sabato 30 aprile 2016

BERTO-LASCIO

Ormai è ufficiale: Forza Italia - che per vent’anni ha condizionato il panorama politico italiano e raccolto milioni di voti di devoti credenti berluscones - non avrà un suo rappresentante nella corsa per il sindaco della capitale.
Dopo averlo inventato dal nulla e dopo averlo rassicurato fino a poche ore prima, l’ex premier d’Arcore, in avanzato stato di confusione senile e, sicuramente, illuminato da realistici sondaggi, ha ritirato all’improvviso la candidatura dell’ex capo della Protezione Civile, Bertolaso,  “incarnazione postuma dell’emergenzialismo berlusconiano spacciato per arte di governo”, per portare le ceneri del suo partito a convergere sulla candidatura di Alfio Marchini, rifiutando l’alleanza con la destra estrema di Salvini e Meloni. 
Roma non è più in emergenza? Non è più terremotata come L’Aquila, non ha più bisogno del grande salvatore-protettore?
Come osserva con distacco Ezio Mauro, quei manifesti ora strappati di Bertolaso, sorridente sui muri della città, sono la lapide alla memoria di un’avventura politica che non ha più ragioni per vivere, ma non sa come morire.

Dopo le note vicende giudiziarie, le condanne, i patti nazareni, gli strappi di Fini, di Alfano, di Fitto e, perfino di Bondi, fino a quelli di Meloni e Salvini, Berlusconi, per anni leader indiscusso di una coalizione di moderati, di ex fascisti, di leghisti secessionisti e vari, ha di fatto perso il suo ruolo egemone e non è più padrone del partito e di nessuno.
Per questo aveva scelto Bertolaso, il male minore per contare sulla carta ancora qualcosa e non abdicare in via definitiva. Una specie di esperimento dinastico - come dice ancora Ezio Mauro - il primo vero trasferimento diretto di sovranità, per un berlusconismo senza Berlusconi.
Ma Bertolaso, come era scontato e prevedibile, non è mai decollato come candidato sindaco e non sarebbe mai arrivato  al ballottaggio. 
Come scrissi a suo tempo, chi lo avrebbe votato con il suo curriculum e contemplando le sue gesta? Sarebbe stata una disfatta, la ratifica ufficiale dell’ormai inconsistente peso politico del vecchio Silvio.

Ma, più o meno per le stesse ragioni, non poteva scegliere la ruspantissima Meloni, perché avrebbe significato riconoscerne la nuova leadership e cedere lo scettro del comando: un’investitura d’autorità, con tanto di benedizione e di imprimatur del ex sovrano abdicante.
Allora ben venga l’Alfio, il  palazzinaro "Ridge", archetipo del piacionismo capitolino, belloccio ed elgante, che almeno eviterà di mandarla al ballottaggio col PD.
Una scelta di sopravvivenza a favore di un candidato non politico - d’origine “calce&martello”, nipote di un gappista, ferito in battaglia e medaglia d'argento, e di un ex presidente (Alvaro) della Roma  - a cui non dovrà cedere alcuna delega o potere. 

Ciò che resta del suo partito e dei suoi brandelli, però, dovrà comunque guardare anche a Storace e alla Mussolini, nonché alla stessa “mamma” Giorgia e decidere, soprattutto, con chi schierarsi al quasi certo ballottaggio.  
Quegli elettori senza più riferimenti, orfani di promesse e di certezze che solo Silvio garantiva, sono ormai in libera uscita, disorientati, allo sbando o alla deriva, come nave senza nocchiere o come gregge senza pastore.
E non sono pronti a tanta libertà e a tutta questa inusuale autonomia.
(Alfredo Laurano)

venerdì 29 aprile 2016

DUX MEA LUX

Una specie di comico alla Zelig o un fenomeno da baraccone? Un apologeta delle fede fascista o un fanatico imitatore del duce? Una nostalgica macchietta o, semplicemente, un poveraccio che intrattiene i suoi clienti in allegria? 
“Vendola? E’ un gay che ha adottato un bambino, quindi va impalato e castrato chimicamente”.
E’ una delle tante frasi shock urlate ai microfoni de La Zanzara, su Radio24, da Ferdinando Polegato, ristoratore di Pordenone, noto per le sue ruspanti imitazioni di Benito Mussolini.
In occasione delle prossime elezioni amministrative, questo pagliaccio folle e triste, che un po’ fa ridere e molto fa piangere, ha deciso di candidarsi a sindaco con la lista “Rebalton”.
“Rebalton” significa Italia rovesciata. Siamo governati da massoni, da mafiosi e da marionette. Sul mio manifesto volevo scrivere: uccidiamoli alle spalle per alto tradimento. Poi, invece, ho scritto: mandiamoli in galera per alto tradimento. Qui ci vuole il manganello oppure facciamo una rivoluzione armata ed è la fine”.
 “Oggi è 25 aprile e ho la fascia a lutto” – aggiunge – “perché non c’è nessuna festa della Liberazione. E io voglio diventare il sindaco di Pordenone. Anzi, sarò il podestà della città”.
E, per chiudere in bellezza, l’inevitabile slogan “Viva il duce” e “Vincere e vinceremo!” 
Due passi nel delirio, tra le pieghe cupe e i guasti della Storia, in preda a uno stato di permanente allucinazione, che oscilla sul sottile confine fra l’euforia etilica da alcolisti anonimi e una patologia psichiatrica.

