mercoledì 30 maggio 2018

L'UOMO RAGNO ESISTE ED E' NERO

Mamoudou, maliano di 22 anni, uno dei tanti immigrati e sans papiers, non in regola nella capitale francese, è riuscito a salvare un piccolo che penzolava e rischiava di cadere da un quarto piano.
In trenta secondi, a mani nude, ha scalato un palazzo per afferrare quel bambino di quattro anni, appeso a un balcone: uno straordinario gesto di coraggio e di abilità, compiuto d’istinto, senza pensare al pericolo e alla propria vita. Forse è un acrobata, un funambolo, uno scalatore naturale, comunque un uomo che non conosce la paura.
Lo "Spiderman", eroe per caso, era arrivato in Francia nel settembre scorso dopo un viaggio disperato, attraverso Niger, Libia e lo sbarco in Italia.
Ricevuto e omaggiato da Macron, otterrà la nazionalità francese e andrà a lavorare con i pompieri di Parigi, "gli altri eroi di ogni giorno". (Alfredo Laurano)

                                    

lunedì 28 maggio 2018

SAVONA O MORTE


E meno male che, fino a poco tempo fa, ce l’avevano tutti, o quasi, con l’emerito ex presidente Napolitano: troppo interventista, decisionista, sapiente calcolatore, per anni dominus della politica italiana, capace di fare e disfare governi, influenzandone le scelte e condizionandone le strategie!
Il mite Mattarella, come sempre instampellato e riservato, ha invece giocato d’astuzia, surrettiziamente, sornione e misurato, secondo la tipica tradizione democristiana.
Dopo aver a lungo minacciato e annunciato un esecutivo del presidente o istituzionale, ha affidato il formale incarico di formare un governo (che, in realtà, non aveva alcuna intenzione di far nascere, visto che non ha dato mandato di esplorazione alla coalizione, ma a uno sconosciuto suggerito dalla stessa) a chi aveva sulla carta una possibile maggioranza in Parlamento, convinto che non si sarebbero messi d’accordo. Che reddito di cittadinanza, flat tax e abolizione della legge Fornero, mai avrebbero visto la luce, data la difficile impresa di trovare le risorse per le relative coperture. Che quindi avrebbero fallito e giustificato il suo governo di emergenza, ora, infatti, affidato a Cottarelli.
E, soprattutto, senza andare contro l’Europa e i suoi voleri, in un contesto di ordine economico mondiale, dove procedure e parametri sono interconnessi, e con un debito pubblico troppo alto, che non consente margini di manovra.
La previsione, però, era sbagliata, tanto che si è arrivati alla lista concordata dei ministri.
Paolo Savona - economista di valore, una carriera in Banca d’Italia con Guido Carli e già ministro del governo Ciampi - indicato quale ministro dell’Economia è diventato allora solo un pretesto per far fallire il banco, dopo 85 giorni di giochi, finte, accordi e soluzioni.
La sua nomina, preceduta dagli attacchi della stampa estera e dei cosiddetti poteri forti (segnali eloquenti), ha trovato la censura del capo dello stato, nonostante avesse cercato di tranquillizzare Quirinale, spread e Mercati, precisando la natura del suo rapporto con l'Europa: “Voglio un'Europa diversa, più forte, ma più equa, oltre la riduzione del debito e la crescita del Pil".
Ma non è stato sufficiente, nemmeno la pubblica abiura avrebbe riabilitato l’eretico ottantaduenne, ormai noto e dipinto come sovversivo antieuropeista: trattative e strategie hanno lasciato il campo allo scontro che si è fatto istituzionale.
Ci si chiede, tuttavia, perché, pur di raggiungere l’agognata meta, il duo delle meraviglie giallo-verdi non abbia accettato la possibile e prevedibile soluzione Giorgetti per il conteso dicastero, che avrebbe inchiodato o sbugiardato le intenzioni del rigido Mattarella.
Forse, a dispetto del disagiato premier incaricato Conte, del ridicolo teatrino dei ruoli e delle parti e a prescindere da come sarebbe teoricamente andato il cosiddetto “governo del cambiamento”, sarebbe bastato non far partire affatto il contratto di programma, non accettare una maggioranza così ambigua e strana e un governo anti-sistema che, secondo Mattarella, avrebbe ferito la Costituzione, umiliato il ruolo di garanzia della presidenza della repubblica, ridiscusso la permanenza nell’Euro e messo in pericolo i risparmi degli italiani.
Ma tutto ciò non avrebbe fatto sorridere e premiato, ancora una volta, gli eurocrati di Bruxelles che decidono politiche, nomine, vincoli e destini dei Paesi membri, sapientemente colonizzati. (Alfredo Laurano)



