venerdì 30 ottobre 2015

E' NORMALE

A Messina manca l’acqua da una settimana.
A Sanremo, i dipendenti del Comune timbrano il badge in mutande e ciabatte o lo fanno come i moschettieri “uno per tutti”, mentre “tutti per uno”, o per alcuni, vanno in canoa a fare sport, che fa bene alla salute, o a far la spesa al supermercato.
In Calabria, un’altra figlia ammazza un’altra madre che le aveva vietato l’uso eccessivo e costante dello smartphone e del PC. Come Il famoso Pietro Maso che uccise i genitori per aver subito l’eredità. O Erika che, con Omar, uccise a coltellate madre e fratellino a Novi Ligure, o Carretta che soppresse genitori e fratello a pistolettate.
Ma, anche questo, è ormai normale.

Intanto, un po’ a sorpresa, Milano diventa, secondo Raffaele Cantone, il mago dell’anticorruzione nominato da Renzi, la capitale morale d’Italia.
Eppure, pochi giorni fa, hanno arrestato il vice-presidente della Regione Lombardia. Un mese fa, due dipendenti comunali. 
L’ex governatore Roberto Formigoni, oggi senatore di NCD, è invece sotto processo per associazione a delinquere e corruzione e con lui anche molti imprenditori del settore della sanità. Infine decine di consiglieri regionali sono sotto accusa per peculato.
Da alcuni anni, all’ombra della Madonnina, si è diffusa un’epidemia di assessori e consiglieri in manette, tanto che proprio Salvini disse che “la Lombardia si è autorottamata a suon di scandali”. Anche se, accanto a Filippo Penati del PD, già presidente della Provincia di Milano, diventato il simbolo del malaffare per il suo coinvolgimento in un’inchiesta per corruzione, c’erano molti leghisti finiti nel mirino dei magistrati.
Nell'hinterland cittadino, poi, la ‘ndrangheta spadroneggia negli appalti dell’edilizia grazie, a infiltrazioni nel mondo della politica. Basti dare un’occhiata al sintetico report “Mafie e corruzione a Milano” dell’Associazione Libera di Don Ciotti. Ma Cantone forse non l’ha letto.
Da tangentopoli in poi, Milano è sempre stata la capitale della corruzione, ben prima di Suburra e Mafia Capitale. Ma è normale non saperlo.

A Roma, intanto, ancora e purtroppo capitale - perché non la trasferiscono a Mantova o a Ferrara? - il marziano Marino Kunt sfida l’Imperatore del Consiglio che, snobbato dal vecchio Fidel, fa footing in quel di Cuba.
Su pressione di una certa piazza, Kunt ha deciso di ritirare le dimissioni per farsi cacciare, democraticamente, dal democratico partito. Perché “dargliela vinta facile?
E, oggi, guarda caso, l’hanno pure indagato. Forse, perché non ha ancora ripreso la sua l’astronave e si è tolto dai “Maroni”.
Roma ladrona, Milano da bere. 
Per antonomasia.
30 ottobre 2015 (Alfredo Laurano)


martedì 27 ottobre 2015

IL GUITTO PISTOLERO

La cosa più grave è che proprio adesso, mentre si infiamma e cresce il dibattito sulla legittima difesa, sull’uso delle armi per protezione personale, sul senso di insicurezza costantemente alimentato dai mezzi di informazione, un semi-cretino di marca padana si presenta in TV e mostra una pistola.
Gianluca Buonanno, europarlamentare verde marcio, aspirante o mancato clown da squallido circo di periferia, aveva già esibito in Aula, in un recente passato, spigole e manette, cappio e dito medio e aveva indossato la maschera da Merkel e gli abiti del domatore.
Non so se tal pagliaccio - cui paghiamo un lauto stipendio - sia più rozzo o più patetico, o un’umoristica macchietta, o un anonimo figurante in cerca di facile visibilità. Di certo, non fa ridere e non fa piangere, al massimo fa pena, come un incolpevole imbecille.

E’ talmente limitato, questo rambo da operetta, da non rendersi conto del significato di quel gesto stupido, oltre che inutile, che entra nella case di milioni di persone.
Di quanto istighi alla violenza, dell’amplificazione mediatica e della percezione psicologica che determina, di quale pericolosissimo messaggio veicoli nei confronti di una variegata utenza, ricettiva e impreparata - giovani, bambini, donne, famiglie, persone fragili, insicure, violente o squilibrate - anche da un punto di vista educativo e formativo.
Un segnale quasi esplicito, e nemmeno tanto subliminale, che invita alla vendetta, alla rivolta giustizialista e forcaiola da Far West, come se fosse una trovata intelligente per risolvere un difficile e complesso problema. 
Come se fosse uno dei milioni di spot e messaggi pubblicitari di scarpe o merendine.
Il senso di precarietà e di paura, anche per motivi di propaganda e strumentalizzazione politica, è sempre più spesso argomento di trasmissioni, talk e rubriche giornalistiche, dove tutti sfogano rabbia e frustrazioni, “sparano” a zero contro tutto e tutti, gridano vendetta, invocano una pronta resa dei conti, prevedendo la prossima tragedia.

