lunedì 12 dicembre 2016

RICCANZA E POVERANZA

Non bastava l’ennesima lectio magistralis del vate Briatore sul concetto di ricchezza e sul come assecondarla e replicarla a fini di lucro e, quindi, di produzione di altra ricchezza.
Non bastavano i relativi superbi reportage che ne indagavano i dettagli e le misure, tra le realtà discriminanti dell’oggi e del sempre. Né i racconti delle gesta volgari di alcuni prototipi paperoni del settore. 
Si avvertiva l’impellente bisogno anche di ostentarla quella ricchezza, di spiarla da dentro e da vicino, non per capirla meglio, ma, forse, per mitizzarla come modello, come stile e come fine.

Ed ecco, allora, il docureality “Giovani e Ricchi”, esempio inutile della vita quotidiana di alcuni rampolli di famiglie milionarie che si raccontano su RAIDUE, dove si è mostrato il lusso, sfrenato e fine a se stesso, a un Paese che ha un tasso di disoccupazione giovanile tra i più alti d'Europa. 
Un viaggio osceno e irritante nello spicchio di mondo dell’eleganza e dell’ipocrisia cafona, dove l’imbecillità fa rima con vuoto cerebrale, senza, peraltro, scatenare alcuna invidia sociale, anzi, solo moti di schifo e di rigetto. Dove l’esibizionismo più volgare di precoci milionari, privo di un solo grammo di buon gusto, offende e propone un modello di quotidianità giovanile che, non solo è distante anni luce dalla stragrande maggioranza delle nuove generazioni, ma stride fastidiosamente con la realtà socioeconomica del Paese: ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri. 
Non si capisce lo scopo di questa operazione televisiva, anche perché non aveva un taglio critico o sociologico, né didattico, né ironico - alla Lucci iena, per capirci - né tanto meno divertente. Ha solo descritto una specie di zoo umano, fatto di animali anomali e gabbie dorate. Una fiera dell’effimero e del superfluo.

A breve distanza di tempo, però, il filone della ricchezza ha partorito un’altra perla mediatica, a buon prezzo: è nata RICCANZA, un serial su MTV che è un vero insulto a chi lavora e tira la cinghia tutti i giorni. 
Anche in questo caso, non c’è l’intento documentaristico, tantomeno quello giornalistico, nella narrazione delle agiate vite di sette “nati ricchi”, selezionati tra figli di papà veri e qualche aspirante tale.
È solenne cazzeggio allo stato puro: la super-leggerezza dell’essere contro l’esaltante forza dell’avere, interpretati egregiamente da un cast di sballati, montati e finti. Un esempio di gioventù privilegiata e superficiale che, nel migliore dei casi, vive e vegeta, tra agi, lussi e sperperi, per divertirsi e spendere denaro, ignorando problemi e contraddizioni sociali. 
È una fauna di minus habens, a dispetto proprio di quel troppo avere, che, più che indignare, fa pena e fa ridere, per non piangere. 
Il registro informativo scelto rappresenta i rich kids come un fenomeno globale, ma normale: giovane età, esperienze, formazione e, magari pure, qualche rara riflessione. Un pianeta di ricchi, cafoni e tamarri che rilascia e libera nel cosmo del disgusto repellenti immagini di tracotante opulenza.

Mentre domenica scorsa gli italiani normali votavano al referendum, Maria Carmela D’Urso, che non si fa mai mancare niente, ospitava nel suo futile salotto delle chiacchiere perdute questi giovani ricchi paperini del terzo millennio, che hanno fatto della bella vita il loro stile di vita.
Come Riccanza vuole, vivono in case principesche, frequentano locali esclusivi, hanno cani che mangiano solo sushi.
C’è chi ha confessato che nel frigorifero ha solo gelato e champagne, che si sposta con l’autista o, se ha fretta, in elicottero. Che si coccola comprando Rolex o abiti e accessori a quattro o cinque zeri.
Tutti hanno intonato l’inno al lusso sfrenato e agli sperperi nel circo delle meraviglie che oltraggia il buongusto, il buonsenso e la sobrietà. “Una specie di pornografia della ricchezza e dell’indignazione”, ha detto qualcuno, “la vita di questi Rich Kids è un piacere proibito per tutti”.
Sono ricchi, giovani, belli, viziati, famosi, sfrenati, fieri e provocatori.
Come Anna e Kristel che abitano a Verona, a Venezia, a Milano e dappertutto, perché hanno case in giro per il mondo. Che si fanno portare la colazione a letto, che hanno la passione per la moda, che possono decidere quando andare in vacanza, che si compiacciono di comandare altre persone, di rilassarsi in una spa, al golf, a cavallo o guidare una Ferrari. 

In tale schiamazzante gallinaio, non poteva mancare, ovviamente, Elettra Miura Lamborghini, nipotina deviata e scema del leggendario Ferruccio, che svergogna il nome di famiglia, del marchio e della vettura di cui porta indegnamente il nome.
La discendente diretta della nota casa automobilistica del “Toro” ci ha regalato una patetica esibizione, scarburata, a tre cilindri e forse fusa. 
(S)Vestita come un mammifero da raccordo anulare, con seni collinari sull’attenti e 42 piercing di brillantini sotto pelle, è incapace di parlare dando un senso a ciò che prova a dire, senza riuscire nemmeno a sillabare. Ha emesso suoni indefiniti, mostrato tutti i lati fronte-retro della sua leopardata carrozzeria postribolare e gesticolato di continuo, senza motivo, in un replicato tic, come una svitata marionetta. 
Tra un verso e un’intuizione, si è capito che ha una sfrenata passione per l’equitazione, per i social network e per la vita notturna; ama mostrare le sue forme tonde e il suo esagerato stile di vita. 
Ha più di 58.000 seguaci su Facebook e Instagram. Vive nel lusso e se ne vanta!
Tale Karina Cascella, manifestando con estremo disprezzo il suo pensiero, e certamente quello di tanti telecittadini, le ha detto in faccia: “Esibire la propria ricchezza è volgare e tamarro, poi, tra il piercing e il tuo pessimo italiano, non si capisce niente di quello che dici, tu puoi giusto fare la cubista. Hai un diamante sulla lingua, forse se quei soldi li spendi per studiare è meglio. 
La sexy Miura, incurante di tale offesa - forse non l’ha nemmeno capita - e ricalcando il suo bizzarro e reiterato ticchio da cavallo, ha salutato quello squallido teatrino, biascicando: “Domani faccio colazione col latte alle ginocchia che mi hanno fatto venire”
Confesso che questi programmi che rendono legittime le invocazioni al ritorno della censura, ti tolgono gli schiaffi dalle mani e, dai piedi, tanti calcinculo: quelli veri, non quelli delle giostre.
10 dicembre 2016 (Alfredo Laurano)





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