mercoledì 22 agosto 2018

SCRIVERE SENZA MALINCONIA

Non c’è molta differenza fra scrivere su carta - libri, giornali, Tivù - oppure on line. 
Non cambia lo stile e il modo di esporre e di pensare, non cambiano i temi, le idee e i contenuti: cambia solo il ritmo e il mezzo che, poi, per Mc Luhan, è il messaggio. E questo è assolutamente vero, soprattutto nel senso che il tipo di strumento che lo veicola si sovrappone e si identifica col messaggio stesso, fino a dargli una diversa percezione in chi lo legge o lo riceve. 
Basti cogliere le tante sfumature, i commenti e le risposte degli utenti, che variano in virtù di questo: le reazioni sono diverse, cambiano, si adeguano al campo di quella specie di disfida: on line, insulti, offese e parolacce sono pane quotidiano per chiunque esprima una posizione propria, autonoma e, spesso, impopolare nei confronti di un esercito di odiatori fai da te (haters), di nemici a prescindere, uniformati e conformisti, protetti dalla corazza di un presunto anonimato e dalla assolvente reazione di massa, apparentemente più innocua e tollerata. Ma non sanno costoro che è come mettere le mani addosso, come prendere a calci e pugni chi non la pensa come loro. 
Al di là di tutto questo, la cosa importante per chi scrive - ovunque lo faccia - è la scelta di trattare le cose che interessano maggiormente, che colpiscono, che feriscono o che ancora sorprendono, per fornire un valore aggiunto alla discussione pubblica, senza far troppo rumore. 
Perché scrivere è riflettere, rispondere alla propria coscienza, parlare agli altri, ma anche a se stessi, penetrare nei fatti e nelle notizie, fermare un pensiero, prima che scivoli nel nulla e nell’indifferenza. 
Per queste ragioni, scrivo sul web e sul mio blog da oltre dieci anni, dopo averlo fatto a lungo su stampa e TV. Collaboro ancora con qualche giornale. 

La voglia o la presunzione di dire sempre qualcosa di intelligente, di utile e di qualità, fin quasi all’ossessione, è l’obiettivo non dichiarato, ma reale. 
Se non hai da comunicare qualcosa che serve a qualcuno o a qualcosa, forse è meglio tacere e non dire nulla. 
Ma il dibattito è aperto: scrivere sempre per essere visibili o scrivere solo quando si ha qualcosa di interessante da dire? 
E se invece di scrivere per una qualsiasi utilità, si scrivesse solo per il gusto di farlo e basta? Per il semplice desiderio di esprimere se stessi ed i propri pensieri, alla ricerca di un eventuale e sano confronto, e non per compiacere gli altri? 
Quello che importa è che, usando la penna, anche digitale, si mettono in ordine le proprie idee ed i propri concetti, si chiariscono e si approfondiscono le proprie convinzioni. 

Perché scrivere, comunque, è una passione e un piacere: è come amare, godere, bere o mangiare o digerire; è come osservare il bello e il brutto del mondo o l’incessante stupore della natura o la capacità di cogliere un senso comunque e ovunque, anche quando ciò, come oggi, è del tutto scontato e gratuito. 
Tutti tendiamo a pendere dalle labbra dell’attualità, del quotidiano, del “tempo reale”. 
Quando c’è una notizia che fa opinione, appaiono in Rete e sui social, prima di subito, centinaia di post, a cascata, spesso uniformi in modo stucchevole. Si alza un muro di slogan e commenti banali e indifferenziati che provengono da illustri sconosciuti. A molti, andrebbe assegnato l'oscar della stupidità, per quanto sono ridicoli e al tempo stesso inutili. 
È la corsa al click, già pochi minuti dopo la prima agenzia che ne parla. 
Sono poco più che fotografie dell’accaduto, senza analisi, anche se ciò è del tutto naturale e largamente comprensibile, in questa sterminata valle della comunicazione globale: si fa per poter essere rilanciati per primi online, per costruirsi una propria popolarità, per poter dire di aver dato la notizia, prima del grande giornale che ne parla in modo più diffuso poco dopo. 
Perché commentare, parafrasando ironicamente Gaber, non è stare sopra un albero e neanche il volo di un moscone, è libertà e partecipazione. Almeno in apparenza. 
Indubbiamente, di fronte ad un eccesso di fatti e di notizie, ci ritroviamo a dover fare i conti con la nostra propria vita e non con i riti e i miti ipertecnologici che danno assuefazione e dipendenza e non risposte esistenziali. 
Non dimentichiamo che scrivere è anche e soprattutto trasmissione del sapere, non solo una mano di vernice superficiale dell’informazione. 
 (Alfredo Laurano)

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