I tempi della società di massa e fortemente globalizzata ci impongono un confronto costante con gli altri, anche sotto il profilo di comportamenti standard e di reazioni telecomandate,
Vivere in comunità, con migliaia di altri esseri umani - portatori di ideologie e tradizioni diverse - implica grande responsabilità individuale, equilibrio e rispetto per bilanciare ira, egoismo e sensi di colpa inconsci di ciascuno.
Solo l’uso della ragione, non dell’istinto, ci può consentire di agire consapevolmente, senza alimentare rabbia ed emotività o fenomeni da giustiziere padano della notte.
Anche se, alle tre di notte, in casa nostra, di fronte ad un’intrusione di qualcuno che può far del male o violentare, lo Stato o la polizia non ci saranno mai.
Ma questo è un altro discorso.
27 ottobre 2015 (Alfredo Laurano)

domenica 25 ottobre 2015

GOMBLOTTO

Un’altra puntata del reality Vatileaks a reti unificate? Altri veleni contro il Papa?
E’ chiaro che Francesco è nel mirino di una parte misoneista della Curia, prevenuta e ostile verso le affermazioni e le aperture da lui, più volte, chiaramente, prospettate.

La netta condanna dei pedofili e l'attenzione agli omosessuali, l’improvviso e plateale outing del teologo Charamsa - classico carico da undici - la comunione anche ai divorziati, lo scandalo a luci rosse dei Carmelitani scalzi, la lettera critica dei tredici cardinali conservatori sulla conduzione del Sinodo: tutti temi destabilizzanti che creano o alimentano tensioni e che lasciano trasparire un ennesimo conflitto fra poteri.
E allora, per inquinare ulteriormente il clima del dibattito, un altro proditorio attacco: la notizia sparata dal QN in prima pagina sul suo stato di salute.
Ma, Francesco non è appena tornato da un lungo ed estenuante viaggio a Cuba e negli Stati Uniti e, poco prima in Sud America? 
Se malato, era in condizione di farli?

L’Osservatore Romano non ha dubbi e parla di "intento manipolatorio del polverone sollevato" durante la fase finale del Sinodo sulla famiglia.

Una strategia per affossare Francesco che, a sorpresa e per nulla intimidito aveva chiesto “perdono”, a nome della Chiesa, “per gli scandali che, in questi ultimi tempi, sono accaduti ,sia a Roma, che in Vaticano    
Quindi, meglio dire che il tumore è al cervello per lasciar intendere che sragiona, che sproloquia, che non sa quello che dice.

Non dimentichiamo che Bergoglio viene dalla strada, che è un uomo diretto e imprevedibile, lontano dalle etichette e dalle convenzioni tradizionali, che sta rivoluzionando la Chiesa e che è diventato Papa dopo le strane dimissioni del suo predecessore. Che sta cercando di recuperare audience e fedeli, riportando all'ovile di San Pietro milioni di pecorelle smarrite, come gli agnostici, i gay, i divorziati, gli oltranzisti cattolici che per la vecchia Chiesa erano persi.

Non dimentichiamo, nemmeno, che circa tre anni fa sono accaduti due fatti incredibili e sconcertanti.
Prima, la fuga di documenti riservati della Santa Sede - finiti sui giornali e nel libro di Gianluigi Nuzzi “Sua Santità” - su rapporti, lotte intestine e irregolarità finanziarie all’interno e all’ esterno del Vaticano, tra i quali, anche uno in cui si alludeva a un presunto complotto di morte nei confronti di Benedetto XVI, che doveva preludere all’ascesa al soglio pontificio del cardinale Angelo Scola.
Responsabile, il devotissimo maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele - arrestato, processato, condannato a tre anni e poi graziato e perdonato dal papa stesso - aveva deciso di rendere note le trame della Curia Romana, “per amore”, per aiutare il Papa e la Chiesa, per far conoscere quanto accadeva: “Temo che il Papa non abbia la forza per superare queste avversità, per cacciare i mercanti dal tempio”. 
Gli inquirenti sollevarono molti dubbi in merito al fatto che dietro lo scandalo potesse nascondersi il solo Paolo Gabriele: un "corvo" affermò che le persone coinvolte erano in tutto una ventina.


