul pianerottolo di casa di Maria Bigliani pensionata di 65 anni, di Torino, figlia di una staffetta partigiana.
Nello stesso Giorno della Memoria, non sono mancati poi altri insulti e minacce social a Liliana Segre, a Verdelli, direttore di Repubblica, a Berizzi e tanti altri.

“L'Università e lo studio sono l'antidoto all'odio e all'intolleranza,” ci ricorda Sergio Mattarella, dopo la celebrazione del Giorno della Memoria, legge 20 luglio 2000, n. 211.
Ma secondo me non basta: la libertà conquistata con la fine del nazifascismo va difesa tutti i giorni, con determinazione. Essere antifascisti vuol dire ricordare sempre chi è morto per la nostra libertà di pensiero e di parola oggi.
Quella lurida gentaccia, rinchiusa nella gabbia dell’ignoranza e che si rifà ai soli valori della crudeltà, della ferocia e della spietatezza, non merita di vivere insieme alle persone civili e solidali, in una comunità libera, insieme ad altre possibili vittime. Deve essere emarginata, condannata, incatenata, per non dire eliminata o messa in condizione di non nuocere.

Anche per ricordare alle giovani generazioni, soprattutto quando non ci saranno più testimoni viventi di quell’abominevole mostruosità, che è possibile convivere senza discriminazioni e pregiudizi, cancellando feccia e inutile zavorra.
28 gennaio 2020 (Alfredo Laurano)


lunedì 27 gennaio 2020

BAMBINI CORAGGIOSI /1953


Il Viaggio di Fanny, in onda l’altra sera in TV, per la Giornata della Memoria, è un film che apre uno squarcio di spontaneo ottimismo nell’orrore totale dell’olocausto, ampiamente narrato da cinema e letteratura, attraverso le sue più spietate testimonianze.
Un bel film che fa bene al cuore e conforta le coscienze e la ragione.
Suggestiva l'ambientazione e curati i particolari, alta la tensione e crescente il pathos, stupendi i protagonisti: una favola vera che riesce a trasmettere un messaggio di grande speranza, grazie al coraggio dei suoi piccoli eroi che si muovono all'interno di un contesto buio, violento e disumano.

Tratto da una storia autentica - il romanzo autobiografico di Fanny Ben-Ami - ci tuffa, con inusitata naturalezza e senza mostrare gli orrori di quella tragedia epocale, in un momento intenso e commovente, durante la Seconda Guerra Mondiale.
La dodicenne Fanny e le sue sorelle sono lasciate dai genitori in una delle colonie francesi destinate a proteggere i bambini ebrei dai rischi dei rastrellamenti. Il nazismo avanza, il posto non è più tranquillo, gli adulti sono arrestati e Fanny si trova da sola a guidare un gruppo di ragazzini fino alla salvezza in Svizzera, passando per l'Italia.
La sporca guerra è raccontata, con leggerezza e delicatezza, pur all’interno dell'orrore, attraverso gli occhi di quei bambini, dalla regista Lola Doillon, che riesce a trattare in modo garbato, ma non banale, il dramma di quei piccoli ebrei, costretti a scappare dalla Francia in Svizzera, terra neutrale, pur di trovare la salvezza e la libertà.
Una fuga per la libertà e la sopravvivenza di giovani creature, la categoria più vulnerabile e fragile fra quelle che si trovano perseguitate. Ma è una fuga interpretata da bambini, proprio come essi la vivrebbero giocando, contro un mostro che non conoscono e che si vede poco, quasi solo immaginato, ma che sono i nazisti in cerca di ebrei, grandi e piccoli.
Il gioco e la fantasia dei bambini sono intermezzo frequente in questa fuga: ignorano il pericolo che corrono e si potrebbe dire che l’inconsapevolezza può far soffrire meno il terrore.

Ma quel viaggio, altamente rischioso e umanamente drammatico, verrà sempre affrontato, pur fra timori, incertezze e mal di pancia, con determinazione e coraggio e con un approccio tipicamente infantile: i fuggitivi riusciranno a mantenere intatta la loro purezza, nonostante si ritrovino ad attraversare territori e situazioni ostili e ad affrontare difficoltà di ogni genere.
Una sottile testimonianza storica, necessaria e mai ridondante, di una delle pagine più atroci del secolo scorso, utile a sensibilizzare l'opinione pubblica sul dramma vissuto degli Ebrei in fuga per tutt'Europa.
Anche se, la sorellina più piccola di Fanny avrebbe una facile soluzione: se essere ebrei è pericoloso, basta non essere più ebrei: un sillogismo ineccepibile.
27 gennaio 2020 (Alfredo Laurano)

