sabato 11 agosto 2018

IO NON SO PERCHÉ’ TANTO DI STELLE…


Ma il poeta invece sa perché “tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla”.
Sono lacrime impotenti per la malvagità dell’uomo che attraversano i cieli. 
“…E tu, Cielo, dall’alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d’un pianto di stelle lo inondi quest’atomo opaco del Male!”

Era la notte di San Lorenzo, la notte delle stelle, la notte magica più pascoliana dell’anno. 
E dopo una frugale cena, tutti sul prato, tra i fiori e l’erba rasa e profumata della sera, seduti sulle poltroncine un po’ inclinate, a rimirar quel cielo sterminato e luminoso.  
Non fa caldo e in quel tratto di Falisco, messo a giardino, si respira un’aria fine, profumata e senza vento. Anche gli insetti e le zanzare, hanno smesso di ronzare, solo i grilli cantano lontano.
Milioni di stelle a popolar quell’infinito, leggendo i versi del poeta della “rondine che uccisero e cadde tra spini, mentre portava nel becco la cena per i suoi rondinini” e quelli di Trilussa, a condir quella notte di astri cadenti, attesi dalla leggenda e dalla tradizione.
Una l’ho vista, l’ho colta al volo, veloce e bassa a limitar le fronde e l’orizzonte, come metafora cruda dell’esistenza. Un baleno, un lampo silenzioso, una scia leggera che quasi sfugge ad ogni percezione, come la stessa nostra vita che appare e si dissolve, senza lasciar traccia, né presenza.
Il mondo fa da sfondo e nulla coglie nella sua totale indifferenza. Nemmeno sa del tuo passaggio, di quell’attimo fuggente, di quella tua stella, magari luminosa, ma cadente. (Alfredo Laurano)

Nessun commento:

Posta un commento