sabato 13 febbraio 2016

LA CLAVA E LA RAGIONE

Nelle scorse settimane, ho scritto alcuni articoli su questa dolorosa vicenda, cercando di tener separati i fatti dalle fantasie, il dispiacere dall’odio, la commozione dalla rabbia, la voglia di giustizia da quella di vendetta.
E ho invitato tutti a fare altrettanto per dimostrare affetto e sentimenti nei confronti del giovane Marco Vannini, innocente vittima di quel che appare un assurdo e demenziale gioco all’omicidio. Ma anche per senso di responsabilità e per rispetto nei confronti di quella provatissima famiglia, capace, nonostante la tragedia, di grande dignità e di civilissima risposta. Un esempio di rara civiltà per tutti.
E non volevo ulteriormente intervenire, in attesa delle procedure e dei lunghi tempi della giustizia e, soprattutto, di conoscere i fatti reali accertati dalla magistratura. Anche se quel terribile film fatto di spari, di telefonate, di lamenti, di intercettazioni, di omissioni e depistaggi lo conosciamo tutti molto bene. Compreso l’esiziale epilogo.

Capisco che ognuno è diverso e diversamente esprime le proprie sensibilità di fronte a una vicenda talmente incredibile che ha sconvolto il cuore di tutti gli italiani.
Comprendo le reazioni emotive e passionali di molti che, sopraffatti dalla rabbia e dal cinismo ciontoliano, vorrebbero subito una condanna esemplare dei rei, prima di subito.
Non condivido, ma rispetto chi voglia o scelga di sublimare il proprio dolore attraverso preghiere, invocazioni, immagini di angeli biondi tra nuvole e mare, o elaborando fotomontaggi luminosi e santini digitali in abbondanza.

Ma, non posso accettare che, nonostante i continui appelli alla moderazione del serio cugino Alessandro, continuino a proliferare commenti violenti e volgari, insulti, minacce e deliranti ipotesi, interpretazioni cervellotiche e ridicole, al limite della paranoia, o certezze indubitabili sulle dinamiche del delitto. Spesso, tutto condito con abbondante disprezzo della lingua italiana e con paurosi attentati alla grammatica.
O si leggono spropositi e bestialità del tipo, “diamo la caccia ai Ciontoli”, o fervidi auguri di cancro all'avvocato difensore o che gli uccidano il figlio o la forca in piazza, o “li ucciderei con le mie mani se fossi io la madre” …e così via.
Magari, per concludere con un ipocrita “io sono Marco” o “giustizia per Marco”.
Un abusato ritornello, ripetuto a oltranza, fuori luogo e fuori tempo, che non giustifica le paradossali affermazioni, appena pronunciate. Molto più di uno sproloquio, molto più di un’aberrazione della ragione e della comune logica, che fa venire i brividi.
           
E’ questo il modo di dimostrare amore e vicinanza? E’ questa la vostra idea di giustizia? Nemmeno i primitivi arrivavano a tanto, all’epoca delle caverne. L’homo sapiens non usa la clava, ma il cervello.
Tutto questo non fa altro che sporcare la bella pagina che un nobile gruppo di ventimila persone ha voluto e creato per manifestare solidarietà e partecipazione.
Ben vengano iniziative di mobilitazioni, appelli, pensieri, ricordi, testimonianze di solidarietà in nome della verità e della giustizia.
Ma diciamo no a questa stupida spirale di violenza.
Smettiamo di recitare il mantra inutile della vendetta, dal mattino alla sera. Evitiamo di sprigionare fantasie malate.
Non trasformiamo Marco in una specie di feticcio popolare, da adorare selvaggiamente, scrivendo una riga di cazzate tutti i giorni, solo per comparire o per illudersi di contare. Non siete voi protagonisti, se non della vostra miseria culturale.
L'odio, non solo non conduce alla porta della verità, ma fa il gioco di coloro che la vogliono celare, per sfuggire alle proprie responsabilità.
11 febbraio 2016 (Alfredo Laurano)



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