domenica 8 luglio 2012



150°, L’UNITA’ DEI NUOVI MILLE      16 marzo 2011
            
Non so e non credo ci sia molto da festeggiare per il 150° dell’unità d’Italia che, di fatto, a tutt’oggi non esiste, se non, ogni quattro anni, in occasione dei mondiali di calcio.
Al nord i leghisti escono dall’aula consiliare quando si accenna l’inno nazionale e oltraggiano la bandiera ad ogni occasione. Considerano, ancor oggi, il sud terra di parassiti, di incapaci, di ignoranti,  sporchi e briganti. Amano e riconoscono solo la loro Padania! Efficiente e produttiva, razzista e secessionista. Adorano  i loro simboli, il sole delle alpi, le  croci di S. Giorgio, le cravatte e i fazzoletti verdi. Ignorando o dimenticando che i loro avi erano la maggior parte dei  “Mille” e combattevano con i sabaudi per colonizzare e annettere il meridione o per cacciare lo straniero.
Per “fare l’Italia”. Per unire l’Italia! E non per creare la Padania indipendente, la repubblica di  Arcore o Pontida.
Dopo un secolo e mezzo, D’Azeglio non ha ancora trovato alcuna soddisfazione al suo programma e al suo auspicio, lanciato a caldo, appena fatta l’unità.
Ma non solo non si son fatti gli italiani - in senso civico, sociale, educativo e di coscienza -ma nemmeno l’Italia nazione.
O, meglio, l’Italia e gli italiani sono “fatti”, anzi, strafatti e assuefatti di quotidiana e massiccia  droga mediatica, di insipienza politica, di crisi economica e disoccupazione, di precarietà, di  deriva populista che induce alla indifferenza e al qualunquismo.
Delusi,  scontenti, impotenti e arcorizzati.      
Alla faccia dei Borbone e delle due Sicilie che qualcuno ancor’oggi rimpiange per l’operosità e lo sviluppo industriale dell’epoca, per la pace sociale e i fermenti culturali.                                                 Come pure rivaluta i tempi assai poveri e difficili dell’ultimo dopoguerra. Quando la vita nella neonata repubblica era semplice e senza grandi pretese. Condita col sudore del duro lavoro e scandita da impegno, sacrificio e solidarietà. Ma, allora, ancora piena di speranza e prospettive. Scarse risorse, niente certezze,  tutto da fare e da ricostruire, ma pane e libertà, appena riconquistata, per tutti e fiducia nel “sol dell’avvenir”.
Sviluppo industriale, boom economico fittizio, libero mercato, miraggio tecnologico, abuso dei media, scandali,corruzione e malgoverno della cosa pubblica hanno però portato al Paese di oggi: sbandato e approssimativo, immorale  e corrotto, incivile, malato e sempre diviso. Come dicevo sopra, fatto e strafatto di ingiustizia, diseguaglianza, discriminazione e di tanti e sfacciati privilegi per pochi. Che non investe in cultura, mortifica il lavoro, non rispetta ancora le donne, non offre opportunità ai giovani e alle famiglie, non crea futuro.
Ma almeno una parte di questa odierna Italia, che non è solo il paese “do sole”, della pizza e mandolino, della mafia e del bunga-bunga, non ci sta. Non accetta di essere ancora:
“Ahi serva Italia, di dolore ostello,nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!” (Dante, Purgatorio Canto VI)
Si mobilita e scende in piazza per i diritti, il lavoro, la dignità, la Costituzione.  Si scuote dal torpore surrettiziamente indotto dal potere e si organizza da tempo per vivere un’altra Resistenza e inventare un neo-Risorgimento.  I nuovi “Mille” con le camicie rosse, e anche  viola, di “basta” e di vergogna.  Senza moschetto, ma con i libri e coi cartelli in mano.       Per non essere più derisa e ridicola agli occhi del mondo intero, ma apprezzata per la sua bellezza,  amata per i suoi miti e i suoi grandi, per l’arte e per il suo immenso patrimonio culturale. Per ricostruire la sua vera e giusta immagine che la Storia le ha disegnato,  in un contorno nobile che da sempre le appartiene.
E’ questa l’Italia che voglio festeggiare, dall’antichità di Roma ai giorni nostri, ricordando e ringraziando i tanti giovani “patrioti” del Risorgimento,  sognatori e popolani, borghesi e contadini, del nord e del sud, che hanno spontaneamente lottato e sacrificato la propria vita per la libertà, la giustizia e l’unità di un paese frammentato e  appena disegnato, in nome di un ideale che oggi suona anacronistico e resta chiuso nell’utopico  cassetto.
Quasi fosse ignobile vergogna!
Auguri Italia! Pur fra le tante luci e ombre di quel tempo.

16 marzo 2011    AlfredoLaurano    
                                                                                      
                                                                                      
   
                                                                                      

                                                                                                               

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