lunedì 6 agosto 2018

ODE AL ROSSO POMODORO


Fa veramente impressione quella strada assassina, attraversata e coperta da un esteso fiume di pomodori; quella immagine quasi surreale che il caso ha cinicamente apparecchiato per gli spettatori e i soccorritori, che va oltre ogni allegoria dantesca, dove l’intensità del rosso si trasforma in lago di sangue.
Sangue rosso di gente nera, di ragazzi giovanissimi che, rubandoci il lavoro, due soldi di speranza e i diritti dimenticati, anche dai samaritani, su quell’incrocio hanno lasciato la vita e la voglia di futuro.
Dopo una giornata nei campi, a spaccarsi la schiena, hanno così trovato crudelmente la morte e la liberazione. 
Quattro persone sono rimaste uccise e altre cinque ferite nello scontro frontale tra un furgone chiuso, con a bordo otto extracomunitari - arruolati da inflessibili caporali e stipati nell’angusto spazio - che tornavano dalla fatica quotidiana ed un tir carico di altri pomodori, che altri schiavi avevano raccolto e caricato. 
Due delle vittime sono ragazzi appena ventenni provenienti dal Gambia e dalla Guinea Bissau. Altri, senza documenti, devono ancora essere identificarti.

Una persecuzione, una fatalità, un destino beffardo, in nome e in lode del prezioso frutto cantato da Neruda - “La strada si riempì di pomodori, mezzogiorno, estate, la luce si divide in due metà di un pomodoro, scorre per le strade il succo…” - e che tutti amiamo, lodiamo e consumiamo a volontà.

È stato un impatto devastante, un tragico incidente avvenuto sulla strada tra Ascoli Satriano e Castelluccio dei Sauri, nel Foggiano.
Come in un dipinto di Guttuso o di Picasso, drammatico e paradossale: un groviglio di lamiere, tonnellate di pomodori sull’asfalto, a circondare corpi senza vita. (Alfredo Laurano)




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