giovedì 8 dicembre 2016

NEL SUO AMARAVALDE


“Così forte dentro così labile fuori!
Ho paura, paura per la mia salute mentale, sono un insegnante, un maestro ma soprattutto un uomo che non ha una soluzione ai tanti nodi che stringono l'anima sanguinante”.


Quando l’urgenza del dolore diventa una preghiera.
Continua il cammino di Gian Piero Ferri lungo la impervia strada della spiritualità. Spiritualità come abito dell’anima, come presa d’atto della coscienza, come base dei rapporti umani, come fine nell’incontro con Dio, ma anche come sollievo e contenimento della sofferenza.
E’ la sublimazione impercepibile di quel dolore antico, legato anche alla fantasia e alle sensazioni visionarie e titubanti “che tormentano la mia vita da sempre, come lacrime perse e diluite nel mare.
Ferri confida in quel conforto che lo rende forte e resistente. Che gli fa superare paure e debolezze che si porta dentro, in un'unica stagione che esprime la sua natura di uomo, padre e nonno, lungo il suo cammino, “come ubriaco nella notte senza luna”.

Ogni esperienza appartiene all’esistenza: dalla più tragica alla più felice, si fa contemplativa, si fissa, si ingloba e si rimira in un momento mistico che insegue la fede e la speranza.
Come si annunciava in Die Illa, sono tante pennellate che si sfumano intrecciandosi in quella complessa tela dell’esistenza: l’infanzia, l’adolescenza, gli affetti, l’amicizia, le perdite e le delusioni, l’amore, lo sport, il lavoro. Si compongono in un affresco incastonato nei profumi e nei colori della terra, nei diversi luoghi dei fatti e degli eventi, nelle forme stagionali di una natura cangiante e indifferente.
E’ una costante ricerca che oltrepassa la dimensione quotidiana e le proprie radici culturali. Una continua occasione di ammirazione del creato e di ciò che è intorno, oltre il proprio io.
Quella “realtà fulgidissima che emana da Dio l'atto finale di pietà”, si riflette negli occhi del mondo e nella forza della devozione. Lì si fondono il ricordo e tutti gli elementi che vanno a riempire le pagine bianche della sua vita, che la coscienza sfoglia e scambia incessantemente. Che gli fa scoprire la meraviglia e la negazione del tempo.
Che gli fa scrivere il suo Amaravalde.

“Ancora mi sento addosso quel profumo di vita, quando d'improvviso il presente muta la gioia in dolore”.
Rendere, allora, il bene per il male, perché, se restituisci il male per il male, non rimedi al male, ma lo raddoppi.
E nell’epilogo dell’amara, ma consapevole scrittura, si riafferma, prepotente, il principio d’amore, non solo nelle sue tracce che lascia la memoria: “ora sono davanti a questo limite disumano d’amore”.
E’ il trionfo di un’armonia più grande che accorda la ricerca di Gian Piero Ferri con l’euritmica logica dell’universo a cui già tutti partecipiamo, essendone noi stessi espressione.
Il flusso incessante e compulsivo del pensiero mi fa perdere la voce che amo, che lontanamente si allontana….
Ma lo avvicina alla divina trascendenza.
8 dicembre (Alfredo Laurano)

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