NIENTE SHOW E CAMPANELLI


Se è vero, com’è vero, che, nel nostro strano Paese, anche un’assemblea di condominio assume un inevitabile significato politico - come ogni consultazione elettorale  regionale, comunale, amministrativa, di quartiere o di municipio - vuol dire che, all’improvviso, sembra attenuarsi, se non spegnersi l’ascesa semidivina del Capitano che-tremare-il-mondo-fa, come dice Damilano sull’Espresso: aveva promesso di stravincere, invece ha perso, anzi, ha straperso.
Ha perso Salvini, ha perso la sua candidata inesistente e impresentabile – oscurata dalla sua irritante onnipotenza, sommersa dal suo straripante fiume di supponenza e rinnegata pure dal padre. Ha perso la campagna sui bambini di Bibbiano; ha perso la furbata di farsi votare dai suoi senatori per essere processato sul blocco della nave Gregoretti; ha perso il citofono, l’orrenda farsa mediatica della gogna di una famiglia tunisina, bollata come culla di un presunto spaccio di droga, dove un leader scampanella, come si faceva da bambini, per cacciare quella famiglia, senza nessuna prova.

E ha perso, con lui, il racconto insistito della regione che fu rossa, pronta a mutarsi in verde.
Anche perché questo voto - non proprio quello di un’assemblea fatta tra le scale - era la premessa dichiarata per andare alle elezioni anticipate, puntare tutto sulla spallata emiliana.

Ma il muro dell’Emilia-Romagna ha retto l’urto, anche se non è più quello di un tempo. Anche grazie alla strategia dell’invisibilità di Zingaretti, contrapposta a quella dell’onnipresenza di Salvini, sempre a caccia di selfie, baci e abbracci, e alle Sardine, un inedito movimento popolare anti-populista, di ispirazione giovanile, cha ha indicato nelle tante piazze una strada, forse semplice e banale, contro l’odio e la prepotenza.
E, intanto, all’orizzonte, cadono le stelle, quasi cancellate dalle mappe emiliane e calabresi. (Alfredo Laurano)

giovedì 23 gennaio 2020

ECCONE UN ALTRO


Oggi, forse, è più chiaro perché Sanremo è Sanremo, come si sussurra e si urla da anni e da sempre. E’ lì che ha luogo la liturgia musicale e si concretizza il mito: da Vola colomba a Grazie dei fior, da Volare e allo scimmione di Gabbani.
E’ comunque il Festival delle polemiche, delle ripicche, delle critiche, senza voler alludere alle rivalità discografiche e di mercato o al lontano e sconvolgente suicidio di Luigi Tenco, del 1967, eliminato perché troppo poetico e troppo poco commerciale.
E lo è a prescindere dalla conduzione, dalle scelte selettive, dai confronti, dagli ospiti. Che siano artistiche, organizzative, sociali, politiche, speculative o di prospettiva, in tutti i sensi. Sono necessarie, obbligatorie, genetiche e, quasi sempre, premeditate e alimentate ad arte.

E così, anche l’ingenuo Amadeus, ancor prima dell’inizio ufficiale delle kermesse, si è adeguato alla tradizione e agli inevitabili contrasti.
Prima la lista degli artisti in gara uscita anzitempo. Poi la polemica sulla presenza della “sovranista” Rita Pavone. A seguire quella sull’ospite palestinese Rula Jebreal, censurata dalla Rai. E ancora, nella conferenza stampa di apertura, con una dichiarazione infelice, e subito strumentalizzata dai media, su Francesca Sofia Novello, fidanzata di Valentino Rossi (“Ragazza molto bella, capace di stare un passo indietro rispetto al suo uomo”) e sulle altre “vallette”, tutte più che bellissime. Come se l’avvenenza e la venustà fossero la cosa più importante e discriminante, il requisito sine qua non, l’unico criterio di scelta, a dispetto dell’intelligenza e della cultura della persona. Se non sei bello, “ti tirano le pietre”, parafrasando Antoine.

Ma, a dispetto di queste tante chiacchiere rituali, che servono da quinta pubblicitaria all’evento che da settant’anni racconta storia, società e costume di un certa Italia, la cosa più eclatante e ben più pesante, riguarda la presenza in gara di tale Junior Cally, rapper mascherato e “arrabbiato”, reo confesso di testi sessisti e volgari nel suo recente passato.
Si, un altro di quella schiera di ragliatori a cielo aperto, che da tempo inquinano il mondo della musica e incidono nel normale processo educativo ed evolutivo delle giovanissime generazioni. 

Dietro il personaggio, il solito, inevitabile disagio giovanile (ma so’ tutti sfigatissimi ‘sti neo rapper della filosofia dell’emarginazione!) fatto di povertà, passato difficile, rabbia e desiderio di riscatto, da ottenere anche e soprattutto in maniera non sempre onesta, come raccontano nelle proprie suadenti liriche.
Nel brano “Strega”, il poeta mascherato ci informa che Mi piace danzare la notte, sopra le punte, fra queste mignotte. Uscito dalle fogne, dormo con tre streghe. Fratello, le rimando a casa con le calze rotte; la seconda Gioia, (lei si chiama Gioia), beve poi ingoia. Balla mezza nuda e dopo te la dà. Si chiama Gioia, perché fa la troia, sì, per la gioia di mamma e papà’. Questa frate’ non sa cosa dice. Porca troia, quanto cazzo chiacchera?
L’ho ammazzata, le ho strappato la borsa. C’ho rivestito la maschera”.

