martedì 9 febbraio 2021

È PROPRIO CRISI /2211

Una crisi da prima repubblica precipitata, come un meteorite, sul palcoscenico della terza.
Nonostante abbia ancora il gradimento più alto degli italiani e nonostante pochi giorni fa abbia ottenuto e incassato la maggioranza assoluta alla Camera e quella relativa al Senato, Giuseppe Conte si è dimesso, prima che la mancanza di voti sulla questione giustizia potesse sfiduciare il ministro Bonafede.
Lo ha fatto, salendo al Quirinale, per via o a dispetto di una crisi inutile, immotivata, pericolosa e incomprensibile, innescata da un cialtrone arrogante e presuntuoso che – come ricorda Ignazio Marino, ex sindaco di Roma, già colpito e affondato dallo stesso – è posseduto da un demone narcisista che distrugge senza avere un piano: Matteo Renzi, da Rignano.

Cioè, lo stesso irresponsabile, bugiardo e inaffidabile che, a suo tempo, pugnalò anche Enrico Letta, con un sorriso ipocrita, al grido amico di “stai sereno”, per prenderne il posto e le funzioni. E come fece, peraltro, per impossessarsi di un Partito Democratico, già vacillante e debole di suo, che devastò in via definitiva, fino alla diaspora e alla scissione.
E che poi abbandonò al suo destino e alle sue profondissime ferite, per formare una sua propria cricca, una ristretta specie di consorteria di assoluto dominio e proprietà personale, che ebbe l’ardire di chiamare Italia Viva, forse per motivarne la nascita e l'esistenza e per giustificarne l’ossimoro politico e semantico, anche a se stesso.
Stavolta, è riuscito a fare peggio.
Il misfatto, oggi, è ancor più grave perché avviene in piena pandemia, in una Italia dalle quasi centomila vittime, dai mille problemi e dai tanti colori che cambiano come al semaforo, con i contagi che non si arrestano e non si controllano, con i vaccini che non arrivano, con le scuole che rimangono chiuse, con le attività e le piccole e grandi imprese bloccate, con i ristori insufficienti e il Recovery fund da programmare per rilanciare il Paese, con gli ospedali in sofferenza, le troppe morti quotidiane e la gente esasperata, che elude i divieti e si assembra in clandestinità.
E lui, il buffone di Rignano che fa? Fa la crisi. Fa dimettere Conte e lo ricatta.
Con tutto ciò che questo comporta: altre logoranti trattative, consultazioni, incontri, promesse, incertezza, precarietà istituzionale, pressioni, minacce, accordi sottobanco e sotterfugi di cui non avevamo certo alcun bisogno o necessità.
Ora tocca a Mattarella e alla sua saggezza districare la matassa.

All’orizzonte, più probabile e vicino, è tuttavia possibile un Conte Ter, con una nuova maggioranza o un altro governo di transizione o di presunta unità, nelle mani di un Cottarelli o una Cartabia, per tirare avanti e controllare l’emergenza sanitaria, economica e sociale e gestire il complesso e lungo piano vaccinale.
È molto difficile che si vada al voto.
Meno il Cazzaro verde e la Sorella d’Italia, non lo vuole nessuno, tanto meno lui, il megalomane puffo fiorentino che studia ancora da improbabile statista, che sparirebbe forse dai radar della politica nostrana e dalla scena squallida del suo misero teatrino.
26 gennaio 2021 (Alfredo Laurano)


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