E’ arrivato il momento di gestire la cauta
ripartenza del Paese dopo il lockdown, con il forte il timore di una seconda
ondata del virus.
Con la riapertura parziale delle attività produttive
di domani, oggi di fatto si chiude una prima lunga fase, apertasi il 21
febbraio, con il primo caso accertato di Covid-19 in Italia, nella ormai nota
Codogno, provincia di Lodi.
L’OMS ha avvertito: “Allentare le restrizioni non
rappresenta in nessun Paese la fine dell’epidemia”.
E l’Italia sembra aver
recepito il messaggio, viste le decisioni del Governo di continuare a limitare
gli spostamenti, di non riaprire le scuole ed altre attività (ristoranti, bar, teatri,
chiese, cinema, parrucchieri), proprio per paura che l'infezione torni a
circolare liberamente, accendendo nuovi focolai da Nord a Sud.
Il virus non se n’è andato e non lo farà, fino
all’arrivo del vaccino o di un farmaco efficace: bisognerà conviverci e una
seconda ondata di infezione è ipotesi tutt’altro che remota.
I virologi sono tutti preoccupati.
“È il nostro timore più grande - afferma Fabrizio
Pregliasco - sicuramente ci saranno dei nuovi focolai, il virus proverà a
riaccendere i fuochi del contagio.
Tutto dipenderà dal nostro comportamento, in questa fase resta fondamentale la responsabilità individuale di ciascuno”.
Tutto dipenderà dal nostro comportamento, in questa fase resta fondamentale la responsabilità individuale di ciascuno”.
L’opinione più diffusa è che la riesplosione possa
verificarsi in autunno - in coincidenza con l’arrivo della stagione influenzale
- con le temperature più basse e gli spazi di vita più ristretti. Ma non è
detto. “In termini teorici potremmo averla anche tra un mese, se prendiamo
sotto gamba le misure”, ha detto il presidente dell’ISS, Silvio Brusaferro. In
estate, con il caldo umido, il virus potrebbe attenuarsi, ma non ci sono
evidenze provate. Il virus dell’influenza suina, che aveva provocato effetti
decisamente meno pesanti di quelli del Covid19, ebbe un nuovo picco proprio nei
mesi estivi”.
Azzardare previsioni lascia il tempo che trova, fa
notare l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco: “Il timore di una seconda ondata c’è,
il rischio che arrivi è alto, ma l’importante, adesso è lavorare per prevenirne
gli effetti”. Serve, dunque, un’azione molto forte sul territorio, per
individuare e isolare subito i casi, spezzando le catene di contagio e
contestualmente individuare strutture con posti dedicati a coloro che si
ammaleranno”. Perché “convivere con il virus - chiude Lopalco - significa
accettare di essere infettati”.
Una possibile seconda ondata è il timore principale,
anche per l’infettivologo Massimo Galli. “L’alternativa è tenere tutto chiuso
per la paura che il Covid19 torni a diffondersi, oppure aprire con tutte le
precauzioni necessarie, assolutamente indispensabili. La mia preoccupazione è
che si finisca col dire: mascherina, guanti, distanza di sicurezza e passi
lunghi e ben distesi. Bisognerebbe, invece, sfruttare quanto abbiamo a
disposizione sul piano diagnostico, penso per esempio ai test rapidi cui
sottoporre chi torna al lavoro, per capire quanti hanno avuto contatti col
virus e fare il tampone a coloro che risultano positivi. In questo modo, si
individua una fetta di persone che circolano con il virus addosso. Anche perché,
se in un’azienda o in una città riesplode un focolaio, si deve richiudere o
proclamare nuove zone rosse. Se aspettiamo l’infezione zero facciamo in tempo a
vedere sprofondare il Paese nell’inedia. Ricordando che questo maledetto affare
è arrivato da noi dalla Germania per una sola penetrazione e ha fatto quello
che ha fatto nel giro di quattro settimane - conclude Galli - se noi tutti non
saremo disciplinati, il virus riuscirà a liberarsi di nuovo e noi ricominceremo
daccapo”.
In ogni caso, soprattutto in questa fase, il controllo
del territorio deve essere ancor più efficace, il numero di tamponi giornaliero
deve salire in modo significativo, per individuare e isolare i positivi, anche
asintomatici.
Testare, tracciare e isolare, in attesa della App,
deve diventare l'imperativo categorico per il sistema sanitario.
Ora più che mai.
3 maggio 2020 (Alfredo Laurano)
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