venerdì 28 aprile 2017

LA FEMME COUGAR

Dopo il voto di domenica e in attesa del ballottaggio Macron-Le Pen, mezza Francia e - adesso che ne hanno sentito parecchio parlare - anche buona parte d’Italia e, forse, di altri Paesi europei, più che della differenza di idee, di programmi e di posizioni politiche dei due candidati alla presidenza, discutono della differenza d’età fra il giovane Emmanuel, di “En marche”, di trentanove anni, e la sua ancient compagna, Brigitte, di sessantaquattro, sposata dieci anni fa.
Da sempre, si dice e si scrive che l'amore non ha età e non ha confini, ma ciò vale solo, o soprattutto, quando un maschio adulto, maturo o anziano ha una relazione con una femmina molto più giovane di lui. E si coglie, anzi, un certo compiacimento, misto a orgoglio e ammirazione da parte di chi osserva e poi sentenzia. Ricordate un certo Berlusconi?
Non è altrettanto o del tutto vero, però, nel caso contrario.
Soprattutto, quando si tratti di vip e personaggi popolari, si scatena il gossip e il chiacchiericcio ipocrita e moralista, alimentato dai media e dal pregiudizio popolare. Trionfa e si afferma impavida la sociologia del pettegolezzo.
Eppure, i 24 anni di differenza tra Emmanuel Macron e sua moglie, Brigitte Trogneux - ex sua insegnante al liceo, che per seguire il giovane marito nella sua avventura politica ha lasciato due anni fa il suo lavoro - sono gli stessi che passano fra Donald Trump (70) e la first lady Melania (46), attuali inquilini della Casa Bianca americana!
Ma, chissà perché, nel loro caso, la cosa pare non abbia suscitato lo stesso scalpore, nessuno si è stupito, nessuno ha storto il naso o si è sconvolto per lo scandalo. Ricordate, sempre, un certo Berlusconi?

La storia d'amore alla francese, invece, sta facendo molto dibattere e criticare.
I due amanti parigini si sono incontrati quando Emmanuel aveva 15 anni, frequentava la scuola dove Brigitte, sposata e con tre figli, insegnava lingue. Ma non solo, sedeva al banco nella stessa classe della figlia di Brigitte, sua futura figliastra.
Fosse stato il contrario avrebbero detto che l'uomo era un pedofilo.
Secondo alcuni, secondo certa stampa e certi ambienti vicini alla politica, Macron avrebbe oggi una doppia vita, sarebbe omosessuale e intratterrebbe una relazione parallela con Mathieu Gallet - direttore di Radio France - e, senza un partito alle spalle, sarebbe stato abilmente introdotto dalla moglie nel mondo della finanza, guidato come un burattino e salvandone l'immagine.
Altri osservano che le prof che molestano gli alunni quindicenni, di solito, finiscono in galera, mentre in Francia c’è il rischio che la prof Brigitte, moglie-mamma di Macron, diventi “première dame”.
Alla fine della fiera del fariseismo, in fondo, in fondo, è solo una questione di becero costume maschilista: un uomo vecchio, magari dominante, può stare con una donna giovane, ma viceversa no, non è carino, non è normale. L'amore, anche se a volte è incontrollabile, anarchico e imprevedibile, deve rispettare la tradizione, una sana ritualità discriminante e i canoni convenzionali, in uso al sentir comune. E, dunque, Lolita, si. Tardona piacente, donna chioccia o donna geisha, no.

E, a proposito di prorompente orgoglio sessista, non va ignorato in tal contesto, il fine e nobile pensiero del sedicente, ingrifatissimo, marchese Fulvio Abbate che scrive a Dagospia, per ribadire i diritti del suo straripante testosterone:
“Caro Dago, a me Brigitte fa sangue, ossia me la scoperei con immensa gioia.
Nessun catto-fascio-femminismo comunista fermerà il nostro laico desiderio di scopare con lei. I nostri desideri non si toccano!”  E aggiunge: “La reazione della bella gente non si è fatta attendere: prevedibile e scontata. Dito ammonitore che mai conobbe vero ditalino pronto a emergere dalle profondità del cielo. Senza tuttavia fermare il mio "istinto desiderante".

