lunedì 12 dicembre 2016

IL SUPPLENTE

Credo stia andando tutto come previsto e voluto dal dimissionario premier: Mattarella, dopo rapidissime consultazioni, ha messo il testimone in mano a Paolo Gentiloni. 
In quei pochi stessi giorni, però, anche il Matteo addolorato per aver scoperto, all’improvviso, di essere poco amato nel Paese - “non capisco perché mi odiate tanto” (ma non li legge i social?) - ha organizzato le sue consultazioni parallele, ha trattato con la maggioranza del PD e con i suoi alleati per la formazione del nuovo governo. Ha fatto conoscere il suo pensiero e le sue intenzioni al presidente della Repubblica, ha sicuramente suggerito modifiche al toto ministri, ha fatto sapere di non essere disponibile a un reincarico (lo brucerebbe o lo farebbe passare ancor più per bugiardo, ma di convenire, forse proprio consigliandolo, sulla scelta del suo ex ministro degli Esteri. 
E’ renziano, obbediente, fidato, misurato, non gli fa ombra e potrebbe assorbire in vece sua gli strali delle opposizioni, senza scalfire la sua immagine, già troppo degradata. 
Dopo la disfatta al referendum e dopo il discorso della sconfitta, con l’annuncio delle dimissioni, ora deve volare basso, far passare il clamore, rifarsi un’immagine più sobria, agire, vigilare e controllare il campo, senza apparire, senza fare annunci o mostrare sete di rivincita. 
Resta l’urgenza della ricostruzione delle zone terremotate, c’è da rifare subito la legge elettorale, i vicini impegni internazionali: se ne prenda meriti e demeriti il suo transitorio successore. 

Lui, intanto, deluso e amareggiato, ha scritto su Facebook di scatoloni, libri, vestiti, appunti, coperte da rimboccare, “non ho paracadute, non ho un seggio parlamentare, non ho uno stipendio, non ho un vitalizio, non ho l'immunità...” e deve pure fare i conti col partito, prima che si arrivi al congresso, perché molti vorrebbero che lasciasse anche la sua guida.
Ma non è chiaramente un messaggio di addio: “L'esperienza scout ti insegna che non si arriva se non per ripartire e noi non ci stancheremo di riprovare”. 
Quando saranno maturi i tempi e si andrà a votare (presto), tornerà forte e spietato come il conte di Rignano Montecristo e si getterà di nuovo nella mischia. 
E’ un annuncio di momentanea tregua ma, soprattutto, una promessa e il nuovo premier Gentiloni ben lo sa. Sarà una specie di supplente che gli terrà calda la cattedra, finché non si riprenda dal mal di referendum.
12 dicembre 2016 (Alfredo Laurano)



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