Per stupire ancora e catturare qualche virile consenso in più, il visionario candidato in camicia nera ha deciso di imbarcare nella sua lista anche la ormai famosa pornoprof Anna Ciriani - insegnante di Lettere, sposata e madre di due figli - già nota alle cronache, qualche anno fa, quando partecipò nuda alla Fiera dell’Eros di Berlino e per alcune sue immagini di sesso esplicito che finirono sul web. Sospesa dall’insegnamento, diventò regina di Youtube, facendo parecchie ospitate in vari programmi televisivi, da Lucignolo a Chiambretti e, oggi, anche dalla immancabile D’Urso.
Una bella coppia, non c’è che dire, assortita, originale e appariscente: l’esaltato irriducibile che si realizza nel mito del superuomo e la ninfomane perversa che conquista con le sue forme generose e affascina con le sue provocazioni casarecce.
L’aspirante podestà e la conturbante figlia della lupa: due veri esibizionisti, forse un po’ trash e un po’ patetici e teatrali, ma di sicuro effetto sulla scena elettorale.
Perché, gnocca e moschetto, è pur sempre un binomio perfetto.
 27 aprile 2016 (Alfredo Laurano)




lunedì 25 aprile 2016

LIBERAZIONE, MURI E FILI SPINATI

Mentre in Austria vola l’estrema Destra xenofoba e in Europa si chiudono le frontiere e si fanno accordi ben pagati per rispedire alla Turchia i rifugiati, si rafforza la politica dei muri contro i migranti, come in Macedonia, Ungheria e, appunto, nel valico del Brennero.
Del tutto inascoltato l’accorato appello del papa a curare queste ferite, testimoniato anche dal suo recente viaggio di solidarietà a Lesbo. Abbattere quelle chilometriche barriere, sormontate da filo spinato, costruite per spezzare la cosiddetta rotta balcanica, possibile via di fuga dei popoli devastati della guerra. E non solo in senso figurato, come l’odioso muro dell’indifferenza.
Dalla caduta di quello di Berlino sono stati costruiti più di 8000 km di muri. Fortezze che hanno lo scopo di fermare l’immigrazione, piuttosto che frenare eventuali minacce esterne, come traffico di droga, armi e terrorismo.
Aumentano progressivamente in questa Europa dove l’emergenza migranti e il regolamento di Dublino - che regola le pratiche di richiesta asilo all’interno dell’Ue - incentivano questa scelta della fortificazione per difendere l’ “impero” europeo da quelli che le destre descrivono come dei nuovi “assalti barbarici”.

Muri, gabbie, recinti e fili spinati, da sempre simboli e metafore universali dell'oppressione.
Come nei campi di concentramento nazisti che oggi, 25 aprile, anniversario della Liberazione, ancora una volta ricordiamo e condanniamo.
"Ogni tempo ha il suo fascismo", diceva Primo Levi, avvertendo che i nuovi fascismi si diffondono in modi sottili e diversi.
In tempi di razzismi e intolleranze, resta una memoria che è coscienza civica e antifascista: storie di persone che più di settant'anni fa fecero una scelta, presero l'unica strada possibile, quella della lotta contro la tirannia nazifascista. Una strada divenuta il simbolo della rivolta venuta dal basso e dal sacrificio.
Come quella, impervia, tortuosa e rischiosa, dei tanti che oggi fuggono con ogni mezzo da altre guerre, da altri bombardamenti, dalla miseria. Quei migranti che un certo squadrismo mediatico e politico, shakerato con un po' di analfabetismo civile, nutre di manganello e olio di ricino e, soprattutto, respinge alle frontiere, considerandoli invasori.
E’ una nuova assenza di democrazia e di solidarietà, il mancato rispetto dei diritti umani, la vergognosa strumentalizzazione della paura a cui vengono condannati persone, famiglie, gruppi e minoranze, come fossero espressione di una nuova dittatura di nemici e di diversi.
È evidente che la retorica dei muri corrisponde a un’incapacità effettiva di risolvere i problemi e l’Unione Europea, nonostante le aperture germaniche, non sembra in grado di ricostruire un equilibrio politico che vada dal Mediterraneo ai Balcani, passando per la revisione urgente del regolamento di Dublino.
Liberazione, oggi, deve significare anche liberarci da quei muri della vergogna, riuscire a gestire l’emergenza e la nuova crisi umanitaria.
Come fecero i nostri padri 71 anni fa.
25 aprile 2016 (Alfredo Laurano)

