domenica 31 dicembre 2017

SPUMANTE, MINCHIATE E LENTICCHIE

Allineamento dei pianeti, una non ben precisata influenza gravitazionale sulla Terra in occasione di particolari transiti di Saturno in Scorpio, contro Giove in Toro, e il vecchio ribollito Plutone in Capricorno, trigono e malefico. Eventi astronomici e minchiate stellari in congiunzione astrale in ogni pezzo di Zodiaco, per dodici puntate, da spiegare al popolo sgomento e intimorito, sulla base di cicli e ritmi cosmici, di ascendenti e compatibilità.
Nell'uso più comune, siamo soliti pensare e, soprattutto, credere - perché qualcuno lo comanda - che nasciamo sotto il segno... dei pesci, della lupa, della bufala, o fate voi, e che ciò determini carattere, affinità, pregi e difetti.
Grazie ai generosi o dispettosi astri, acquisiamo un’identità precisa, che va ben oltre la misera carta comunale e il nostro specifico Dna. Ben oltre il significato esistenziale e la simbologia delle pulsioni all’ appagante fiera della vanità e delle facili illusioni.

Evviva! Oggi, come ogni volta che un anno cede il passo a un altro, è il giorno dei brindisi, del cotechino, delle lenticchie e dei ciarlatani certificati doc, che, quali aruspici moderni, impazzano nel web e in tutti i media per esaminare le nostre interiorità virtuali e sparare sentenze e profezie. Senza un filo di vergogna, salgono alla ribalta dei cazzari, per restituire dignità anche all’ultimo dei cretini.

“Grazie Paolo Fox, sei diventato un grande punto di riferimento per me... Devo ammettere che sei bravissimo. Mi piacerebbe a proposito raccontarti una storia che ha dell'incredibile, ma ahimè, non mi è possibile. Se potessi farmi l'oroscopo personalizzato sarei felicissima e grata e pagherei molto volentieri il tuo lavoro. Ci posso sperare? Sono una scorpioncina ancora dolorante dalla batosta subita... Ti prego, non lo dire a nessuno, perché immagino che tu abbia infinite richieste in proposito... Pensaci almeno. Grazie!”
Gli italiani, ma non solo, sono attratti da venditori di fumo e di almanacchi fai da te.
In un mondo teoricamente dominato dalla scienza, la gente impazzisce per maghi, cartomanti, chiromanti, astrologi e guaritori.
A tali personaggi si rivolgono ogni giorno migliaia di persone alla ricerca di soluzioni per i loro problemi sentimentali, di salute, lavorativi e familiari. Molti, in quanto cattolici, credono nei miracoli ma, se questi non si verificano, immediatamente si rivolgono ai maghi e alle sibille.

I ciarlatani esistono da sempre.
Come il paranormale e i paraculi: il confine è labile e fugace. 
Si presentano come studiosi, grandi esperti, incompresi, discriminati, emarginati, vittime dell’arroganza del sapere, del pregiudizio della verità oggettiva e della conoscenza. Le loro soluzioni sono sempre segrete, esoteriche, alternative, miracolose, idonee a curare le più diverse malattie fisiche, ma anche quelle sociali come la povertà, la disoccupazione e la fame.
Si avvalgono di strategie di persuasione occulta e organizzata, ingannano, estorcono soldi, consenso e fiducia e, oggi, vengono addirittura promossi nei social network e dalla tv-spazzatura. Come, in fondo, una volta, quando era loro riconosciuto un certo status nella società gerarchizzata, un certo ruolo di prestigio e di potere.

Un deprimente spettacolo si consuma nel dissidio, continuo e inevitabile, tra ragione e istinto, tra vero e verosimile, tra realtà e fantasia, tra storia e mito, che vive in ognuno di noi e sulla riflessione, quanto mai attuale, di come nell’uomo questi aspetti conflittuali debbano necessariamente coesistere.
Sogni, speranze, casualità e nonsense della vita, a volte, si rincorrono alla ricerca di una convivenza possibile fra uomini che si affannano per emergere dal loro quotidiano squallore, che pretendono di conoscere le spiegazioni di un gioco inestricabile di cui non sono padroni. Un gioco, a volte divertente, a volte crudele - di prestigio e di rimandi, di specchietti, filtri magici e scatole cinesi - che rivela quanto la vita sulla terra sia soggetta a mutamenti inspiegabili, senza mai indicare, però, la verità più profonda dell’esistenza stessa.
In questo folle girotondo, i cialtroni si burlano di loro per soddisfare i propri capricci e voluttà.
Proporsi e imporsi attraverso quel flagello ideologico, tutto moderno, chiamato pubblicità e marketing è una rozza strategia che in ogni persona equilibrata e con un minimo di buon senso non può non suscitare il sospetto che dietro le lusinghe e le allettanti promesse si nasconda qualche fregatura. In altri paesi questi cialtroni e ciarlatani vengono facilmente identificati e resi inoffensivi e, spesso, anche arrestati.

