mercoledì 31 luglio 2013

RIFIUTI UMANI


Mentre l’Italia piange, su Facebook, insulti e offese ai morti dell'incidente del bus ad Avellino.
Su Average Italian Guy, una laidissima pagina facebook, ora chiusa, che da sempre fa del razzismo e dell'insulto ai meridionali il proprio marchio distintivo, dopo la tragedia di Monteforte Irpino - dove un pullman è caduto dal viadotto dell'autostrada causando la morte di trentotto persone - gli amministratori si sono davvero superati. 
Hanno pubblicato una serie di frasi e foto vergognose, almeno quanto i 500 "mi piace" che hanno raccolto da parte di altri bastardi schifosi come loro.
"Precipita pullman vicino ad Avellino. 40 morti fra cui nessun italiano" è la prima.
"Ehi, bella la gita in autobus? Uno schianto". Poi, a seguire, una serie di foto-montaggi altrettanto immondi e miserabili.

Ma a quale schifosa razza inumana appartengono questi esseri mostruosi, dalle sembianze umane, ma di fatto solo letame, rifiuti e sudiciume da inviare alla discarica?
Sono nati col cervello devastato dal cinismo e spappolato dalla droga del razzismo.
Sono deviati da eliminare come la gramigna, la peste e la malaria. 
Altro che “cocci”!

31 luglio 2013                                                 (Alfredo Laurano)

MONTE TESTACCIO, MONTE DEI COCCI

Il degrado di questo paese è inarrestabile, senza limiti....
L'illustre avvocato Coppi, che difende Berlusconi insieme a tanti altri suoi  blasonati colleghi, parla di jella in margine al processo Mediaset.
Alla Camera, l'altrettanto "illustre" deputato leghista Buonanno definisce SEL una lobby di sodomiti....dopo aver insultato (lo ha fatto Calderoli e la sua banda di razzisti), a giorni alterni, la ministra Kyenge, solo perchè nera.
Altri valorosi leghisti e fascisti vogliono sparare agli immigrati.....

Ma non si può ripristinare la pratica del confino o dell'esilio per jettatori, timorati del malocchio, razzisti, neonazisti, lanciatori di banane e secessionisti per estrometterli dal consorzio umano e civile?

Nell'antica Grecia, spettava all’assemblea del popolo pronunciarsi sulll’opportunità o meno di ricorrere all’ostracismo, in una votazione in cui ogni cittadino ateniese aveva il diritto di scrivere su dei cocci di terracotta, detti “ostraka” - da qui ostracismo - il nome del soggetto che desiderava fosse mandato in esilio.

Oggi e qui, nel Belpaese, non basterebbero i cocci di monte Testaccio per votare i candidati da mandare affanculo, pardon, volevo dire in esilio! 
31 luglio 2013                      AlfredoLaurano          

martedì 30 luglio 2013

CI SIAMO!

Domani, o dopodomani al massimo,  è il giorno del giudizio.
La Corte Suprema di Cassazione, che dovrà decidere il destino di Berlusconi, non entra nel merito della condanna: si limita a valutare il rispetto delle norme e delle procedure e che non ci siano vizi formali nella precedente sentenza.

Berlusconi è già stato condannato in primo grado e in appello a quattro anni per evasione fiscale e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. In qualsiasi altro paese sarebbe già in galera da un pezzo e, comunque, non farebbe più politica. Ha molti altri processi pendenti. Eppure sta sempre lì, da quasi vent'anni, grazie ai tanti italiani che lo votano - nonostante e a prescindere - e grazie al Pd che lo tiene ancora in vita. Ora soprattutto!
Ci potrebbe essere, però, il  rinvio di un mese.

Anche ammesso che venisse confermata la condanna definitiva, Silvio non andrebbe in galera perché ultrasettantenne. Potrebbe essere affidato in prova ai servizi sociali, con gran gaudio di Crozza che già lo vede portare a spasso Bersani, ai giardinetti. Se li rifiutasse, rischierebbe al massimo gli arresti domiciliari. 