Per puro sillogismo anomalo, ancorché malizioso, mi vien da chiedere: ma uno che pensa, scrive e recita questi sublimi versi che denigrano la donna, come si comporterà quando, su quel mitico palco dei fiori e delle note, scoprirà l’incredibile leggiadria e lo splendore delle “Fate Ignoranti” di Amadeus, così tanto, assai, veramente bellissime?
Preso da un raptus femminicida, le violenterà una ad una, in diretta e in mondo visione, senza nemmeno togliersi la maschera?
 (Alfredo Laurano)

mercoledì 22 gennaio 2020

SI CHIUDE O SI CAMBIA /1950


Chiudono le librerie, le edicole, le mercerie, le frutterie, i piccoli Alimentari, i negozi per tende e tessuti... Chiudono tutti.
I negozi al dettaglio erano un tempo il fiore all’occhiello dell’economia italiana. Insieme al piccolo artigianato e l’imprenditoria locale, senza dimenticare turismo ed economia statale. Oggi sono dei fantasmi a bordo strada.
Le ragioni sono ben note e risalgono alla fine degli anni Ottanta, quando gradualmente i centri commerciali hanno cominciato a espandersi, da Nord a Sud, sul nostro territorio nazionale.
Che tristezza anche in questa Roma solo per turisti, che ha perso tutta la sua atmosfera, i suoi colori, le sue tipicità. Sopravvivono solo luoghi per mangiare, bar, ristoranti, street food e bancarelle abusive. Anche i locali storici chiudono, via via, i battenti. La vecchia Roma non c’è più, sommersa dal traffico, dal caos e dalle polveri sottili.
Gli italiani non spendono più, almeno in senso tradizionale: ogni giorno chiudono 14 negozi, anche se aprono i minimarket notte-giorno, detti bangladini. Ma questa è un’altra storia.
Consumi mai così male negli ultimi anni: in crisi la storica rete italiana dei negozi di vicinato. Dal 2011, spariti oltre 13mila negozi di abbigliamento, per un totale di oltre 90mila esercizi commerciali in meno, dal 2016 al 2017, ma sono in contrazioni tutte le voci di spesa. E si creano tanti disoccupati o lavoratori da riciclare. Se fosse aumentata l'Iva, sarebbero spariti almeno altri 9.000 negozi. La crisi del commercio non accenna a finire

Sorride solo l'e-commerce: ogni 3 negozi specializzati che chiudono, nasce una nuova attività sulla Rete.
Lo stop della spesa ha inoltre portato ad riorientamento delle scelte di consumo verso quei canali, dice la Confcommercio, “dove più esasperata è la concorrenza di prezzo, come Web e Outlet. L’impatto sul commercio è stato devastante. Ormai quasi un’attività commerciale indipendente su due chiude i battenti entro i tre anni di vita”.
Sicuramente il modello Amazon, imponendosi in tutto il mondo, ha portato numerosi venditori a cambiare strategia per non annaspare nel nuovo mercato che è andato delineandosi, un mercato ove ogni azienda che si rispetti deve possedere un online Store funzionante e ben fornito.

È tornata a frenare la spesa delle famiglie, si, ma, quando si ha bisogno di qualcosa, si ordina su Internet: dall’abbigliamento agli elettrodomestici, dai computer ai telefonini, dagli oggetti di arredo al caffè in cialde, al mangime per cani e gatti.
Si risparmia, non si deve andare in giro nel traffico, parcheggiare, portare pacchi: si sceglie tutto sul catalogo dettagliato e preciso e si fa click. In pochi giorni o ore, ti arriva tutto a casa, sicuro e ben confezionato. E se non va bene, lo puoi sempre restituire e vieni rimborsato.
Capito perché, in città, girano milioni di fattorini, corrieri e furgoni, parcheggiati agli angoli, in doppia fila o in mezzo alla strada, quando non c’è altra soluzione?
E adesso, visto che piove e fa freddo, ordiniamo una bella pizza a domicilio.
19 gennaio 2020 (Alfredo Laurano)

sabato 18 gennaio 2020

E’ ARRIVATO IL FRAPPUCCINO /1949


Dopo Milano - quattro caffetterie all’attivo – Starbucks, la più grande catena di caffè statunitense, con 29.000 punti vendita in 78 paesi, di cui 12.000 negli Stati Uniti, si lancia alla conquista di Roma. Il nome trae origine da Starbuck, il primo ufficiale del romanzo Moby Dick.
L’apertura del primo Store di Roma, il format di caffetteria tradizionale nella Capitale, è prevista a settembre di quest’anno a due passi dai Musei Vaticani, un’area a grande densità turistica, nei locali della ex libreria Maraldi.
Si tratta di un immobile con ben undici vetrine su Viale dei Bastioni di Michelangelo. Con più di sei milioni di visitatori all’anno, quelli Vaticani sono, infatti, tra i musei più visitati al mondo. La vicinanza di San Pietro e di Borgo Pio non farà che da moltiplicatore alla potenziale affluenza di clienti della caffetteria. Insomma un grande business.
Starbucks Coffee Italy è comunque indirizzato a svilupparsi anche in tante altre città, come Firenze, Bologna, Padova, Verona, Venezia e Torino. A Napoli, patria del caffè per definizione e antonomasia, forse sarebbe poco gradito e ripudiato.

