Uno scenario sinistro ed angosciante, da guerra post
atomica, da film dell’orrore o estrapolato da una nefasta storia di
fantascienza.
Una grande piazza, che ha perso milioni di fedeli e di
turisti da tutto il pianeta, immersa nel vuoto, nel buio e in un silenzio
spaventoso e muto, con l’asfalto bagnato che riflette la sottile pioggia, come
in un triste pianto collettivo. Discreto e riservato, come le lacrime che non
fanno rumore.
E in quella inconsueta e nuda piazza, che sembra un
gigantesco set, un piccolo uomo bianco e senza ombrello, provato, fragile e
indifeso, sale a fatica le scale per pregare, benedire e parlare alla città e
al mondo. Come sottofondo sonoro in quella irreale inquadratura,
tristemente suggestiva, solo le gocce battenti del timido piovasco e il verso
dei gabbiani.
Una realtà concreta che volge e si trasforma in una
dimensione astratta, quasi fiabesca.
Si rivolge al Crocifisso miracoloso, invocando l’aiuto di
Dio:
"Da
settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle
nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo
tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante e ci siamo ritrovati
impauriti e smarriti, presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e
furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e
disorientati, tutti chiamati a remare insieme. Non
lasciarci in balia della tempesta!
Al di là del rito sacro e della preghiera, della
distinzione fra laici e credenti, tra bigotti, indifferenti e integralisti, abbiamo
vissuto un momento storico da brividi.
Abbiamo letto una pagina, carica di intenso pathos
collettivo e di spiritualità, che finirà nei libri di storia e che ci farà
commuovere quando la ricorderemo o quando qualcuno la racconterà.
Un uomo solo, detto Francesco, in quel largo spazio, livido
e spettrale. Il suo messaggio ha squarciato quel plumbeo silenzio. E’ stato
talmente forte e solenne, che ha toccato ogni cielo sopra di noi e di tutti gli
uomini, credenti o no.
Una grande emozione in un momento tragico, di paura e
sofferenza.
Tutta l'umanità si è sentita unita in una dimenticata
fratellanza, in un grande e muto abbraccio, testimone della nostra debolezza,
della nostra caducità.
28 marzo 2020 (Alfredo Laurano)
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