Ad Alessandria d'Egitto, esisteva un'imposta in vero originale: il blachennomio, la tassa sulla stupidità, che andava a colpire i redditi degli astrologi. 
Già allora, infatti, era ben noto che la loro fosse una delle professioni più mirate a spennare gli sciocchi - e visto che lo stupido, per un verso o per un altro, rappresenta sempre un costo per qualunque società, sembrava giusto attingere i guadagni di chi ci ingrassava sopra.
Purtroppo la saggezza degli antichi è andata smarrita. Oggi è spaventoso ed inquietante il contributo dei mass media all’incandescente magma dell’ignoranza e all'analfabetismo scientifico. Alimentano scandalosamente il mercato dell’occulto anche nella Rai di Stato, dove, qualche vate, sedicente oroscopologo, esegeta delle stelle, è ben pagato e ben pasciuto dal canone obbligatorio.
Gli ellenici li tassavano, noi li ricompensiamo profumatamente.     
Ci meritiamo veramente Vanna Marchi, Branco, Simon e Paolo Fox!
31 dicembre 2017 (Alfredo Laurano)


venerdì 29 dicembre 2017

PERCHÉ’ MARGHERITA E' BELLA

Poi dice che non ha ragione Travaglio, quando scrive che la legislatura appena sciolta (si spera nell’acido) è stata una delle peggiori della storia repubblicana. Che, però, almeno un merito l’ha avuto: quello di offrirci la galleria completa di tutti gli orrori che non vorremmo mai più vedere.
Lucia Annibali che, purtroppo, di acido se ne intende (è stata aggredita e sfregiata dall'ex fidanzato), lo ha bacchettato: "Legislatura nell'acido? Da non dire neanche per scherzo". Dal suo punto di vista, ineccepibile. Ma da tutti gli altri, direi proprio di no.
Comunque la pensiamo, nella notte, repentinamente e senza alcun preavviso, si è consumato l’ultimo (spero) atto para-politico di quest’anno e di questa incresciosa vicenda tragicomica, che non sto qui a riassumere. L’ha già fatto, egregiamente, lo spietato Marco del Fatto Quotidiano.

Esultate, giubilate, o voi anime beate - Mozart permettendo - perché è nata "Civica popolare", lista centrista alleata col Pd, guidata dalla “sanitaria” Beatrice Lorenzin, che comprende Alternativa popolare, Centristi per l'Europa, Democrazia solidale, L'Italia popolare e L’Italia dei valori. Hanno trovato un accordo, diciamo di sopravvivenza, l’enfant prodige Casini, D'Alia, Olivero, l’intramontabile De Mita e una serie di altri voltagabbana dell’ultimo scranno.
E Mastella? Come mai non c’è?
Non l’hanno invitato, l’hanno dimenticato nella soffitta dei trasformisti dispersi o al reparto dei transfughi scaduti? Manco una telefonata, un ricordino dei bei tempi? Che pena, che dolore!
Nel simbolo ci sarà una bella margherita (la pizza o il fiore? Ancora non si sa) e il nome della ministra della Salute.
Il gruppetto centrista, da affollato condominio, garantisce continuità con il governo Gentiloni e si propone come argine “al populismo grillino e al rinascente berlusconismo”, in maniera distinta, ma non troppo, dal Partito democratico.

Qualche maligno guastatore potrebbe pensare a una "lista civetta” di quel Partito alla deriva, ma non è certo così: i promotori del progetto assicurano che intendono proseguire sul sentiero della ricostruzione civile, sociale e materiale del Paese, per costruire in Italia una proposta popolare, capace di combattere le crescenti disuguaglianze, di risollevare la condizione sociale ed economica del ceto medio e sostenere le famiglie e le imprese.
Un programma veramente nuovo e rivoluzionario, quasi bolscevico e unico nella sua espressa, imprevedibile originalità.

Pur di non sparire, di rimanere a galla, di trovare uno strapuntino, se non una poltrona vera, per l’immediato, imponderabile futuro, i mestieranti della politica, come sempre, sono pronti a tutto. A vendersi, a comprare, a tradire o a rinascere dal nulla.
Pure alla riedizione pacchiana di una Margherita 2.0, di rutelliana memoria, o a sperare di resuscitare, in una sorta di un’imitazione minimal e clownesca, i fasti dell’antica DC.
“Perché Margherita è buona, perché Margherita è bella, perché Margherita è dolce, perché Margherita è vera, perché Margherita ama, e lo fa una notte intera. Perché Margherita è un sogno”. 
Lo cantava anche Cocciante. (Alfredo Laurano)

giovedì 28 dicembre 2017

QUEL CHE PASSA IL CONVENTO

A quattro chilometri dall’antichissima città di Amelia, in Località Montenero, un lungo viale di cipressi porta al quattrocentesco Convento Francescano dell'Annunziata, un edificio che appare come scolpito in cima al verdissimo colle di Michignano, detto del Paradiso.
Qui il silenzio e la tranquillità della campagna umbra si animano davanti al presepe permanente realizzato nel 1967 da Juan Marì Oliva di Barcellona.
Ho rivisitato, dopo tanti anni, quest’opera straordinaria, interamente in gesso, che, in un gioco di luci, dal pieno giorno arriva alla profonda notte, trapuntata di stelle. Sul cielo notturno, la luna, la traiettoria della cometa ed il lento passaggio dell'angelo, catturano l'attenzione dei visitatori.
Tutta la scena, che si scorge da una grande apertura centrale di circa due metri e mezzo e da due aperture inferiori laterali, direttamente tagliate a muro, disegna la Natività, i paesaggi di Cana, del lago di Tiberiade e di un vicolo di Betlemme.