domenica 24 aprile 2016

LACRIME

Sono sempre belle le immagini che raccontano i sentimenti e la passione che solo lo sport, quello vero, sentito e popolare, sa regalare. Forse perché sono poche, rare e sommerse da quelle di ordinaria violenza e di follia quotidiana.
Raccontano un’emozione collettiva, intensa e condivisa, ed esprimono la gioia, la felicità e l’amore con un canto, un gesto o un sorriso, ma anche attraverso le lacrime di un copioso pianto. Il confine, spesso, è assai labile e sfumato.
Lo sport, per chi lo vive, lo segue e per chi crede nei suoi valori e nel suo nobile significato, ci commuove e ci fa tornare un po’ bambini: ci educa al rispetto dell’altro, scopre ciò che di più puro abbiamo dentro, fa emergere le nostre qualità, esalta la nostra coscienza nella sfida e nella sana competizione, non la apparente fragilità. Ci rende più autentici, umani e solidali.
Dimmi cos'è che ci fa sentire amici, anche se non ci conosciamo. Dimmi cos'è che ci fa sentire uniti, anche se siamo lontani. Dimmi cos'è, cos'è che batte forte, forte, forte in fondo al cuore, che ci toglie il respiro e ci parla d'amore. Che ci fai piangere e abbracciarci ancora… (A. Venditti)
Le immagini di quelle lacrime, dopo il secondo gol segnato da Totti, nella partita contro il Torino, hanno fatto il giro del web e delle televisioni di tutto il mondo.
"È stato un pianto liberatorio, non riuscivo a smettere", ha dichiarato Alessio, il giovane tifoso giallorosso, inquadrato sugli spalti dello stadio Olimpico, subito dopo la rete del 3-2 del capitano giallorosso.

All'indomani della sfida, Alessio ha potuto vivere un'altra indimenticabile emozione, potendo incontrare, direttamente a Trigoria, Francesco Totti. "Non sapevo cosa dire, io sono timido e lui più di me. La cosa bella è stata poter parlare con lui come faccio con i miei amici. Ho parlato con una leggenda”.
E, chissà se ha ancora pianto, guardando tra le mani quella preziosa maglia autografata che Francesco gli ha donato!
(Alfredo Laurano)


sabato 23 aprile 2016

SE VUOI ANDARE, VAI, MA IL PIZZO PAGHERAI

Per modificare la vituperata legge Fornero - la più odiata da tutti gli italiani - tra le varie ipotesi allo studio dei grandi esperti del governo, prende corpo quella della Pensione con annesso Prestito.
Sembra essere questa la formula vincente da inserire nella Legge di Stabilità 2016, per facilitare l’uscita anticipata dal lavoro: senza traumi sia per l’Inps, che per le aziende, ma con qualche paletto imposto, casualmente, ai lavoratori. Non va dimenticato, peraltro, che ci sono pure 24mila esodati, senza lavoro, senza reddito e senza pensione, ancora da sistemare. Molti, per sopravvivere alla lunga precarietà, si son venduti l’automobile, i mobili e le catenine dei bambini e mangiano alla Caritas.

Pensioni anticipate, allora? 
Sì, finalmente, ma con un prestito bancario obbligatorio, garantito dal TFR, che sa tanto di imbroglio ai pensionandi, in tema di flessibilità.
Il trio delle meraviglie Renzi, Padoan, Poletti lancia questa ipotesi per i lavoratori che vogliano anticipare l’uscita dal lavoro, rispetto all’età prevista per la vecchiaia con la riforma Fornero.
L’idea, già tradotta da tempo in due progetti di legge depositati dal PD in Parlamento, prevede che si possa andare in pensione con 3 anni di anticipo ed un assegno mensile di circa 850 euro, grazie ad un prestito-ponte da restituire poi a rate in 20 anni, una volta maturati i requisiti pieni per andare in quiescenza. E in questo quadro il ruolo delle banche sarebbe fondamentale per non far gravare sull’Inps (ovvero sul debito pubblico) tutta l’operazione.
A spingere per accelerare sulla flessibilità in uscita è il presidente dell’Inps Tito Boeri che - mentre si prepara a spedire migliaia di famose buste arancio, contenenti calcoli e dati sulle future pensioni da fame - ritiene non ci sia più tempo da perdere per rivedere la riforma Fornero e per ridurre la disoccupazione giovanile, incentivando un ricambio generazionale nel mercato del lavoro. Altrimenti, spiega, si rischia che, a causa della discontinuità contributiva causata da lavori non stabili, i giovani di oggi, nati nel 1980, vadano in pensione a 75 anni.
Potrebbe essere una buona notizia anche per i lavoratori “precoci” e usuratissimi, in quanto aprirebbe anche alla possibile approvazione della Quota 41, quella, cioè, che prevede l’uscita dal mondo del lavoro con il versamento di 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica e senza penalizzazioni.

