IL MIO FENICOTTERO ROSA 27 novembre 2011
Stamattina osservavo
mia madre. Ho avvicinato a me la carrozzina su cui da tempo consuma l’esistenza.
Magrissima, capelli bianchi,
fitti, sottili e puliti, senza più l’ambiguo colore artificiale di pochi mesi fa. Naturali
come la sua e la nostra vecchiaia, ma dignitosi, austeri e aristocratici. Gambe sottili come quelle di un fenicottero, nascoste in un largo
pantalone di caldo pile e sopra, sull’esiguo e scavato torace, una maglia di
ciniglia rosa, con sobrio ricamo di
perline. Un colore giovanile che le dona e che non stona coi suoi
novantun’anni; anzi l’illumina e dà freschezza a quel viso dolce, stanco e rassegnato che non fa più a pugni con la vita,
ma che conserva e svela fierezza e antica dignità, anche se ormai senza tenacia
e senza durezza.
Ma quello che più colpisce
e ti ferisce l’anima è l’ossessiva invocazione “mamma.. mamma.. mamma..” che
ripete all’infinito. Come espressione di routine, come grido d’aiuto, come
richiamo d’attenzione: una sua, personale forma di comunicazione che
sostituisce quella che consideriamo normale e a cui siamo abituati. Assai spesso,
aggiunge al suo scarno vocabolario quotidiano anche una specie di risposta a
una retorica e ipotetica domanda, mai formulata se non nella sua testa: “abbastanza!”.
Di che non lo sappiamo: della vita, del bene, del disagio, della rimpianta
autonomia, del non poter camminare o stare in piedi, della noia, della
sopportazione…
Le sue sono ormai
piccole mani, quasi da bambina. Ossute, ricoperte di pelle e vene a vista. Come
le braccia, minute e sempre più fini, senza polpa e tono muscolare. Il sacro e
l’anca sono offesi da decubito che buca senza tregua e rispetto le sue carni.
E pensare che fino a
tre, quattro anni fa ancora s’incazzava con veemenza, andava a piedi con passo
libero e sicuro, non conosceva ospedali e medicine, viaggiava sola su pullman e
autobus di linea e nell’aspetto mostrava sessant’anni.
Lo dicono le foto al
mare di S. Marinella: la pelle liscia,sana e senza rughe, il viso ancora bello,
la cura nel vestire e gli orecchini. E soprattutto
quel sorriso che un tempo mai l’abbandonava.
Questa era mia madre. Oggi, al suo posto,
c’è un’altra persona… da amare di più.
27 novembre 2011 AlfredoLaurano
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