Pochi mesi dopo, un’altra scelta che stupì il mondo ancor di più, lasciando disorientata non solo la comunità cattolica, ma anche i non credenti: la storica abdicazione di papa Ratzinger.
Un passo indietro “per il bene della Chiesa” o per evitare la minaccia contenuta nel Terzo Segreto di Fatima - cioè quella profezia che vedeva la morte di un vescovo vestito di bianco - di cui si sentiva forse il destinatario?

Secondo indiscrezioni, Benedetto XVI, che conosceva bene la Curia romana da moltissimi anni, avrebbe scoperto, leggendo le pagine del dossier Vatileaks, che la sporcizia nella Chiesa, che lui stesso aveva denunciato da cardinale, era di gran lunga superiore alla sua immaginazione. Tutto sarebbe ruotato attorno alla violazione di due comandamenti: “non commettere atti impuri e non rubare”. Ovvero sesso e soldi al centro di quella vicenda oscura, destinata a trascinarsi ancora a lungo, dopo la fine del suo breve regno. Dal rapporto, e forse questa è la parte che lo avrebbe scioccato di più, la scoperta di una “lobby gay” all’interno del Vaticano, la più ramificata e influente tra tutte quelle presenti nei Sacri Palazzi.

Ma di cosa aveva paura il Papa?
Della forza degli “individualismi e divisioni di una Chiesa deturpata dalle rivalità”, come affermò all'indomani dell’incredibile annuncio? O di dover gestire rinnovamento e riforme, da una parte, e interessi opachi e personali di una certa casta, dall’altra? 
O una paura più profonda, come disse il suo assistente Gabriele, di uno “Stato, piccolo certo, ma dove puoi fare una strage e uscire impunito”, facendo riferimento alla strage delle guardie svizzere del 1998?

Quante analogie, oggi, con questo recentissimo passato.
Non serve essere complottisti per capire che ci sono élite potenti e ammanicate che non vogliono né cambiare, né rinunciare a vizi privati e pubblici magheggi.
Che stanno cercando di indebolire lo scomodo Francesco che si permette di toccare equilibri e privilegi consolidati: 
bisogna sputtanarlo e renderlo poco credibile.
Sempre che non sia stato l’ex sindaco Marino a far uscire la notizia della malattia, per vendetta personale!
Quanti segreti dietro quelle mura Leonine, quante lotte di potere, torbidi intrighi, veleni e doppiogioco in quelle stanze, quanti silenzi ed omertà!
A cominciare, per esempio, dal caso di Emanuela Orlandi di cui, ancora nulla si sa, dopo trentadue anni.
24 ottobre 2015 
(Alfredo Laurano)



venerdì 23 ottobre 2015

SUBURRA CAPITALE

C’era una volta Roma.
Una Roma magica e preziosa, culla d’arte e di cultura, raccontata da cinema, poesia e letteratura in mille e più modi, nel suo splendore e nelle sue meraviglie, nei suoi miti e nei colori, nelle sue contraddizioni e nei suoi infiniti aspetti e sfumature. Col suo fascino che incanta, che cattura e non lascia indifferenti, fino al turbamento da sindrome di Stendhal. Tutti l’hanno sempre amata e contemplata, dal più grande artista o narratore, all’ultimo turista di passaggio: la Roma storica e imperiale, quella medioevale, quella barocca e rinascimentale, quella romantica e papalina, quella fiera e popolare, quella bellica, ferita dalla guerra, ma reattiva, quella verace dei quartieri e delle periferie, della ricostruzione e del neorealismo. Quella dei caffè storici e dei salotti dell’aristocrazia nera, dei nobili decaduti, dei gaudenti cardinali, degli scandali borghesi e della “dolce vita”, fino alla “grande bellezza” che il mondo le invidia ma, anche, fino alla sconcertante realtà di “mafia capitale”.

E poi, c’è l’altra Roma.
Quella di Suburra, il film di Stefano Sollima, che scava, infatti, impietosamente, proprio nella vita degradata della Roma di Mafia Capitale, dove il potere della Chiesa, dello Stato e della malavita si incrociano con vizi privati e giochi di Palazzo, con trame oscure di normale corruzione, con individui moralmente riprovevoli, con tangenti a gogò, ricatti e speculazioni di bande criminali e clan di zingari arricchiti - che rimandano agli Spada e ai Casamonica - per la conquista e il controllo del territorio.
Proprio come avveniva, in piccolo, nell'antica Suburra romana, quartiere-ghetto ai piedi del Palatino, dove c'erano bordelli e taverne: un punto di incontro tra nobili senatori e gente di malaffare. Dove mondi distanti e apparentemente inconciliabili tra loro entravano in stretto contatto.
 