Dal punto di vista del povero pensionato, questa bella trovata del prepensionamento basato su un prestito - una specie di “pizzo” di Stato - altro non farebbe, però, che “dimagrire” un assegno in molti casi già di per se esiguo, incrementando ulteriormente il tasso di povertà.
Non sono competente in materia ma, a occhio e croce, da profano e smaliziato cittadino, mi sembra un bel regalo per le solite banche e l’ennesima truffa per i lavoratori.
23 aprile 2016 (Alfredo Laurano) 

giovedì 21 aprile 2016

E IO NON HO MAI CREDUTO ALLA MAGIA….

Più che una partita di calcio, un thriller, con tanto di suspense, di ansia, di tensione, di imprevedibilità.
Certo, Spalletti è proprio fortunato!
Dopo aver sbagliato tutto – la formazione messa in campo, l’impiego di uno spento Keita e di Maicon, incapace di difendere, la rinuncia a Pianic – ha trovato, del tutto casualmente, un miracoloso jolly. Anzi, un re del pallone di quarant’anni che si chiama Totti.
Ancora una volta l’ha fatto entrare a tre, e sottolineo tre, minuti dalla fine, in una partita ormai persa da una squadra lenta, leziosa, inconsistente e senza idee.

Ma, l’ennesimo umiliante schiaffo alla sua carriera - dopo i tre minuti contro il Real Madrid, l’allontanamento dal ritiro e il colpevole mancato impiego nel recente derby - stavolta si trasforma in un minuscolo spazio d’arte, illuminato di magia, come in parte era già successo, pochi giorni fa, quando segnò, pareggiando all’ultimo minuto, con l’Atalanta a Bergamo.
Se tutto ciò non fosse ieri successo - come era logico e possibile nei tempi e nella logica di un incontro senza gloria e senza più storia - il toscano sorridente di Certaldo avrebbe fatto il suo mestiere, avrebbe dato il contentino a Totti e anche ai tifosi, e si sarebbe rassegnato a perdere meritatamente la partita. Nessuno lo avrebbe condannato, se non per sue colpe tattiche e di gioco.
Ma quella mossa quasi obbligatoria e di routine avrebbe raccontato ancora un pezzetto della storia del prode capitano e ribaltato, come per incanto, un risultato che nessuno, a quell’ora, avrebbe quotato.
Diciassette secondi bastano a Francesco per trovare il pari in acrobatica spaccata, al primo pallone toccato. Due minuti per segnare il difficile rigore di una vittoria insperata e accendere uno stadio di passione.

In quei pochi attimi, si consolida e si rinnova il mito. La straordinaria favola del ragazzetto timido di Porta Metronia, che da vent’anni è il simbolo di Roma e della Roma, ha scritto un’altra commovente pagina di un infinito e ricambiato amore.
Esplode la gioia e scendono tante lacrime sugli spalti.
I tifosi impazziscono, i compagni lo sommergono di abbracci, la panchina, tutta, corre dal capitano e lo festeggia, anche a nome di tutto popolo giallorosso.
Spalletti ride, forse troppo e con un pizzico di cinica furbizia, per contenere sorpresa ed imbarazzo o, forse, per non piangere sui suoi misfatti.
Forse capisce che i fatti e i gol, nello sport più bello del mondo, sono molto più importanti di tanti giochi di parole, a volte pesanti, come e più delle offese, delle insinuazioni e di qualche superfluo pregiudizio.

C’era una volta Totti…una meravigliosa favola che ha avuto certamente un lieto inizio, tante straordinarie imprese, a suon di gol, di gioie, delusioni e sentimenti e un esaltante epilogo, tutto da inventare.