domenica 27 maggio 2018

L’UMILE TELLINA

Una grande spaghetteria a cielo aperto: è in corso la 42esima edizione della Sagra della Tellina di Passoscuro. 
Dal 25 al 27 maggio, tre giorni dedicati a uno dei piatti storici del litorale romano, cucinato secondo la tradizione locale: aglio, olio, prezzemolo, peperoncino, spaghetti e piccoli molluschi. 
Lunghe spiagge sabbiose e fondali bassi, nel tratto di costa che va da Passoscuro ad Anzio, sono l’habitat ideale per la raccolta della tellina. Piccola e carnosa, dolce e delicata più degli altri molluschi, chiusa in piccole valve chiare triangolari, si riproduce sottocosta in aprile e a fine maggio. 
La raccolta professionale viene praticata comunemente, mediante un attrezzo chiamato "rastrello da natante", simile a quello usato per la pesca delle vongole, che viene trainato da imbarcazioni in possesso di licenza di pesca. Tale attività può essere svolta unicamente in tratti di mare con acque classificate dai competenti organi di vigilanza sanitari: se la classe delle acque è definita "A", il prodotto può andare direttamente al consumo umano, altrimenti deve essere avviato ad un trattamento di depurazione presso centri opportunamente autorizzati. 
Quella manuale avviene attraverso uno strumento composto principalmente da un setaccio che raccoglie le telline e le separa dalla sabbia. Viene azionato mediante una fascia intorno alla vita che serve per spostarlo orizzontalmente e da un lungo manico che fuoriesce dall'acqua. 
É una pesca artigianale e spesso solitaria, praticata da hobbisti. 

Anche quest'anno, il tradizionale appuntamento, organizzato dalla Pro Loco, prevede tante iniziative ed eventi per grandi e piccini: spettacoli, aree ludiche, musica dal vivo, stand e bancarelle varie, mostre d’arte e artigianato fanno da cornice all’evento gastronomico, nelle piazze principali del borgo a soli trentacinque km. da Roma. 
In padella finiranno dieci quintali del prelibato mitile, almeno un paio di quintali di spaghetti, ma anche otto quintali di fritto di calamari, con contorno di patatine fritte o cicoria ripassata. Per chi non ama il pesce, sarà possibile gustare anche panini con salsicce o porchetta. 

Per la valutazione gastronomica, devo tuttavia osservare che gli spaghetti, provati nel grande stand in piazza, erano piuttosto crudi, sciapi e privi di sapore. Il fritto (7 euro) discreto, ma insufficiente nelle quantità, davvero scarse, la cicoria eccessivamente fredda. Una maggiore attenzione alla cucina e alla qualità della proposta, pur nella comprensibile difficoltà dei grandi numeri, esalterebbe il significato della Sagra. 
Decisamente buoni, anche se non proprio in tema, i fantastici cannoli siciliani dell’omonimo stand, preparati in diretta con ricotta fresca e croccanti cialde. 

Dopo la premiazione del concorso fotografico e l'estrazione dei vincitori dell'immancabile lotteria a premi, la festa della Tellina chiuderà i battenti stasera alle 23, con il classico spettacolo pirotecnico sul mare, che colorerà il cielo di Passoscuro. 
(Alfredo Laurano)

NEL VUOTO



No, non si riesce proprio ad accettare, a digerire, a elaborare in qualche modo la tragedia del viadotto autostradale di Chieti. Anche a distanza di qualche giorno, anche quando il tempo della riflessione ha attenuato il feroce pathos del momento, dello stupore, della incredulità, della violenza della nuda cronaca, che ha sconvolto la collettività e la pubblica opinione.
E tutti ancora si domandano come possa un padre lanciare nel vuoto la propria figlia di dieci anni, dopo aver gettato la propria moglie da una finestra di una palazzina. Un padre che tutti definiscono normale, come normale era la moglie, normale era la bimba, normale era tutta la famiglia. 