Oltre questa prima sala, in un corridoio-galleria, sono raccontati in 17 magnifici diorami, i momenti più importanti della vita di Cristo, dalla nascita alla morte: l’Annunciazione, il Battesimo, la Fuga in Egitto, la Pesca miracolosa, l’Ultima Cena, La Crocifissione, la Deposizione.
Collocati in apposite nicchie, sono dei veri piccoli capolavori di ambientazioni e riproduzioni, eseguiti con particolare raffinatezza e delicate colorazioni. 
L’adeguata e suggestiva illuminazione nelle singole scene, diurne o notturne, anche con luna piena, conferisce e aggiunge bellezza ad ogni ricostruzione.
Particolare attenzione merita la rappresentazione della ricerca dell’alloggio, per la geniale originalità dell’impianto: la scena si osserva dal punto di vista dell’albergatore – di cui si vedono solo la veste e le braccia – che, dall’alto del balcone della locanda, indica a Giuseppe, visto in prospettiva, che non c’è posto. Sembra di ascoltare il dialogo.
Al fascino irresistibile di questi piccoli gioielli di arte presepistica, che consiglio di visitare, si unisce il convento e il circostante parco, immerso nella serenità della natura.
Un luogo etereo e senza tempo, pervaso di sacralità ed arte, avvolto in un'atmosfera di pace, di assoluta semplicità, spiritualità e sobrietà.
Il caos, il traffico, i rumori sono lontani, non solo dal presepe. (Alfredo Laurano)

ASTRO DEL CIEL

“Stille Nacht”, il canto natalizio più celebre al mondo, fu eseguita per la prima volta il 24 dicembre 1818 – 199 anni fa – nella chiesa di San Nicola a Oberndorf, a pochi chilometri da Salisburgo. Fu una chitarra - e non un organo, come molti credono - ad accompagnare i versi che il prete salisburghese Joseph Mohr aveva scritto già nel Natale 1816, tenendoli poi nel cassetto in attesa di trovare qualcuno che potesse metterli in musica.
Quel qualcuno lo trovò due anni dopo in Franz Xaver Gruber, maestro elementare e organista, originario dell’Alta Austria. 
Ed è merito di quest’ultimo e delle sue note se “Stille Nacht” oggi risuona in ogni parte del mondo, mentre le parole, nel corso del tempo, sono state tradotte in più di 300 altre lingue e dialetti.
In italiano sono diventate “Astro del ciel”, con versi che tuttavia non hanno la potenza evocativa di “Stille Nacht”, “notte silente, notte santa”.
Oggi sono oltre due miliardi le persone che la cantano, che la conoscono, che la diffondono come principale melodia natalizia. 24 dicembre 2017


sabato 23 dicembre 2017

SECONDO TRADIZIONE

In questi giorni, puntuale come una cambiale, come la scadenza dell’Imu o del bollo della macchina, arriva nelle librerie italiane l’ultima fatica letteraria di Bruno Vespa.
È un rito che si ripete, ormai da sempre, anno dopo anno, atteso con la stessa ansia dei fedeli che accompagna, quasi in sincrono, la liquefazione del sangue di San Gennaro.
E San Bruno d’Aquila, coi suoi nei e la sua lingua, va dappertutto a smarchettare il suo bel libretto di fine anno: nei talk, nelle trasmissioni di gossip e di intrattenimento, invitato da colleghi servili e amici compiacenti, che lanciano spot camuffati da notizia letteraria o interviste noiose e disarmanti, senza pagare un obolo di pubblicità, grazie ai suoi tanti santi in paradiso.
E’ onnipresente. Accendi la TV e lo trovi da Fazio o alla cucina della Clerici, a Domenica in o dalla D’Urso su Canale Cinque, a La Sette dalla Gruber o in libreria e alla Camera di Commercio, con Berlusconi accanto e affezionato sponsor, o nei TG di ogni razza, orario e conduzione. Manca solo nelle farmacie notturne o in qualche mercato di quartiere e al Grande Fratello che, purtroppo, è già finito.

Un’invasione dilagante nelle case di tutti gli italiani, una magistrale operazione di marketing, secondo una liturgia granitica che scandisce l’eterno scorrere del tempo.
Subito dopo l’uscita del libro di Vespa, arriva, casualmente, il santo Natale e, sempre casualmente, qualcuno corre il rischio di trovarsi il santo volumetto, impacchettato sotto l’albero.
Perché dopo il gelo viene la primavera. È un ciclo che asseconda la natura, una tradizione che non può mancare accanto al torrone e al panettone.
 (Alfredo Laurano)




