venerdì 1 maggio 2020

IPOCRITI FARISEI, FALSI LIBERTARI /2030


Nel mezzo di una pandemia che sta seminando dolore e morte e sta chiamando tutti a uno sforzo straordinario, l’Italia ferita, attonita e smarrita, si appresta a uscire con cautela, gradualità e massima prudenza dal lockdown, il prossimo 4 maggio. Come faranno, in tempi analoghi o vicini, altri Paesi europei.
La falce del coronavirus ha spezzato in due le nostre esistenze: nella normalità di un PRIMA, che sembra lontanissimo e dimenticato (anche se era solo due mesi fa) e in un DOPO, quello nel quale siamo ancora immersi fino al collo, che richiederà molta forza, equilibrio, ulteriore sacrificio e coraggio, per essere affrontato senza lasciarsi prendere dallo sconforto o dalla depressione.

Le misure dell’isolamento, del restare a casa e di uscire solo per l’essenziale - impegno passivo e relativamente semplice, richiesto dal governo - tra pochi giorni, si ribalteranno nella cosiddetta fase due, una prova assai più difficile e complessa, dove saremo tutti coinvolti nella tutela della salute, più di quanto non lo siamo stati fino ad oggi.
Il coronavirus non è sparito. Si corre il rischio drammatico, allentando il lockdown, di far aumentare i contagi e di tornare alla casella iniziale, come in un sadico gioco dell’oca. Un pericolo tragicamente reale.

Non sarà, quindi, una “tana libera tutti”, ficchiamocelo in testa. Ora la faccenda si fa ancor più seria, molto più di prima. Dopotutto, ricorda il virologo Andrea Crisanti, “Quando fu deciso il lockdown c’erano 1800 nuovi contagiati al giorno, la stessa cifra registrata ieri. Non è che la situazione sia così migliorata. Subito tracciabilità elettronica e subito i tamponi”.
Tutto sommato, finora, il lockdown ha fatto tutto per noi, solo in minima parte è stato una prova generale di quello che ci aspetta per un tempo indefinito, perché “il virus non fa sconti e potrebbero esserci nuove ondate. E’ bastata una singola botta per conciarci come ci ha conciato”, aggiunge l’infettivologo Massimo Galli, soprattutto se non si adottano misure di prevenzione e arginamento di nuovi singoli focolai. Dover richiudere dopo aver riaperto potrebbe essere un disastro”.

Non potrà esserci un carabiniere in ogni negozio che riaprirà, in ogni ufficio che tornerà a lavorare o in ogni mezzo pubblico, né un posto di blocco per ogni auto che si rimetterà in moto. Dovremo dunque pretendere da tutti l’adesione alle indicazioni e al proprio senso civico e di responsabilità, doveroso per il benessere collettivo, per uscire dalla crisi sanitaria e far ripartire il paese.
Quindi, riaperture caute e graduali, turni di lavoro, turni per entrare nei negozi, distanza di sicurezza e dispositivi di protezione obbligatori per chi ha contatti con il pubblico, sui mezzi di trasporto, sui luoghi di lavoro e negli luoghi chiusi; affluenza minima negli uffici, spazio fra le postazioni, appuntamenti per altri esercizi, come parrucchieri e centri estetici. Tutti modelli di convivenza con il virus, in grado di garantire la sicurezza e la progressiva ripresa delle attività.  
Per la cronaca, in Germania, subito dopo l'allentamento delle misure di contenimento, il tasso di contagio è risalito

L’emergenza sanitaria resta gravissima, così come la crisi economica e la compressione di alcune libertà individuali e della privacy, che la diffusione repentina del coronavirus ha reso necessarie. In momenti come questo, certamente eccezionale, non possono non esserci naturali e provvisorie limitazioni, valutate e bilanciate con un altro fondamentale diritto individuale e interesse collettivo: quello alla salute.
Il governo, su indicazioni di medici e scienziati, è stato costretto ad adottare alcune misure restrittive delle libertà e dei diritti fondamentali dei cittadini che i soliti tromboni, opinionisti del nulla e di una TV, imbecille e deleteria, contestano e rifiutano per puro esibizionismo, per far finta di contare, per condizionare e aizzare i comportamenti di gente stanca e disperata, che subisce e non reagisce, se non per insultare, offendere e denigrare. Basta scorrere un qualsiasi Social.

Questi sciacalli parolai, come il forsennato pagliaccio Sgarbi, che ancora si esibisce e definisce “task force di 'capre' il Comitato Tecnico Scientifico che decide per il Governo"; o il disgustoso, inetto Capezzone che si accorge che “Conte non è proprietario delle nostre vite e delle nostre libertà. Torniamo liberi. Vogliamo uscire, lavorare, vivere. Perché dovremmo fidarci della app? Manca solo il microchip come ai gattini”.
A seguire, tutti gli altri soliti dissertatori dell’acqua calda, protagonisti del banale e inconcludenti, come Feltri, Porro, Belpietro, Sallusti, Giordano e affini, che insinuano, strillano, alludono, aggrediscono, straparlano e mettono zizzania, sempre a caccia di scalpore e sensazionalismo.
A questa razza di pericolosi contestatori a prescindere, che tutto criticano e condannano, solo per fare il gioco di una certa squallida opposizione politica, andrebbe ricordato che, tra diritto alla privacy e diritto alla salute, il diritto alla salute viene molto, ma molto prima. Anche per voi, implacabili fedayn della falsa libertà a chiacchiere.
Fate schifo. Fate veramente pena. Non vi sopporto più.
 28 aprile 2020 (Alfredo Laurano)


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