Ma, forse, è proprio in questa presunta e convenzionale definizione di normalità, reale o apparente e di facciata, che si può trovare uno straccio di risposta, magari retorica e consolatoria. 
Documenti e testimonianze dicono che lei, insegnante di lettere di liceo, era donna, madre e moglie stimata e irreprensibile, impegnata e seria nel lavoro, dedita alla famiglia, riservata e attaccatissima alla figlia, che adorava.
La bimba, socievole e studiosa, intelligente, preparata e circondata da affetto ed attenzioni. Lui, marito e genitore premuroso, improvvisatosi, o trasformatosi in assassino e poi suicida, era un manager lucido ed equilibrato, un ingegnere capace, altrettanto apprezzato, anche se provato e un po’ depresso per la perdita della madre di qualche mese fa. 
Anche l’intera famiglia, tradizionale, colta, borghese e benestante non mostrava segni di crisi e cedimenti. Nessun problema economico o sentimentale, psichico o di lavoro, nessun accenno di tradimenti, colpe o incomprensioni. Una famiglia tipo, “all'italiana”, basata su un accettabile compromesso fra impegno, amore, abitudini, legittime ambizioni e consapevolezza interiore.

Tutto, quindi, troppo normale, troppo di routine, di calma piatta, noia o assuefazione. 
All’improvviso, la catastrofe. Tutto precipita in un baleno.
Come una tempesta o un fulmine a ciel sereno, come un diluvio con il sole in cielo: non ci sono soltanto cicloni e uragani annunciati dalle previsioni meteo.
Nessuna causa scatenante come, per esempio, un abbandono o una separazione, una inaccettabile perdita di “possesso”, come fu nel recente caso, altrettanto doloroso e dirompente, del carabiniere che sparò alla moglie e uccise le due figlie e poi sé stesso, a Cisterna di Latina.

La mente umana resta in ogni caso impenetrabile e imperscrutabile, a dispetto di ogni studio e classificazione. I relativi comportamenti, le azioni che produce sono fenomeni variabili e indefinibili. Dipendenti o conseguenti a stili di vita, a regole morali, genetiche o sociali. Non è un interruttore che, secondo la logica o la fisica, determina sempre la stessa azione, utile o inutile che sia.
Nella nostra cultura, c'è poco spazio per la comprensione del reale valore di una vita umana, sempre più assimilato a quello di una merce che ha solo e sempre un prezzo: non c'è altra spiegazione. 
Una vita altrui che ci appartiene o che si può comprare, di cui ci si può appropriare con violenza o interrompere a piacimento, per un black-out del cervello, per un malinteso senso di giustizia, per un sospetto o per capriccio. 
Per questo, non sapremo forse mai il perché di questa improvvisa follia, non prevedibile, non annunciata, non evitabile. 
Resterà nella memoria collettiva l’immagine cruenta e lacerante di una bambina innocente e inconsapevole presa in braccio e buttata da quaranta metri in uno spazio vuoto, come quello esistenziale di un uomo ingiudicabile e disperato, rimasto aggrappato, per sette lunghe ore, a una rete metallica e su uno lembo di cemento, prima di porre fine, per stanchezza e sfinimento, al suo delirio.


“Ciao Ludovica primizia di vita, ciao Ludo fiore tra i fiori, ali di farfalla, bambina speciale tra bambini speciali. Ciao Ludo, la vita parla di te", ha detto con la voce rotta dalle lacrime, la maestra Mara, insegnante della piccola, in un abbraccio fraterno e solidale, rivolto a chi non ha perduto ancora l’insopprimibile voglia di umanità.
26 maggio 2018 (Alfredo Laurano)


