Alle 7,15 di quel sei maggio, ero pronto per
cominciare la mia nuova attività. Era il primo giorno di lavoro.
Indimenticabile, più unico che raro, perché da quel
portone, insieme a me, usciva anche mia moglie, con la mamma sottobraccio e con
la pancia sotto il collo, al nono mese. Ma loro andavano in clinica, io, in
direzione opposta.
Ci salutammo lì, un bacio sulla guancia, in un
miscuglio di emozioni contrastanti, fra ansia, tensione, timore e un qualche
disappunto, dovuto agli obblighi diversi: ma proprio oggi doveva capitare!
Così ha voluto il caso, che combina fortuiti incroci e
coincidenze e scombina eventi ed esistenze. Scelte di vita che vorremmo
controllare, che invece seguono altre strade: diverse, lontane, impervie o
sconosciute, ma poi magicamente ritrovate. Come di fronte allo stupore e alla
bellezza sconcertante di un miracolo, sospeso fra ragione e sentimento, che si
realizza senza sapere come, senza averlo atteso o invocato, senza nemmeno aver
promesso nulla in cambio.
La mia giornata di lavoro non decollava, non prendeva
corpo. Si disperdeva tra i pensieri.
Non c'erano i messaggi e i telefonini. Solo attesa e
trepidazione, violentata da una certa rabbia, che mi faceva ripetere ad
oltranza: ma proprio oggi dovevo cominciare e stare qua! Proprio oggi che sta
per iniziare una nuova preziosa vita, accanto alla mia.
Sembrava un dispetto premeditato, una beffarda presa
in giro di un maligno provocatore.
Alle 13,15, finalmente, mi chiamano al telefono e mia
suocera, sopraffatta dalla gioia, dice semplicemente e solo "è
nata!".
La mia seconda figlia (non era un maschio, come si
diceva), era la dolce ricciolina, che ho visto, baciato e preso in braccio,
dopo qualche ora, in quel giorno, più unico che raro....di quarantasei anni fa.
Auguri, bella ricciolina!!! (Papà)
6 maggio 2020
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