A mio avviso, non sarà condannato perché, nel caso, sarebbe a rischio il governo delle “losche” intese e si dovrebbe aprire una procedura di “grazia”, una sorta di amnistia ad personam per salvarlo ad ogni costo. E il suo esercito, guidato dalle parolaie e salottiere Biancofiore e Santanchè, potrebbe marciare… su Roma e attaccare la Corte. Uno scenario da guerra civile, paracomica e farsesca, che vedrebbe la costituzione di spontanee neo-formazioni partigiane, guidate da giullari e menestrelli, armati d’ironia!

Intanto l’imputato fa sapere  ai giudici, a Napolitano, a Letta e a tutto il Parlamento che «Non possono condannarmi. Se non c'è pregiudizio, se non ci sono pressioni, la Cassazione non può che riconoscere la mia innocenza.  La Corte d'appello e la Cassazione, già in altre occasioni, hanno riconosciuto che io non firmavo i bilanci, non partecipavo alle decisioni dell'azienda e non avevo alcun ruolo diretto nella gestione di Mediaset».
«Comunque, non farò l’esule come Craxi. Né accetterò di essere affidato ai servizi sociali come un criminale che deve essere rieducato. Ho quasi 78 anni e avrei diritto ai domiciliari, ma se mi condannano, se si assumono questa responsabilità, andrò in carcere». Coraggio e coerenza di un perseguitato senza macchia e senza peccato, pronto al sacrificio estremo!

Queste lapidarie dichiarazioni ostentano eccessiva sicurezza o appartengono a un rito scaramantico? Denunciano paura e preoccupazione, o preparano una nuova, vincente strategia politica, garantita dalla strada del martirio?
“…chissa' che sara' di noi, lo scopriremo solo vivendo.
Comunque adesso ho un po' paura, ora che quest'avventura sta diventando una storia vera….  (Canta Lucio Battisti).


29 luglio 2013                                           (Alfredo Laurano)   
             

venerdì 26 luglio 2013

LA NOSTRA FORMENTERA - Note oziose di vacanza




Come da consolidata tradizione, qualche giorno sull’altro mare - quello dove sorge il sole - è sempre necessario. Lo impone soprattutto il cuore e un antico sentimento. 
Lungo la costa che va da Trieste al Canale di Otranto - poi diventa Ionio - si concentra da sempre l’idea della vacanza, il mito dell’estate, delle ferie. In quasi tutte le regioni e le città che si affacciano sull’Adriatico si vive un clima gaudente e festaiolo:  si pesca molto, si mangia molto e molto bene, si beve meglio, si balla e si gioca ad ogni età. 
Basti pensare alla Rimini-Amarcord in chiave felliniana.

Ma si respira e si assapora, nel contempo, anche il senso e il peso immenso della storia - dove abitano le nostre radici - attraverso le infinite impronte di un indelebile passato, lasciate sulle strade del presente e del futuro.

Copiosi capitoli di un epico volume che raccontano la vita, le opere e i costumi dell’antica Roma, del Medioevo, del Rinascimento, dell’Ottocento classico e risorgimentale, delle trasformazioni politico-sociali. Di guerre e condottieri, di poeti e naviganti, di lotte e di conquiste.
E poi, c’è la magia e il fascino dell’arte, comunque declinata, e quel profumo intenso di cultura che da quelle parti è ben diffuso e offerto a vista, a larghe mani, senza alcuna tirchieria. 
Saperi e sapori si fondono in un processo osmotico spontaneo e si degustano, coi sensi e con la mente, in ogni luogo, piazza, angolo o cantone. Ovunque, si conserva e si rinnova una forte tradizione: civile, religiosa, marinara, di folclore….alimentare.
La Romagna “solatia, dolce paese… del Passator Cortese”, raccontata da Pascoli e Fellini,  appunto, la Serenissima Venezia di Vivaldi, di Goldoni e Marco Polo, la Ravenna bizantina  dei mosaici e di Dante, la sinfonica Pesaro di Rossini, l’immaginifica Pescara di D’Annunzio e di Flaiano, la soave, idilliaca Recanati (Porto) di Leopardi. 
Quante struggenti suggestioni sanno infondere questi luoghi, quanti sogni ed impalpabili emozioni sanno suscitare!
Forme, suoni e colori di un’Italia stupendamente bella, baciata dal sole e prediletta dagli Dei.
Rocche e castelli, porti e arenili, liscio e balere, brodetti e bianchetti, piadine e sangiovese, sagre, fiere, feste e carnevali fanno da splendida scenografia a tanta bellezza ed armonia.
Come dice un mio caro amico, quando lì ci incontriamo: “è na vita che se po’ fa!”