Un sistema mafioso di pesi e contrappesi, esattamente come quello scoperto di recente di Buzzi e Carminati - che a giorni, sarà oggetto di rilevante processo penale - guidato e manovrato da una criminalità organizzata, cresciuta e ben nutrita all’interno di un apparato politico perverso e degenerato.

In un mosaico di policromi tasselli di contemporaneità e con un riferimento storico- temporale ben preciso, il film, basato sul profetico romanzo omonimo di De Cataldo e Bonini - che anticipa e denuncia collusioni e connivenze oggi a tutti note - si svolge in una settimana, dal 5 al 12 novembre 2011, giorno della caduta del governo Berlusconi (l’Apocalisse), in uno scenario in gran parte sovrapponibile alla famosa teoria dei "tre mondi" di Carminati:
il "mondo di sotto", fetente e sanguinario; il "di sopra", dei politici arraffoni, dei ricchi, dei prelati, degli imprenditori pirati; e il "di mezzo", dove un potere senza scrupoli governa il traffico dei soldi e ricatta il "di sopra" utilizzando il "di sotto.

In quei sette giorni, i destini di vari e veri personaggi, convergono tutti verso “l’Apocalisse”.
Una prostituta minorenne morta in un festino di sesso e droga con un cinico politico, una grossa speculazione a Ostia/Las Vegas, una legge in Parlamento che la deve consentire, lo scontro di famiglie ed esponenti della malavita per il dominio della città e un Papa Ratzinger che, forse stanco e sconvolto, sta maturando le sue dimissioni.

Tutto questo si compie, tra atrocità e ammazzamenti, in una spietata spirale di minacce, interessi e vendette trasversali, su un freddo e grigio litorale e in una Roma notturna, sporca e corrotta, cupa e sempre piovosa.
E quella pioggia, tema ricorrente e protagonista morale del film, non cessa mai.
Copiosa e violenta si infiltra ovunque e dappertutto, fino a far cedere le fondamenta stesse della città e delle istituzioni: politica, mafia e Vaticano uniti dall’arroganza della forza, dai privilegi e dal malcostume che impregna tutto e tutti, come l'acqua piovana che infradicia i vestiti.
E’ la metafora di un’escalation di violenza che non concede tregue o spiragli di salvezza, che tutto bagna e contamina, mischiandosi al sangue e alla brutalità, in una lunga notte senza fine.
Grandi uomini di potere e piccoli, vecchi o nuovi emergenti criminali: il politico corrotto e depravato (Favino), Samurai (Amendola), il vero re di Roma…” tu sei robba mia…noi possiamo comprare chiunque”, il rampante Numero 8 (Borghi), il traffichino mediatore (Germano), il troglodita capo zingaro col ferocissimo cane nella gabbia, la escort, la tossica, personaggi tutti destinati ad incrociarsi nel legame che esiste da sempre fra criminalità e potere politico-economico: l’antica Suburra romana, rivisitata e attualizzata.

Eccellenti il cast, le varie ambientazioni - sontuose ed eleganti o misere o pacchiane, come la super villa degli Anacleti, e le ineccepibili interpretazioni.
Tutti gli attori si muovono coralmente e con naturalezza in questo thriller metropolitano che, scritto e girato prima dei noti fatti agli onori delle cronache, anticipa il marciume di Mafia Capitale, secondo i prodromi dell’imminente nubifragio, per restare nell’allegoria di quella pioggia, che tutto inquina e allaga la città.
Le sequenze sono brillantemente fotografate e proposte in maniera estremamente dura e realistica, in una tensione narrativa e con un ritmo incalzante e coinvolgente, senza un attimo di respiro. Regia impeccabile, campi lunghi per esprimere distanza e inquadrature sempre giuste, coerenti e calibrate. 