21 aprile 2016 (Alfredo Laurano)

mercoledì 20 aprile 2016

MARCIUME E NOIA ESISTENZIALE

Dietro l’atroce omicidio del giovane Luca Varani, di cui poco si parla per motivi oscuri (al grande pubblico), si nasconde uno spicchio di società malata che si riflette, però, in una vasta vetrina di abusi, discriminazioni e prepotenze. Una società capace anche di “formare” potenziali assassini, nella quale è facile cogliere un conflitto di contraddizioni e contrapposizioni, tra chi lavora onestamente e spende energie per trovare il pane quotidiano e sentimenti - la cosiddetta normalità (per fortuna, la stragrande maggioranza delle persone) - e chi deturpa il senso della vita, ben oltre l’istintiva bestialità asociale, anaffettiva, aculturale.                      
Sono quei pusillanimi narcisi che, rifiutando l’impegno e il senso del dovere, prima del piacere, alleggeriscono il peso della propria inutile esistenza, vagando tra i richiami della perversione e i fumi delle droghe. Vivono di un mondo finto e parallelo, di fatto inesistente, in uno stato di incoscienza permanente, dove le avventure di una mente depravata diventano allucinazioni, fra false storie e facili obiettivi, tra realtà, finzione e fantasie bacate.
“E’ l’evoluzione maligna di questa epoca” - aveva detto la fascinosa e onnipresente criminologa Bruzzone, prima di accettare l’incarico di consulente della famiglia di uno degli assassini - “In un’epoca flagellata dall'onnipotenza dell’io si arriva a uccidere per la curiosità di vedere l’effetto che fa: logica aberrante, siamo alla trasgressione della trasgressione. E’ il classico omicidio per noia esistenziale”.

E’ sicuramente un delitto assurdo e di una gravità inaudita, che dimostra quanto sia facile, oggi, dare libero sfogo a qualunque tipo di impulso, sia sotto l’aspetto sessuale, che sotto quello del dominio e del delirio di onnipotenza. 
Si può fare tutto e il contrario di tutto.       
Chi non sa come impiegare il proprio tempo ha bisogno di continui e nuovi stimoli, anche i più malvagi, e non si priva certo di calpestare la vita, le speranze e i bisogni degli altri. Magari, offrendo a cose fatte un cospicuo risarcimento economico alla famiglia di chi ha ucciso, per lavarsi la coscienza e guadagnarsi sconti di pena o una ridicola benevolenza.
Lo dimostrano e lo confermano anche i social network dove la maggiore e più diffusa attività nei vari profili è scagliare e moltiplicare l’insulto, la denigrazione, l’offesa e le minacce. Anche se arrivare a praticare atti violenti, aggressivi e persecutori è qualcosa di molto più grave e di più estremo, il passo non è poi così difficile o distante.

E’ certamente un aspetto connaturato alla dimensione umana, la più violenta e primitiva, ed è per questo che l’evoluzione e le sovrastrutture sociali e culturali ci hanno imposto limiti e regole di civile convivenza. Per non essere tutti contro tutti, per avere compagni di viaggio e non solo nemici o antagonisti. Per condividere libertà, valori ed amicizia. 
Per avere diritto alla giustizia, facendo pagare il giusto prezzo a chi ha scelto il crimine più orrendo.                    
20 aprile 2016 (Alfredo Laurano)


SE IL TERRORE VIENE DAL MARE

Non si annuncia una serena stagione estiva per turisti e vacanzieri.
Scatta l’allarme terrorismo sulle spiagge europee, in particolare in Italia, Spagna e Francia del sud.
Lo scrive con grande rilievo il noto quotidiano tedesco Bild che cita i servizi segreti italiani che hanno contattato quelli tedeschi.
Terrorismo pianificato sulle nostre spiagge! O terrorismo psicologico e mediatico?
Tutto è possibile in quest’epoca di incertezza e di precarietà, dove tutto - stadi, teatri, strade, ristoranti, aeroporti, stazioni e metropolitane - è a rischio bomba o di attentato suicida, secondo il caso e appeso al filo della paura.
Per gli esperti della sicurezza, terroristi islamici, travestiti da venditori ambulanti, potrebbero farsi esplodere, usando armi e dinamite fra lettini e ombrelloni.
Potrebbe in effetti essere una nuova strategia dell'Isis, una diversa dimensione del terrore per sorprendere e colpire, perché le spiagge non possono essere protette. Infatti, in Tunisia, pochi mesi fa, dopo il sanguinoso attacco al museo del Bardo, sono arrivati dal mare con i gommoni e hanno sparato all'impazzata tra i bagnanti al sole di due hotel, a Sousse, capitale del turismo tunisino. Sulla sabbia, rimasero uccise almeno 39 persone.
Allora, per quest’anno, niente Pensione a Rimini, niente pinne, fucili ed occhiali: meglio i monti, la campagna e le colline.
E occhio alle caprette e ai montanari.
 19 aprile 2016 (Alfredo Laurano)


