mercoledì 19 marzo 2014

GAME OVER

Anche le ultime speranze sono tramontate. La Cassazione conferma i due anni di interdizione a Silvio Berlusconi. Ora il leader è davvero fuori dai giochi.
Diventa, così, definitiva la pena accessoria pronunciata nell'ottobre scorso dalla Corte di Appello di Milano, dopo il ricalcolo ordinato dalla Suprema Corte, a conclusione del processo Mediaset. 
Con questa sentenza, il Cavaliere (ora perderà anche questo titolo) diventa a tutti gli effetti incandidabile e ineleggibile
Una decisione scontata e coerente con la condanna principale e  definitiva per evasione fiscale.
Considerato che la richiesta di grazia di cui si sta occupando la fedelissima Santanchè è solo un pittoresco espediente propagandistico, che non ha alcuna possibilità di successo, torna in pista la candidatura di Barbara Berlusconi, alle prossime Europee.
Intanto, tra pochi giorni, il 10 aprile, il Tribunale di sorveglianza si pronuncerà sull’affidamento in prova ai servizi sociali. 
Chi lo salverà stavolta? Renzi, il PD o Napolitano. 
O, forse, Francesco, il papa?
19 marzo 2014                                      (Alfredo Laurano)

giovedì 13 marzo 2014

VENGHINO, SIGNORI, VENGHINO!

"Venghino, signori, venghino....
Non ve lo do per cento, nemmeno per novanta...facciamo ottanta e non se ne parli più...!" E magari, pure una bella bambolina omaggio..."
Quasi meglio di Mastrota e Vanna Marchi, fra materassi, pentole e lozioni. 
Chissà se ci scapperà pure una gita in pullman, a trovare Padre Pio a Pietrelcina!
Una televendita da grande imbonitore, una suadente lezione di Comunicazione alla Mc Luhan, quella di Renzi, il puffo "persuasore occulto" (ma neanche tanto), rivisitato in chiave odierna e in salsa fiorentina.

In conferenza stampa, annuncia programmi e riforme a tutto spiano, illustra cifre, mostra slide col carrello della spesa, fa battute sui pesci rossi e sui presenti allegri e divertiti.

"Cento giorni di lotta molto dura per cambiare il Paese".
La legge elettorale (truffa) è praticamente fatta, le misure fiscali  entreranno in vigore dal 1° maggio, magari al concertone di S. Giovanni, fra le canzoni e l'ola della piazza. 
Udite, udite! So' 1.000 euro netti in busta paga per chi guadagna meno di 1.500 euro al mese, cioè 80 euro in più per 10 milioni di persone. Ma ai pensionati niente, nemmeno un gratta e vinci di consolazione.Tanto....devono morì!
Ad aprile i debiti della Pubblica Amministrazione, a maggio il taglio dell'Irpef e dell'Irap, a giugno la riforma della Giustizia, a Dio piacendo, cioè Berlusconi permettendo.
Poi la Scuola, il Lavoro (ora si deve dire "job act") e l'Occupazione. 
Per serietà e per non sbilanciarsi troppo, non ha promesso neanche "un milione di posti di lavoro". Qualcuno ci sarà rimasto male.
Non mi ricordo, però, a che ora ha detto che sconfiggerà la Mafia....!

13 marzo 2014                                                  (Alfredo Laurano)

IL SIMPOSIETTO

Anche se ci guardiamo allo specchio tutti i giorni, non ci accorgiamo del mutare della nostra esistenza, dei cambiamenti del nostro corpo, delle nostre percezioni.
Ce ne rendiamo conto solo quando un fatto, un nome, un volto o una fotografia ci offrono la prova certa di ciò che siamo stati, fissando un passaggio significativo del nostro cammino. Sono occasioni da cogliere al volo, spunti di riflessione che non possiamo ignorare.
Ogni tessera si ricompone in quel mosaico che caparbiamente o, a volte, casualmente abbiamo costruito e via, via modificato e incrementato.
Tasselli colorati e irregolari che ridisegnano importanti pezzi di vita - oggi travestiti da ricordi - e che costituiscono le nostre radici e il nostro divenire. Si cresce e si cambia, nel bene e nel male, ma nulla si cancella.
Anzi, rivivere certi momenti di quel campo seminato - come è accaduto oggi - rinnova la gioia di averli vissuti e rimanda a una condizione di vera emozione e felicità.