Si racconta che gli Starbucks sono ideati per far sentire i clienti a casa propria. Sarebbero soprattutto luoghi d’incontro nei quali socializzare, ma anche posti tranquilli e comodi nei quali leggere un libro o navigare su internet sfruttando il Wi-Fi gratuito, degustando il classico frappuccino - mistura di caffè, ghiaccio e altri ingredienti, solitamente guarnita con panna montata - inventato dalla catena stessa.
Una sorta di riedizione contemporanea - mi si perdoni l’audace e blasfemo accostamento - dei Caffè storici e letterari che, nell’ Italia del Risorgimento svolsero un ruolo di assoluta importanza.
In quegli antichi Caffè del nostro Paese, nacquero movimenti letterari, artistici, avanguardie politiche e culturali che hanno segnato la vita dei nostri padri e del nostro pensiero. Quante idee, quante azioni, quante scelte, proteste e rivolte hanno avuto origine in quei luoghi? Luoghi e occasioni di incontro per discutere, riflettere, stringere alleanze, studiare strategie e decidere i destini di tante persone. Sono o furono tantissimi e in tutt’Italia.
Come il Fiorio e il Nazionale di Torino, il Florian di Venezia, il Garibaldi di Trieste, Il Pedrocchi di Padova (xe un portento / che supera ogni umana aspetazion; / più se lo varda e fora e soto e drento / più se resta copai d'amirazion), il Giubbe Rosse di Firenze, l’Aragno e il Greco di Roma, il Gambrinus di Napoli: solo per citarne alcuni.
In essi è passata e si è fatta la Storia che ha lasciato una patina indelebile di fumo, costume e tradizione e che ha scavato una traccia profonda del nostro futuro.
Che, oggi, nel mondo globalizzato e mercantile, è diventato quello degli Starbucks e del frappuccino.
Ieri, come oggi. O quasi. Che tristezza!  (Alfredo Laurano)


giovedì 16 gennaio 2020

ATTACCO AL PAPA DEI NON CREDENTI /1948


Una grande puntata di Presa Diretta, dedicata a un tema di scottante attualità: gli attacchi al papa. “C’è qualcosa di speciale in quest’uomo ed è ciò che mi ha spinto a seguirlo” – ci ricorda un magnifico Riccardo Iacona – “ha dimostrato una capacità di incontrare e ascoltare il mondo in cui vive davvero eccezionale”.
Da quando Bergoglio è salito al soglio pontificio, la Chiesa cattolica si è spaccata in due. Da una parte chi è fedele alla linea di Ratzinger e non riconosce Francesco come Papa. Dall'altra, i bergogliani, che vedono in Francesco una promessa di Chiesa moderna, più umana, più vicina alle diversità e alle minoranze. Ha iniziato una convinta battaglia contro la cultura dello scarto e dell’indifferenza agli ultimi e contro la pedofilia nella Chiesa: ha chiesto scusa per gli abusi in Irlanda.
Le sue parole e le sue scelte, in questi anni, hanno toccato temi sensibili come la morale sessuale, il cambiamento climatico e la crisi ambientale, i migranti, i giovani, la giustizia sociale, il dialogo tra le religioni, le parole della politica. Perciò si può dire che il suo messaggio non riguarda solo i credenti, ma tutti gli uomini.

Ovviamente, catalizzatore dell'odio verso Bergoglio è stato Matteo Salvini: fin dall'elezione di Francesco, il Capitano si è fatto ritrarre con la maglietta "Io sto con Benedetto", dettando chiaramente la linea ai suoi.
E l'enciclica salviniana è precisa: il cattolicesimo non è fatto, come sostiene Bergoglio, di fede e di solidarietà cristiana, che gira intorno all'insegnamento di Gesù “ama il prossimo tuo”. Per Salvini, l'importante sono i presepi, i rosari, le statuine, i crocifissi nelle scuole, i canti di Natale. L'idolatria contro la fede, potremmo dire.
Bisognerebbe ricordargli cosa fece Gesù ai mercanti che invasero il tempio. Disse, senza mezzi termini, “avete trasformato la Casa di mio Padre in una spelonca di ladri”. Poi, rovesciò i tavoli e li cacciò a calci nel culo.

