Ma non tranquille,
come nei dì di festa, anzi colme di ansia e di paura e di concreto senso di
inquietudine, ad ogni angolo.
Le città sono senza
popolo, senza gente che le anima, che le vive, che le scopre, magari anche con
disagio e con fastidio
Una situazione
incredibile, paradossale e del tutto sconosciuta, mai vissuta fino ad oggi,
nemmeno ai tempi dell’Asiatica, della Sars, dell’Aviaria, di Chernobyl, della
Mucca Pazza e del Colera a Napoli. Che ci ha sorpreso a tradimento, che ci sta
sconvolgendo e terrorizzando e alla quale non potevamo certo essere preparati.
Troppi hanno pensato
che l’epidemia Corona riguardasse solo il popolo cinese, che mangia cani e
zuppe di pipistrello. Che, al massimo, sarebbe rimasta circoscritta all’Asia.
Ma nel mondo globalizzato, anche i virus viaggiano dappertutto e si riproducono
assai velocemente, scavalcano i muri di Trump, di Erdogan, del Medio Oriente e
tutti gli altri; non conoscono frontiere e fili spinati, fanno mercato e
diventano Pandemia.
Comunque, quel
popolo d’Italia, cosciente
e sano nella testa, sta giustamente e forzatamente casa, senza sentirsi
prigioniero, ma nel segno dell’isolamento, per schivare lo spettro del
contagio, anche quando è costretto, per necessità, a uscire e a mettersi in
coda fuori dalla farmacia, alle poste o al supermercato.
E tra le proprie
quattro mura, quel popolo segregato e stanco, afflitto e prigioniero, trova conforto
e distrazione, cucinando, leggendo un libro, guardando un film, oltre ai TG e
agli speciali, navigando sul Web o chattando sui Social e su WhatsApp, per
farsi reciprocamente coraggio, per sfogare l’ansia e la paura, per trovare una
qualche rassicurazione, per raccontarsi la giornata, i giochi di bimbi e
nipotini, o chiedere pareri, consigli o ascoltare una parola amica.
Meno, come sempre,
la folta tribù degli imbecilli, che salgono agli onori della cronaca, proprio
nei momenti più collettivamente tragici. Come gli sciacalli o i monatti e gli
untori manzoniani.
E allora, a Sciacca,
c’è chi esce e va a fare la spesa nonostante sia positivo al Coronavirus: viene
scoperto, denunciato e ora rischia fino a dodici anni; oppure, ci sono i cinque
che da Napoli vanno in macchina a Zocca, per vedere la casa di Vasco:
denunciati; o gli otto che mangiano in una trattoria aperta al pubblico, fuori
orario o che a Savona giocano in sedici a calcetto: o, ancora, il giovane
fenomeno di 23 anni che, a Roma, alla richiesta di esibire l’autocertificazione
prevista, ne mostra una dove attesta di andare a cena dagli amici.
Ma il caso più folle
e sconcertante arriva da Napoli, dove, all'ospedale Cotugno, un uomo, che
presentava sintomi febbrili ed era in attesa di fare il tampone, si è
spazientito e ha dato in escandescenze, sputando contro dottoressa e infermiere
che cercavano di calmarlo. Il risultato è che i due sanitari sono stati posti
in quarantena e sottratti alle già carenti forze operative dell’ospedale.
Tutti costoro,
contro i principi base di Ippocrate e della medicina, non meriterebbero di
essere curati da chi si sta prodigando, allo stremo e senza sosta, per salvare
vite umane.
Soprattutto quegli
ottusi dissennati che non capiscono, che ignorano l’emergenza e la moltiplicazione
dei contagi e, che, in nome di una inquietante e disperata filosofia egoista e
nichilista, sostengono che per paura di morire, non possono rinunciare a
vivere.
12 marzo 2020
(Alfredo Laurano)
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