Tra mito letterario, magia e fantasia, arrivano, anzi sono arrivati la sera del 25, i moschettieri di Natale 2020, con la complicità di un ricco cast, che racchiude buona parte del cinema italiano.
Molto pubblicizzato, appunto
come regalo di Natale, è un film piuttosto sconclusionato, scoordinato,
confuso, un po’ forzato, incoerente e goffo, tenuto assieme dal mestiere e
dalla simpatia dei suoi attori protagonisti. Ma intriga, attrae, diverte o
incuriosisce.
E’ come se nascesse da una
ruvida sceneggiatura a braccio, che si compone via via nelle scene e negli
episodi, secondo un abbozzato canovaccio di base, una traccia schematica e casuale,
che sfrutta anche slogan orecchiabili e motti
suggestivi dell’attualità pubblicitaria, dove realtà e fantasia, anziché
fondersi e intrecciarsi in un racconto appassionato ed emozionante, confliggono
in cerca di un senso e di una equilibrata proporzione.
Tutti per uno – Uno per tutti di Veronesi è una favola vagamente ispirata e pretestuosa agli intrecci di Dumas, dove i tre moschettieri superstiti e arrugginiti - Athos dalla salute precaria di Papaleo, Porthos nevrotico e disincantato di Mastandrea e D'Artagnan di un naif Favino, dalla parlata incomprensibile, orfani di Aramis (morto in un modo che non viene mai spiegato e reincarnato in un lupo amico - vengono richiamati dalla Regina d’Austria (Margherita Buy) per un ultimissimo incarico segreto, una nuova missione molto speciale: scortare Enrichetta d’Inghilterra e la piccola Principessa Ginevra in Olanda, per un matrimonio che metterà pace fra i regni.
Ma devono fare i conti con le imprese impossibili, con le
sfide e con le spade, con la vecchiaia e la pensione, con i 35 anni di
contributi versati, con l’artrosi e la labirintite, e stavolta pure con la fine
di una onorata carriera, dovendo scegliere tra la fedeltà alla Corona e quella
all’amicizia e agli ideali amorosi.
Accanto a loro, terzetto comico di rara complicità
brancaleonesca, tante stravaganti e improbabili figure: da Cyrano, spadaccino
libertario a capo della Corte dei Miracoli, una banda di teatranti, all’orbo
Beghelì sempre pronto ad aiutare i più piccini (il salvavita Beghelì); dal
piccolo orfanello Buffon (innamoratissimo di Ginevra, che gli adulti vogliono
portar via), che si rifugia nel mondo dei Moschettieri per ottenere giustizia,
alla bizzarra veggente, una specie di incrocio tra un oracolo e un navigatore
satellitare umano, che non a caso si chiama Tom Tom. Fino al frate Champignon,
dal volto ulcerato, e al cameo di Panatta che (a suo stesso dire) con la
parrucca somiglia a sua zia.
Amore, cuore e sentimento, in uno sfondo di rinnovato romanticismo. Il film gioca spesso con il paradosso e il demenziale, con l’ironico e il ridicolo, lasciando ai suoi protagonisti ampio margine per improvvisare i toni e i tempi della comicità e della recitazione.
Come lo strampalato grammelot di Favino-D’Artagnan, buffo e
fantasioso, che sciorina improbabili massime sgrammaticate e confonde papille
con pupille, tigri e Eufrate, in un idioma misto di francese, di dialetti
sardi, refusi e neologismi, che rende omaggio ai Pooh: “mi dispiace devo
andare, il mio posto è là”.
Chiudendo, in colonna sonora terapeutica, con “La Cura” di
Battiato:
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te”.
27 dicembre 2020 (Alfredo Laurano)