martedì 9 febbraio 2016

EPOREDIA E LE ARANCE DI VIOLETTA

Lo storico Carnevale di Ivrea si celebra ogni anno per ricordare un episodio di affrancamento dalla tirannide che si fa risalire al medioevo, ispirato alla vicenda di una leggiadra mugnaia giustiziera di un tirannico feudatario.
La leggenda vuole che, intorno all’anno 1200, Violetta, figlia di un mugnaio e promessa sposa a Toniotto, non volendo sottostare allo jus primae noctis, imposto a tutte le spose dal tiranno che affamava la città, salì al castello e decapitò il Barone. Ciò accese la rivolta popolare che si concluse con la distruzione del maniero e con la l’istituzione del libero Comune.
La tipica Battaglia delle Arance rievoca questa ribellione: il popolo, rappresentato dalle nove squadre degli aranceri a piedi, combatte a colpi di arance contro le armate del Feudatario, rappresentate dai tiratori sui carri trainati da cavalli - a Ivrea non ci sono carri allegorici come in altri famosi carnevali - che indossano protezioni e maschere che ricordano le antiche armature.
Il lancio delle arance affonda le sue radici intorno alla metà dell’Ottocento. Prima, erano i fagioli i protagonisti della battaglia.
Si narra infatti che due volte all’anno il feudatario donasse una pignatta di fagioli alle famiglie povere e queste, per disprezzo, gettassero i fagioli per le strade. Gli stessi legumi erano anche utilizzati in tempo di carnevale, come proiettili da sparare addosso agli avversari.
Ancora oggi, di tarocchi, di insulti classici e di quelli più fantasiosi, ne volano di tutti i colori tra gli aranceri a terra e quelli sul carro. Ma è pura goliardia.
Per gli eporediesi (nome degli abitanti che deriva dall’antico nome romano della città di Ivrea, Eporedia) il carnevale è un’autentica malattia: è atteso tutto l’anno e alla fine di un’edizione si pensa immediatamente alla successiva. Come fanno esattamente i senesi per il Palio.
Sono oltre 6000 i quintali di arance lanciate ogni anno. Coltivati da aziende di Calabria e Sicilia, sono agrumi destinati al macero e non potrebbero mai arrivare sulle tavole. Quindi nessuno gridi allo spreco, dicono gli organizzatori.

Attenzione, però, non si dice guerra e neanche lotta: solo, rigorosamente, Battaglia.
Gli eporediesi ci tengono!
Si combatte tre giorni di fila, dalla domenica al martedì. A fine giornata, i “bisognini” dei tanti cavalli e la poltiglia di arancia diventano tutt’uno, sprigionando un odore pungente, che ristagna sul pavé, anche giorni dopo la battaglia. Per i protagonisti è un autentico profumo. 
Il Carnevale è la sovversione della quotidianità.
Durante i tre giorni di battaglia, Ivrea impazzisce, letteralmente. 
Normali padri di famiglia, comuni cittadini e distinti professionisti urlano sotto il carro, magari insieme ai figli, e si sfregiano a colpi di arance, sfogando a volte anche rabbia e delusioni.
Arance, quindi, non come apporto di vitamina C, ma come efficace tecnica antistress.

La forza della tradizione supera comunque la forza della ragione e del buon senso.
Anche quest’anno, la pioggia e le misure antiterrorismo non hanno scoraggiato curiosi e appassionati a partecipare alla irrinunciabile battaglia.

Venduti settemila tagliandi al prezzo di otto euro, per accedere alle piazze dell’agone, ma novanta è la quota di iscrizione media che paga un arancere a terra per tre giorni di battaglia. Per tirare sul carro si può arrivare fino a 300 euro. Al giorno.
Circa 100.000 gli spettatori, 200 figuranti in costumi d’epoca e 70 cavalli nel corteo storico, 4.500 gli aranceri, 54 i carri da getto, trainati da altri 100 cavalli. Un milione e mezzo, il valore generato in attività commerciali nelle giornate di svolgimento della manifestazione.

In compenso, domenica, solo una settantina i feriti, per colpi di agrumi, e una trentina le persone ubriache di vin brûlé che hanno fatto ricorso alle cure dei sanitari: circa la metà rispetto alle passate edizioni.
Occhi neri, ecchimosi ed ematomi vari sono però come una medaglia, un riconoscimento ufficiale, e misurano il valore del guerriero eporediese.
 9 febbraio 2016 (Alfredo Laurano)


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