Schifo, disgusto e paura sono le prime e più intense sensazioni che, dall’inizio fino ai titoli di coda, turbano lo spettatore che non vede l’ora di uscire da quell’ insopportabile incubo - come fosse, o come si augura che sia, drammaticamente finto ed immaginario - e di alzarsi dalla poltrona per tornare a vivere un clima di normalità e di quotidianità, fatto di cose semplici e abitudinarie. 
Ma è difficile ignorare quella realtà, circostanziata e spaventosa, che Suburra dipinge con assoluta fedeltà.
Anche se volgare, avulsa, traumatica e impopolare, ci tocca da vicino: è il mondo che oggi ci circonda, che ci ripugna e ci spaventa.
Forse è la catastrofe annunciata dei valori e dei sentimenti umani, il vero tempo dell’apocalisse.
 21 ottobre 2015 (Alfredo Laurano)


martedì 20 ottobre 2015

VIVA LA SPOSA (MANCATA)

Era tutto pronto e già pagato: la cerimonia, i fiori, la musica, il menu, bevande incluse.
Non si sa bene se la promessa sposa è stata scaricata sull’altare, se il matrimonio è stato solo rinviato o annullato, né si conoscono le motivazioni di tale scelta.
Fatto sta che un giorno triste per la famiglia della mancata novia si è trasformato in un giorno felice per tanti altri.
La mamma Kari Duane, superato lo choc per l’annullamento delle nozze, dopo aver comunicato a tutti gli ospiti che il matrimonio non si sarebbe realizzato e visto che tutto era stato già pagato ben 35.000 dollari, ha deciso di invitare i senzatetto della città di Sacramento a godersi un magnifico rinfresco al Sacramento Citizen Hotel, uno dei migliori quattro stelle della California, a base di antipasti, insalate, gnocchi, salmone al vapore, julienne di zucchine e altre specialità.
Ha messo cartelli in tutto il quartiere per diffondere l’invito: la prima ad arrivare è stata una donna che vive abitualmente in una baracca di fortuna insieme ad altri anziani, tutti troppo vecchi per lavorare e troppo poveri per pagare un affitto. Pian piano la voce si è sparsa e la sala dell’hotel si è popolata di famiglie, di anziani, di persone sole.
Incantati davanti alle tavole traboccanti di cibo fumante, hanno ringraziato e apprezzato la generosità dei Duane: “Proprio nel momento in cui hanno perso qualcosa di molto importante per loro, hanno scelto di dare tutto ad altri, un gesto davvero bello e gentile”. 
Per 120 nullatenenti la giornata è stata indimenticabile ma, forse, lo è stata anche per la povera Quinn, la mancata sposa, che ha preferito restare a casa a farsi consolare dalle amiche.
20 ottobre 2015 (Alfredo Laurano)

giovedì 15 ottobre 2015

IL SIGNOR KUNT

Ora che le dimissioni sono ufficiali, si può forse affermare che quella di Ignazio Marino era una sfida che non poteva vincere.
Al di là del fatto che abbia amministrato bene o male, quando un politico viene attaccato a 360 gradi, da destra, da centro e da sinistra, vuol dire che ha dato fastidio a troppi, che ha smosso consolidati equilibri di potere e rimosso la fitta ragnatela di interessi e oscuri privilegi che coinvolgono buona parte della classe dirigente della città. Senza contare i nemici dichiarati per statuto di fede e di partito.

Il signor Kunt, sin­daco mar­ziano e un po’ maldestro, come ormai tutti l’hanno definito - aveva vinto a sorpresa le pri­ma­rie con­tro i can­di­dati uffi­ciali del par­tito, Gen­ti­loni e Sas­soli, ed era stato eletto con l’alta percentuale del 64%, circa 670.000 voti. Ma, a differenza del fantasioso per­so­nag­gio di Flaiano, non era stato accolto con curio­sità e sim­pa­tia, ed era rima­sto da subito sullo sto­maco a larga parte del Pd. Non a caso è stato il suo stesso partito a dimissionarlo.

Avendo ere­di­tato una città affo­gata nei debiti e ridotta a suc­cur­sale di mafie, malaf­fare, corruzione - e, attenzione, non era ancora scoppiato lo scandalo di “Mafia capitale” -Ignazio Kunt aveva cominciato a ripulire le tante stanze sporche dei palazzi, colpendo per­so­naggi e lobby che nessuno prima nep­pure osa­va nomi­nare: chiude la disca­rica di Mala­grotta concentrando l’attenzione sul busi­ness dei rifiuti; pedonalizza l’area dei Fori Imperiali e favorisce la rinascita del Colosseo, ormai diventato solo una grande rotatoria e punto di ristoro, scon­tran­dosi con la potente lobby dei com­mer­cianti; sba­racca il gotha dell’Acea, pestando i piedi a impren­di­tori e finan­zieri; rimette in discus­sione la parentopoli e il nepotismo nell’Atac, combatte l’abusivismo commerciale e contrasta il predominio della prepotente fami­glia dei Tre­di­cine, mono­po­li­sti assoluti degli ambu­lanti in tutto il cen­tro sto­rico.