Le critiche più feroci a questo papa, soprattutto all’interno della Chiesa, hanno più forza anche grazie ai social e non sono solo dottrinali, ma anche terrene.
Le tesi dei cattolici tradizionalisti si saldano con Trump, la destra americana e anche quella italiana. Basta ascoltare i ragionamenti dei fanatici integralisti cattolici...sembra di tornare al medioevo. Fino a giungere alla spudorata richiesta di dimissioni contenuta nel velenoso memoriale dell’ex nunzio apostolico Viganò, condivisa da una Destra internazionale che si nutre di nazionalismo, sovranismo e populismo.
Una volta lo schema classico era quello della contrapposizione tra don Camillo e Peppone, che era il comunista. Oggi, ad esempio, sul tema dei migranti, appena si cerca di mettere in pratica le parole di Francesco su accoglienza e integrazione, si viene attaccati dai fascisti e dalla Lega.

Sono attacchi totalmente pretestuosi, che però fanno risaltare ancora meglio l’idea di Chiesa che ha Francesco, papa riformatore e papa della misericordia, secondo una certa linea di discontinuità, che evidentemente dà fastidio ai suoi contestatori.
La Chiesa come ospedale da campo, non clericalista. Una Chiesa di popolo i cui valori irrinunciabili sono quelli del dialogo con il mondo contemporaneo e che chiede agli stessi cristiani un’adesione più radicale al Vangelo.
15 gennaio 2020 (Alfredo Laurano)


ODOR DI PATONZA /1947


Come si dice: tira più un pelo di f…che un carro di buoi. Figuriamoci il suo odore.
E poi, non c’è da stupirsi: c’è chi si vende gli slip non lavati, le magliette sudate, le scarpe impregnate, l’aria fritta e panata o quella di Napoli.
L'attrice Gwyneth Paltrow, non nuova a trovate stravaganti e provocatorie, ha lanciato su Goop, il suo sito di e-commerce di grande successo, una candela profumata che ha chiamato "L'odore della mia vagina".
La preziosa essenza concentrata costa 75 dollari e, a poche ore dal suo lancio, è andata a ruba ed esaurita.
Ma che inebriante profumo avrà mai la passera della furbetta americana? Quale effluvio soave si propaga nell’aria?
Il prodotto viene descritto sul sito come “divertente, stupendo, sexy e meravigliosamente inaspettato”. È una miscela di geranio, bergamotto agrumato e cedro giustapposti a rosa damascena e ambra, che riportano alla mente la fantasia, la seduzione e un calore sofisticato. Cioè, l’odore inconfondibile della vagina di Gwyneth.
Inevitabili le polemiche sui social network, tutte condite di ironia, con gli utenti che sottolineano la «volgarità di questa candela degna di un sexy shop».
Gwyneth Paltrow, tra l'altro, aveva già un precedente che aveva creato una bufera tra il pubblico. Lo scorso agosto l'attrice americana aveva promosso la pratica della sauna vaginale, ossia un trattamento di vapore ed erbe dalla Corea, dove viene chiamata chai-yok, un cerimoniale da ripetere dopo ogni ciclo mestruale.
Ma bando alle ciance: feticisti di tutto il mondo, abbiate fede e pazienza: non resta che aspettare che quel magico odore si faccia presto sapore, in cioccolatini e bombom.
  (Alfredo Laurano)


GUERRA FREDDA A BUCKINGHAM PALACE /1946


La povera Elisabetta II, coloratissima regina del Regno Unito di Gran Bretagna, di 94 anni, non se l’aspettava proprio.
Il duca e la duchessa di Sussex rinunciano a essere «membri senior» della Royal family, vogliono lavorare per essere economicamente indipendenti e avere una loro piccola casetta in Canada, con vasche, pesciolini e tanti fiori di lillà.
Come i comuni mortali, come i normali cittadini.
Già in passato, si erano spesso dimostrati insofferenti ad alcuni obblighi di corte: dalle camminate scalzi in spiaggia ai teneri baci in pubblico, dai selfie con i fan all’estrema privacy richiesta prima del parto: in parecchie circostanze, Harry e Meghan hanno violato il protocollo reale, facendo di testa loro.