lunedì 18 aprile 2016

TRIVELLIAMOCI ANCOR SENZA PUDOR

Niente quorum. Non poteva andare che così.
Rai, Mediaset e la stragrande maggioranza della stampa più servile avevano, volutamente, poco, male o non informato i cittadini sul referendum: il minimo sindacale di spazi, di talk e di confronti.
Solo le realtà ambientaliste si erano spese con iniziative, spot e comunicati, ma con tutti i limiti dei loro pochi mezzi.
Poi, le falsità fatte circolare sui dati, anche occupazionali, e sullo stato reale delle trivellazioni e delle produzioni, il sabotaggio del governo e del suo proprietario e del presidente emerito Napolitano - che hanno invitato tutti all’astensione e ad andare al mare, forse a vedere proprio le trivelle - hanno convinto molti cittadini a disertare i seggi.
Solo quindici milioni, pari al 32% hanno votato, soprattutto per il “SI”, circa l’86%.

La propaganda terroristica del governo e della lobby petrolifera, come ricordava ieri Travaglio, paventava danni terribili al rifornimento energetico nazionale, in caso di vittoria del “SI”. Balle: nelle 12 miglia, si produce il 3% del fabbisogno nazionale di gas e l’1% di petrolio.
Anche gli 11 mila posti di lavoro a rischio erano una frottola: sulle piattaforme interessate dal referendum, lavorano appena 100 persone e gli addetti del settore petrolifero sono meno di 5 mila (compreso l’indotto). Chiudere, smantellare e bonificare le piattaforme in mare avrebbe dato più lavoro di quanto ne darà ora, tenendole aperte.

Grazie al mancato quorum, non si scongiurerà il rischio ambientale, oggi altissimo.
Le cozze attaccate alle piattaforme sono imbottite di veleni chimici, come quelli che vengono scaricati in mare, attraverso le tubazioni sotto le piattaforme. E gli impianti esistenti sono vecchi e poco sicuri, tanto più che il Mediterraneo è un mare senza sbocchi né ricambi d’acqua in caso di fughe di petrolio.
Quindi, tutto resta com’è: gli impianti già esistenti continueranno ad operare fino a che i giacimenti sottostanti non saranno esauriti e i petrolieri potranno ottenere proroghe a non finire, continuando a risparmiare sulle royalty, peraltro, tra le più basse del mondo.

Per completare questa brutta pagina di democrazia violata, è arrivato in serata anche il tweet del renziano Ernesto Carbone che ha voluto coglionare quegli italiani che, disobbedendo al suo capetto, sono andati a votare: “Prima dicevano quorum. Poi il 40. Poi il 35. Adesso, per loro, l'importante è partecipare #ciaone.
Comunque, caro cialtrone renziano, votare non è mai inutile: meglio partecipare e perdere, piuttosto che propagare il vile pilatismo di comodo di chi si vende al potere delle lobby.
18 aprile 2016 (Alfredo Laurano)

ASTENSIONE

Anche se nessuno darà certamente seguito all'iter giudiziario, Paolo Ferrero di RC ha denunciato alla Procura della Repubblica di Roma Matteo Renzi per il reato di induzione all'astensione ai sensi dell'art. 51 della legge 352 del 25 maggio 1970 che recita "...chiunque investito di un pubblico potere o funzione civile o militare, abusando delle proprie funzioni all'interno di esse, si adopera (...) ad indurli all'astensione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni".
Le sue recenti dichiarazioni pubbliche a favore dell'astensionismo al referendum di domenica costituiscono una palese violazione della legge e noi chiediamo alla Magistratura che il Presidente del Consiglio venga sanzionato.
Dopo quest'ennesima offesa alla democrazia, questa ulteriore dimostrazione di arroganza di un premier che non rispetta le leggi della Repubblica, Renzi se ne deve andare a casa.
Gli italiani invece vadano a votare «Sì» domenica 17 aprile, contro le trivelle e contro questo governo che calpesta democrazia e Costituzione.
Se non altro per sputtanarlo e per fare il contrario di quanto ha detto.