A Roma si dice: mettece ‘na pezza, a Parigi, cara Brigitte non saprei, ma, in caso di in caso di astinenza o di irrefrenabile bisogno, puoi quindi contare sull'arrapatissimo borioso di Teledurruti, sempre alla ricerca di qualche eccentrico momento di visibilità. 
27 aprile 2017 (Alfredo Laurano)



giovedì 27 aprile 2017

PER I DISTRATTI E GLI SMEMORATI

Il 25 aprile è il giorno della Liberazione, giornata di festa nazionale dedicata al ricordo e ai festeggiamenti per la fine del nazifascismo, che avvenne nel 1945 nelle ultime fasi della Seconda guerra mondiale.
L’occupazione tedesca e fascista non terminò in un solo giorno, ma il 25 aprile è considerata una data simbolo perché coincise con l’inizio della ritirata da parte dei soldati della Germania nazista e di quelli fascisti della repubblica di Salò, dalle città di Torino e di Milano, dopo che la popolazione si era ribellata e i partigiani avevano organizzato un piano coordinato per riprendere le città.
Già il 26 aprile, nella città meneghina, i partigiani prendevano il potere "in nome del popolo italiano”.
Furono condannati a morte di tutti i gerarchi fascisti. Benito Mussolini verrà catturato e fucilato tre giorni dopo. Gli americani entrarono a Milano il 29 aprile e il 1° maggio a Torino.
Finirono così per l'Italia vent'anni di dittatura e cinque di guerra.
Il 25 aprile, simbolicamente, rappresenta la lotta e il sacrificio della Resistenza, e in seguito la nascita della Repubblica Italiana e della stesura definitiva della Costituzione.(25 aprile 2017)


L’ULTIMA TAPPA

Quanti chilometri, quante difficili salite, quante pericolose curve e discese mozzafiato a mille all’ora ha percorso nella sua carriera di ciclista il povero Michele Scarponi, prima di finire la sua ultima tappa in modo così stupido e banale?
No, non è stata una bruttissima caduta, singola o di gruppo, o un rigido tornante preso male: è rimasto travolto e ucciso da un automobilista un po’ distratto “che non l’ha visto”, su una strada del suo paese, mentre si allenava come sempre.
Neanche a dire o a pensare che fosse il classico amatore della domenica, imprudente, ingenuo, inesperto e irresponsabile, che, insieme ad altri amici, si mantiene in forma, pedalando e chiacchierando in gruppo.

Michele era un vero campione della bici, semplice e modesto, pronto a soffrire e ai sacrifici che questo duro sport pretende, e nulla ti regala, per riconoscerti una qualche soddisfazione, una sudatissima vittoria, col caldo, con la piaggia o in condizioni estreme. Un professionista bravo, stimato e appassionato che su quel sellino trascorreva buona parte dei suoi giorni e della sua vita. Si stava preparando a un altro imminente Giro d’Italia, come quello vinto pochi anni fa.
Molto amato dai compagni, da tutti gli sportivi e da tutti i suoi concittadini di Filottrano, che oggi, sconvolti e increduli, gli renderanno omaggio e l’ultimo saluto.

Ma la beffarda sorte toccata a Scarponi non è certo unica e sola.
Molti dilettanti del pedale - quelli del dì festa, di cui accennavo prima, ma anche chi usa la bici per lavoro o per diporto su strade e piste ciclabili - hanno già perso la vita negli ultimi mesi, nello stesso modo. Due sono stati investiti poche ore dopo l’incidente che ha falciato il campione marchigiano, in Molise, e uno non si è più rialzato.
Come tanti altri, rimasti vittime sulle strade consolari o provinciali di tutt’Italia. Forse è il caso di intervenire, di rivedere e aggiornare norme e comportamenti del codice stradale, di ripensare scelte diverse per la sicurezza di pedoni, ciclisti e cittadini.

Ciao campione, sei stato un grande dello sport.
Le tue fatiche e i tuoi sforzi sono finiti, ma mancherai a Nibali, ad Aru e a tutti tuoi compagni in lacrime, alle corse, agli sportivi e a tutti noi.
Riposa in pace, accanto alle tue due ruote.
 25 aprile 2017 (Alfredo Laurano)