Un attentato alla placida vita di corte dell’ingessata monarchia, che non vuole sussulti, che non vuole scossoni. La tragica storia di Diana, pur molto amata nella sua imprevista eccentricità, è bastata, avanzata e ancora fa scandalo e testo.
La corona inglese è di nuovo in crisi. Perde pezzi e brillantini.
Il “tradimento” di Harry e Meghan, ha sconvolto i sudditi di Sua Maestà, almeno quanto la Brexit, e ha terremotato le stanze austere di Buckingham Palace. I tabloid, tutti schierati con Elisabetta II, l’hanno già ribattezzata Megxit.
La loro scelta di fare un passo indietro dalla famiglia reale, ha mandato su tutte le furie la regina e scatenato le ire del Regno Unito, che ora chiede di togliere ogni titolo all’ex nipote favorito, traviato dalla moglie, novella lady Macbeth.
Si, la borghese Meghan Markle, attrice, afroamericana, divorziata, vegana a giorni alterni, appassionata di yoga e autoproclamata femminista: tutto il contrario della mite cognata Kate.
E’ lei che ha turbato gli equilibri del palazzo e rubato il cuore debole dello spaesato principe Harry, cresciuto col trauma della morte prematura della madre Diana, estraniandolo da tutta la famiglia. Nessuno ha dubbi: una moglie arrivista, insofferente alla rigida etichetta di corte, che vuole i lussi della vita reale, ma non gli oneri che comporta far parte della nobiltà più blasonata del mondo.
Qualcuno gliela farà pagare.
Sul trono della più antica monarchia del mondo, da oltre settant’anni, la Regina, che ha guidato la famiglia e la Gran Bretagna attraverso gli anni della recessione, la vicenda del divorzio di Carlo e della morte di Lady D, viene ora tradita proprio da chi le era più vicino, proprio ora che sta accompagnando il Paese fuori dalla Brexit: «Gli abbiamo dato tutto, il matrimonio che voleva, la libertà, la casa separata. E ancora non gli è bastato», dicono siano state le sue parole.
Domani terrà un “vertice di famiglia” per stabilire quale ruolo futuro debbano avere Harry e Meghan dopo l’oltraggio.
Questi sì che son problemi per chi nelle vene ha sangue di colore blu.
Ma la faida è solo all’inizio.
 13 gennaio 2020 (Alfredo Laurano)


domenica 12 gennaio 2020

LA GARBATA LOCANDIERA /1944


Scrive l’audace Fratello d’Italia Francesco Lollobrigida:
“Il Times inserisce Giorgia Meloni tra i 20 personaggi che possono imprimere al nuovo anno un segno di svolta politica significativa. L’ennesima dimostrazione della solidità del suo progetto, volto alla ricostruzione di una area conservatrice e sovranista realmente autorevole e credibile, capace di rappresentare l’unica vera alternativa alle sinistre e ai populismi italiani. In Italia già da tempo Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia stanno catalizzando sempre più consenso, finalmente anche sul piano internazionale si sta comprendendo la serietà e la coerenza del nostro percorso.”

Ma siamo seri, non siamo al Grande Fratello o su Scherzi a Parte: la pur simpatica Meloni – Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana” – ora è diventata anche illuminata statista, una che conta e che può cambiare il mondo. Come la Merkel, come Christine Lagarde, presidente della BCE, come Trump, come Putin, come la regina Vittoria del Regno Unito o Caterina la Grande di Russia.
Forse è per questo che da un po’di tempo ride sempre, ride più di Zingaretti. Appare in video sempre curata, truccata, femminile e accattivante.
Il suo avvenire è sicuramente pieno di sorprese e di successi. Lo dice il prestigioso Times, forse a corto di scoop e di notizie o confuso dalla dolorosa Brexit.
Nonostante il suo compar Salvini, sarà magari la prima Premier donna, imperatrice della Garbatella e Tor Marancio.
 10 gennaio 2020 (Alfredo Laurano)
  


2020 E VECCHI SINISTRI /1943


Leggete cosa scrive, senza un’ombra di pudore, il politico legaiolo Roberto Marcato.
 “Per 50 anni avete avuto in mano la scuola, la cultura, la storia (foibe queste sconosciute).
Avete avuto sempre una rete Rai, spesso due a volte tutte e tre. Avete avuto la satira, i comici raffinati antiberlusconiani che facevano ridere e riflettere allo stesso tempo. Si rideva nelle stesse reti private dove il pericolo fascista era così imminente che i giullari potevano attaccare ogni giorno Berlusconi facendosi pagare ogni giorno dal Cavaliere stesso.
Avete avuto tutta questa potenza di fuoco e adesso???
Adesso vi ritrovate con un paese dove un italiano su tre vota Lega e uno su cinque vota FDI. Costretti ad andare nelle piazze, senza un nome ma travestiti da sardine inventandovi un nemico (sempre lo stesso: credo tra l’altro si chiami ossessione) per nascondere il drammatico spaesamento in cui vi trovate.
E in tutto questo?
Uno immagina una grande riflessione collettiva sul fallimento universale di un’ideologia e invece no!
La stessa insulsa e stantia spocchia nei confronti di chi non la pensa... pensa...come voi.
Avete avuto per decenni il monopolio non solo della cultura dominante ma anche delle vie istituzionali e non, per incanalarla e vi ritrovate con un paese che per due terzi non vi vuole più vedere e per il restante si finge un “pesce fuor d’acqua” perché si vergogna di dire di essere di sinistra. RIDICOLI!!!!
Ridicoli come Gulliver che, tornato a casa, continuava a comportarsi da gigante non rendendosi conto che quelli che incontrava erano alti come lui.
I lillipuziani siete voi! Voi con i vostri piccoli centri culturali, i vostri piccoli antifascismi, i vostri piccoli libretti pubblicati da Mondadori, i vostri piccoli prodotti bio del contadino (che brava persona) che conoscete solo voi, le vostre piccole rendite di posizione borghesi, i vostri piccoli centri sociali. E adesso più che mai I vostri piccoli ambientalismi sempre insegnati agli altri, le vostre piccole solidarietà sempre pretese dagli altri? Le vostre grandi ipocrisie.
PICCOLI, PICCOLI E RIDICOLI. PICCOLI, RIDICOLI E DI SINISTRA.”