TRA LE PALME, UNA GRANDE VANESSA

Indagando sulla scomparsa di due giovanissime ragazze, si scoprono non solo i loro conflitti esistenziali, la condizione giovanile, le crisi, i sogni e i rapporti con amici e familiari, ma anche un caso sconcertante di intrighi, affari, debolezze e segreti inconfessabili di una provincia italiana come tante, che ha il volto sereno e turistico di San Benedetto del Tronto, con il suo mare e le sue palme.
L’ intreccio di “Scomparsa, film TV, forse un po’ forzato nella ridondante sceneggiatura, mette accanto al filone principale altre storie, forse troppe, degli abitanti della cittadina, che si legano alla vicenda delle due adolescenti, Sonia e Camilla, misteriosamente sparite, dopo una festa del liceo.
Vari tasselli e risvolti di fatti privati ed individuali, alimentati dai vari indizi scovati nelle indagini, indicano via via il possibile coinvolgimento di più persone e lasciano intravedere tante diverse verità.
Una fitta galleria di personaggi, tutti portatori di un proprio dramma personale che non lascia spazio a equivoci o alla fantasia, si affolla intorno e dentro la vicenda, diluendo un po’ la trama, pur fra spunti originali e interessanti. Contribuiscono ad allungare il tessuto narrativo e, soprattutto, a creare attesa, incertezza ed apprensione: dai genitori di Sonia, titolari di un hotel sul lungomare, all’amico intimo di Giovanni, maestro di windsurf; dal farmacista-sponsor alla sua bella moglie; dallo chef etnico, alla speaker radiofonica e alla sua mamma sensitiva; dall’amico di infanzia di Sonia, a suo padre primario di chirurgia; dal giovane Armadillo, in eterno conflitto con il padre, all’inviato del giornale, giunto da Roma.
“Scomparsa” è una storia corale, sconcertante e intricata, che racconta il mondo degli adolescenti e la fragilità dei più giovani, ma, soprattutto, i vizi e le trame sporche di adulti senza scrupoli.
Tutto ruota, comunque, intorno alla figura centrale e fondamentale della psichiatra Nora, una Vanessa Incontrada - madre disperata della scomparsa Camilla - sempre più amata dal pubblico, capace di esprimere grande forza, fascino ed eleganza, con uno sguardo o un semplice gesto. Bella, naturale e combattiva è sempre aderente alle diverse situazioni di speranza o di delusione, ai momenti in cui la macchina da presa coglie, senza indugi, la sua palpabile ansia, la sua angoscia.
Al suo fianco, il vice questore interpretato da un eccellente Giuseppe Zeno, credibilissimo sia nel ruolo di poliziotto intelligente e attento, che in quello di padre solo e pieno di problemi familiari con la ex.
Anche tutti gli altri attori disegnano icastiche figure, a volte, ciniche e stravaganti, a volte vittime delle proprie contraddizioni o perversioni, e aggiungono parti diverse e consistenti di efficace realismo al dramma di una comunità, da una parte chiusa nella sua facciata perbenista, dall’altra sofferente e partecipe.
Insomma, un film ben scritto, ben confezionato e ben interpretato, che coinvolge emotivamente lo spettatore in un’indagine disperata contro il tempo, senza ricorrere a effetti orrorifici o speciali, ma con un ventaglio aperto ad ogni soluzione.
Solo l’inizio, poco verosimile, e il finale, un po’ scontato e forse prevedibile, sono a mio avviso piuttosto deludenti, rispetto all’intera plausibilità della avvincente narrazione.
 (Alfredo Laurano)


giovedì 21 dicembre 2017

IL SALOTTO BUONO

Basta non farli vedere, allontanarli, nasconderli, almeno per un po’.
E’ un’immagine sgradevole e insopportabile che offende gli occhi, i luoghi, il panorama di “quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno”. Non la coscienza.
Questo il senso dell'ordinanza "per il decoro del centro storico", firmata dal sindaco di Forza Italia, che vieta accattonaggio e bivacchi e che multa, per tutto il periodo di Natale, i senzatetto, i clochard e migranti che chiedono l'elemosina a Como, in tutta la città vecchia.
Ai volontari che tutte le mattine, da più di sette anni, presso l'ex chiesa di san Francesco, distribuiscono la colazione alle persone che vivono e dormono in strada, perché senza casa, è stato quindi impedito di farlo, perché contrario alla nuova ordinanza. Perché sono “brutti, sporchi e cattivi”, perché in vista del Natale “non è decoroso". Perché pare brutto.
Visto il rilevante afflusso di persone che, nei giorni delle feste, giungono per turismo, per fare shopping e per partecipare a eventi e manifestazione, occorre "ripulire" le vie del centro.

E’ come mettere la cenere sotto il tappeto del salotto buono della “città dei balocchi”.
Occorre sottrarre la vista della povertà, non la sua realtà, la sua esistenza, perché dà fastidio, perché costringe a pensare, a riflettere sull’emarginazione e sulle profonde disuguaglianze sociali, sui tanti perché e sull'ingiustizia di un sistema che sempre di più concentra grandi ricchezze nelle mani di pochi e troppa indigenza e miseria in quelle di molti.
In fondo, molto in fondo, è Natale.
20 dicembre 2017 (Alfredo Laurano)


martedì 19 dicembre 2017

SCIVOLANDO SUGLI SPECCHI

C’è da chiedersi dove abbiano studiato giurisprudenza questi avvocati-prestigiatori-funamboli che difendono i Ciontoli e in quale circo, gioco di società o di gruppo si siano distinti per acume e perspicacia, degni di Maigret o del miglior Poirot, umiliando il concetto di giustizia e l’elementare rispetto della logica. Intuizioni a raffica, sparate indistintamente nel mucchio della farneticazione fatta difesa, senza ritegno.
Ci avevano provato con la tesi dell’incidente in località bagno, dove tutti – come è noto – fanno la doccia nudi, davanti a un pubblico non pagante che entra, esce o passeggia disinvolto e dove, tra un’insaponata e l’altra, ti mostra come funziona una pistola e ti spara a bruciapelo solo per fare un esempio.
Non paghi di testimonianze, documenti audio e dichiarazioni varie, ci hanno riprovato con la super perizia, nell’intento di poter dimostrare che il povero Marco mai e poi mai avrebbe avuto possibilità di salvarsi, anche se immediatamente soccorso. Ma anche qui sono stati abbondantemente smentiti, con sufficiente sicurezza, da esperti e consulenti di livello.

