martedì 16 febbraio 2016

PANE NOSTRUM


Forse è colpa delle infinite diete, della civiltà dell’immagine, degli standard del nuovo consumismo alimentare, della oligarchia dei chirurghi plastici e della supremazia del botulino: fatto sta che il consumo di pane è dimezzato negli ultimi dieci anni. Coldiretti: “siamo al minimo storico".
Eppure, continuiamo a dire:” è buono come il pane” o “è un pezzo di pane”, per descrivere una persona molto mite e altruista.
Metafore a parte, buono come quella fetta di pane che nella nostra infanzia, solo con un goccio d’olio, o una sottile leccatina di burro e zucchero, costituiva una merenda sana ed equilibrata.
Quel pane per cui, nella storia - e ancora oggi in alcune parti del mondo - si sono combattute tantissime battaglie, come il famoso assalto ai forni manzoniano.
Quel pane che, per trovarlo fragrante al mattino sulle nostre tavole, qualcuno lo lavora e lo produce alle tre di notte.

La media di consumo degli italiani è scesa a 85 grammi al giorno. Non è più di moda
Era convinzione popolare che il pane fosse il miglior nutrimento, ma negli ultimi tempi gli italiani devono aver cambiato opinione e abitudini a tavola.
Con il calo degli acquisti, ora sono a rischio anche i pani della tradizione, tra i quali filoni napoletani, pagnotte di grano duro, sciapo toscano, coppiette ferraresi, casareccio di Genzano, di Altamura e il pane di Matera.

Sale l'interesse per il pane biologico e, con l'aumento dei disturbi dell'alimentazione, sono nati nuovi prodotti senza glutine e a base di cereali alternativi al frumento (kamut, farro). Molto apprezzate le varianti salutistiche, ad alto valore nutrizionale: a lunga lievitazione, senza grassi, con poco sale, integrale, a km 0, come quello realizzato direttamente dai produttori agricoli con varietà di grano locali, spesso salvate dall'estinzione.

Oggi in circolazione, anche nei supermercati, c’è di tutto: pane precotto e surgelato proveniente dall’Est europeo, pane trattato con alcool etilico per prolungarne la conservazione, pane a lievitazione rapida.
Scegliendo o dovendo per necessità comprare prodotti a basso costo e a bassa qualità, la prima e migliore conseguenza è l’acidità di stomaco, per colpa di lieviti che non hanno avuto il tempo di completare il loro lavoro.

Dall’alta parte, abbiamo un tessuto di panificatori artigianali che sta morendo per una serie coincidente di motivi.
Il primo è il ricambio generazionale: quanti giovani sono disposti ad alzarsi, quando molti altri coetanei vanno a letto, per cominciare a lavorare il prezioso alimento?
Poi, c’è appunto il cambiamento delle abitudini: dalle tavole italiane sta sparendo il pane, se ne mangia sempre di meno. Infine, perché il pane viene spesso sostituito da una lunga serie di prodotti industriali, affini (grissini, cracker, sfogliatine…), molto reclamizzati e imposti sul mercato.

Pane nostro, bene prezioso, modello per eccellenza di cibo e di convivialità, fin dai tempi più antichi, e alimento più consumato in tutto il mondo.
Simbolo ideale e concretissimo di storia e tradizione che, se cadeva a terra, si raccoglieva, si puliva, si soffiava e si baciava, in un momento di semplice poesia contadina. Un gesto, quasi sacro, che restituiva al pane il suo valore eucaristico, universale e di condivisione. Con le sue mille forme, il suo sapore e il suo profumo, intenso come quello della nostra infanzia.
Come vi si può rinunciare?
Come si può cancellare un pezzo importante della nostra esistenza e della nostra memoria collettiva, buono come il pane?
15 febbraio 2016 (Alfredo Laurano)



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