mercoledì 23 maggio 2018

TRAM, CAVALLI E LUCCHETTI A MOLLO


Non sapevo che, tra le tante cose che ha sopportato Ponte Milvio - l’ultima, l’idiozia dei lucchetti dell’amore, scatenata dai romanzi e dai film di Federico Moccia - c’è stato anche il tram, anche se era ancora trainato da cavalli.
Il primo tram di Roma, infatti, passava sull’antico “ponte mollo”, così folkloristicamente denominato, perché in occasione delle piene del Tevere era il primo ad essere sommerso e finire a mollo. E’ uno dei ponti più antichi e, storicamente, più importanti di Roma.
La sua origine risale al IV-III secolo a.C. ed era inizialmente in legno; fu poi rifatto ex novo e prese il nome dal magistrato che ne autorizzò la costruzione in muratura, tale "Molvius" e quindi Milvio.
Ma per i romani fu e resta "ponte Mollo", definizione che, secondo un’altra leggenda, il popolo vuole derivi dal fatto che anticamente “molleggiava”, nonostante i vari restauri a cui, nel tempo, veniva sottoposto.
È un ponte importante anche per il Cristianesimo, in quanto vi ebbe luogo la conversione di Costantino, primo Imperatore cristiano, a seguito della visione della Croce alla vigilia della battaglia (312 d.C.) per il titolo imperiale, da lui vinta, contro Massenzio.

Nel 1877, l’industriale olandese Ernő Oblieght – lo stesso che aveva costruito la funicolare del Vesuvio – ottenne la concessione per avviare una linea di trasporto a cavalli.
Venne poggiato un binario unico che da Piazza del Popolo correva lungo la Via Flaminia per 2800 metri, fino all’imbocco di Ponte Milvio; sulla linea erano in servizio otto vetture di cui quattro di classe “popolare”, aperte e con panche trasversali, e quattro di classe “economica”, chiuse e con uno scompartimento di “prima classe” da dodici posti.
Il tutto trainato da cavalli.
Il successo fu tale che solo dopo pochi mesi le rotaie furono prolungate di altri 1000 mt e scavalcarono il Tevere, passando su Ponte Milvio. La rete pubblica contava 300 carrozze e 700 cavalli, tutti di razza maremmana.
Il trasporto su questa linea continuerà con i cavalli fino al 1904.

A ottobre di quell’anno, si inaugurerà infatti la trazione elettrica, con un sistema a corrente continua, già adottato anche per le altre linee aperte nella Capitale.

Fino al 1921, a Roma il sistema di trasporto pubblico resterà eterogeneo: tram a cavalli - che continueranno ad essere utilizzati per gli omnibus - via via sostituiti da tram elettrici.

Negli anni novanta, come ricordato, quelle sofferte arcate, dopo aver patito e sofferto battaglie, crolli, carrozze e cavalli, subirono anche lo scempio e l’insostenibile peso delle serrature dell’amore, poi doverosamente rimosse.
Altro che “mollo”!  (Alfredo Laurano)



martedì 22 maggio 2018

IL BUONGUSTAIO




Lo hanno riabilitato, ma non dall'essere cafone e battutista da bar o caserma.
Il vecchio Pierino della politica italiana, condannato e sedicente statista ottantaduenne, è ossessionato ancora dalle giovani fanciulle. Perché il satiro perde il pelo (capelli), la faccia e il potere, ma non il vizio.
Ogni occasione è buona per ribadire la sua insana passione per ninfette e ragazzine, come ha sempre fatto e dimostrato, combattuto fra lolitismo senile e satiriasi da pannolone.

Stavolta, l’ennesima e clamorosa gaffe per Silvio Berlusconi, è arrivata al termine di un banale comizio elettorale ad Aosta, dove domenica si votava per le regionali.
Quando il coordinatore di Forza Italia, gli offre dei regali (un quadro di un’artista locale e un tipico cavallino in ceramica), il vecchio satiro dei boschi d’Arcore, arrapato come da copione, non può fare a meno di fare il solito piacione e lo spiritoso a tutti i costi: Posso scegliere? Preferisco lei” dice indicando la ragazza salita sul palco per dargli gli omaggi.
“Ma è mia figlia!” gli fa notare il coordinatore, che poi, sentendosi in colpa, aggiunge: “Sei un buongustaio”.
Visibile la sorpresa della giovane, che, pur senza proferir parola, mostra un’espressione del viso e degli occhi decisamente imbarazzata.