L’Adriatico è notoriamente un mare molto pescoso, uno dei più fertili del Mediterraneo, dove vivono le numerose specie dei pesci di casa nostra. Da queste acque proviene oltre il 50% dell'intero pescato italiano che finisce sulle nostre tavole. Le specie più abbondanti sono quelle genericamente denominate “pesce azzurro”. Sogliole, triglie, canocchie, cefali, cozze, vongole, sardine, acciughe, sgombri e merluzzi che rappresentano non solo il prezioso patrimonio del mare, ma anche la base di una straordinaria proposta gastronomica regionale, diversamente articolata, ma sempre d’eccellenza.
E’ un’altra forma d’arte, dove i profumi e i colori del mare, sapientemente sciolti e miscelati con quelli della terra, creano un affresco goloso e seducente cui è impossibile resistere.

Noi, che non andiamo a Ibiza e a Formentera con Belen e i divi del pallone, né in Sardegna da Silvio a Villa Certosa, né al Billionaire di Briatore e Santanchè, da trenta-quarant’anni battiamo con piacere quelle zone. E ne siamo arcicontenti!
Negli anni sessanta, da giovani focosi, si andava in gruppo a Rimini e a Riccione a rimorchiar tedesche e bionde svedesoni.
Era un mito, un’avventura, quasi un obbligo sociale…. agli albori dell’italico machismo!
Poi, è arrivata la famiglia.

Le mie figlie, dalla prima infanzia alla giovinezza, grazie alla santa nonna romagnola, passavano tre o quattro mesi estivi a Fano, antica città romana nota come Fanum Fotunae (Tempio della Fortuna), eretto a testimonianza della battaglia del Metauro del 207 a.c.
Simboli di questa tranquilla,  ricca e composta città, già colonia Julia Fanestris, sono l’Arco di Augusto - davanti al quale finisce l’antica via Flaminia, da Roma - e il famoso Carnevale, con i suoi grandi e variopinti carri allegorici: il più antico d’Italia.
Ovviamente, i loro ricordi e quelli di tutta la famiglia sono legati a doppio filo a quel luogo intimo e fatato, che amiamo tanto e di cui tutti abbiamo sempre nostalgia. Per questo ci torniamo, insieme o separati, per qualche giorno, tutti gli anni.

Con mia moglie, ci sono stato, infatti, pochi giorni fa.
Il Lido, le larghe spiagge ed il Bon Bon (rinomato ed elegante caffè-gelateria di Athos che, una volta, era solo un buco a inizio corso Matteotti), la geometrica Sassonia e i suoi tanti hotel, i Muraglioni e il vecchio Corso, dove da sempre si passeggia e si fa shopping, tra  gente amabile e gentile. 

Al porto, l’antica trattoria dei pescatori “Dalla Quinta” – un popolare paradiso da gourmet – esalta in un trionfo quotidiano le risorse di quel mare: zuppe odorose, fritti fragranti e ineguagliabili spiedini. Assai vicino, invita al peccato di gola anche il rigenerato ristorante- self service “Pesce Azzurro”, da poco andato a fuoco e quello di “Maria” che offre, con riserbo e con candore, solo ciò che passa il mare….

Quella cucina insolentemente semplice, che nulla concede a mode molecolari e a virtuosismi da chef pluristellati, appaga la vista, eccita i sensi, inebria i neuroni nelle aree deputate del cervello, celebra e trascende il piacere.