PANE E ACQUA

La vergognosa ordinanza del sindaco PD di Ventimiglia, che vietava la distribuzione del cibo in strada ai migranti, è stata finalmente revocata. Da oggi, quindi, sarà nuovamente possibile dare da mangiare e da bere ai migranti che trovano giacigli di fortuna, anche all’esterno del campo gestito dalla Croce Rossa. Di recente, tre cittadini francesi erano stati multati e denunciati per aver dato da mangiare agli affamati.
Nel testo di revoca, nessuna ammissione di colpa o ripensamento per una scelta che contraddice lo spirito di accoglienza e di solidarietà che, in teoria, sarebbero nella ragione sociale stessa del Partito Democratico.
In una paginetta si fa riferimento piuttosto a “mutate condizioni”, tali da rendere “necessaria la revisione della medesima”.
Forse è stato decisivo l’annuncio di una grande manifestazione contro quel divieto, organizzata da associazioni ed esponenti della società civile, dopo otto mesi di indignazione collettiva (anche in alcuni settori del Pd) per quell’atto stupidamente disumano. Una mobilitazione trasversale, sostenuta da associazioni e personalità della società civile come Caritas, Amnesty International, Medici Senza Frontiere, Antigone, Luigi Ciotti, Alex Zanotelli, Mini Ovadia e tanti altri  che hanno firmato un appello contro il divieto: “dar da mangiare a chi ha fame è, da sempre, il gesto fondamentale della solidarietà”.
Magari, sarà arrivata pure qualche telefonata privata da parte di un incazzatissimo Francesco che, inascoltato, continua a predicare umiltà e carità.

La protesta e la relativa campagna di solidarietà sul territorio che sarebbe dovuta cominciare, proprio a Ventimiglia la prossima domenica, ha comunque spaventato il sindaco-podestà e lo ha indotto a fare marcia indietro, prima di finire incenerito nel rogo mediatico e popolare e di far perdere un altro po’ di consensi al suo partito, così tanto democratico.
25 aprile 2017 (Alfredo Laurano)



ANTICIPO DI LIBERAZIONE

Gabriele Del Grande, fermato dalla polizia turca il 9 aprile, è stato liberato, dopo 14 giorni di carcere e alcuni di sciopero della fame.. 
Lo ha annunciato il ministro degli esteri Alfano su twitter. "Gabriele Del Grande è libero. Gli ho parlato adesso, sta tornando in italia.
All'arrivo a Bologna, ha dichiarato di non aver subito alcuna forma di violenza, se non quella istituzionale.
"Ma quello che è successo è illegale, il mio pensiero va a tutti i giornalisti ancora in carcere, in condizioni peggiori della mia”.


SESSANTOTTO

"Girano delle idee che possono avere una prospettiva.
Se guardiamo quello che sta avvenendo nel mondo, possiamo considerare questa sequenza: una globalizzazione senza regole produce un ripiegamento protezionista, sovranista, identitario; quel ripiegamento ha sempre prodotto nazionalismo; il nazionalismo ha sempre prodotto guerre.
Sono fenomeni di opinione pubblica che seguono le scelte internazionali e noi dobbiamo attrezzarci a delle campagne di opinioni.
La mia è: o vien fuori un altro sessantotto o non si conclude niente".

Pierluigi Bersani entra nel merito dei fatti che preoccupano il mondo intero e lancia una riflessione che è anche allo stesso tempo un'esortazione rivolta principalmente ai giovani d'ogni nazionalità: serve un grande movimento di opinione, non solo in un Paese, un movimento come è stato il '68 per dire non giochiamo alla guerra. Non si gioca alla guerra!

Fosse così, sono pronto a tirar fuori dall'armadio dei ricordi il mio vecchio eskimo di allora.
Ma so bene che non mi entrerebbe mai, essendo di una decina di taglie fa. 
E anche il mondo, ormai, mi sta stretto assai.
18 aprile 2017 (Alfredo Laurano)


ROMA IN SCENA

Quattro giorni di festeggiamenti e oltre quaranta eventi in programma per il 2770mo Natale di Roma: mostre, poesie, spettacoli, concerti e rievocazioni storiche celebrano la Città Eterna, un ricco calendario, che prevede anche visite guidate e gratuite ad aree archeologiche e laboratori nei musei e sul territorio.
Il programma delle feste è iniziato giovedì 20 aprile con la maratona di lettura dei sonetti del Belli, un omaggio che la città rende al suo massimo poeta, letti da cittadini romani, italiani e europei, visto che oggi Belli, dopo Dante, è il poeta italiano più tradotto al mondo.

