giovedì 1 marzo 2018

NON SOLO MONTALBANO


Vigata è la cittadina ideale creata da Andrea Camilleri per ambientare le storie del suo commissario Montalbano. Come ha più volte sottolineato, corrisponde a Porto Empedocle (tanto che nei relativi cartelli turistici della località è stato aggiunto quello di Vigata), ma per ricostruirla nella fiction sono stati usati scorci di molte città siciliane, la maggior parte in provincia di Ragusa. 
E così, questi luoghi della fantasia (Vigata, Montelusa, Marinella, Punta secca), che fanno da sfondo alle indagini, sono progressivamente entrati a far parte dell’immaginario collettivo popolare.
Quelle piazze silenziose, quelle strade solitarie di paese, quegli ambienti disadorni o aristocratici, quelle larghe spiagge, quel mare cristallino e l’assolata campagna siciliana riempiono, da una ventina d’anni, le case e le serate televisive di tantissimi italiani. L’eccellente adattamento filmico dei romanzi di Camilleri ha aggiunto, ovviamente, ulteriore respiro e concretezza a quelle immagini disegnate, pur icasticamente, dalla parola e dal dialetto.
Ma l’amato autore riesce a fare anche di più per soddisfare o prevenire eventuali domande e curiosità di suoi lettori. Come era Vigata prima di Montalbano?
“La mossa del cavallo” - primo dei suoi romanzi storici diventato film - lo spiega, con cura ed eleganza, trasportandoci in un’epoca lontana, ma non priva di evidente attualità.
La vicenda dell’ispettore Bovara, ambientata nella Sicilia di fine Ottocento (1877), poco dopo l’Unità d’Italia, si avvale di una ricostruzione storica fedele e affascinante: lo scenario, le atmosfere, i costumi, le situazioni, i colori e gli umori caratteristici del tempo, ne fanno un giallo grottesco, imprevedibile e coinvolgente.
La regione, fino a qualche anno prima governata dai Borbone, vive in uno stato di crisi e di completa confusione, sottomessa a leggi e norme che mai erano state introdotte prima.
Il popolo siciliano si arrangia come può, causando non pochi problemi di ordine pubblico e, mentre si fa strada un sistema di potere politico-economico per controllare e dominare il territorio, il mondo rurale, le attività, le rendite e la ricchezza, la corruzione inizia, in parallelo, il suo cammino.
Si delinea una specie di Far West, si consolida una mafia ante litteram, fenomeno in via di definizione, che non ha una lunga storia alle spalle e non ha ancora raggiunto a una precisa fisionomia. Dove, però, i cattivi spadroneggiano con violenza e prepotenza, hanno gioco facile ed eludono l’ordine e la legge.
Arrivato a Vigata, l’ispettore scopre che entrambi i suoi predecessori sono morti misteriosamente e non tarda a capirne il motivo: i mulini e la produzione del macinato sono regolati da un apparato criminale ben organizzato, che permette ai vari mugnai di evadere l’odiata imposta sul macinato, detta anche “tassa sul pane”.
Il sistema troverà il modo di incastrarlo, accusandolo di omicidio. L’unico modo per salvarsi sarà quello di sfruttare la “mossa del cavallo”, quella più imprevedibile sulla scacchiera: cioè dovrà imparare a pensare e parlare il dialetto come i suoi nemici, scoprire come ragionano, per riuscire a smascherarli.

Teatralità, gestualità, mimica e dialoghi surreali e strampalati quanto basta, in un dialetto declinato fra mille pause, battute e peculiari sfumature, vivacizzano l’intera narrazione.
Precisi tutti i personaggi, caratterizzazioni tipiche e anche pittoresche, perfetta l’ambientazione, in vero stile western, con cavalli, tanta polvere, stivali, sparatorie e un velato accenno di erotismo: tutto pensato, previsto e immaginato nella geniale testa di Andrea Camilleri che, ancora una volta, e pur senza Montalbano, ci regala un mondo di emozioni e di magia, coniugando, in un sol tempo, smisurata fantasia e semplice realtà.  
28 febbraio 2018 (Alfredo Laurano)

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