Una città a misura d’uomo e di turista. Tutto è curato, pulito, invitante e rinnovato, pur conservando le atmosfere e l’anima di un tempo. Mi vengono in mente, pensando alla Fano di qualche tempo fa, gli ambienti e le sensazioni superbamente descritte da Paolo Volponi nel suo “Sipario Ducale”, ambientato nelle vicine Urbino e Pesaro, con qualche gustoso siparietto anche in quel di Fano.


Un po’ più a sud, sotto il verde promontorio del Conero, si estende un tratto di costa che va da Numana a Porto Recanati, tracciando uno scenario suggestivo che alterna calette, grotte, scogli e acque cristalline. Nonché, un magnifico, storico entroterra collinare.

Questa è l’altra tappa estiva che da parecchio tempo frequento con piacere e che, anche quest’anno, ha preceduto l’altra.

Ma, a dire il vero, non sono tanto i luoghi lepordiani, il colle dell’Infinito, la santa casa di Loreto, la terrazza-ristorante di Bebos o il Diavolo del Brodetto alla portorecanatese - che pur conosco bene - che invocano una mia presenza.


Costume vuole chè lì si consumi l’annuale rito del gioco delle carte: la tre-sei giorni del Quadri-Quintilatero (il Tressette a chiamare il compagno), che prevede solo l’intervallo per i pasti e per il sonno.
E’ una sorta di “full immersion” a cielo aperto, che coinvolge amici umbro-napoletani in una liturgia fatta di “venticinque a coppe, “sole”, “solissime”, “chiamate” e luna piena…..
”che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai, silenziosa sorgi la sera, e vai…”  (G.Leopardi)

Assolta la cogente funzione, con sacrificio, con passione e tanta devozione, per un anno si dimenticano le carte. (Dichiaro e giuro che non amo i giochi on line!).

Anche questo è un sano appuntamento proletario che diverte, rilassa, nutre la mente e l’amicizia e allena anche il cervello:  “Fa incontra la gente”… “aiuta a vive e a distrasse da li guai e dal lavoro”  (da “Carte, Cartine, Cartacce! Mi cito un po’, senza ritegno).

E ce lo offre sempre il mare, l’altro mare! 
Anche se stavolta ci ha aggiunto un po’ di non richiesto terremoto…..
25 luglio 2013                         Alfredo Laurano 

…ben gli parve conveniente propagare i termini del creato, e di maggiormente adornarlo e distinguerlo… ringrandì la terra d’ogn’intorno, e v’infuse il mare…
                                                          (G. Leopardi, Le Operette Morali)



lunedì 15 luglio 2013

VARIEGATA UMANITA'



Al Bar Centrale si prende il miglior caffè della città di mare che da 14 anni mi ospita, soprattutto nel periodo estivo. 
Per tre o quattro anni ci sono stato fisso, anche nel freddo inverno, ed ho goduto la pace e i ritmi lenti, o per meglio dire umani, che questo luogo semplice e popolare sa ben dosare e offrire a tutti: a residenti, villeggianti, a gente di passaggio. 

E dire che, da quando degustai il primo caffè di Pietro - presentatomi da un agente immobiliare da cui poi comprammo casa – gli abitanti di Ladispoli e le automobili sono più che raddoppiati e la città è cresciuta in opere, traffico e servizi, con i problemi che ogni sviluppo e cambiamento si porta inevitabilmente appresso.
Ma resta pur sempre il salutare microclima, l’aria “bbona”, la sabbia nera - ormai ridotta a causa dell’erosione - la sagra del carciofo e il fascino del mare, su cui la sera affonda lenta   la rossa palla di fuoco. Sullo sfondo i ruderi dell’antica Torre Flavia e la relativa palude  - area  protetta - che offre rifugio e alimentazione a numerose specie di uccelli, soprattutto durante la stagione migratoria.