E allora, dove attaccarsi, cosa inventare per difendere una causa che più persa non si può?
Incredibilmente, ma assai comicamente, gli avvocati degli imputati hanno chiesto hanno chiesto nell'udienza odierna un termine per depositare la risposta attesa del Policlinico Gemelli di Roma sulla disponibilità di sale operatorie e macchinari idonei all’eventuale operazione, la notte in cui Marco è stato ferito.
Cioè, vogliono sapere e far sapere alla Corte, alla famiglia e al popolo che ha preso a cuore Marco, che quella sera al Gemelli forse non c’erano camere operatorie disponibili, che forse i macchinari non funzionavano o erano in manutenzione, che forse mancava l’energia elettrica pure ai gruppi elettrogeni, che forse erano stati chiusi per dispetto tutti gli ospedali di Roma e d’Italia, che forse i chirurghi erano tutti in ferie o obiettori di coscienza nei confronti di un pericoloso ragazzo biondo di vent’anni, colpevole di aver incontrato degli idioti assassini, privi di scrupoli e coscienza.
O che, magari, qualche mago o chiromante avesse sconsigliato l’intervento, in nome della ragion pura.
Quella che forse manca a questi azzeccagarbugli che inseguono la luna.
18 dicembre 2017 (Alfredo Laurano)

SE MI VUOI LASCIARE

Manifestazioni, proteste, cortei, mobilitazioni, raccolte di firme, giornate nazionali e internazionali contro la violenza sulle donne non riescono a disinnescare la cultura dominante del possesso, del dominio del maschio padrone sulle femmina oggetto o schiava nel terzo millennio.
Non riescono ancora a diffondere e far acquisire agli uomini, alla politica, ai media, al mondo della scuola, alla società comune i concetti di base della libertà, dei diritti e dell’uguaglianza di genere. A imprimere un cambio di rotta nei comportamenti e nel linguaggio, a rimuovere antichi stereotipi primitivi e pseudo educativi, stante il dilagare di un fenomeno preoccupante, costante e irreversibile, che vede sanguinosi episodi che continuano a ripetersi con drammatica frequenza. 

Ieri, a Parabiago, un’altra donna di 33 anni, madre di due figli piccolissimi, è stata uccisa con tre coltellate dal compagno, solo perché voleva lasciarlo. 
Un ennesimo femminicidio che si consuma nella giungla della prepotenza da un animale che vuol dominare il branco, che non vuol condividere la sua preda con altri o lasciare che essa fugga e si sottragga al suo possesso.
Una merce di assoluta proprietà, acquisita forse col consenso, ma mantenuta e degradata col terrore e le minacce: per questo parliamo di femminicidio. Perché questa parola, che molti non capiscono o non sanno motivare (“a cosa serve chiamarlo femminicidio? Il termine omicidio comprende già i morti di tutti i sessi!”), non indica il sesso della morta, ma indica il motivo per cui è stata uccisa.
Come spiega, con chiarezza, la saggia scrittrice sarda Michela Murgia, “una donna uccisa durante una rapina non è un femminicidio. Sono femminicidi le donne uccise perché si rifiutano di comportarsi secondo le aspettative che gli uomini hanno delle donne. Dire omicidio ci dice solo che qualcuno è morto. Dire femminicidio ci dice anche il perché”
La prospettiva cambia del tutto quando si chiarisce e si comprende che tale termine non si riferisce solo alle centinaia di donne uccise da compagni, mariti o ex respinti, ma anche alle pratiche di mortificazione e discriminazione a cui quotidianamente milioni di donne vengono sottoposte, senza che i responsabili ne paghino il giusto o alcun prezzo. 
Sono morti civili tutte le negazioni di dignità (lavoro, welfare, maternità, canoni etici ed estetici, ricatti sessuali) e tutte le violenze fisiche, psichiche e morali rivolte alle singole donne in quanto genere, in quanto femmine. 
Sono pratiche di negazione e di controllo e il femminicidio è l’inevitabile conclusione di un infame processo, che minacce, abusi, costrizioni e intimidazioni hanno fatto maturare.
18 dicembre 2018 (Alfredo Laurano)


lunedì 18 dicembre 2017

LA VITA E’ TUTTA UN QUIZ

“Indietro tutta 30 e l'ode”, due speciali in prima serata, in onda il 13 e il 20 dicembre su Raidue, condotti da Andrea Delogu in cui, come in un ideale lezione universitaria, Renzo Arbore e Nino Frassica rievocano lo show del 1987, entrato nella storia della TV.  Trent’anni fa, “Indietro tutta” smontava con l’umorismo e una semplice ironia - in altre parole, con il cazzeggio” - stereotipi e falsi miti della tv commerciale, “usa e getta”, parodiando i numerosi programmi di intrattenimento, appunto con la presenza di ballerine un po’ discinte, i giochi e i quiz ridicolmente facili, che distribuivano milioni, il basso livello culturale di certi frivoli salotti televisivi. Una satira feroce, esilarante, e al tempo stessa incredibilmente leggera, della tv spazzatura che avrebbe dilagato nei tempi.
Formula di base era quella di un gioco a premi in cui si sfidavano concorrenti del Nord e del Sud Italia. Ma gli elementi comici della trasmissione, animata da Frassica (il bravo presentatore), Marenco (Riccardino) e Paolantoni (Cupido), con Arbore in versione ammiraglio-nocchiero, con megafono e galloni, la rendevano imprevedibile e frutto costante di improvvisazione.
Voleva essere un eserciziodi stile paradossale con le Veline, il trionfo del kitsch, il putto dondolante, il notaio, lo sponsor invasivo, il pubblico cantante e altri orrori di cui all’epoca si rideva con incosciente serenità.
Dopo il successo di “Quelli della notte”, divenne un appuntamento fisso delle serate televisive, creando tormentoni incredibili come la sigla d’apertura, “Sì la vita è tutt’un quiz“, la pubblicità inventata del Cacao Meravigliao (oggetto di culto, che tutti cercavano nei negozi), le ragazze Coccodè (geniale presa in giro della mercificazione imperante del corpo femminile). Senza dimenticare le incursioni audio delle “volante uno a volante due”, con il mitico agente Frangipane, o il “chiama lei…chiamo io” del prof. Pisapia.  Nel cast, anche il futuro Mago Forest, l’indimenticabile Massimo Troisi e la bellissima valletta Maria Grazia Cucinotta.