Fra la battuta del Berlusconi e la risposta di quel padre, che, anziché reagire, in difesa della figlia, alla volgare allusione, lo definisce "buongustaio" - mostrando tutta la sua sottomissione e la supina devozione - non so quale sia più squallida e triviale.
Evidentemente la sindrome di Noemi ha lasciato il segno e l’eredità.
Per la cronaca, Forza Italia è rimasta fuori dal Consiglio Regionale, in compagnia del PD.
Forse, la vendetta valdostana si è consumata nel segreto dell’urna.
(Alfredo Laurano)


domenica 20 maggio 2018

PIU' LUI CHE LORO


La cavalcata rumorosa e allucinante di LORO 1 raccontava la giostra volgare e famelica dell’Italia berlusconiana, dei faccendieri, degli affaristi, delle mignotte e dei magnaccia; di quelli che lo adulavano, che speravano di ricavare un minuscolo pezzetto di potere, di entrare nel suo regno e nelle sue grazie, sostenuti nell’impresa da un background di sesso, cocaina ed esibizionismo; quelli che, per soldi, per prestigio e privilegi, ne hanno creato indirettamente il mito, supplicandolo, lusingandolo, offrendo servizi e merce umana fresca e pronta ad ogni sacrificio.
Con LORO 2, finisce la farsa e il frastuono, niente più caos e ritmi forsennati, soprese, smargiasserie e megalomanie.

Dopo una stravagante depilazione pubica, a bordo piscina, della compagna di Morra-Scamarcio, entriamo nel cuore del privato, nella quiete quotidiana dell'eremo sardo, dove il Re Sole, in pausa di governo, attende l'occasione per tornare sulla scena, studiando strategie propizie con i fidati Doris e Confalonieri: “semplice, basta convincere sei senatori a passare dalla tua parte!”.
E Lui, per verificare le sue doti di abilissimo persuasore e la capacità di “vendere ancora sogni”, si esibisce in una paradossale telefonata a una sconosciuta, per convincerla a comprare una casa che non le serve affatto.
Per il resto, c’è la bella Veronica, c’è la sua vita, “un’intera messinscena”, da cui lei stessa ha deciso di tirarsi fuori. C’è la crisi e la nostalgia, il fallimento di un matrimonio e di un amore assai rimpianto, su uno sfondo di eloquenti silenzi e “malafemmina”, di farfalline d’oro in regalo a tutte le invitate, di qualche vago cenno di misurato e casto Bunga-bunga e l’attrazione del vulcano casareccio che consola.
Nell’affresco di Sorrentino, a dispetto delle attese, non si dipinge il potere e il politico brillante, il satiro spregiudicato e gaudente che si destreggia fra processi e magistrati, fra nipotine egiziane e minorenni - salvo Noemi che compie diciott’anni e merita gli auguri personali -  fra barzellette, promesse, scandali sessuali, bugie e leggi ad personam.
Non si racconta il berlusconismo insano e cafonal, come nella prima parte, ma l’uomo Silvio reale, molto diverso dall’immaginario e da quello percepito, ritratto nella sua umanità, nei suoi turbamenti e nella malinconica solitudine di uomo carismatico, ma triste. Niente a che vedere con il criminale farabutto, descritto nel Caimano di Moretti.
Tutto è intriso da una sorte di compassionevole ironia.
Le atmosfere e toni, ora, si son fatti tenui e smorzati, quasi crepuscolari.
L’orizzonte è vuoto, anche se assediato dal popolo delle “olgettine”, che i mille Tarantini fanno a gara per portare nell’harem dell’immaginifico sultano, despota fragile e decadente, sulla via della vecchiaia e del declino.
Qui è tutto patetico”, afferma, con ingenua freschezza, Stella, una ragazzina che non cede alle lusinghe del Berlusconi seduttore. “Sono patetiche le feste organizzate da anziani che cercano di sentirsi ancora giovani, che hanno l’alito come quello di mio nonno, né troppo profumato, né troppo maleodorante. Semplicemente “un alito da vecchio”, aggiunge ancora, mentre si allontana col suo trolley.
Ma Silvio, che non si offende mai, perché "conosce il copione della vita”, dice a se stesso, con disincanto: "Abbiamo lo stesso alito perchè forse usiamo lo stesso adesivo per dentiere".