Ma anche Susy Sergiacomo, al di là delle scelte istituzionali, ha voluto dare il suo contributo alla festa della città, mettendo a punto il suo “Roma in scena”, un breve viaggio nella poesia romanesca da Meo Patacca a Petrolini.
Sul piccolo palco del Teatro Porta Portese, i vari brani, sonetti e divertissement sono stati letti e interpretati da una spigliata compagnia amatoriale, composta da alcuni già esperti attori e da qualche emozionato principiante, alla sua prima apparizione sotto le luci della ribalta. A tutti, va riconosciuto il merito e l’impegno.

Oltre a Cesare Pascarella (1858-1940), di cui è stata interpretata una felice sintesi della sua “Scoperta dell’America”, sono stati recitati con spontaneità e con una certa vivacità alcuni sonetti dei due più noti poeti romaneschi, nati e vissuti a Roma tra l’Ottocento e il primo Novecento: Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863) e Trilussa (1871-il 1950), quasi passandosi la staffetta.
In oltre duemila sonetti in vernacolo, pubblicati postumi, l’intellettuale e moralista Belli, raccolse la voce del popolo e i colori della Roma del suo tempo, senza risparmiare ricchi, potenti e prelati, con l’intento di mettere alla berlina l’ipocrisia di quella società decadente.
La sua satira pungente e popolare - ben rappresentata dalla mimica e dalle cadenze di Ornella Petrucci, Irma Ricco, Simona Lattes, Giulio Marotta, Andrea Scaramuzza e di tutti le altre - rifletteva amare considerazioni sulla vita e sulla condizione umana.
Lo stesso realismo espressivo della parzialmente debuttante Compagnia, allestita e diretta dalla regista romana, ha caratterizzato anche i vari brani del popolarissimo Trilussa che amava scrivere anche in italiano e collaborava con numerose riviste. Nelle sue opere volgeva lo sguardo e il suo linguaggio netto alle contraddizioni della borghesia, raccontando con umorismo fatti della cronaca quotidiana. Anche della sua nomina a senatore a vita, avvenuta pochi giorni prima di lasciare il mondo, disse: “in verità, m’avete fatto senatore a morte”.
Alcuni passaggi interessanti della rappresentazione sono stati scambiati dagli attori, disposti in vari angoli della platea, tra un pubblico sorpreso e interessato.
Per chiudere in bellezza, sullo schermo lo storico e sempre suggestivo Gastone di Petrolini e il convinto applauso di tutta la sala ai bravi e volenterosi artisti. Grazie anche da Roma.
 21 aprile 2017 (Alfredo Laurano)


lunedì 24 aprile 2017

LA SPOSA DI GABRIELE

Lodevolmente, Raitre ha appena messo in onda “Io sto con la sposa”, il docufilm del 2014, finanziato “dal basso”, del giornalista scrittore Gabriele Del Grande di 35 anni, recluso da dodici in un carcere turco, senza conoscere ancora l’imputazione. Era stato fermato e arrestato il 9 aprile, al confine fra Turchia e Siria, mentre raccoglieva immagini e interviste per un reportage. Solo ieri, ha potuto parlare con il vice-console e con un avvocato.

Nel film, selezionato a Cannes fuori concorso, cinque profughi siriani e palestinesi, arrivati a Milano dopo essere sbarcati a Lampedusa, cercano di raggiungere la Svezia, senza essere arrestati dalle varie autorità dei Paesi che attraversano.
I protagonisti di questa avventura sono in fuga dalla guerra, dalle dittature e dai soprusi, dalle loro città devastate, fiaccati dalla miseria e dal terrore.
Sono sopravvissuti a un lungo e tormentato viaggio, alla traversata in mare, hanno rischiato la vita, hanno perso compagni e i loro affetti e abbandonato tutto quello che avevano costruito, prima dell’orrore della guerra.

Coinvolgendo una giovane ragazza siriana con passaporto tedesco, il gruppo inscena un matrimonio, con abiti adeguati, considerando che "nessuno oserebbe mai fermare un corteo nuziale".
E così, nei quattro giorni trascorsi tra Milano e Stoccolma, passando per i monti al confine con la Francia, il Lussemburgo, la Germania e la Danimarca, si raccontano e raccontano le loro storie vere, i loro drammi, le loro speranze in un futuro senza più né guerre né frontiere. “Perché il sole è di tutti, il mare è di tutti”.
Le loro semplici parole spiegano con sincerità e commozione - soprattutto agli indifferenti - chi è veramente un profugo, chi ha dovuto fare una scelta difficile, decidere necessariamente tra poche alternative, ugualmente indesiderabili, ricordandoci che nessuno sceglie di essere un rifugiato e che gli effetti dolorosi di quello status permangono anche dopo l'espatrio, condizionando la vita futura.
Ad aiutarli nell’impresa, un regista, un giornalista, un poeta siriano-palestinese ed alcuni amici, tutti convinti che nella vita, prima o poi, bisogna scegliere da che parte stare. Schierati da quella del sogno, disattendono le leggi sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e arrivano alla meta.