Questo dissociato non ricorda, o finge di non sapere, che per più di una quarantina d’anni, in questo disastrato Paese ha governato la DC e per una ventina hanno sgovernato Berlusconi e Lega, con il controllo totale dei canali Mediaset e di gran parte della Rai, con la Moratti presidente.
In questo fiorente periodo storico, il plurinquisito e condannato Berlusconi ha creato e diffuso a piene mani la sub-cultura delle Veline, delle nipotine illustri, delle Olgettine e del Bunga-Bunga, che tanto ha dato al Paese, in termini di educazione, degrado, sessismo e spregio intellettuale. Ha curato gli interessi economici delle sue aziende, evaso il fisco, soddisfatto le sue ossessioni maniaco-compulsive, per non parlare dei suoi rapporti ambigui con Dell’ Utri, Mangano e Previti, cioè di mafia, corruzione: altro che satira e barzellette. 
Ci hanno coglionato in tutto il mondo, Africa compresa: vedi stampa internazionale, cinema e letteratura.
Scuola e cultura sono state da sempre espressione della Sinistra per il semplice fatto che la Destra reazionaria e oscurantista non l’aveva nel suo DNA e nella sua storia di abusi, intolleranze e discriminazioni.
Per i Sinistri, andare nelle piazze, travestiti da sardine, è un’immagine ridicola e pubblicitaria che solo i giullari di quella Destra, ormai leghista, “assorellata” e deberlusconizzata, possono inventare per respingere un possibile pericolo per le avanzanti truppe salviniane, armate di rosari, croci, santi e madonne varie.
Le barricate di ignoranza e inciviltà, i pregiudizi razzisti e gli impulsi xenofobi non consentono di capire e di accettare che un movimento spontaneo giovanile, come è sempre accaduto nella Storia, possa nascere, crescere (e, magari poi anche fallire) e riempire le piazze, contro la politica dell’odio e della prepotenza.
Senza riserve mentali, senza ipocrisie, senza una struttura forte di sostegno.
Spiegatelo a Marcato e al suo ardito capitano.
 10 gennaio 2020 (Alfredo Laurano)




martedì 7 gennaio 2020

RULA TU NON SAI DIRMI PERCHÉ (L'Operetta) /1942


La Rai sovranista, quella che surrettiziamente solletica, ma con la dovuta discrezione, gli insani pruriti e le insofferenze dell’utente medio, benpensante e perbenista, xenofobo e intollerante quanto basta, ha deciso: Rula Jebreal, giornalista palestinese naturalizzata italiana, consigliera del presidente francese Macron per il gender gap, analista di politica estera, nota al pubblico televisivo dagli inizi a La7 all'Annozero di Michele Santoro (2006), autrice di romanzi, impegnata in campagne sui diritti umani, non sarà al fianco del pacioso Amadeus al prossimo Festival di Sanremo. Sarebbe troppo divisiva, inquietante, preoccupante. Soprattutto destabilizzante.
Eppure, sul quel palco dei fiori e delle note da operetta, specchio della pigra e oziosa Italia, ci son passati in tanti e tante: giornalisti, politici, intellettuali veri o presunti, soubrette con farfallina all’inguine, comici e pagliacci vari, sportivi e persino un premio nobel, a fare da valletto a Fabio Fazio, e un aspirante suicida dal loggione. Dalla Parietti a Brigitte Nielsen, dalla Ferilli alla Pivetti, dalla Marini a Claudia Koll, da Anna Falchi a Manuela Arcuri, a Laetizia Casta, a Michelle Hunziker…
Insomma cani (di razza o meno) e porci.
Ma Rula no, troppo preparata, colta e capace. Rula non è gradita da “mamma RAI”, ma soprattutto dall’inutile Capezzone, che “ancor si muove”, e dalla stridente “Santa de che”, italiana, mamma, cattolica, imprenditrice, parlamentare, “personaggio fisso della tv”, che giustamente si incazzerebbero parecchio, qualora una donna palestinese, filoislamica, pagata con i soldi degli italiani, dovesse parlare di fascismo di razzismo e di diritti, da quel palco.
Meglio invitare Chiara Ferragni o la sorella baby di Belen, con o senza farfallina, o la bambola Diletta Leotta, che di calcio se ne intende, o la fidanzata di CR7 Ronaldo. Meglio buttarla sul pallone che sulla politica del Medio Oriente.
“Evidentemente - afferma Rula - qualcuno si è spaventato che venisse offerta una ribalta a italiani nuovi, a persone diverse come me che appartengono a un'Italia inclusiva, tollerante, aperta al mondo, impegnata in missioni di dialogo e di pace”.
Perché Sanremo è Sanremo, non è mica un campo profughi. (Alfredo Laurano)