Nel finale di un film surreale, metaforico e più che felliniano, si frantumano sogni, illusioni, speranze e dentiere omaggio, a cui gli italiani - vittime di un’allucinazione collettiva che ancor non ci abbandona - hanno creduto, identificandosi con l’uomo che li aveva evocati. Crollati e ridotti a cumuli di macerie, simboliche e reali, come le case del terremoto dell’Aquila, dalle quali emerge il volto marmoreo di un Cristo sofferente, recuperato da una gru.
 (Alfredo Laurano)



venerdì 18 maggio 2018

NON IN SUO NOME


Ieri sera, a Cerveteri, diecimila persone hanno sfilato in corteo, con fiaccole, magliette, cartelli, striscioni e palloncini per chiedere giustizia per Marco Vannini, il ragazzo ucciso esattamente tre anni fa dal padre della sua fidanzata, Antonio Ciontoli, in circostanze mai chiarite dal relativo processo. “Verità andiam cercando, ch'è sì cara”, era certamente il pensiero intimo di tutti e di ciascuno.
La sentenza di primo grado e le miti condanne irrogate sono state ritenute ingiuste e insufficienti da quasi tutto il popolo italiano. Comprese stampa e TV che hanno seguito parecchio il caso, con inchieste, servizi, ricostruzioni e trasmissioni di approfondimento.

Una serata di straordinaria solidarietà e protesta che si è riflessa e replicata, in contemporanea, anche in molte altre città: da Roma a Milano, da Cagliari a Reggio Calabria, da Arezzo a Bologna, a Olbia e Sanremo, dove in tanti sono scesi in piazza per dissociarsi da quella sentenza, emessa "non in mio nome" - è lo slogan che ha guidato la protesta - diffondendo anche un intenso tam-tam di video, immagini e dirette social, per chi non c’era o non poteva partecipare.
Ma anche per raccogliere i lamenti di Marco, uditi e riuditi nelle ormai note telefonate al 118, che hanno trafitto e turbato le coscienze dei suoi genitori e di migliaia di cittadini e famiglie, e rispondere, simbolicamente, alla sua inascoltata domanda di aiuto.

Una storia incredibile e odiosa, quella di Marco, che ha sconvolto la pubblica opinione, non solo a livello mediatico, come insinua con malizia qualcuno.
La ricostruzione del presunto incidente a Ladispoli, i tempi ritardati della chiamata dell’ambulanza, l’omissione al telefono del colpo di pistola e le altre bugie e contraddizioni nella versione iniziale dell’accaduto fanno pensare a qualcosa di molto diverso dal fatto accidentale.
E’ per questo che il giudizio pronunciato il 18 aprile scorso dalla Corte d’Assise ha suscitato dubbi e polemiche.
Resta e si rinnova la voglia di giustizia, l’urgenza di sapere e di conoscere come e perché un ragazzo di vent’anni sarebbe stato ucciso, per sbaglio, in una vasca da bagno, a casa della sua seconda famiglia, che “lo amava tanto…come un figlio” e che avrebbe potuto salvarlo, semplicemente soccorrendolo, con tempestività.
Un’esigenza legittima, non solo ieri rappresentata a livello di popolo indignato, perché le pene sono apparse comunque inadeguate e, soprattutto, perché la verità vera non è ancora venuta fuori.
18 maggio 2018 (Alfredo Laurano)


giovedì 17 maggio 2018

SALVIMAIO, PECORE E CONTRATTI


Lo Spread sale, il Pil scende, le Borse perdono mentre si è chiusa la bozza del “contratto di governo” giallo-verde. Tantissimi i temi indicati e trattati, ma che necessitano di un vaglio politico primario o sono in corso di approfondimento.
Tutto, quindi, ancora da approvare e verificare dalle parti in causa e, poi, eventualmente, dal presidente della repubblica, in veste di notaio.
Movimento Cinque Stelle e Lega, a fine settimana, sottoporranno la bozza ai propri iscritti, nelle piazze e nelle piattaforme digitali.