Il coinvolgente documentario che Del Grande ha diretto insieme ad altri, ci fa conoscere più a fondo il suo pensiero: quello di un operatore culturale eticamente impegnato, di persona di grande umanità e sensibilità, che conosce bene il fenomeno migratorio e che rischia in proprio per aiutare chi fugge dalle bombe, chi non ha più diritti se non quello di essere salvato, chi ha perso tutto e non ha mezzi, denaro e altre possibilità.
Ha realizzato un bel film manifesto che squarcia certi complici silenzi, ipocrisie politiche e istituzionali, logiche razziste e luoghi comuni, diffusi ad arte da nemici della solidarietà, per spaventare e fomentare odio e rabbia. Un documento che apre (già tre anni fa) la necessità di un dibattito sulle leggi che hanno trasformato le nostre frontiere in cimiteri.
Perché il diritto - ricordando le parole di Hanna Arendt, non è neutro: “le leggi sono scritte da uomini e a volte sono scritte male. Crediamo sia arrivato il tempo di disobbedire, di dire che nessun essere umano è illegale”.
E che i ventimila morti in mare di questo ventennio non sono vittime della burrasca, ma delle leggi che hanno impedito loro di viaggiare in aereo, con un visto sul passaporto.
E ora, aspettiamo tutti che il sultano della mezza luna liberi Gabriele
.22 aprile 2017 (Alfredo Laurano)


mercoledì 19 aprile 2017

RESURREZIONE

Pasqua è appena passata. Religione e tradizione sono state rispettate, sperando nella pace.
Secondo la narrazione dei Vangeli e degli altri testi del Nuovo Testamento, il terzo giorno dalla sua morte in croce, Gesù risorse lasciando il sepolcro vuoto e apparendo prima a Maria Maddalena, poi agli apostoli e ai discepoli.Ma oggi, la resurrezione sarebbe forse un po' diversa....
Da così:
 
(La Resurrezione di Piero della Francesca)
a così:
                                                           



ANTO’, SALUTAME A KIM

La minaccia nucleare arriva dalla Corea del Nord?
“Non creto, no, loro non hanno la bomba atomica per adoperarla, ce l'hanno per difendersi".
Sic loquitur Antonio Razzi, senatore della repubblica, per caso o per disgrazia, al ritorno da uno dei suoi viaggi in quel Paese.
"La Corea del Nord è più democratica dell'Italia. Da quando c'è il mio amico Kim, le persone sono precise quando si danno gli appuntamenti e le strade sono pulite e non c’è criminalità. Mi ricorda la mia Svizzera”.
E la mancanza di libertà?
“Non creto che non ci siano diritti umani. Si può tranquillamente uscire, andare dove uno vuole e i giocatori coreani vengono in Italia. E poi non è quel regime cattivo che tutti pensano”.
Oggi, dopo il recente incontro e i selfie con Assad in Siria, alla luce degli ultimi drammatici avvenimenti, si propone come mediatore tra l'Italia (o il mondo) e la Corea del Nord.
"Certo, io mi adopererei perché loro mi vogliono bene.
Io, Antonio Razzi, vado a fermare i razzi
Intraprendo questo viaggio con la speranza di tranquillizzare la situazione e calmare le acque. Tranquillizzare soprattutto gli americani, i giapponesi e i sudcoreani nel senso che la Corea del Nord, mi ha sempre detto che loro non attaccheranno mai nessuno, a meno che non vengano prima attaccati. Cominciamo a eliminare un po' di questo embargo che li sta isolando da tutti. Dialoghiamo”.
Il saggio senatore poi spiega che la proposta della sua mediazione è ovviamente nel migliore interesse degli Stati Uniti e della pace nel mondo.
“A Donald (Trump) voglio dire che io sono per il dialogo perché Dio ci ha dato la bocca per parlare e non ci ha dato le bombe da sganciare. E allora, amico caro, io dico: se ci ha dato la bocca, parliamone”.
Quanta ragionevolezza, quanta diplomazia, buon senso ed equilibrio in questo bistrattato servitore della patria e della pace, pronto a farsi scudo umano e al sacrificio. Solo lui può salvarci dall’ecatombe atomica.
Altro che Kissinger, Cromwell, Cavour o Richelieu! Fatelo almeno ambasciatore!
Comunque, non facciamo della facile ironia: era il Razzi vero, quello con scarpe grosse e cervello fino, non quello che Crozza ha trasformato in mito!
18 aprile 2017 (Alfredo Laurano)