Ma il trionfale consenso di pubblico e di critica del genio arboriano in “Indietro tutta”, che incise non poco anche sul linguaggio e sul costume nazional-popolare, va ricondotto a molto tempo prima, a prima di “Quelli della Notte”, a prima de “L’altra domenica”.
Affonda le radici nell’esperienza radiofonica, quando arrivò il più clamoroso successo con “Alto gradimento” (1970-1976, 1979-1980), condotto insieme a Gianni Boncompagni, una spassosa, sgangherata galleria di personaggi, interpretati per lo più da Mario Marenco e dai fratelli Bracardi.
Una trasmissione geniale e irriverente, esplosiva e demenziale, che realizzò indici di ascolto impensabili, creando tormentoni comici che per anni rimasero nella mente e persino nei modi di dire della gente comune.
Il ritmo serrato, le sovrapposizioni di voci e le continue irruzioni di personaggi strampalati e surreali, la spiritosa presentazione dei brani musicali, crearono un nuovo stile radiofonico, contrapposto a quello dell'epoca, una nuova forma di intrattenimento che fece scuola, fu imitato e che anticipò quello che, pochi anni più tardi, si sarebbe diffuso con l'avvento delle radio private.
Chi non ricorda "Perché non sei venutta? Ping!", il federale Catenacci, ex-gerarca fascista che raccontava assurdi episodi della vita di Mussolini: "Quando c'era lui, caro lei!", il professor Aristogitone: "Quarand'anni di insegnamendo, quarand'anni di duro lavoro fra queste quattro mura scolastiche".
O i Figli di Manuel, un’evidente satira sul mondo hippy: "...e si sentì forte rumore di tuono..." O Achille che urlava a squarciagola il nome di "Patroclo!", o il colonnello Buttiglione, la baritonale Sgarrambona, la signorina De Magistris dei Grandi Magazzini, la signorina del Radiotaxi, lo Scarpantibus - uccello preistorico, catturato in Nicaragua, che calzava scarponi anfibi militari, il venditore di generi di ristoro in spiaggia: "Patata calda, grasso di maiale caldo, saponata bollita e lumache calde, sanguinacci caldi, aranciata calda, canottiere calde...." o il pastore abruzzese, che cercava invano le sue pecore e continuava a ripetere: "Li pècuri! Li pècuri".

Sempre con lo stesso clima, fra il divertito, l’innovazione e la sapiente improvvisazione, arrivò poi in TV “L’altra domenica”, 1976-1979, con Arbore circondato da una banda di artisti e personaggi che davano vita ad un pomeriggio televisivo senza precedenti.
Da Roberto Benigni, improbabile critico cinematografico, al cugino americano Andy Luotto “buono, no bbuono”, dalle Sorelle Bandiera ai disegni animati di Maurizio Nichetti, a Mario Marenco, a Fabrizio Zampa, a Isabella Rossellini, a Silvia Annichiarico.
Fu il primo contenitore della TV italiana, inizialmente legato a doppio filo al pomeriggio calcistico, a sperimentare l’interattività coi telespettatori, attraverso giochi telefonici (Indovina indovinello, dove sta la caramello, il gioco del due, l’oggetto misterioso etc.) condotti dallo stesso Arbore. 

Ma è nel 1985 che giunge il grande successo di Raidue, con “Quelli della notte”, un appuntamento cult, con una serie di personaggi comici e intellettuali che si riunivano nella notte surreale e un po' cialtrona. La trasmissione, una chiara satira nei confronti dei dilaganti salotti televisivi, lancia sul firmamento nazionale il comico Nino Frassica nelle vesti di Frate Antonino da Scasazza che, con i suoi sproloqui e storpiature, fece divertire mezza Italia.
Molti altri furono comunque i nuovi volti lanciati dalla trasmissione, come Riccardo Pazzaglia il filosofo partenopeo del "brodo primordiale"; Massimo Catalano, noto jazzista e viveur, che formulava aforismi a base di assolute ovvietà, del tipo: “Meglio essere ricchi e in salute che poveri e malati” (Catalanata divenne sinonimo di lapalissiano); l’improbabile comunista con borsello, Maurizio Ferrini, rappresentante romagnolo di pedalò; Roberto D'Agostino, il lookologo autore dell'espressione “edonismo reaganiano” che dissertava sui nuovi trend sociali e citava come un tormentone “L'insostenibile leggerezza dell'essere” di Milan Kundera; Simona Marchini romantica sognatrice, Marisa Laurito cugina in attesa perenne del fidanzato, e ancora Mario Marenco, Andy Luotto oltre allo stesso Arbore, grande trascinatore, con la sua New Pathetic Elastic Orchestra.
Lo show segnò un'epoca e le battute e gli slogan entrarono nel gergo quotidiano.
Si ricreò il clima radiofonico di Alto gradimento, prendendo di mira principalmente la moda, fine anni settanta e primi anni ottanta, del salotto televisivo, vacuo raccoglitore di chiacchiere e nonsense senza costrutto, di opinionisti ante litteram che cazzeggiano a ruota libera su qualunque argomento. Senza un copione predeterminato, si procedeva a braccio, improvvisando e cercando di creare un dibattito che fosse il più sconclusionato possibile.
Gusto, garbo, toni pacati, idee innovative, originalità e clima goliardico e festaiolo, crearono una ennesima forma di intrattenimento intelligente, che rimescolava quegli stessi ingredienti per ridere anche di se stessi.
Così, dopo Alto Gradimento, l’Altra Domenica e Quelli della notte, nel 1987 dilagò Indietro tutta, oggi celebrata.
Arbore, “l’istrione a cui la scena dà la giusta dimensione”, la sua musica, la sua ironia e la sua banda hanno lasciato un segno profondo nella storia della televisione di qualità.