MARCONDIRO'NDERO /1941


“Si vis pacem, para bellum (Se vuoi la pace, prepara la guerra) deve aver pensato, a modo suo, quella volpe rossa di Donald Trump, quando ha ordinato l’assassinio mirato del generale iraniano Soleimani.
Rischiamo il terzo conflitto mondiale, forse nucleare, per questo criminale, delinquente, assassino, che usa la guerra come arma di distrazione di massa, per depistare rispetto al suo "impeachment" e preparare il terreno per la sua rielezione.
E, mentre analisti ed esperti internazionali ci spiegano ciò che sta avvenendo con tutte le precauzioni, i timori e le preoccupazioni del quadro politico mondiale, la decisione di Trump è condannata da quasi tutte le comunità internazionali (“è da dementi gettare benzina sul fuoco, in uno scenario già difficile. Neanche Israele era arrivata a tanto”).

Da noi, le prese di posizione più autorevoli sono quelle dell’altra madonna televisiva illuminata, Paola Ferrari, nota al mondo per saper accavallare le gambe, farsi colpire dal fascio di luce semidivina (alla Barbara D’Urso) e condurre la Domenica Sportiva: "Grande azione dell'intelligence americana contro un loro nemico giurato. Finalmente qualcuno con le palle. Ne avessimo anche noi invece politicamente corretti capaci solo di subire e criticare”. Così sentenzia, di tre quarti, la strarifatta diva dei pallonari stanchi, ma attenti alle sue generose curve plastiche da stadio.
Poi, il solito cazzaro verde Salvini, che si schiera subito, anima e corpo e senza nessuna esitazione, con il misogino, razzista tycoon americano: “Donne e uomini liberi, alla faccia dei silenzi dei pavidi dell’Italia e dell’Unione Europea, devono ringraziare Trump e la democrazia americana per aver eliminato uno degli uomini più pericolosi e spietati al mondo”. E qui conclude la sua missione comunicativa: il precario equilibrio messo in pericolo, le possibili conseguenze, la guerra, i probabili attentati e le conseguenti azioni terroristiche sembrano non interessarlo affatto.

Ma glielo spiega, come sempre, puntualmente, il lucido Travaglio.
Sapete a cosa può portare questo colpo di genio di Trump? A una guerra devastante in Medio Oriente.
Sapete a cosa porterebbe una guerra in Medio Oriente? A milioni, milioni di profughi. Lo abbiamo visto in questi anni con le guerre esplose in Siria, Iraq, nel Nord Africa.
E sapete dove andranno questi milioni di profughi?
In Europa. No, non da Trump, non negli Usa. I barconi lì non arrivano. Ma in Italia e in Europa sì.
E attenzione: parliamo di profughi di guerra. Non di migranti economici. I profughi di guerra hanno diritto d’asilo sempre e comunque.
E sapete chi lo ha sempre detto? Proprio lui, Salvini. Vi ricordo le sue parole: “Chi scappa dalla guerra è un mio fratello. E deve avere le porte aperte da me e da chiunque altro. Questo le televisioni non ve lo verranno a dire”.
Quindi Salvini esulta e sostiene un’azione che non solo da oggi mette in pericolo le truppe italiane in missione in Iraq, ma potrebbe creare milioni di profughi diretti in Europa già nei prossimi mesi, e che lui ha già detto di voler accogliere.
Ora, fatemi capire, cos’altro deve fare questo tizio per farvi capire che vi prende per il culo da anni?

Gli americani “non si sono resi conto di quale grande errore” hanno fatto - ha dichiarato il presidente iraniano Rohani - “Vedranno gli effetti di questa azione criminale non solo oggi, ma negli anni a venire”.
Trump e la CIA, non solo devastano le democrazie del sud America, ora destabilizzano ancora il Medio Oriente, compromettendo gli equilibri mondiali. Non sono bastati Iraq, Jugoslavia, Libia, Siria e Ucraina per apprezzare le migrazioni "forzate" dei popoli, le vendette dei terroristi, le crisi finanziarie, la compressione della libertà e dei diritti civili.
Intanto, sulle nostre amate sponde, ci pensa e ci prova il sultano turco Erdogan ad indossare la corona di dominatore del Mediterraneo.

Chi ci salverà?
Se lo chiedeva già Fabrizio De André, nel suo struggente “Girotondo”.
“Se verrà la guerra, Marcondiro’ndero, sul mare e sulla terra chi ci salverà?
Ci salverà il soldato che non la vorrà. Ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà”.
5 gennaio 2020 (Alfredo Laurano)