Praticamente da subito, per queste ragioni, iniziò contro di lui una dura cam­pa­gna media­tica, senza precedenti, da parte di padrini, potenti e grandi gruppi egemoni e finanziari della città, che, praticamente, lo avevano già dimesso, a mezzo stampa, molto prima delle vicende del vino e degli scon­trini, usati oggi per far­gli pagare il conto non del risto­rante, ma dei grandi affari in cui aveva messo il naso.
Anche i palazzi vaticani non l’hanno mai molto amato, forse perché, non appena incoronato primo cittadino, si era già pro­nun­ciato a favore della fecon­da­zione assi­stita e aveva alle­stito ceri­mo­nie e riconoscimenti uffi­ciali per le cop­pie gay e per il gay-Pride.
Molti, per sputtanarlo agli occhi di cattolici, di papisti, di devoti e di credenti, stanno, ancora strumentalizzando la risposta seccata del Papa alla domanda fuorviante del giornalista di Sky, che conteneva una chiara menzogna, un’affermazione che Marino non ha mai pronunciato: “Il sindaco Marino ha dichiarato che è stato invitato da lei, è vero?”

Tra poche settimane parte l’affare Giubileo che - come quello che del 1300 aveva assicurato a Bonifacio VIII una grossa speculazione con lo scandalo delle indulgenze elargite ai pellegrini che visitavano le basiliche - produrrà, ora come allora, un ricco business per molti faccendieri e intrallazzatori: un libero traffico che l’anomalo sindaco di Roma non poteva garantire o avrebbe forse ostacolato o compromesso.
L’avventura municipale del signor Kunt, un corpo estraneo, un vero marziano nella città santa di mafia capitale, si è quindi conclusa non tanto per volontà dei cittadini, che pur sbraitavano e lamentavano problemi di spazzatura, di traffico, di sicurezza nella strade, ma per una manovra dei palazzo, orchestrata dagli affaristi di quel sacco di Roma chiamato Giubileo che stanno, come dice Odifreddi, al di qua e al di là del Tevere

Ancora una volta “ho rimasto solo”, cantava Celentano qualche tempo fa, e quindi, all’incompreso, ingenuo, scomodo o destabilizzante signor Kunt non resta che tornare sulla sua chirurgica astronave a villa Borghese a fare altri tipi di trapianti.
14 ottobre 2015 (Alfredo Laurano)



...Hanno mangiato su tutto, sull'emergenza abitativa, sugli immigrati, sui servizi da dare ai cittadini. E ora mollano Marino, solo perché gli stava facendo perdere voti, e vogliono far credere che lui fosse il responsabile di tutto quanto. Miserabili! (Alessandro Di Battista)


martedì 13 ottobre 2015

AVANTI UN ALTRO: A CHI TOCCA OGGI? AL FARAONE DI ARCONATE

Quando ti dice male!
Proprio oggi, no!
Proprio oggi che avrebbe dovuto aprire la “Giornata della Trasparenza e della Legalità”! Proprio oggi che avrebbe partecipato ai lavori e agli incontri sulla trasparenza nella pubblica amministrazione…!
Appuntamento annullato per cause di forza maggiore: il vicepresidente della Lombardia, Mario Mantovani, è finito in manette.
E’ stato arrestato stamattina all’alba con le accuse di corruzione, concussione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio, compresa una gara sul trasporto dei dializzati. In manette anche suoi assistenti e collaboratori e l’assessore regionale al Bilancio, Garavaglia, braccio destro del governatore Maroni. Avanti un altro!
Una telefonata all’avvocato e una al Convegno, l’eclettico e poliedrico “faraone di Arconate” ha dovuto disdire l’impegno istituzionale: 
scusate ho avuto un piccolo contrattempo, non posso venire e salutate tutti.” 
Non so perché, ma mi viene da pensare a Crozza.

Ex Senatore, ex Sottosegretario di Stato con Berlusconi, assessore alla Salute della Regione Lombardia, sindaco del suo paese, Arconate, e infine coordinatore regionale del Pdl; più, tanto per gradire, una carriera da imprenditore legata alla sanità.
Una collezione di cariche da far invidia ai grandi burocrati e boiardi di Stato, e allo stesso re del conflitto di interessi, alcune delle quali si sono sovrapposte per anni.
Ed è stato proprio il suo poter contare su diversi livelli di potere e pressione - secondo i magistrati - a favorirne la capacità di pilotare e truccare appalti.