LA LEGGENDA DELLA PASTIERA

Dedicata ad Angelina M. La sua pastiera era molto buona e delicata. 
Ancora grazie, ci faccio colazione.

Narra la leggenda che la sirena Partenope, incantata dalla bellezza del golfo, disteso tra Posillipo e il Vesuvio, avesse fissato lì la sua dimora. Ogni primavera, la bella sirena emergeva dalle acque per salutare le genti felici che popolavano il golfo, allietandole con canti d’amore e di gioia.
Una volta la sua voce fu così melodiosa e soave che tutti gli abitanti ne rimasero affascinati e rapiti: accorsero verso il mare commossi dalla dolcezza del canto e delle parole d’amore che la sirena aveva loro dedicato. Per ringraziarla di un così grande diletto, decisero di offrirle quanto di più prezioso avessero.
Sette fra le più belle fanciulle dei villaggi furono incaricate di consegnare i doni alla bella Partenope: la farina, simbolo di ricchezza; la ricotta, simbolo di abbondanza; le uova, simbolo della vita; il grano bollito nel latte, a prova dei due regni della natura; i fiori d’arancio, profumo della terra di campagna; le spezie, in rappresentanza di tutti i popoli  lontani del mondo; infine lo zucchero, per esprimere l’ineffabile dolcezza profusa dal canto di Partenope in cielo, in terra e in tutto l’universo.
La sirena, felice per tanti doni, si inabissò per fare ritorno alla sua dimora cristallina e per deporre le offerte preziose ai piedi degli dei. Ma, nel raccoglierli, mescolò tutti gli ingredienti in un amalgama che le lasciò tra le mani la prima pastiera, di cui fu inconsapevole autrice e che superava in dolcezza il suo stesso canto.  
La pastiera è entrata poi nella tradizione cristiana diventando il dolce con cui festeggiare la Pasqua.
Ancora oggi è presente sulla tavola pasquale in tutte le famiglie ed è simbolo di pace. 
18 aprile 2017 (Alfredo Laurano)

PASQUETTA

Anche 'sta Pasquetta è andata, come questa di qualche anno fa...
Perché Pasqua è serena, la Pasquetta è fuori porta, la Vigilia è magra, il Natale è santo, Capodanno è di veglione. Carnevale è mascherato, il 25 Aprile è partigiano e antifascista, il Primo Maggio era la festa dei lavoratori, a Ferragosto fa caldo e l'Epifania tutte le feste porta via.
E' quanto prevede lo stereotipo del calendario all'italiana.
Tutti gli altri giorni so' 'na fetenzia!
18 aprile 2017 (Alfredo Laurano)

lunedì 17 aprile 2017

A META’ DEI TURCHI JE FUMANO N’ANTICCHIA…

La Pasqua turca ha portato una salutare ventata di presidenzialismo di cui, in verità, anche in Europa, non si avvertiva proprio la mancanza.
Al referendum costituzionale, come era lecito immaginare, ha vinto il Si, sia pur di misura: 51,2 %, mentre l’Opposizione denuncia brogli sul 37% delle schede. Vuole, o vorrebbe, ricontarle.
Il paese è quindi spaccato a metà e il potere unico, granitico, nelle mani del sultano. Questo il responso delle urne, dato da 55 milioni di turchi chiamati a decidere se modificare o meno la Carta Costituzionale.
Alta l’affluenza alle urne, attorno all'84%, non sono mancati incidenti, arresti e sparatorie per divergenze politiche.
Per Erdogan il Sì è la svolta che serve, un esecutivo forte che può promuovere lo sviluppo economico e combattere il terrorismo. Uno dei primi atti annunciati sarà l'introduzione della pena di morte, l'ennesimo passo che allontanerà la Turchia dall'Europa.

