domenica 22 marzo 2020

LAICA CLAUSURA /1996


Tutti ai domiciliari. Che fare, oltre a sentire le notizie dei Tg, a seguire i talk e gli Speciali a tutte le ore, a sconvolgerci quotidianamente con i bollettini macabri della Protezione Civile, che ci aggiornano sui troppi morti e feriti della guerra?
Intanto, tutti speriamo di non essere, prima o poi, fra quei numeri spaventosi, che ci danno ansia e ci gettano nel panico.
Poi pensiamo con terrore che il già scarso personale sanitario (medici, rianimatori, infermieri, tecnici, autisti d’ambulanza e altri) possa ulteriormente contaminarsi, essere isolato - se non peggio, come già purtroppo successo – ed essere sottratto, non per propria volontà, al duro sacrificio, al fronte. Sono l’unica speranza di un intero popolo, anzi, ormai, di tutti i popoli infettati.
Immaginiamo cosa ciò significherebbe? Meglio non pensarci.
Vanno e vengono tutti gli altri pensieri, ricorrenti e tristi, che scriviamo, scambiamo o interpretiamo, dialogando virtualmente con qualcuno, al telefono, sui Social, su Skype o su Whatsapp. E ci danno un altro po’ di depressione, insieme a un calcio all’ottimismo.

Molti hanno la fortuna o il privilegio dello Smart Working, che aiuta a dare un senso alla giornata. Mia figlia, per esempio, lavora più di prima, facendo lezione in tele conferenza, sia all’Università statale La Sapienza, sia a quella privata, sia a un’altra azienda che si occupa di merci.
Molti si sentono in gabbia, costretti ed annoiati, smaniano e cercano qualsiasi tentativo di pur fittizia evasione: e allora la spesa alimentare in lunghe file, il cane, il giro del palazzo. Intorno, le città e i luoghi ormai deserti, privi di traffico, con pochi passanti che si aggirano dubbiosi e spauriti, spesso con una mascherina di fortuna. C’è un che di spettrale e postatomico, in una Italia chiusa per coronavirus. E’ assordante quell’innaturale silenzio, da coprifuoco in tempi di guerra.
C’è chi (e sono tanti), ha il problema dei bambini piccoli che chiedono di uscire e di giocare fuori, con compagni ed amichetti. Difficile spiegare perché no, distrarli, rimandare, coinvolgerli in storie e attività manuali (disegni, costruzioni e cartoni animati alla TV). Soprattutto quando gli spazi sono esigui, senza un balcone o un minuscolo giardino. Sono tantissime le famiglie numerose che vivono in case di pochi metri quadri. Quante mamme e padri, già provati, scoppiano di fronte al pianto o a un capriccio, che si fa sempre più insistente, estenuante, che non si sa come calmare? E’ facile perdere l’equilibrio, perdere il controllo, dare di testa.
E a tutti i nonni mancano i nipoti. I loro affetti sono congelati e accrescono la solitudine e il disagio esistenziale.
Anche la convivenza è messa a dura prova, tra nevrosi, ansia e nervi a fior di pelle.
Alcuni si rifugiano in cucina, preparano da mangiare, secondo ricette semplici e con ingredienti razionati, per non finire presto le minime scorte in dispensa e frigo.
Altri sono maledettamente soli. Soffrono da soli. Non possono condividere inquietudine e paure. E non parlano nemmeno con se stessi.

E siamo solo a 10-12 giorni dall’inizio della clausura. Quanto potremo resistere o rispondere con adeguata resilienza?
Dopo, non oso immaginare cosa accadrà. Chissà perché gli americani fanno la fila davanti alle armerie, più che agli ingressi dei supermercati!
Ah! Oggi è domenica, ma è come lunedì o martedì. Nemmeno i giorni hanno più senso e distinzione. Non sono più feriali o più festivi.
Anche se ho appeno udito suonare le campane.
22 marzo 2020 (Alfredo Laurano)



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