La vita è una somma di esperienze, belle o cattive e, a volte, forse inutili e forzate, che siamo obbligati a fare, anche se non sappiamo bene a cosa e a chi servano dopo.
Le nostre, quelle che ci hanno accomunato nel nostro piccolo "mondo antico" sono state meravigliose e hanno lasciato un segno e un sentimento.
Ne abbiamo avuto già la prova nel mini simposio. Con affetto

12 marzo 2014                                    (Alfredo Laurano)

martedì 11 marzo 2014

IL PRIVILEGIO DI UNA MADRE

Ne ha percepito via, via la presenza.
Lo ha sentito crescere dentro, muoversi, spingere e scalciare.
Lo ha alimentato di riflesso, secondo il ciclo di natura.
Lo ha portato in grembo che ha visto gonfiarsi lentamente e ne ha avvertito il peso, il fastidio, la stanchezza.
Dopo nove lunghi mesi di ansia, sacrifici e privazioni, con dolore, urlando e con fatica, lo ha messo al mondo, gli ha dato vita.
Ha assecondato e realizzato il ruolo e la missione. E, al primo vagito, ha pianto di gioia e commozione.
Ha scoperto il significato di essere madre.
Ha realizzato il prodigio.
Ha capito cos’è la felicità.
Ha colto il senso dell’esistenza.

In un solo istante, ha preso nuova coscienza di se, ha acquisito l’esclusivo titolo di madre, ha cancellato pene, affanni e traversie, che per un tempo indefinito l’avevano soffocata.

Gradualmente l’ha aiutato a crescere, a vivere simbioticamente, in stretta dipendenza e in perfetta sintonia affettiva.
L’ha allattato ogni tre ore di giorno e di notte.

Gli ha fatto il bagnetto e, subito dopo si è sporcato.
Lo ha pulito, cambiato, vestito e profumato, ne ha usmato l’odore e il buon sapore di neonato.
Lo ha visto aprire gli occhi, piangere e sorridere, stringere il dito con la minuscola manina. 

Lo ha svezzato, gli ha preparato la pappa e il brodo vegetale, l’ha imboccato con “arriva una nave” e con pazienza, e si è presa in faccia le stelline che ha sputato.

Ha visto spuntare il primo dentino, sentito i suoi doloretti e i primi bla bla, fino all’ emozione più grande: il privilegio unico, il dono magico di sentirsi chiamare mamma. La prima e ultima parola di ciascuno.
A seguire, i primi passi, le cadute, i bozzi e le contusioni.
Attraverso il gioco condiviso, ha allenato la sua immaginazione, la creatività, l’ingegno e anche il linguaggio. Ha favorito il suo sviluppo armonioso, fisico e intellettivo.
Insomma, tra realtà e fantasia, tra serietà e finzione, l’ha visto fiorire e germogliare, l’ha aiutato a diventare bambino, ragazzo e adulto. Lo ha preparato alla vita. Non alla morte.
Ma poi, a volte, succede….

Si compie la tragedia che lascia senza fiato, che confonde, che sconquassa, che sconvolge la legge di natura, che sovverte il senso del nascere e morire.
“Un improvviso raptus, un istante di follia, il buio della ragione!”

Una definizione a scelta per indicare il più atroce e vile dei delitti, che deturpa il significato della parola e dell’essere madre. Una sindrome perversa che colpisce quelle donne che smettono all’improvviso quelle vesti e indossano quelle di Medea. 
Uccidono a tradimento i propri figli per terribile ritorsione nei confronti del padre che le ha abbandonate.

In questi giorni, a Cosenza, una donna ha fatto uscire da scuola il proprio figlio, lo ha portato in macchina lontano dal paese e lo ha pugnalato con forbici affilate. 
A Lecco, un’altra disperata ha sgozzato col coltello le tre figlie, inseguendo e finendo la più grande che cercava di fuggire.
E tante altre ancora che colpiscono, soffocano o si lanciano nel vuoto con i figli, strappandoli alla stessa vita che hanno loro dato. Vittime innocenti trasformate in  simulacri di un’insana guerra dell’allucinazione che mai conosceranno.

Ma una profonda depressione, la totale anestesia di sentimenti materni  e il distacco profondo dalla realtà bastano a spiegare quel gesto incomprensibile, quel sacrificio estremo al feroce dio della vendetta? 
Ad appagarne la furiosa sete?

"Le mie figlie sono tutta la mia forza" scriveva sul suo profilo Facebook la madre assassina di Lecco solo pochi giorni fa, una didascalia tenera e agghiacciante sotto la foto delle sue tre bellissime fanciulle di 3, 10 e 13 anni. 