venerdì 15 aprile 2016

MASTROLINDA

L’ennesimo scandalo del nostro Paese delle Meraviglie e delle corruzioni stavolta riguarda l’Inps. Centinaia di funzionari, ispettori e dirigenti centrali e locali avrebbero lucrato indebitamente grosse somme erogate a titolo di incentivo e sono finiti sotto inchiesta, denominata “Mastrolindo”.
Grazie alla mancata cancellazione dal sistema informatico di falsi lavoratori e pensionati, l’istituto ha continuato a versare assegni non dovuti (indennità, malattia, maternità) e, nel frattempo, i funzionari ricevevano premi, proprio per i risultati delle ispezioni, che restavano sulla carta.
Fra i tantissimi iscritti nel registro degli indagati per aver incassato, fraudolentemente, premi di produttività su quei dati fasulli dell’istituto previdenziale, c’è anche una singolare signora che, invece di rivolgersi a un avvocato, telefona alla sua cartomante di fiducia: “vengo domani da te perché sono in un momento di paranoia per l’interrogatorio di martedì in Procura, per sapere se va bene o no. Ti voglio bene, aiutami, so’ terrorizzata…” La fattucchiera scopre alcune carte e le risponde: “stai tranquilla ce la faremo, ti chiederanno scusa in ginocchio”.

Non si sa se ridere o piangere, se è una farsa o una tragedia della ragione, ma non è certo una barzelletta – come sarebbe logico pensare – perché agli atti c’è una autentica registrazione.
La dirigente Inps, poverina, esiste davvero, crede ad occhi chiusi nella maga amica e a lei si affida per difendersi dalla spietata Giustizia. 
Ma se sarà condannata, forse vacillerà la sua fede divinatoria e nelle predizioni delle Sibille.
Oppure, nel terzo millennio, la forza atavica dei Tarocchi sconfiggerà il sommo male del diritto e della legalità e, prima o poi, sostituirà il codice penale.
15 aprile 2016 (Alfredo Laurano)

http://www.la7.it/tagada/video/la-dirigente-inps-alla-magaproteggimi-dallinchiesta-14-04-2016-180833

DI NOTTE, NUDI E TRIBOLANDO

Le lunghe notti insonni che nell’ultimo mese hanno vigilato sui miei dolori vertebrali, tra poltrone, sedute e posizioni strategiche, di più o meno affliggente sofferenza, mi hanno fatto scoprire altre bizzarre pagine di trash televisivo che, ove non bastasse la mia fisica pena, hanno aggiunto ulteriore sconforto mentale, zappingando tra i canali.

Ho così appreso che su canale nove-Deejay Tv vanno in onda, da tempo, alcune straordinarie perle di intrattenimento, dove l’ozioso trastullo voyeuristico giustifica, motiva o forse compensa l’inconsistenza dei temi proposti.
Spero che qualcuno, prima o poi, senza invocare fragili motivazioni antropologiche o di costume, possa spiegarmi il senso, il significato e, soprattutto, l’utilità di certi programmi, dove il vuoto d’autore eguaglia o supera la banalità del racconto.  

“Nell'isola di Adamo ed Eva”, condotto con scoraggiante insulsaggine da Vladimir Luxuria - ormai, solida regina transgender dell’etere - tutto si svolge secondo la regola del nudo integrale: un uomo e una donna si incontrano su un’isola esotica, senza veli e in costumi adamitici. Tra mare, sole, sabbia e rigogliosa vegetazione, si conoscono, si parlano, si scrutano, fanno amicizia e si confessano. A volte, si scambiano effusioni. 
Ma, come da copione, prima di mettere a nudo le loro anime, mettono a nudo il proprio corpo.
All’improvviso, arriva un terzo incomodo che rompe l’eventuale armonia che si è creata e si propone come alternativa ero-sentimentale. 
Inizia una competizione, un confronto di qualità e affinità - a volte, anche fisico - per la preda da conquistare. 
Ovviamente, sempre in totale nudità e sempre con le telecamere alle spalle, discrete e silenziose, a garantire la finta spontaneità dei dialoghi e delle azioni. 
Alla fine, ci sarà la scelta e sboccerà l’amore. 
Che intrigo, che trama appassionante, che tensione emotiva per l’attonito spettatore!