E pensare che, se non fosse stato per quelle disdicevoli e inopportune accuse di corruzione che lo hanno portato per la via di S. Vittore - fatalità o singolare circostanza, forse, da non casuale contrappasso - avrebbe potuto oggi celebrare, in tutta onestà e con vibrante convinzione, gli irrinunciabili valori della legalità e della assoluta trasparenza.
E a Roma, dimettono Marino!

13 ottobre 2015 (Alfredo Laurano)

domenica 11 ottobre 2015

STRAZIATI E SCONTENTI

Marino riceve la solidarietà di sostenitori e cittadini, autoconvocatisi oggi nella piazza del Campidoglio, al grido di: "Marino resisti, i cittadini onesti sono con te", "Non ne possiamo più di questo accerchiamento vergognoso, Marino ripensaci".
Ricordate “Straziami, ma di baci saziami”, il bel film di Dino Risi del 1968 e, in particolare, la scena della Pizzeria?
Mi è tornata in mente, in questi giorni per associazione di idee o di parole con la vicenda del Sindaco dimesso.
Marisa (Pamela Tiffin) a Marino (Nino Manfredi) sono seduti al tavolo e aspettano le pizze. 
Lei dice a lui: Marino, lascia che io ti ricordi con amore, se sapessi, in questi mesi t’ho penzato, quando non g’eri t’ho penzato, t’ho chiamato e dicevo: Marino, Marino voglio Marino!
Il cameriere con il vino in mano: mi dispiace signora, Marino è terminato, abbiamo solo ‘sto Frascati ch’è buonissimo!
No, guardi, lei non può capire, dice Manfredi.
E nemmeno noi.
11 ottobre 2015 (Alfredo Laurano)



INARRESTABILE FURORE

Da due o tre giorni non si parla di migranti e annegamenti, di barconi rovesciati e viaggi della speranza via mare, via terra, sui camion o a piedi nei campi dei Balcani. 
Non si parla, da qualche ora, di decapitazioni e tagliagole che uccidono "infedeli", ma anche la Storia e la cultura. 
Di abusi sull'infanzia e sugli anziani e di femminicidi quasi quotidiani. 
Di rapine che finiscono nel sangue, di omicidi di mafia o di camorra e di regolamenti di conti a pistolettate, nei bar e per le strade. 

In compenso, mentre in Brasile, in vista delle Olimpiadi, pare si faccia pulizia uccidendo bambini di strada e di favelas, Israeliani e Palestinesi continuano ad ammazzarsi per vendetta e per principio.
I Russi bombardano anche gli ospedali in Siria e in Turchia si fa strage di giovani, innocenti pacifisti che invocano e cantano sereni la fine delle atrocità.
E' terrorismo, forse di stato.
Diecimila persone hanno manifestato per le strade di Istanbul, dopo l'attentato - cento morti, duecento feriti - accusando lo Stato di essere responsabile dell'eccidio. Sorvegliati dalla polizia in tenuta anti-sommossa, i dimostranti hanno esposto striscioni e cartelli con le scritte "Stato assassino", "conosciamo i colpevoli" e hanno chiesto a gran voce le dimissioni del presidente Erdogan.
Anche la natura partecipa allo scempio e alla follia dell'uomo, unico e certo responsabile di tutto, esondando, franando, distruggendo case, cose, paesi e persone.
Mentre qualcuno spera nell'indulgenza del vicino Giubileo e nel riscatto delle coscienze, la violenza continua a dominare il mondo.
11 ottobre 2915 (Alfredo Laurano)




 

venerdì 9 ottobre 2015

LO VEDI…C’ERA MARINO

Non per aver rapinato la città o le casse comunali, non per tangenti e mazzette, per corruzione o connivenza con bande criminali che per decenni hanno infestato la città, ma per una bottiglia di Vintage Tunina: pregiato bianco friulano, pur sempre e pur caro, semplice vino. Per questo, alla fine e per semplificare, il tenace Ignazio è stato dimesso e scaricato da Renzi e la sua banda PD.
Roma ha avuto sindaci impresentabili e delinquenti, indagati per mafia o rinviati a giudizio per corruzione, ma mai nessuna levata di scudi e una campagna di stampa, così totale e pressante, è stata intrapresa per alcuno di questi.