Argomenti vasti e titoli piuttosto impegnativi, come: debito pubblico e deficit, ambiente, green economy e rifiuti zero, fisco e flat tax, giustizia rapida ed efficiente, lotta alla corruzione, reddito di cittadinanza, immigrazione e rimpatri, taglio dei costi della politica, delle istituzioni e delle pensioni d’oro, procedure penali e legittima difesa, pensioni e legge Fornero, Tav Torino-Lione, riconversione dell’Ilva e livelli occupazionali, rapporti con la UE e tanto altro ancora. Non si hanno notizie, però, di chi sarà il premier, mentre resta da trovare l’intesa sui nomi, per la squadra dei ministri
Questo nutrito programma preoccupa i mercati: lo spread, come dicevo, sale sopra 150 punti, Piazza Affari perde il 2,3%. Il quadro politico italiano torna sotto la lente degli investitori. Per Salvini, sono "giochini della finanza", per Di Maio, è "paura dagli eurocrati".
Alessandro Di Battista va giù molto pesante: "i "fantomatici" mercati sono tornati a farsi sentire. Eppure non aprivano bocca quando si massacravano i lavoratori, si tagliavano le pensioni, si regalavano denari pubblici alle banche private o si smantellava, lentamente lo stato sociale nei paesi di mezza Europa. Sapete quel che penso di Berlusconi, ma l'ultimo suo governo - un governo per me pessimo - è stato abbattuto più che dagli scandali, dalla congiura dello spread. Oggi "i potenti senza volto" cercano di buttare giù un governo non ancora nato il quale, proprio per questo, ha il dovere di nascere”.
Sempre che davvero lo vogliano le parti, il popolo sovrano, il Parlamento e il paziente Mattarella.  
Ma, nel circo senza rete del potere e della vanità, tutto vacilla sul precario filo percorso dai due funamboli in cerca di stabile equilibrio, mentre scrivono “pagine di Storia”.
A Roma, nel frattempo, lontano da quei palazzi, pecore e caprette brucheranno l’erba nei parchi, nei giardini e nelle ville storiche, come tosaerba naturali.
Topi, gabbiani e cinghiali permettendo. (Alfredo Laurano) 




martedì 15 maggio 2018

INAUGURAZIONE CON MASSACRO

Da quando, cinque mesi fa, Donald Trump ha annunciato la scelta di trasferire l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, confermandone il riconoscimento come capitale d'Israele, la tensione è aumentata sempre di più e i giorni della collera palestinese hanno visto morire decine e decine di persone.
Benzina sul fuoco che cancella parole come dialogo, compromesso, riconoscimento delle ragioni e dell'identità nazionale, sempre più estranee al vocabolario politico mediorientale, e che lasciano il posto ai sentimenti contrapposti di rabbia e dolore.

Nel giorno dell'"Intifada dell'ambasciata", si spara a Gaza, mentre in una Gerusalemme blindata si inaugura la nuova sede della discordia: "Che giorno fantastico!”, twitta il premier israeliano Netanyahu, mentre il numero di morti e feriti aumenta di ora in ora e scandisce il settantesimo anniversario della fondazione dello Stato d'Israele: la "catastrofe" per i palestinesi.

I soldati israeliani, tra proclami, minacce e ultimatum, aprono il fuoco contro migliaia di palestinesi che manifestano entro i confini di Gaza, che si avvicinano alla frontiera, lanciano pietre in direzione dei soldati che rispondono sparando, non per esercitare il diritto di difesa, ma praticando terrorismo di Stato. Un massacro a sangue freddo, durante una protesta nella più grande prigione a cielo aperto.
58 morti, otto hanno meno di 16 anni, c'è anche una donna e oltre 2.700 feriti, troppi per gli ospedali palestinesi. Tra le vittime anche un bambino ucciso dai gas lacrimogeni.
“E' stato un tiro al bersaglio commesso dalle forze di occupazione israeliane contro il nostro popolo eroico", ha detto il portavoce del governo palestinese, chiedendo un intervento internazionale immediato per fermare il terribile massacro. Gli israeliani hanno risposto che “chiunque si avvicini alla barriera tra Gaza ed Israele viene considerato un terrorista".
Per Donald Trump, responsabile morale di tutto questo, i morti di Gaza non sembrano esistere o vengono ridotti ad "effetti collaterali", dolorosi, forse, ma che non intaccano la giustezza delle scelte compiute.
Il trasferimento dell'ambasciata, reale avamposto americano, costituisce, in ogni caso, un insulto alla pace e una dichiarazione di guerra contro il popolo palestinese. (Alfredo Laurano)

lunedì 14 maggio 2018

COM’ ERA BELLA QUELLA ROMA DE NA VORTA!


