Ma la scienza è diventata un’opinione? Come quella sul calcio, sul cibo, sulla moda, sul costume e le tendenze? Come una scelta artistica o un parere tecnico-legale, come una fede politica, sportiva o religiosa, o una posizione complottista e negazionista sulla terra piatta, sulla pandemia, sull’olocausto o su tutto, in generale?
C'è chi dice sì, chi dice no e chi dice forse.
Superati i 105 milioni di casi, la pandemia di Coronavirus, ad oggi, ha provocato nel mondo più di 2 milioni e 400 mila morti. Il Paese con più vittime resta gli Stati Uniti d’America con oltre 486 mila vittime, davanti al Brasile (239.773), Messico (174.207), India (155.732). In Italia siamo quasi a centomila.
Secondo l’epidemiologo Vespignani, la variante inglese del
Coronavirus originario è destinata a raddoppiare nelle prossime due settimane:
a fine febbraio arriverà al 50% e a marzo diventerà prevalente. Per evitare che
si traduca in un aumento dei contagi è importante mantenere l'indice Rt basso
oggi.
Visto che nei prossimi mesi dovrebbe o potrebbe verificarsi
un aumento significativo dei casi e dei decessi correlati al Covid-19, arriva,
intanto, anche una nuova durissima richiesta dell'Istituto Superiore di Sanita,
che considerata la circolazione nelle diverse aree regionali, "raccomanda
di intervenire al fine di contenere e rallentare la diffusione della variante inglese
- molto più contagiosa e più letale, anche se non tutti lo dicono - rafforzando le misure in tutto il Paese e
modulandole ulteriormente laddove più elevata è la circolazione.
Ciò nonostante, la proposta di un lockdown totale lanciata
dal consigliere dell'ancora ministro Roberto Speranza, Walter Ricciardi, ha
scatenato un fiume di reazioni. Non solo politiche, ma pure quelle degli
esperti, di nuovo divisi tra l'urgenza di chiusure generalizzate e immediate e
la necessità invece di rafforzare le misure in campo oggi.
Sulla linea Ricciardi - "un lockdown breve e mirato,
di 2, 3 o 4 settimane", ossia il tempo necessario a riportare l'incidenza
di Covid-19 al di sotto dei 50 casi per 100mila abitanti - s'è schierato subito
(ma lo dice da tempo) il virologo Andrea Crisanti, "l'uomo dei tamponi del
Veneto": “piuttosto che pensare a sciare e mangiare fuori - è la sintesi
del suo pensiero - anche in Italia dovremmo decidere un lockdown come è stato
un anno fa a Codogno. Ormai le zone, giudicate "troppo morbide", non
bastano più. Anzi, il lockdown andava fatto già a dicembre, ora è fondamentale
una chiusura dura per evitare che la variante inglese diventi prevalente e
abbia effetti devastanti. D'altronde così è in Germania, Francia e
Inghilterra".
Sulle stesse posizioni pure l’infettivologo Massimo Galli:
“purtroppo la conclusione non può che essere la soluzione paventata dal
professor Ricciardi, visto che l’Italia a colori non sta funzionando. E la
prova è nei fatti".
Possibilista anche l’infettivologo Claudio Mastroianni,
direttore del Dipartimento di Malattie infettive del Policlinico Umberto I di
Roma: "Non voglio entrare nella polemica - dice - ma siamo in una
situazione preoccupante. Ora più che mai serve la massima attenzione e bisogna
stare molto accorti e valutare misure più stringenti e anche l'idea di un
lockdown. Siamo di fronte a una settimana decisiva".
Contrario, invece, Francesco Vaia, direttore sanitario
dello Spallanzani di Roma: "Un lockdown totale secondo me non serve -
spiega - ma bastano lockdown chirurgici laddove se ne verifichi la necessità.
Non si tratta, dunque, di aggravare le misure, ma applicare con severità quelle
che abbiamo: non ci fate vedere più assembramenti - è il suo appello - così
riguadagneremo in futuro spazi di libertà".
E così pure Pierluigi Lopalco, epidemiologo ma anche
assessore alla Sanità in Puglia, secondo il quale la parola
"lockdown" ormai dice tutto e non dice niente: "Semmai in questo
momento penserei a delle misure selettive, rafforzate, per evitare tutte quelle
situazioni in cui virus circola di più e che conosciamo ormai bene".
Il virologo Fabrizio Pregliasco dà ragione dal punto di
vista scientifico al consigliere di Speranza, ma dice, "credo che un
lockdown totale sia difficile da proporre dal punto di vista dell'opportunità
politica e del disagio e della ribellione sociale che si rischierebbe, meglio
provare a rivedere i parametri di aperture e chiusure, essere più flessibili.
Perché, si sa, quando una regione va nella fascia gialla, il rischio di perdere
i progressi ottenuti c'è tutto. Un'opzione sono ad esempio, gli
"interventi chirurgici”, in zone rosse come l'Umbria, da far scattare in
base a valutazioni più stringenti".
"Minacciare continuamente il lockdown non serve a
nulla, secondo Massimo Andreoni, e primario di Infettivologia al Policlinico
Tor Vergata di Roma. “L'Italia ha fatto una scelta ed è quella di convivere con
il virus. Abbiamo una situazione epidemiologica di stallo, in cui i numeri si
stanno mantenendo costanti. Questo può essere letto in modo positivo da una
parte e negativo dall'altro, perché è partita anche la campagna vaccinale e
fare le immunizzazioni mentre il virus circola aumenta la capacità delle
varianti di resistere. Governo e Covid, la Lega chiede un cambio dei tecnici
del Cts. E Salvini attacca Ricciardi: "Non se ne può più, prima di
terrorizzare tutti parli con Draghi"
Per Matteo Bassetti dell'ospedale San Martino di Genova,
parlare di lockdown è addirittura come sentire un disco rotto: "Servirebbe
un modo di comunicare più univoco, una voce unica. Invece parlano tutti: dal
Cts a Ricciardi, da Crisanti all'Iss.
E per chiudere in bellezza, il Salvini governista chiede un cambio dei tecnici del Comitato Tecnico Scientifico e attacca Ricciardi: "Non se ne può più, prima di terrorizzare tutti parli con Draghi".
Tutto questo, tutti questi pareri, sfumati o contraddittori, non fanno altro che creare forte disorientamento nella popolazione, che non sa più a chi credere e come comportarsi. Anche perché, già smarrita e titubante sul fronte vaccini che ancora scarseggiano e non danno certezze assolute, come Astrazeneca, raccomandato da una parte anche in Paesi con nuove varianti, ma indicato dall’Oms soprattutto per l'uso di emergenza e per l'immunizzazione attiva negli individui di età dai 18 anni fino ai 55.
In attesa di quello italiano ReiThera, partecipato dallo Stato e in via di sperimentazione, che, se i test andranno a buon fine, potrà essere somministrato da settembre prossimo in alcuni milioni di dosi. O dello Sputnik russo, che sembra aver dato risultati eccellenti sul piano della sicurezza e dell’efficacia, e che, una volta che le agenzie internazionali del farmaco lo approveranno, sarà pronto per la distribuzione.
Intanto, abbiate fede. Anche se non so in chi o cosa.
16 febbraio 2021 (Alfredo Laurano)
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