16 dicembre 2017 (Alfredo Laurano)

giovedì 14 dicembre 2017

E ALLORA, BOMBE

Dopo 48 anni, non ci sono colpevoli ufficiali della strage di piazza Fontana, alla filiale della BNA di Milano. E, come ha detto il capo dello stato, dobbiamo perseguire la verità (ancora).
Ieri, 12 dicembre, è stata commemorata, con un corteo ed altre manifestazioni, quell’atroce evento (17 morti, 88 feriti) che segnò l’inizio della cosiddetta “strategia della tensione”, una terribile catena di sangue e di terrore, che a lungo condizionò e mise in gioco la stessa vita democratica e del Paese. Altre stragi, bombe e attentati -  piazzale della Loggia a Brescia, l’Italicus, la stazione di Bologna - seguirono per anni, provocando altro sangue, lacrime e tante vittime innocenti.
La paura di un intero popolo, esterrefatto da tanta inaudita violenza, si trasformò in una grave e reale minaccia eversiva per la democrazia.

Ancora oggi, dopo anni di indagini e processi, di menzogne e depistaggi, nulla o quasi sappiamo, con certezza, di quella assurda sequenza di eccidi, fondata sul terrore e sulle manovre oscure di fascisti e di pezzi deviati delle istituzioni e dei servizi, che lavoravano in modo occulto e violento contro lo Stato: un fronte parallelo che rispondeva, nell’ombra e nel segreto, alle lotte sociali e operaie del tempo. 
Venivamo dalle idee pericolose e rivoluzionarie del ’68 che, in qualche modo, dovevano essere represse o cancellate, anche attraverso vergognosi attentati. 
Bisognava contribuire a riequilibrare i poteri e il principio autoritario, messi in crisi proprio da quelle tematiche sessantottine, che facevano paura perché, per la prima volta, mettevano in discussione lo status quo, il potere costituito, le gerarchie e i privilegi sul piano culturale, sociale e del lavoro. Che predicavano il rinnovamento, un'aria nuova, pulita e libera, una partecipazione più attiva e democratica, una consapevolezza dei propri diritti, una più diffusa presa di coscienza. E allora bombe.

Come poco o niente sanno le nuove generazioni, nostri figli e nipoti, di quella triste storia, che non si studia a scuola o nelle università. Ignorano i fatti, le vicende di Calabresi, di Valpreda e dell’anarchico Pinelli, “suicidato” dallo Stato. 
Le loro risposte sono imbarazzanti, confuse e disinteressate e affastellano, nello stesso calderone, mafia, brigate rosse, anarchici e criminalità comune. La loro informazione sui fatti è del tutto inesistente o diversamente approssimativa: per “sentito dire”. 

Ignorare e dimenticare quel tragico pezzo di vita sociale e politica, che a lungo ci ha sconvolto, espone alla possibilità di essere ancora vittime di certe logiche politiche e di potere e dei continui e incessanti rigurgiti di fascismo. 
Le cronache quotidiane ce lo dimostrano.
13 dicembre 2017 (Alfredo Laurano)


