sabato 20 febbraio 2021

MENDICANTI DEL NULLA /2229

Ma lo sapevate che il figlio della Lamorgese lucra sull’accoglienza in un centro che gestisce? E che il marito è africano ed è in combutta con varie tribù che protegge e sfrutta?
Adesso lo sapete. Cioè sapete che è una bufala, l’ennesima fake.
No, il marito di Luciana Lamorgese - ministra dell’Interno, così cara al pentito riciclato Salvini e tra i bersagli più quotati dagli odiatori seriali - non è africano e la foto del figlio è falsa.
Da diversi mesi, i mendicanti del web sono ossessionati dalla presunta identità di quel povero coniuge che, secondo questi condivisori compulsivi, sarebbe appunto un africano (marocchino, per i più precisi e “informati”) e suo figlio speculerebbe sull’accoglienza dei migranti.
Tutto falso.

Luciana Lamorgese è stata più volte oggetto di attacco indiretto da parte di un sedicente avvocato, che aveva condiviso una serie di post al vetriolo contro la ministra, nei quali scriveva: “sembrerebbe coniugata con un cittadino africano”, ammettendo però di non avere prove, ma rendendosi riferimento appetibile per ogni attacco compulsivo.
Nelle continue riprese dell’argomento, l’avvocato bufalaro lamentava una mancata risposta dalla diretta interessata, fino ad ammettere di aver preso un granchio. Perché?
Il marito di Luciana Lamorgese è comunque un infettivologo italiano.
Si tratta di Orlando Armignacco, direttore del reparto Malattie Infettive dell’ospedale Belcolle di Viterbo. Non è africano, è italiano ed è nato a Potenza, come sua moglie.

I cosiddetti mendicanti del web, vil razza dannata, hanno ben chiara la verità.
Ma se da una parte intendono beffare il popolo dei social, dall’altra, conducono una personale guerra di razzismo e propaganda d’odio contro extracomunitari, diversi, politici e altri personaggi pubblici. Hanno bisogno di una minima dose di visibilità per sopravvivere al nulla, all’anonimato e all’insignificanza e sanno come cercarla e come ottenerla.
Quando non si servono di banali fotomontaggi, questi miserabili creano articoli ad hoc, distorcendo una notizia reale o verosimile e rielaborandola in chiave – tendenzialmente – xenofoba, prestando attenzione morbosa ai fatti del momento, pronti ad offrire una propria versione per catturare traffico, seguaci, visite e consensi.

Questa fame d’odio che dilaga è più forte, dunque, di ogni logica, d’ogni dialogo, d’ogni confronto, d’ogni comprovata verità.
Un qualsiasi privato, un accattone digitale o semplicemente il perditempo di turno può scatenare la macchina del fango, che produce contenuti comprensibili a chiunque e facilmente accessibili, anche ai più fragili e sprovveduti, che spesso degenera in vere e proprie cacce all’uomo.
20 febbraio 2021 (Alfredo Laurano)


1 commento:

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