Ma in che consiste questa svolta in senso presidenzialista?
Tra gli emendamenti sottoposti al referendum, uno dei più significativi è l'abolizione della figura del primo ministro: sarà il presidente stesso a nominare il governo. Il Parlamento non supervisionerà più i ministri perché non avrà più il potere di avviare una mozione di sfiducia. Il presidente, inoltre, potrà nominare 6 su 13 giudici del Consiglio superiore della magistratura e non dovrà più essere neutrale, ma potrà mantenere un'affiliazione al suo partito politico. Saranno abolite le corti militari. Per controbilanciare, la riforma prevede che il presidente possa essere messo in stato d'accusa (impeachment) dal Parlamento.
Vista la contestazione di così tante schede, dove si trattava, in fondo, di mettere solo una croce sul Sì o sul No, c’è da sospettare che questo referendum sia stato almeno “n’anticchia” manipolato. Se venissero confermati i brogli, tutte le nazioni della UE dovrebbero applicare severe sanzioni nei confronti di un regime che ha calpestato le regole democratiche.
Ma da un Paese dove le carceri sono piene di giornalisti e politici d'opposizione, dove si licenziano giudici, insegnanti e pubblici ufficiali per le loro idee politiche, dove i dissidenti e le contestazioni si possono realizzare solo da esiliati all’estero, dove gli attentati si susseguono a giorni alterni, cosa ci possiamo aspettare?
Cos’altro potrà accadere dopo consegna dei super poteri al sultano della mezza luna, che nemmeno fuma?
(Alfredo Laurano)

domenica 16 aprile 2017

AUGURI MONDO, NE HAI BISOGNO

Sia per chi crede, che per chi no, sia con l’agnello sacrificale sulla tavola che senza, è consolante e promettente festeggiare la Pasqua di resurrezione, tradizionalmente festa di pace e di serenità, sapendo che un "conflitto è possibile in ogni momento", che “siamo pronti a una guerra nucleare", che “risponderemo a un conflitto totale con un conflitto totale".
Nel mondo e in quell’area dell’Asia orientale sale forte la tensione. Soffiano venti di guerra tra violenti, reciproche minacce.

Gli Stati Uniti sono pronti a sferrare un attacco contro le ambizioni belliche di Pyongyang, accusata di avere un irresponsabile e destabilizzante programma nucleare.
Nello stesso momento in cui papa Francesco chiede di fermare i signori della guerra e frenare l'escalation degli armamenti ("L'ho detto e lo ridico, la violenza non è la cura") e parla di vergogna per le immagini di devastazione, Donald Trump, novello roscio Stranamore, fa esplodere in Afghanistan, sordo e assordante, l'ordigno dei record (Moab) e avvicina le sue navi lanciamissili alla penisola nordcoreana.
Le forze armate di quel Paese guidato dal giovane pazzo Kim Jong-Un, che ha un debole per l’atomica, minaccia un attacco preventivo contro le basi militari americane in Giappone e in Corea del Sud e contro la residenza presidenziale di Seul, in caso di aggressione degli Stati Uniti.
Intanto, ieri, nella "Giornata del Sole" (celebrazione della nascita del presidente eterno Kim Il Sung, nonno dell’attuale leader), la festa nazionale più importante, la Corea del Nord, schiera in parata nella capitale Pyongyang migliaia di soldati in marcia, carri armati, lanciarazzi multipli e, per la prima volta i nuovi missili balistici intercontinentali. 
Possiederebbe però anche 5.000 tonnellate di armi chimiche e un nuovo supermissile intercontinentale. Con tale arsenale minaccia di lanciare una guerra totale in risposta ad un eventuale aggressione. Una dimostrazione di forza sia nei confronti dell'amministrazione Trump, che dei suoi principali alleati regionali, Corea del Sud e Giappone.
Dall’altra parte, scopriamo l’esistenza nelle basi Usa di un altro ordigno non nucleare (Mop) più potente dei quello appena sganciato in Afghanistan, finora mai impiegato, conosciuto come “Big Blu”.

Dettagli incoraggianti per tutti noi che, con grande preoccupazione, assistiamo impotenti all’escalation degli attriti internazionali, sperando che tutti i Paesi coinvolti possano dar prova di moderazione e responsabilità, nell’assoluta convinzione che una guerra oggi sarebbe la terza mondiale e forse nucleare e non avrebbe certamente vincitori.