Al di là delle incapacità del personaggio e della sua dubbia simpatia, è inquietante la canea di odiatori sul web che hanno creato pagine e siti (Levategli il vino, Forza Gnazzzio), per colpirlo, coglionarlo, attaccarlo e mediaticamente linciarlo.
Per esempio, non si è levata altrettanta rabbia contro Alemanno e il suo parentado. E dire che ne aveva forniti di pretesti per scatenare l’ira popolare.
Gnazio, anche per colpa della sua inadeguatezza nel ruolo (è un bravo chirurgo, non un amministratore), di una certa ingenuità politica e di un toppatissimo e infantile sistema di immagine e comunicazione, era diventato il bersaglio facile per tutti. Come il palloncino o l’orsetto del Luna Park, cui tutti possono facilmente sparare, anche gratis.
D'altra parte, a noi italica gente di maramaldi, piace infierire sui deboli e sui vinti...

Mai visto tanto accanimento.
Un assalto metodico e capillare, fatto di accuse e colpi bassi: prima per aver parcheggiato la panda rossa sotto il Campidoglio, poi per la pedonalizzazione dei Fori e del Colosseo, per l’allontanamento di porchette e bibitari da quei luoghi storici, per la registrazione delle coppie gay, per le proteste contro gli immigrati alla periferia di Roma, spesso guidate da neo-fascisti e da esponenti della vecchia giunta, tra cui Alemanno. Poi, ancora, per i troppi viaggi in America, i funerali di Casamonica con tanto di carrozza a cavalli pennacchiati ed elicottero.
A questo gioco al linciaggio si è prestato pure Papa Francesco che, abboccando a una domanda provocatoria di un infido cronista (Marino non ha mai detto di essere stato invitato dal Papa, ma dal sindaco di Filadelfia) ha risposto in maniera dura e sprezzante, quasi prendendolo in giro.
Solo per lo scandalo di Roma Capitale, i suoi detrattori hanno dovuto tacere, non potendolo attaccare perché del tutto estraneo a quei fatti. Anzi, in verità quella mafia e quel costume criminale, Gnazio lo ha sempre combattuto, fin dall’inizio del mandato: chiamò la Guardia di Finanza per verificare i conti comunali.
Adesso, la questione degli scontrini di un paio di cene con la moglie, in due anni e mezzo di amministrazione comunale, ha chiuso la questione.

Dopo il lungo assedio, mediatico prima, e fisico poi, circondato, sputtanato, deriso, insultato e sbeffeggiato, il sindaco più odiato si è dovuto arrendere: è stato giustiziato sulla piazza del Campidoglio dal suo partito di riferimento, perché poco renziano, dalla sua stessa Giunta, da Salvini e Casa Pound, dalla ruspante Meloni, da Marchini il bello e dagli onesti Cinque Stelle, pronti a conquistare il colle.
Per il PD è comunque una sconfitta in questa fiera dell’ipocrisia. Un clamoroso autogol che pagherà molto caro.

A chi e a quanti ha dato fastidio? Quali interessi ha contrastato? Ha impedito a qualcuno di continuare a gestire la città in modo clientelare?
Sono mesi e mesi che Marino, da sempre mal sopportato anche dal comitato d'affari del partito, è vittima di polemiche pretestuose.
Con tutto il marciume che c'è a Roma, davvero il problema, ammesso che sia vero, è la carta di credito da 20.000 euro in due anni, qualche cena, qualche ristoratore vendicativo (vedi tavolino selvaggio) che ricorda ogni dettaglio dopo due anni o qualche viaggio per congressi? Renzi usa i voli di stato per andare in vacanza sulla neve.

Forse, qualche altro vecchio intrallazzatore mafioso, con Buzzi e Carminati in carcere, e tra poco processati, aspettava solo le sue dimissioni per riprendersi Roma.
Con il Giubileo alle porte e con i milioni di euro che gireranno, non è difficile pensare che qualcuno, qualche lobby o qualche potere forte lo volesse fuori dalla gestione e dagli appalti del Comune. 
Non si spiegherebbe, altrimenti, questo fuoco incrociato su fatti alla fine futili, viste le porcherie e le nefandezze di altri politici, attaccati alle dorate poltrone del potere pubblico.
Serve qualcuno diverso da Marino perché, ingenuo e incapace quanto ci pare, ma al contempo incorruttibile, è un ostacolo pericoloso per gli amici degli amici.

Sicuramente, però, dopo la cacciata dell’infedele sorridente, impopolare e a tutti inviso, le buche di Roma si autotapperanno, il traffico si dimezzerà, le strade non si allagheranno più, il Tevere avrà la bandiera blu, i rom daranno bottini e refurtiva in beneficenza e la monnezza di romani e turisti incivili svanirà d’incanto.
E anche i milioni di topi che vivono con noi si adegueranno a tanta insperata pulizia.
 9 ottobre 2015 (Alfredo Laurano)