Continuo a chiedermi, nel dubbio e con paura, come possa una madre (o un padre) tagliare e sfregiare le carni di una creatura che ha portato dentro, che ha tanto accarezzato, baciato, abbracciato, nutrito, cullato, custodito e “respirato” più della sua vita.
Ma la maledizione del cortocircuito della mente può colpire davvero tutti, all’improvviso?
11 marzo 2014                                                            
                                                                                   AlfredoLaurano         
                                                                                                                                                                


LA CUSTODIA DEI PENSIERI

Una disordinata folla di pensieri invade la mia mente al suo risveglio, nel piacevole tepore del mattino. E proprio quando sarebbe dolce poltrire tra le piumate coltri e il morbido cuscino, o ciondolare senza meta tra il sogno e l’apatia, quel letto caldo, che ha ospitato il sonno, non induce al trastullo e alla pigrizia, ma costringe all’afflizione e al cruccio, al tormento dell’amara riflessione. Non ozio, quindi, ma fastidio e turbamento.

Sono pensieri anarchici, confusi e scombinati, una ressa incontrollata di immagini  scomposte e senza tempo.
Con prepotenza esagerata, si affacciano, si spingono l’un l’altro, si sovrappongono, stratificando. Sgomitano per conquistare un posto in prima fila, per catturare il corto raggio di luce che il faro dell’attenzione diffonde con avarizia: storie intime e private, situazioni e incontri occasionali, volti e ricordi familiari, dell’infanzia, della scuola, del lavoro, amori e riminiscenze del passato si alternano alla difficoltà dell’essere, all’ansia del presente, alle paure del futuro, ai fatti di cronaca che suscitano stupore, orrore e ripugnanza.

Questi flussi, che affollano la mente quando nasce il giorno - oppure, in qualche caso, quando muore - inseguono il ciclo dell’attualità, cercano nuove identità e spazi alternativi, che trascendano i rigidi tempi della storia, le date e i luoghi che li hanno generati.
Pretendono di essere riconosciuti, ripensati e rivissuti in un ruolo di inedita realtà, ricattando il loro custode tesoriere con la forza poderosa del ricordo. E, soprattutto, rilanciano le consuete domande sui tanti perché dell’esistenza.
Nasce un ingorgo inestricabile di sensazioni indefinite che intasa la ragione. Con fatica, cerco di controllarle e riallinearle nelle apposite caselle.

Mi capita da tempo trovarmi a governare la bagarre, questa disputa rissosa di impressioni e fantasie che congestiona l’intelletto e mette a dura prova la coscienza.
Occorre scegliere un percorso d’ordine, stabilire delle priorità: ora penso a questo… poi a quest’altro… poi ancora a quello… e scoprire, o meglio inventare, una credibile risposta a quelle domande impertinenti e al pessimismo. Una risposta che non sia retorica, accademica e consolatoria.

Ma come vincere la crisi di sconforto che subito ti assale? Dove trovare l’aiuto necessario a siffatta impresa solitaria? O un sostegno concreto a quel tentativo di gerarchia mentale, smentita, umiliata e contraddetta dalla tirannia del dubbio e del dilemma? Come riaffermare la supremazia della ragione?
Forse bluffando. O rinnegando, per compromesso o occasionale convenienza, l’evoluzione delle idee e dei principi civili, naturali, filosofici e scientifici che rischiarano la mente umana dall’età dei lumi.

A volte, sulle ali del sogno e dell’utopia, provo ancor adesso - in età più che matura - a cercarlo nel domani, nell’attesa di miracolistiche soluzioni.
Ma non basta cavalcare con fiducia la teoria della speranza. Inesorabilmente, quella spiraglio astratto, quel rimedio prodigioso cade al primo accenno di volo, sotto il peso perentorio dell’innato scetticismo: ennesima vittima designata dell’illusione che colpisce chi insegue la chimera.

L’oggi è ancora peggio: caduco, effimero, brutale e privo di certezze e di valori.
La nostra società si nutre e si corrompe di profitto, si esalta nella tecnologia e si esprime nella cinica competizione. Si consuma in tutta fretta nella violenza, nell’odio razziale e nella globale indifferenza.  Discrimina, separa e rottama i sentimenti e le persone.

Non resta che cercare in ciò che veramente ci appartiene e che nessuno ci potrà togliere o modificare. Tra le pagine della nostra storia personale, si può forse recuperare, in tutto o in parte, il buono, il bello ed il pregevole di quel che  abbiamo vissuto e realizzato.
Un fatto, un’esperienza, un valore, un momento importante della vita possono diventare un collegamento ideale, ma reale, a quei pensieri ingombranti, di cui ho fin qui parlato, che vogliono riappropriarsi di rinnovata dignità.

E proprio in quel passato, che il tempo ha nobilitato, vive qualche solida certezza che ci conforta e non ci abbandona mai. Che induce spesso una certa nostalgia, ma consolida la forza per contrastare la precarietà dell’esistenza e l’ eventuale senso che non ha.
E invita anche, con prudenza e una certa discrezione, a coltivare almeno un po’ di misurato ottimismo della volontà.

10 marzo 2014                                                        AlfredoLaurano