lunedì 11 dicembre 2017

SCROCCOPOLI CAPITALE

Alloggi fatiscenti e di fortuna, cantine, box o sottoscala ad uso abitazioni (senz’acqua, senza luce, senza riscaldamento), danni, perdite, scrostazioni, muffe, umidità, spazi ridottissimi, bagni otturati e impraticabili, case popolari occupate e rivendute abusivamente. Ne abbiamo visti a iosa nelle varie inchieste che giornali e programmi TV, hanno realizzato, nel tempo, anche con dirette e dettagliatissimi racconti.
Ma non potevamo certo immaginare case del Comune di Roma, “confezionate” in pieno stile Gomorra e clan dei Savastano.
Arredamenti di lusso, rifiniture sfarzose, maniglie, rubinetti e water dorati, decorazioni con brillanti, maxi schermi, vasche idromassaggio, cabine armadio e stanze-scarpiera da film hollywoodiani, allacci abusivi alla rete elettrica: tutto in due residenze extralusso a Tor Bella Monaca, già sequestrate in passato, alle quali erano stati violati i sigilli per permettere l'ingresso di nuovi occupanti abusivi, riconducibili ad una nota famiglia malavitosa della zona. E’ stato valutato che le sole spese di ristrutturazione abbiano avuto un costo di circa 400 mila euro.
Gli agenti della Polizia Locale e della Polizia di Stato hanno sgombrato gli appartamenti che sono stati poi riassegnati alle famiglie legittime in graduatoria. 
A seguire, il Comune ha ripreso possesso anche di un appartamento di sua proprietà, di circa cento metri quadrati, a due passi da San Pietro. Era abitato da oltre 25 anni abusivamente da una famiglia con un reddito di 90mila euro e che, si è scoperto, aveva altre case di proprietà a Roma. 
Secondo un recente censimento, sarebbero duemila i furbetti nelle case popolari di Roma. Sono state scovate persone che hanno redditi alti, possiedono già immobili o sono residenti altrove. “Una famiglia, che abbiamo appena sgomberata da un alloggio popolare - dice la sindaca Raggi - aveva addirittura una Porsche parcheggiata sotto casa. Per non parlare poi di più di 1.600 alloggi i cui legittimi assegnatari risultano deceduti”.
Tutto questo è intollerabile.
Il costo a carico della collettività per questi illeciti è altissimo, il più alto lo pagano le migliaia di famiglie in attesa della casa popolare da vent’anni. 
Insomma, tra abusi, illegalità e ingiustizie varie che, da sempre, ruotano intorno a un problema drammatico come quello della casa, qualcosa, dopo decenni di colpevole immobilismo, sembra stia cambiando sotto il cielo di Roma. 
Dovesse arrivare una ventata di legalità e giustizia, che restituisca diritti dei cittadini?
(Alfredo Laurano)

domenica 10 dicembre 2017

CIAO LANDO!

Quel “core grosso, mezzo giallo e mezzo rosso” si è fermato e non canta più.
Lando Fiorini, cantore e interprete della romanità più semplice e più bella, raccontata con misura e autentica passione, in una lunga carriera fra musica, cabaret, teatro e televisione, ci ha lasciato.
Ciao Lando, hai sempre difeso con fierezza e disincanto le tue radici e il tuo amore per Roma. Da Pupo biondo, vestito da Barcarolo romano, sei passato sotto Ponte mollo. Sei stato er primo a faje di' de sì a Lella, quella ricca, la moglie de Proietti er cravattaro, e a Ciumachella de Trastevere.
Ogni tua canzone, un pezzo di poesia, un inno alla città, una dichiarazione d'amore.
Cento campane suoneranno per te. 
(Alfredo Laurano)



BUON NATALE PALESTINA!

L’annuncio del “pacifista” Trump è un bel regalo di Natale a tutti i palestinesi: “Gerusalemme è la capitale d’Israele” e la sede diplomatica Usa - che sarà “una grande casa della pace” - sarà spostata da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendone di fatto l’intera appartenenza allo Stato d’Israele.
La decisione non tiene in alcun conto il diritto internazionale, che considera la città come condivisa, nella parte ovest, israeliana, e est, palestinese. E’ un atto arbitrario e irresponsabile che sfruttando i reali rapporti di forza, vanifica la sempre più improbabile promessa di una pace fondata sulla, di fatto superata, teoria dei “due popoli per due Stati”. Una conferma, fra tanta omertà, indifferenza e complicità occidentali, che la questione palestinese è stata dimenticata o cancellata dall’agenda mondiale.
È invece un dramma concreto che, nella distrazione del mondo, si consuma ogni giorno sulla pelle di milioni di persone sotto occupazione militare in Cisgiordania, a Gaza e a Gerusalemme est: campi profughi, insediamenti israeliani illegali, regime di apartheid, esproprio di terre e aree fabbricabili, deportazioni, muro di divisione, check point, vittime e tante colonie. Fino alla divisione degli stessi palestinesi in ulteriori conflitti intestini fra l’ANP di Abu Mazen, l’OLP, il Movimento Islamico di Resistenza, Hamas, e altri gruppi di miliziani armati.

Hamas ha subito dichiarato che la decisione di Trump "apre le porte dell’inferno" e ha invitato i palestinesi a iniziare una "nuova Intifada". Il presidente palestinese Abu Mazen ha spiegato che la "la decisione odierna di Trump equivale ad una rinuncia da parte degli Stati Uniti al ruolo di mediatori di pace”, "Gerusalemme è la capitale eterna della Palestina".
Già in tutti i Territori palestinesi ci sono stati scontri: a Betlemme, in varie località della Cisgiordania, sul confine Israele-Gaza. Lancio di razzi, colpi di cannone, due palestinesi uccisi, più di 700 feriti dal lancio di lacrimogeni e dai proiettili di gomma sparati dalla polizia israeliana. La tensione è altissima.

Contro la scelta dissennata di Trump stanno protestando i musulmani di mezzo mondo, dalla Tunisia al Kashmir, dall'Egitto al Pakistan, dalla Giordania alla Turchia, dall'Iran all'Indonesia, dalla Malaysia al Bangladesh.
Come la storia ci ricorda e come tutti sanno, Gerusalemme non è solo la capitale religiosa del mondo, la città “tre volte santa” delle tre religioni monoteiste (Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo), ma è un luogo che fa parte del cammino dell'umanità tutta. Per questo la definizione del suo status è sempre stato al centro dei colloqui di pace tra israeliani e palestinesi. Decidere unilateralmente su di essa fa un torto non solo al processo di pace, ma al valore assoluto di Gerusalemme come patrimonio dell'umanità.
E conferma, non solo simbolicamente, la disperazione perenne del popolo palestinese, ancora senza terra e senza patria. (Alfredo Laurano)