Il filone del "nudo integrale" prosegue idealmente su “Nudi e crudi”, una vera e propria sfida a mani nude in stile primitivo, dove un uomo e una donna, novelli Robinson Crusoe che non si sono mai incontrati prima, si trovano a dover sopravvivere per 21 giorni nei luoghi più selvaggi e ostili del mondo. Vengono lasciati senza cibo e acqua, senza utensili, senza fuoco e medicine, e soprattutto senza vestiti, alle prese con la natura più feroce: freddo, pioggia, pericoli. 
Mangiano larve, insetti e, quando sono fortunati, serpenti e piccoli animali.
Per sopravvivere devono collaborare e unire le forze, potendo contare solo sull’ausilio di un unico oggetto, che hanno precedentemente scelto.
Superato e dimenticato l’iniziale imbarazzo del loro primo incontro, quando si sono presentati uno di fronte all’altro, “come mamma li ha fatti”, devono al loro intuito, alle loro capacità e alla loro forza di volontà il successo o il fallimento dell’impresa.
Ho letto anche che, per non essere da meno, pure su Real Time, in “Nuda proprietà”, un’esperta agente immobiliare, accompagna i clienti molto speciali di una comunità di nudisti della Florida, tra appuntamenti e visite, sempre senza inutili vestiti, alla ricerca della loro casa ideale.
E in “Nudi a prima vista”, sempre su Real Time, nel resort di un’isola primitiva, lontano dai “costumi” della società moderna, i concorrenti - ovviamente nudi - partecipano ad appuntamenti esotici, alla ricerca della propria anima gemella.

Sempre sul canale 9, pare sia da poco arrivato l’ennesimo programma senza veli, un altro figlio o nipotino del Grande Fratello: “Undressed”.
Due etero, gay o bisessuali, si incontrano a letto nudi, pronti a condividere la propria intimità. Hanno 30 minuti a disposizione, per conoscersi e scegliersi. A stimolare l’interazione, di fronte a loro, una parete luminosa sulla quale vengono proiettate foto personali e messaggi che spingono all’azione e al dialogo. Al ventesimo minuto, è prevista la “prova bacio” che serve a dissipare i dubbi sull'effettiva compatibilità dei due aspiranti.

In principio fu “il Grande Fratello” che, agli albori del terzo millennio, cominciò ad assecondare gli impulsi voyeuristici di tanti italiani, fra forzata convivenza, cucina, dispetti e discussioni a base di ignoranza, confessioni noiose e banali e qualche lite, mostrando qualche accenno di sesso in diretta o qualche nudo e un po’ di intimità, sotto la doccia o in amplessi, goffamente camuffati.
Ma il trash, il kitsch, il cult e il pop non finiva lì. Oggi la TV per esibizionisti e guardoni ha raggiunto livelli ben superiori e al cattivo gusto sembra non esserci mai fine.
Insomma, il nudo dilaga, i “reality” spopolano e tutto sono meno che reali.
La fiction si traveste e indossa la propria sola e finta vera pelle per somigliare ad essi.
Come accade in certe preparazioni di gastronomia - snack, merendine, patatine e confezioni varie (al sentore di pomodoro, di affumicato, di formaggio…) - dove si riproducono e si aggiungono, chimicamente, colori, odori e sapori simili a quelli che una volta erano naturali. E tutto diventa verosimile e virtuale.
Proprio, come in questa immonda TV spazzatura, rozza e intollerabile, che solletica gli intimi prudori del malcapitato spettatore.
14 aprile 2016 (Alfredo Laurano)

mercoledì 13 aprile 2016

DIPENDE, TUTTO DIPENDE


Cantava Gaber: "la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione".
Il concetto renziano di democrazia è un po’ diverso e, soprattutto, molto relativo.
Nel discorso alla Camera sulle riforme, il premier furioso si è scagliato contro le opposizioni che hanno deciso di non votare e hanno abbandonato l’aula. 
Ha detto che si può votare a favore o contro, ma scappare dal dibattito è indice di povertà sui contenuti, cioè, una scelta vile. Non ci fa una piega!
Peccato, però, che pochi giorni fa, questo maestro di coerenza aveva invitato gli italiani a non andare a votare il referendum di domenica prossima sulle trivelle.
Quindi, nella logica renziana, chi non vota le riforme è povero di contenuti, ma chi non vota al referendum che cos'è
Un inconsapevole ostaggio di quello sconclusionato sillogismo o un lunatico capriccioso e imprevedibile?
Dipende, da che dipende, da che punto guardi il mondo tutto dipende” (Jarabe de Palo).

E, visto che il provvedimento - non avendo ottenuto la maggioranza di due terzi dei componenti di ciascuna Camera - sarà sottoposto a referendum popolare il prossimo ottobre, cosa dovranno fare i cittadini, andare al seggio, andare a funghi o andare a spasso? Tirare a sorte o chiedere consiglio all'oste Matteo o all'indovino? Dipende, tutto dipende!
Luigi Pirandello, 1932
Del reale, sosteneva Pirandello, ognuno può dare una propria interpretazione che può non coincidere con quella degli altri.
La verità non è assoluta, non esiste o, meglio, non esiste un’unica verità; tutto è relativo, nelle forme, nelle convenzioni, nell’esteriorità.
Tutto è variabile come il tempo, come l’umore, come il voto e i referendum.
Così è, se vi pare.
(Alfredo Laurano)