Torniamo al bar, ho voglia di caffè.
Al mattino presto, l’ora migliore per fare colazione seduti ai tavolini sul viale, arrivano via via clienti ed avventori. Tutti si conoscono e per tutti, tra un maritozzo e un cappuccino, c’è una battuta, un commento  e l’ironia di Pietro, sempre pungente e di buon umore.
Al primo tavolo, fuori, da sempre sosta il gruppetto dei fans di “Libero”, del “Giornale” e del Cavaliere. Sei, sette persone che commentano in scioltezza i fatti della politica, con decisa preferenza al gossip e alla denigrazione fisica dell’avversario. Slogan pesanti, pregiudizi velenosi e affermazioni piuttosto qualunquiste si incalzano tra loro. Sono pensionati, lavoratori locali e autonomi che, più che dalla crisi del Paese, sembrano preoccupati e presi dalle vicende del Silvio nazionale, vittima degli aguzzini magistrati, ma grande e ammirato, sciupafemmine.

L’unico che si distingue, pur partecipando con lucida freddezza al chiacchiericcio, è il buon Britannico, noto marmista della zona.
Dopo aver letto in macchina il giornale, sorseggia al banco il suo succo di frutta, esce con il cornetto in mano e, in men che non si dica, lo stormo di piccioni, appollaiati sui cornicioni del palazzo di fronte, si alza in volo, lo raggiunge e lo circonda. E lui, come San Francesco, distribuisce i dolci bocconcini di quel cornetto, comprato apposta e fatto a pezzettini. Così ogni mattina.
Amabile persona, di bell’aspetto, 83 anni ben portati, e di grande sensibilità. Appassionato cinefilo e instancabile viaggiatore, conosce bene il suo mestiere ed è esperto estimatore di pietre e marmi pregiati. E’ attento alle cronache politiche e sportive e segue il mondo con la viva curiosità di un ragazzino.
Ci si parla volentieri, soprattutto di cinema, di luoghi e di attualità, quando non è punzecchiato, con sarcasmo malizioso e un po’ volgare, dal gruppo fascio-reazionario per il suo noto antiberlusconismo. Senza scomporsi, con graffiante ironia e con arguzia canzonatoria, lui risponde a tutti per le rime, mettendo in ridicolo lazzi e facezie di quei critici da bar.
Spesso, si aggiunge qualcun altro a dir la sua, ad attaccarlo o a sostenere le sue ragioni.

Alle sette e mezzo del mattino, davanti al bar ed ai piccioni, si discute, si litiga, si cazzeggia e ci si becca,  come in parlamento. Ma senza risse, senza offese personali e senza parolacce.
Fino a quando arrivano i due, tre operai indiani del buon imprenditore - Britannico, dal nome del fratello di Nerone e non dall’aggettivo - che salgono nella sua Delta blu e insieme vanno a tuffarsi nelle polveri dei marmi del lavoro quotidiano.

Sulla passerella del bar Centrale sfila una grossa e variegata fetta di umanità, di ogni forma e colore, accomunata da quel senso di amicizia e di spontaneità che la grande città non conosce più, se non nei piccoli quartieri.
Ognuno è a proprio agio e come a casa sua. Entra, esce, si racconta e partecipa ai racconti altrui. Per tutti un sorriso, una parola, una pacca sulle spalle e una ritrovata disponibilità, anche ad ascoltare. Pezzetti di vita condivisi con disinvoltura in quel teatrino popolare, profumato di caffè.
In qualche momento, sembrano rivivere l’atmosfera scanzonata, le espressioni genuine e la vivacità dei film del grande Sordi o di Verdone.

A.Magnani e R. Rossellini alla Trattoria di Federici a Ladispoli
Forse anche per questo Rossellini, che amava e frequentava questi luoghi e questa gente, scrisse:  “Nel 1940 abitavo a Ladispoli, un bellissimo paese sul mare, non lontano da Roma.
La piazza del paese era un'immensa arena bruciata dal sole e battuta dai venti, una non piazza in realtà, un semplice spazio per permettere al cielo di giocare con la terra...”.
Oggi, la piazza più importante del ”paese” è a lui intitolata e riporta, scolpita a terra, la sua dichiarazione d’amore.
12 luglio 2013   (Alfredo Laurano)