Oggi, Pasqua - che nell’etimologia significa saltare, passare oltre (il sacrificio dei primogeniti ebrei in Egitto) - l’unica cosa che può risorgere, oltrepassando la paura e la tempesta, è la saggezza ritrovata di chi decide il destino delle genti e dell’umanità.  
(Alfredo Laurano)

sabato 15 aprile 2017

IL RAGAZZO DEL PI GRECO

Sullo sfondo di una natura complessa, meravigliosa, feroce e, a volte, indecifrabile, prende corpo la travagliata storia del giovane indiano Pi Patel, mirabilmente interpretato da Suraj Sharma.
Vita di Pi di Ang Lee (ieri sera su Raidue) è un film spettacolare, un dramma sospeso fra il romanzo di avventura, una vivida rappresentazione dei sentimenti e dei rapporti umani e una parabola filosofico-religiosa, con tante possibili chiavi di lettura, riconoscibili in vari momenti del film: onirica, metafisica, religiosa, etica, esistenziale, sentimentale, razionale e passionale. L’opera ha riscosso un enorme successo di pubblico e di critica, vincendo anche 4 premi Oscar (Miglior Regia, Miglior Colonna sonora, Migliori Effetti speciali, Miglior fotografia).
E’ un racconto intenso e palpitante, avvolto di armonia e poesia, che invita a profonde riflessioni spirituali e che trascina lo spettatore nella tormentata odissea oceanica e nel percorso di crescita del diciassettenne protagonista verso l’età adulta, attraverso la fede, il sogno e la razionalità: è l’unico superstite di uno spaventoso naufragio, solo su una scialuppa dispersa nel Pacifico, con la sola compagnia di una tigre, cresciuta nello zoo di famiglia. Gli altri tre animali allegorici sopravvissuti - una jena (il cuoco burbero della nave) che uccide una zebra (un marinaio) e un orango (l’affetto e la madre di Pi), a sua volta sbranata dalla tigre - escono presto di scena.
Un apologo esemplare che, all’interno di una impareggiabile cornice narrativa, coniuga il difficile sforzo per la sopravvivenza con la potenza del 3D e la magia della computer grafica, in un incredibile e lungo viaggio verso realtà inesplorate, tra tempeste e animali umanizzati, tra giochi di specchi mare e cielo e balene luminescenti, colonie di delfini e pesci volanti, tra incredibili peripezie, pericoli, attacchi mortali e l’approdo sulla lussureggiante isola dei suricati, che di notte diventa carnivora. 
Suggestiva l’ambientazione e impenetrabile il segreto che quel luogo nasconde: a causa di un misterioso processo chimico, ogni cosa diventa tossica (l’acqua diventa acida, uccidendo i pesci che nuotano nelle pozze di acqua dolce) e i suricati sono costretti a rifugiarsi sugli alberi dalle infinite radici.

Il talento, la forza, la fiducia e l’intelligenza, però, prendono il sopravvento per condurlo stremato alla salvezza, come per incanto, insieme alla feroce tigre con cui ha condiviso la straordinaria avventura. La tragedia del naufragio subìto e il dolore lacerante per l’improvvisa perdita dei suoi familiari trasformano lentamente le sue sofferenze in prorompente necessità di vivere.
A quelle ferite, a quel suo pathos interiore, si unisce la speranza e subentra il rapporto con il divino, elemento portante del film, che viene in soccorso quando la morte sembra giungere all’improvviso.
Sensibile a tre religioni (Induismo, Cristianesimo e Islam), Pi - per gli amici diventato Pi greco, ad evitare le storpiature e le derisioni sul suo originale nome Piscine -  continua a confidare in Dio, il suo vero compagno, colui che si manifesta sotto forma di pesce quando ha bisogno di cibo, colui che è il sole durante una tempesta, colui che è l'infinito oceano, colui che è tutto.
Ma non ha solo lui al suo fianco durante questa esperienza estrema. La stessa Richard Parker, la feroce tigre del Bengala, pronta a mangiarlo vivo da un momento all'altro, è la ragione che in fondo gli regala la vita e la voglia di andare avanti nel suo viaggio e di ritornare al mondo.
Uomo e felino uniti nella più surreale, imprevedibile simbiosi, un’attrazione che profuma di fascino e magia, una fatata seduzione che solo un certo cinema sa pennellare.
(Alfredo Laurano)