Da “Roma in Scena”, dell’aprile scorso, a Roma Svelata, ieri sera, al Teatro Porta Portese, sempre disegnata da Susy Sergiacomo, regista, suadente affabulatrice e guida affascinante. Almeno quanto l’istrionico cicerone, interpretato da Giulio Marotta, che illustra i sette colli, più “er Pincio che gli avanza”, alla curiosa turista Stefania Fusco, disinvolta e pittoresca, rapita da tanta bellezza “ciusta”.
E’ l’occasione per riscoprire una città assai diversa da quella, oggi, devastata dal degrado, dal traffico, dalle buche, dagli abusi e dalla monnezza. Per “svelare” una Roma magica e verace che deve ritrovarsi, che ha bisogno di rifarsi il manto, di rinascere nel suo spirito più autentico e nelle sue tradizioni.
Questo breve viaggio nella cultura e nella storia del primo Novecento, le permette, infatti, di riconciliarsi con il suo passato e con i suoi figli, attraverso le semplici, ma straordinarie pagine di una letteratura che la racconta, la esalta e la magnifica, anche nei suoi umori più popolareschi, com’è nell’immaginario di ciascuno. Che la celebra nella sua grandezza e nella sua schiettezza, che le ritaglia uno spazio proprio che il mondo, da sempre, le riconosce.
E ci riesce con successo e assoluta naturalezza, coinvolgendo pubblico e artisti stessi.

Stavolta non c’è Belli, non c’è Pascarella, non c’è Petrolini. Ma ci sono la verve di Fiorenzo Fiorentini, la curiosità di Pirandello, lo stupore di D’Annunzio e Pasolini, il sarcasmo di Flaiano: tutti sedotti e affascinati da quella Roma unica, sorniona e struggente, scanzonata e irriverente, commossa e divertente.
Dal riso al pianto, dalla comicità alla tragedia, dalle scene più surreali all’assaggio di café-chantant, attraverso letture sceniche, monologhi, sketch esilaranti, dialoghi e confronti, scanditi dalle suggestive musiche di Respighi, Ferri, Venditti e voci fuori campo.

Dallo spassoso “secchio bucato” (con gli irresistibili Luisa Cannizzo e Massimo Borghese, nei panni di “Gertrude-Gertrù e Arturo-Artù) al “bombardamento di San Lorenzo” (un’intensa e partecipata Simona Lattes, piange la piccola Marisella, con un solo sandaletto rosa), dai “Tre bulli” (i due già citati attori maschi, più il sempre superbo Andrea Scaramuzza) alla “gallina Adalgisa” (con Ornella Petrucci, molto credibile e fantastica quanto basta), dai “due suicidi” al “marziano a Roma”, a “Er fattaccio der vicolo der Moro: “Sor delegato mio nun so un boiaccia. Fateme scioje, v’aricconto tutto...e poi mannateme ar Coeli”.
E, in effetti, se non proprio tutto, ci hanno raccontato, molto o abbastanza.
Nei capitoli di questo vivacissimo romanzo popolare, c’è il signore e c’è il buzzurro, c’è il mito e la leggenda, il folclore e le chiacchiere di rione ma, soprattutto, c’è la voce, la vita e la memoria di Roma, dei suoi sentimenti spontanei, del suo cuore generoso, della sua proverbiale ironia che pareggia o sovrasta il disincanto.
Tutto questo, tradotto in un bel pezzo di teatro dialettale e spumeggiante, che fa ridere, ma anche riflettere, che, grazie agli autori e agli interpreti generosi e convincenti, emoziona e non lascia indifferenti.
 13 maggio 2018 (Alfredo Laurano)