lunedì 2 dicembre 2019

SCENE DI ORDINARIA GAZZARRA /1914


Aveva ragione quel mio amico siciliano che, già molti anni fa, lo chiamava, con disgusto, con disprezzo o forse solo con ironia (fate vobis): “Montecicoria”.
Una specie di grande mercato rionale, dove ognuno strilla, esalta le proprie produzioni, la propria merce, le proprie primizie, sempre di stagione. Magari, a prezzi stracciati.
Ormai, negli emicicli parlamentari, le nuove piazze del confronto, succede di tutto e nessuno se ne meraviglia più.
Quando non è o non si fa vero mercato, l’aula magna delle istituzioni - che fu di Matteotti, di Nenni, di Togliatti, di De Gasperi, di Moro e Berlinguer - si trasforma in un gigantesco talk show dove, impugnando tablet e telefonini, cartelli e magliette, pesci e mortadelle, cappi e bandierine, si urla, si attacca, si insulta, si offende o si aggredisce fisicamente l’avversario. Anche con colpi proibiti, gesti osceni, volgarità e deputate insolentite.
Come ormai si fa per prassi sui Social e sul Web: un grande, totale casino mal governato da tenutarie e commessi, privati d’autorità e ruolo.
Marchettari a ruota libera, senza l’obbligo di rispetto ed etichetta.
Come la rissa di pochi giorni fa che ha contrapposto coltivatori democratici a ortaroli leghisti, con ambientalisti stellati equidistanti e imbarazzati, a completare il campo delle biodiversità.
Una minoranza - per ora, ma solo per ora - di populisti e sovranisti legamelonisti in grado di catapultare l’Aula, di assaltare la diligenza (presidenza), come si è visto in occasione della gazzarra gratuita sul Mes, nemmeno poi così dirimente e lacerante.
Ma comunque una minoranza che, ipotizzando realisticamente nuovi numeri vincenti, scaturiti dalle prossime e sempre più vicine elezioni, porterebbero davvero Montecicoria a diventare un “bivacco di manipoli”, come disse Mussolini, in un famoso discorso alla Camera del novembre 1922.
Insomma, scene e prove tecniche di un Parlamento a maggioranza fascio-leghista prossimo venturo, che evoca fantasmi del passato.

Oppure - e questo è il risvolto più ridicolo e patetico, che neanche Ingmar Bergman o Louis Bunuel avrebbero potuto immaginare - nella stessa aula istituzionale va in onda la pietosa scena comica dell’innamorato onorevole leghista che chiede inopinatamente alla fidanzata, presente in tribuna: Elisa, mi vuoi sposare?” Con tanto di anello tirato fuori dall’astuccio. Mancavano solo i violini
Un’altra trasmissione nel palinsesto assai generalista della politica nostrana, che in quel ring si dimena tra farsa e tragedia, tra giostra e bordello, tra gossip e galli da combattimento, alla ricerca di una dimensione vera e di una identità ormai senza valori.
1° dicembre 2019 (Alfredo Laurano)


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